mercoledì 11 giugno 2008

Ponte Galeria, nelle tombe trovati 270 corpi degli antichi "camalli"

Ponte Galeria, nelle tombe trovati 270 corpi degli antichi "camalli"
CARLO ALBERTO BUCCI
MARTEDÌ, 10 GIUGNO 2008 LA REPUBBLICA Pagina XIX - Roma

Scoperta la collina degli schiavi nel porto

Scheletri di uomini segnati dal lavoro nella necropoli tolta dalle mani dei tombaroli

Dormivano sulla collina l´uomo con la schiena rotta dalla fatica che gli archeologi hanno trovato con il sesterzio stretto ancora tra i denti per il pedaggio a Caronte, la donna sepolta con un piccolo specchio e qualche altra gioia della sua povera trousse, il bambino affidato alla terra con un braccialetto variopinto come portafortuna verso i Campi Elisi, il trentenne nato con i denti serrati per una rara malattia alla bocca cui una mano pietosa strappò gli incisivi per permettergli di mangiare, respirare, lavorare come uno schiavo. Dormivano da quasi 2000 anni vicino al mare. Ma ora le loro storie sono riemerse dalla sabbia e dal ghiaia in cui erano state sepolte.
È uno struggente Spoon River d´età imperiale il cimitero di 270 scheletri perfettamente conservati trovato nella tenuta agricola di Castel Malnome, a Ponte Galleria, vicino al porto e a due passi dalle saline dei romani. La necropoli è venuta alla luce grazie alle indagini dei finanzieri di Fiumicino che, guidati dal capitano Marco La Malfa, nell´estate del 2006 hanno trovato in casa di un trafficante italiano una lucerna funeraria, arrivando da lì ai tombaroli e, quindi, al tesoro ancora intatto, o quasi, sulla Portuense. Ora, finiti gli scavi e portati via i reperti, il cimitero sarà ricoperto e torneranno i campi.
«La necropoli misura tremila metri quadri, un tempo però prendeva tutta la collina che si trova al centro di una pianura alluvionale» spiega Laura Cianfriglia, della Soprintendenza archeologica di Roma, che ha diretto gli scavi eseguiti dai giovani della Lateres Arc. Ter. Le tombe sono umili, quasi tutte a fossa con i defunti stesi supini (solo quello di una donna era a pancia sotto) e appena due urne cinerarie. Dei corpi affidati alla terra, solo uno su tre ha uno straccio di corredo funerario; il 63% presenta una forte compressione dello scheletro, segno che erano avvolti in fasciature o sudari; e la copertura nel 43% dei casi era fittile, con le tegole messe "cappuccina", negli altri casi però di semplice, deperibile legno.
«In questo scavo appena portato a termine e iniziato nel marzo 2007 - ha sottolineato ieri a Palazzo Altemps il soprintendente Angelo Bottini presentando la ricerca - i pezzi di pregio non sono le statue o i mosaici. Ma sono le povere ossa che ci permetteranno di sapere come viveva una piccola comunità operaia nella capitale dell´Impero al momento del massimo fulgore, tra primo e secondo secolo dopo Cristo».
La necropoli «era servita da una strada cui oggi si sovrappone, almeno in parte, via della Muratella, e che passava accanto alla collina - sottolinea la Cianfriglia - ma dove abitasse questa gente non lo sappiamo, probabilmente in uno degli insediamenti verso il porto». La tesi degli archeologi è che nella necropoli sulla collina sia diventata l´ultima casa di un gruppo di portatori di sale, di facchini impegnati sui moli, di gente di fatica insomma, "camalli" (schiavi o liberti) impegnati nel porto che fu ingrandito e arricchito, anche di collegamenti con l´Urbe, proprio sotto Claudio e Traiano (bellissima la moneta con l´effigie dell´imperatore che sconfisse i Traci). E a parlare di una "Cittadella" operaia sono proprio i miseri resti rinvenuti. Spiega l´archeologa della Soprintendenza Paola Catalano: «Il 72 per cento degli individui è composto da maschi adulti, tra i venti e i quarant´anni mentre nell´altra grande necropoli che abbiamo analizzato, quella sulla Collatina, su 2200 corpi la metà erano donne. Evidentemente, a Malnome riposa una comunità di lavoratori».
Lo testimoniano anche, ad abundantiam, i segni della fatica impressi nelle ossa. Gli antropologi devono ancora sottoporre tutti gli scheletri alle analisi scientifiche, ma già hanno potuto notare numerose fratture lungo gli arti e lesioni alla colonna vertebrale «appropriate al corpo di un facchino». Per un teschio però è stata scomodata la tac del professor Paolo Preziosi del Policlinico Casilino. È quella di uomo sui 30-35 anni che era affetto da una rarissima malattia congenita, la signazia, che oggi conta non più di cinque casi, «ma nessuna testimonianza nell´antichità» precisa la Catalano: la mandibola rimane serrata all´osso temporale. «Gli antichi - spiega Bottini - non avevano simpatia per le anomalie. Qui invece assistiamo a una comunità povera che si dà da fare per salvare la vita a una persona, strappandogli i denti e permettendogli di respirare e mangiare».
Lavorava forse nella salina anche il bambino di otto anni che è stato sepolto con una collana di pendagli di ambra, osso, conchiglie. La sua tomba è la più piccola ma la più ricca, di monili e di affetti. Ha quello che serve per il prematuro viaggio nell´aldilà.