lunedì 9 giugno 2008

La villa della Valdonega fa il pieno di visitatori

L'Arena, Lunedì 9 Giugno 2008
VERONA ROMANA. Molte famiglie hanno approfittato del servizio reso dalle guide del Centro turistico giovanile, che hanno illustrato i resti della casa di via Marsala
La villa della Valdonega fa il pieno di visitatori
Fu scoperta nel 1957 per la costruzione di un condominio
È l’unico esempio noto di villa suburbana e risale alla prima metà del I secolo dopo Cristo
La parte conservata è minima rispetto al complesso originario, molto signorile

Alessandra Galetto
E' un'occasione da non perdere quella offerta dall'operosità delle guide del Ctg ogni primo sabato e domenica del mese: e molti veronesi, nonostante il tempo capriccioso, in questo primo fine settimana di giugno non si sono fatti scappare l'opportunità e hanno fatto una passeggiata in Valdonega per ammirare i resti della villa romana che si trova alla fine della salita di via Marsala, subito sulla destra.
Un viavai continuo di appassionati di archeologia, ma anche di molte famiglie, dato che le visite guidate proposte dalle guide sanno essere accattivanti anche per i più piccoli, grazie alla suggestiva spiegazione di come poteva svolgersi la vita domestica nelle stanze di cui resta traccia e delle belle immagini floreali conservate nei mosaici.
La villa venne scoperta nel 1957, in occasione della costruzione di un condominio. Qualche anziano del quartiere va ancora oggi dicendo che nei dintorni altri resti significativi dovrebbero esserci, ma «nascosti» da altre moderne costruzioni. Del resto, tutta l’area ai piedi di Castel San Pietro è stata la prima ad essere abitata in epoca romana e la presenza del Teatro Romano ne è una conferma.
Questo riportato alla luce in Valdonega è un edificio particolarmente importante in quanto costituisce ad oggi l'unico esempio noto di villa suburbana veronese, databile, per le caratteristiche formali e stilistiche delle decorazioni (mosaici, pitture, capitelli), nell'ambito dell'età Giulio-Claudia, cioè la prima metà del I secolo d.C..
LA VISITA. La parte conservata appare minima rispetto al complesso originario: quanto si può visitare oggi è costituito da un portico, da tre vani e da una vasta intercapedine.
Il portico, documentato da una serie di basi, una delle quali reca ancora l'impronta della colonna, delimita il padiglione lungo i lati sud ed est affacciati su un giardino, in questi giorni fiorito di bellissime rose, e si conclude all'estremità nord est con una scala.
L'impianto è invece occupato per la maggior parte da una vasta sala con colonnato interno su tutti i lati, salvo che su quello sud, dove si trova l'accesso principale, inquadrato da due finestroni. L'ambiente presenta anche due passaggi, uno a sud-est, che immette all'esterno, ed uno all'angolo nord-est, mentre più a nord sta un piccolo vano di servizio suddiviso in due parti da una soglia.
LA SALA. La grande sala, per le sue caratteristiche planimetriche (peristasi interna su tra lati, lato frontale con larghe aperture verso l'area antistante, lunghezza doppia della larghezza) è stata interpretata come "Oecus corinthius", cioè un tipo di ambiente a colonne, con apertura a volta nella parte centrale e piana sopra l'ambulacro perimetrale, ricordato da Vitruvio e documentato da testimonianze architettoniche (come la casa del labirinto e la casa Melagro a Pompei) e pittoriche (come la casa dei Grifi o la villa dei misteri a Roma). Queste sale erano proprie delle case signorili e servivano a festini e banchetti, più sontuose ed ampie dei triclini.
SCALA E TERRAZZA. La presenza della scala suggerisce l'esistenza almeno parziale di un secondo piano: per questo è stata fatta l'ipotesi che l'edificio fosse distribuito su terrazze, situato su un declivio: da qui si doveva godere di una vista eccezionale sulla città.