La Devotio
Una delle cerimonie di origine certamente ancestrale e che conosciamo assai
bene perché era ancora pienamente praticata in età repubblicana, era la
devotio, un rito con il quale una persona si votava a priori alla morte, così
da obbligare con il suo sacrificio i numina
all’adempimento dell’impresa voluta. La cerimonia era usata specialmente in
battaglia, allo scopo di conseguire la vittoria: il condottiero, o anche il
semplice soldato che si offriva volontario come vittima, indossava l’abito proprio
del sacrificante, il manto bianco di lana bordato di rosso (toga praetexta) e
si poneva diritto in piedi sulla lancia, simbolo questa della morte a cui si votava sé ed il nemico. Si
copriva poi il capo con il mantello, come era d’uso per chi prega la divinità e
con la mano destra si teneva il mento, significando con l’imposizione della
mano ad un tempo sé come offerente e come vittima. La mano doveva anche essere
avvolta nello stesso manto, perché essa poteva non essere in stato di purità
rituale, e quindi nel caso non avrebbe potuto toccare l’oggetto del sacrificio.
Il soldato allora pronunciava solennemente la formula magica di annientamento
del nemico, atta a far carico sudi sé di tutte le colpe del proprio popolo e di
tutti gli influssi maligni che potessero allignarvi e si scagliava poi tra le
schiere avversarie rovesciando loro addosso, col proprio sangue, tutti i mali
di cui era pregno, a loro danno e rovina.
Testimonia anche l’antichità del rito il fatto che se il sacrificio non
riusciva ed il soldato sopravviveva illeso dalla mischia, come
impuro non poteva più essere riaccolto
dai suoi, se non dopo rigorosi rituali di espiazione: ancora in epoca storica,
se era un soldato semplice la sua effige doveva essere seppellita ad almeno
sette piedi sotto terra (cioè due metri circa), al di sopra vi si faceva un
sacrificio di purificazione ed il luogo, dichiarato sacer, veniva recinto o
contradistinto da un cippo, perché alcuno non vi passasse sopra.
Un esempio famoso di devotio è quello che ci è stato tramandato dalla
leggenda romulea del lacus Curtius nel Foro Romano, la voragine nella quale si
sarebbe gettato a cavallo il condottiero sabino Mettius Curtius per ottenere la
vittoria del suo popolo sui Romani (un’altra leggenda attribuiva invece il fatto
al romano Marcus Curtius, che parimenti si sarebbe gettato nella voragine per
la salvezza della patria).