ROMA URBS - L’ IMPERO SOTTO DIOCLEZIANO
La Roma antichissima, la Roma Quadrata della tradizione, fu fondata sul
monte Palatino. La palude del Velabrum a N, la vallis Murcia a S accrescevano
la forza difensiva degli scoscesi fianchi del monte, che dominava il passaggio
del Tevere. La necropoli (cimitero) di questa città, scoperta nel Foro Romano
noi primi anni di questo secolo, si stendeva ai piedi del Velia e del Fagutal.
Tracce di abitati si trovarono anche sui colli a N e ad E del Palatino e può
darsi che sul suolo di Roma siano sorti dapprima dei piccoli villaggi sparsi;
ma la tradizione antica parla solo di un’unica città, della città di Roma,
fondata sul monte Palatino.
La città si venne col tempo estendendo, dapprima sul colle Velila e poi su
altri monti più ad oriente. Secondo alcuni studiosi, la città che occupava le
due cime del Palatino (Germalus e Polatium), la Velia, il Caelius,
il Fagutal, l’Oppius o il Cispius, alle quali alture si aggiungeva la
Subura nella bassura a NO del Fagutal, sarebbe stata la città del Septimontium.
della quale avrebbe serbato ricordo la festa del Septimontium, che si celebrava
l’11 dicembre, con sacrifici sui colli suddetti. Ma altri negano l’esistenza di
una città del Septimontium.
Un passo molto importante per lo sviluppo della città è rappresentato dal
prosciugamento della bassura del Velabro o dell’Argiletum mediante la Clocca
massima, che la tradizione attribuisce, a ragione, ai Tarquini, i quali certo
compirono i primi grandi lavori di prosciugamento dell’area urbana, ampliati
poi e perfezionati in vari periodi dell’età repubblicana. Allora parte della
bassura potè essere trasformata nella piazza più importante della città (Forum
Romanum con l’attiguo Comitium) e il forte colle Capitolium, dai fianchi
dirupati, potè divenire l’arx, la rocca, della città stessa. E nello stesso
tempo furono racchiusi nella città anche il collis Quirinalis e il collis
Viminalis, che formarono un nuovo e importante quartiere della città.
La città ci appare ora divisa in quattro regioni che si chiamavano: I
Suburana, II Esquilina, III Collina, IV Palatina. Il Campidoglio non era
compreso in una delle quattro regioni, forse perchè esso ora l’ars della città
intera e vi dimorava il re. Questa città viene perciò detta dai moderni la
città delle quattro regioni ed è la città dell’epoca regia, la quale aveva il
suo limite sacro (Pomerium), cho si conservò fino ad epoca tarda. L’Aventino
rimase escluso dal Pomerium fino all’epoca dell’imperatore Claudio. Questa
città aveva un’estensione di circa 280 ettari, e una cinta di mura, della quale
si conservano avanzi sul Palatino, sul Campidoglio e sul Quirinale; secondo la
tradizione la cinta di mura fu costruita dal re Servio Tullio. Anzi il nome del
re Servio rimase cosi legato alla grande cinta dell’età regia, che anche
quando, dopo le vicende dei primi anni della repubblica e dell’incendio
gallico, la cinta fu ricostruita con materiale diverso e allargata a
comprendere l’Aventino e il terreno a N sino alla porta Collina, si disse
sempre di Servio e quindi la comune denominazione di Città Serviana per
designare la città dell’epoca repubblicana. A NE, dove, fra la porta Collina e
l’Esquilina, il terreno non offriva protezione alcuna, la cinta, per circa 1350
m., risultava di fossa, muro e potente argine, donde il nome di agger.
Dell’agger e delle mura dell’età repubblicana rimangono avanzi cospicui e il
loro percorso è in genere ben noto.
Il centro della città era costituito dal Capitolium, sul quale sorgeva il
grande tempio di Giovo Capitolino, costruito dai re Tarqunii e dedicato nel
primo anno della repubblica, e dal Forum, con il Comitium, il più antico luogo
di riunione delle assemblee popolari. Il Comitium e il Forum erano circondati
da edifici d’ogni genere, alcuni dei quali erano fra i più antichi e venerandi
di Roma, e molti monumenti sorgevano anche nel mezzo dell’area. Ricordiamo la
Curia Hostilia per il Senato, sostituita poi dalla Curia Iulia di Cesare,
restaurata e affidata nel 1871 al Senato dell’allora costituito Regno d’Italia,
e le due più antiche basiliche sul Comizio; nel Foro la Regia, il tempio di
Vesta e la casa delle Vestali, i Rostra, le basiliche Aemilia e Iulia e
parecchi templi, fra i quali quelli dei Castori, di Saturno e del Divo Giulio
(Cesare).
Divenuto perciò troppo angusto il Foro Romano, Cesare costruì nel 54 a. C.,
ad oriente del Campidoglio, un nuovo foro che prese il suo nome, Forum Iulium,
con il tempio di Venere Genitrice protettrice dei Giulii. Accanto al Foro
Giulio, Augusto fece erigere il Forum Augusti, con il magnifico tempio di Marte
Ultore da lui votato durante la battaglia di Filippi. In apposite nicchie del
muro di cinta furono collocato lo statue dei grandi Romani, da Enea a Cesare.
NeI 75 d. C., Vespasiano, a ricordo della guerra giudaica, eresse il Forum Pacis
intorno al tempio della Pace. Tra questo Foro e i due Fori Giulio e Augusto
rimaneva una striscia di terreno percorsa da una strada, che metteva dalla
Suburra al Foro Romano. Su questo terreno Domiziano iniziò, e Nerva completò
nel 97, il Foro che fu detto Transitorium, appunto perchè rappresentava un
passaggio tra i quartieri del Viminale e il Foro Romano. Tutti questi fori
furono però superati per ampiezza e magnificenza dal foro, che l’architetto
Apollodoro di Damasco costruì per l’imperatore Traiano (Forum Traiani o
Ulpium). La vasta piazza era dominata dalla statua equestre dell’imperatore e
sul lato prospiciente al monumentale arco d’ingresso si ergeva la grandiosa
Basilica Ulpia, e, oltre la basilica, le due biblioteche, greca o latina, e,
infine, il tempio di Traiano. Biblioteche, basilica e tempio limitavano uno
spazio, una specie di cortile, in cui si elevava la famosa colonna coclide
marmorea, intorno alla quale si svolgeva, come su un nastro, la
rappresentazione delle guerre daciche di Traiano. Un alto muro separava il Foro
Traiano dai cosiddetti Mercati Traianei, un vasto complesso di botteghe e
magazzini costituenti, a quanto pare, un grande mercato. Attraverso le
imponenti rovine dei Fori opportunamente messe in luce e magnificamente sistemate,
corre oggi la grande arteria detta Via dei Fori Imperiali.
La cinta repubblicana divenne però presto insufficiente a contenere la
crescente città, che si sviluppò specialmente nel Campo Marzio, ad ovest del
Campidoglio e del Quirinale, ove ora stato costruito, già nel 221 a. C., il
Circus Flaminius. Pompeo vi costruì un grande teatro (52 a. C.) e un vasto
portico; Cesare l’altro teatro, clic Augusto dedicò poi a Marcello, o il grande
edificio, che doveva servire per le votazioni dei comizi. Augusto restaurò
molti templi pericolanti, edificò il tempio di Apollo presso la sua dimora sul
Palatino e dette alla città un aspetto nuovo. Ma egli rivolse la sua attività
edilizia specialmente al Campo Marzio, che divenne il centro della vita urbana.
Ricordiamo la meravigliosa Ara Pacis Augustae, da poco ricomposta presso gli
avanzi del mausoleo eretto da Augusto per la famiglia imperiale. Il ministro di
Augusto M. Vipsanio Agrippa edificò nel Campo il Pantheon con le attigue vaste
terme e l’annesso parco e lago artificiale (Stagnum Agrippae), il Porticus Argonautarum
(così detto dalle pitture che lo decoravano) e il Porticus Vipsania. I
successivi imperatori continuarono in questa opera di abbellimento del Campo
Marzio.
Erano intanto venute di moda le grandi ville suburbane. Lucullo e Sallustio
fecero sorgere gli Horti Luculliani e Sallustiani sul Pincio, che fu poi
chiamato il Collis Hortorum; Cesare aveva creato gli Horti Caesaris nel
Trastevere; Mecenate abbellì con giardini magnifici (Horti Maecenatis) una vasta
zona dell’Esquilino).
Ad Augusto spetta la divisione della città in 14 regioni; 7 erano dentro le
mura serviane, 6 fuori e I nel Trastevere. Alla sicurezza e alla lotta contro
gli incendi provvedevano sette cohortes vigilum, una ogni due regioni.
Tiberio restaurò templi, edificò il grande palazzo imperiale sul Palatino
(Domus Tiberiana) e costruì per le coorti pretorie, fuori delle mura,i Castra
Praetoria, un campo permanente di metri 430 x 371, ricinto di mura e di torri.
Venne poi l’incendio falsamente definito neroniano (luglio 64 d. C.), dopo
il quale la città fu in gran parte rinnovata. Nerone costruì l’immensa Domus
Aurea, che occupava il Palatino e parte del Celio, dell’Oppio e delle Carine.
Fra il Palatino e il Celio, i Flavi eressero il Colosseo; sulle Carine Tito
costruì le sue terme. Domiziano restaurò molti edifici, eresse il nuovo palazzo
imperiale sul Palatino (Domus Augustana) con l’Hippodromus, il grande Stadium
nel Campo Marzio, del quale serba la pianta la Piazza Navona, il tempio di Iside
(Iseum) e quello di Minerva. Traiano edificò le Thermae Traianae
sull’Esquilino. Adriano legò il suo nome specialmente al grande Mausoleo oltre
il Tevere, congiunto alla città dal Pons Aelius; sulla Velia, egli innalzò il
grandioso doppio Templum Veneris ct Romae. Sotto i Severi si costruirono le
immense Thermae Anioninianae, le Terme di Caracalla.
La minaccia delle invasioni barbariche indusse Aureliano a iniziare nel 272
una nuova cinta di mura, che ebbe uno sviluppo di quasi 19 chilometri con 16
porte; le torri erano quasi 400. Gli imperatori illirici lasciarono le
imponenti Thermae Diocletianae, la colossale Basilica Constantini (di
Massenzio), le Thermae Constantinianae sul Quirinale, le Thermae Helenae presso
la Porta Prenestina e il palazzo del Sessorium. Il sacco di Roma per opera del
re goto Alarico (410) segna l’inizio tragico della decadenza e della rovina di
Roma antica.
L’IMPERO ROMANO RIORDINATO DA DIOCLEZIANO.
Dopo la grande crisi del III sec. d. C., l’impero fu riordinato su nuove
basi da Diocleziano. Per assicurarsi contro tentativi di usurpazione,
Diocleziano nel 286 d. C. associò all’impero il suo prode amico Massimiano, col
titolo prima di Cesare, poi di Augusto. Diocleziano si procurava così un
collaboratore nel governo dell’impero, troppo vasto e minacciato da troppi
nemici sull’immensa frontiera, per poter essere vigilato e difeso da un solo
imperatore. Diocleziano affidò a Massimiano le provincie occidentali, con
residenza a Milano o ad Aquileia; Roma, col suo senato, non sembrava più un
ambiente adatto al nuovi imperatori militari, ed era, inoltre, troppo lontana
dalle frontiere settentrionali. Diocleziano risiedeva di solito a Nicomedia.
Qualche anno dopo, Diocleziano pensò di allargare il collegio imperiale da
due a quattro membri e nel 293 Galerio e Costanzo furono da lui elevati alla
dignità di Cesari e adottati l’uno da Diocleziano, l’altro da Massimiano. In
tal modo Diocleziano pensò di assicurare una regolare successione agli Augusti,
eliminando le lotte per la successione fatali all’impero, e accrebbe nello
stesso tempo il numero dei suoi collaboratori al governo dell’impero.
Diocleziano rimaneva però di fatto, e anche di diritto, il supremo reggitore
dell’impero. A Galerio, che pose la sua residenza a Sirmium (nella Pannonia) furono
affidate, come suo particolare governo, le provincie illiriche, dall’Inn e dal
Danubio sino all’Adriatico e a Creta; Costanzo ebbe invece le Gallie e poi la
Britannia (e secondo alcuni anche la Spagna, che altri attribuiscono invece a
Massimiano), con residenza ad Augusta Treverorum (detta poi senz’altro Treveri)
nella Gallia.
Inoltre Diocleziano si accinse a riformare l’organizzazione e
l’amministrazione provinciale, e le sue riforme in questo campo furono
continuate e compiute da Costantino.
Le antiche vaste provincie vennero gradatamente suddivise in provincie di
minore estensione, che potevano essere governate meglio e non offrivano troppe
forze ad eventuali governatori ribelli. Per esempio, nella Spagna la
vastissima provincia Tarraconensis fu divisa in tre provincie: Carthaginiensis,
Gallaecia e Tarraconensis, e più tardi anche le isole Baleari costituirono una
provincia a sè. La Gallia fu divisa in quindici provincie (Viennensis,
Narbonensis I e Narbonensis II, Alpes Maritimae, Aquitania I e Aquitania II,
Novempopuli, Lugudunensis I e Lugudunensis II, Sequania, Alpes Graiae et
Poeninae, Belgica I e Belgica II, Germania I e Germania II), che divennero poi
diciassette in seguito a nuove suddivisioni.
L’Italia perdette la sua posizione privilegiata nell’impero e fu ad essa
esteso il regime provinciale.
Agli inconvenienti di questo spezzettamento delle provincie si cercò di
ovviare raggruppandole in complessi più vasti, le prefetture e le diocesi.
L’impero risultò così diviso in quattro prefetture (Italia, Gallie,
Illirio, Oriente), a ciascuna delle quali sovrastava uno dei quattro prefetti
del pretorio, che da comandanti della guardia imperiale erano divenuti i più
alti funzionari civili dello stato dopo l’imperatore. Inoltre ai vicari dei
prefetti venne affidata la sovrintendenza su gruppi di provincie, che furono
detti diocesi, le quali risultarono in numero di dodici. Per esempio, le
provincie galliche erano raggruppate in due diocesi, dette l’una Viennensis,
con capitale Vienna e che comprendeva le prime sette delle provincie sopra
elencate, e l’altra dioecesis Galliarum, con capitale Treveri, la quale
comprendeva lo rimanenti otto provincie dell’elenco. Le provincie erano rette
da presidi.