martedì 30 settembre 2008

Cloaca Massima

Cloaca Massima.
Questa enorme fognatura aveva inizio alla base dell'Esqulino, entrava nel Foro romano, si accostava al Campidoglio per raccoglierne gli scolo e, attraverso il Foro Boario, si gettava nel Tevere, dove si vede tuttora lo sbocco a valle dell'antico Ponte Emilio (odierno Ponte Rotto). Notevolizzima opera di ingegneria, fu dapprima un canale scoperto e solo in seguito coperto a volta con poderosi archi costruiti a blocchi di pietra calcarea.
nella foto:
Cloaca Massima, sbocco del condotto sotterraneo nel Tevere, presso l'Aventino, come visibile nel 1877, prima della sistemazione dei lungoteveri.

Capanne del Palatino

Roma, Palatino, veduta dei resti delle capanne.
Le capanne avevano una forma tra la rettangolare e la elittica, in tutto simile a quelle delle urne a capanna della stessa epoca, rinvenute nel sepolcreto arcaio del Foro, che servivano a contenure le ceneri del defunto e imitvano la casa dove egli aveva abitato.
I grossi fori lungo il margine e al centro serviano ad alloggiare i pali di sostegno del tetto, mentre fori più piccoli, al di qua e al di là del vano della porta dovevano reggere una particolare e leggerea copertura davanti alla porta stessa. Accanto al foro centrale erano chiarissime le tracce del focolare.
La loro datazione è dell'VIII secolo avanti cristo, cioè pienamente corrispondente alla data di fondazione di Roma.Urna a capanna, dal sepolcreto del Foro, contenuta, insieme ad altri vasi, entro un grosso anforone.

Calendario

Calendario del tempo di Cesare nel quale i giorni e i mesi erano indicati con pioli introdotti nei fori esistenti presso i rispettivi numeri e simboli.

nave romana da carico

Ricostruzione di una nave da carico romana. Tali navi erano molto larghe, superando spesso in tal senso il limite di un quarto dell’intera lunghezza: il che permetteva anche in caso di sbarco in terra nemica di accostarsi molto alla riva. Esse avevano a poppa una cabina riservata al comandante e ai suoi aiutanti, dietro la quale si levava una costruzione molto più alta della prua e cinta da una robusta ringhiera in legno. A differenza delle navi da guerra, quelle da carico andavano quasi sempre a vela: usavano infatti i remi solo in caso di bonaccia o di particolari manovre.

navi romane: triremi

La triremi da guerra romana era dotata di un rostro per speronare e di ponti mobili per agganciare le unità avversarie. In un secondo momento sulla prua venne eretta una torretta, dalla quale esperti arcieri tenevano i nemici sotto il loro tiro. Lungo i bordi correva una balconata praticabile per i combattenti. A poppa si trovava la cabina coperta del comandante, sovrastata dallo stendardo della nave e dalle insegne della flotta.

Votazioni

Cittadini che si recano a votare passando su uno stretto ponte (da una moneta romana). I cittadini, infatti, per votare dovevano percorrere uno stretto viottolo, che finiva in un ponticello ivi al votante era consegnata una tavoletta cerata sulla quale egli segnava la lettera iniziale del nome del candidato preferito. E Al termine del ponte, chi aveva votato deponeva la propria scheda in urna (cista) alla presenza di alcuni rappresentanti dei candidati.

La strada romana

Sezione di una strada romana. Dopo aver fatto scavare un ampio fossato sino al ritrovamento di uno strato roccioso (1), i geometri romani (gromatici da groma», speciale strumento per la misurazione del terreno) provvedevano a ricoprire il fondo con grosse pietre, creando così una robusta massicciata (2). Su di essa gettavano due strati: l’uno di piccole pietre (rudus) (3), l’altro di sabbia e pietrisco (nucleus) (4), su cui veniva appoggiata la carreggiata o lastricato (5), formato di grosse pietre dure per lo più di basalto. Spesso erano -costruiti anche marciapiedi (6) di ampiezza proporzionata alla carreggiata, la quale poteva raggiungere i 5 m e offrire così tre piste: due per il traffico in doppio senso e la terza per il sorpasso. Un’altra caratteristica era la rettilineità del tracciato: la via Appia, ad esempio, si sviluppa in linea retta per 60 km sul fondo acquitrinoso della Palude Pontina.

Una lupa e niente gemelli?

Alcune racconti non parlavano di Romolo e di Remo, ma di un solo Romolo o Remo, per cui il secondo nome risulta un semplice duplicazione del primo. A riprova di ciò abbiamo la raffigurazioni della lupa con un solo poppante, presentataci da numerose steli funerari del periodo imperiale

TERRACINA Risorge l'antico teatro romano

TERRACINA Risorge l'antico teatro romano
Ercole Bersani
IL TEMPO 28/09/2008

Ripresi gli scavi nell'importante sito archeologico, dopo la demolizione di un palazzo

Demolito un fabbricato sovrastante, sono ripresi i lavori di scavo nell'area del teatro romano. Attualmente è il Comune che ha aperto un suo cantiere, ma prossimamente anche la Soprintendenza ai Beni monumentali darà il via al suo.

Con questi lavori in parallelo, torneranno alla luce altre porzioni dell'antica struttura, che si trova nel centro storico alto.
Dovevano finire due anni fa le opere di demolizione di un immobile pericolante. Il suo abbattimento serviva a favorire i lavori di scavo del sottostante teatro. L'operazione era stata inopinatamente interrotta a seguito di un esposto, che aveva messo in risalto la scoperta di un arco antico durante le operazioni di demolizione. La Sovrintendenza aveva sospeso i lavori, che sono rimasti interrotti a lungo.
Adesso, dopo due anni, è stato possibile completare l'abbattimento (l'arco, smontato e numerato, avrà una sua adeguata collocazione).
Le ditte ArcheoRes e Valentina srl sono impegnata a portare a termine il 2° stralcio funzionale di 266,960 euro per conto del Comune. Per gennaio prossimo si dovrebbe riuscire a liberare tutto il portico. Intanto anche la Sovrintendenza di accinge a riaprire il suo cantiere per un'altra campagna di scavi.
Finora il teatro romano è riapparso nel suo antico splendore per circa un terzo della sua superficie. Occorre radere al suolo l'ultimo diaframma sul portico (si tratta di un'altra casa fatiscente risalente all'Ottocento), ma soprattutto occorre abbattere un'abitazione, che, in via Le Palme, gravita proprio sulla cavea. Allora solamente l'area, sgombra, potrà accogliere gli ultimi definitivi scavi.
Il teatro romano di Terracina è particolare, poiché è uno dei pochi rimasti tra quelli costruiti, nell'antico mondo romano, al centro delle città. La sua unicità deriva anche dal fatto che sorgeva vicino all'antica Regina viarum.

domenica 28 settembre 2008

Lapis Niger

Foro ROmano - Lapis Niger. foto degli anni '30

Tempio di Vesta

Tempio di Vesta in una foto degli anni '30.

Cronologia archeologia 1563 - 1720

Cronologia archeologia 1563 - 1720
1563 circa. Disegni di monumenti romani di Martin de Vos di Anversa.
1563 circa. Incisioni di gemme antiche di Enea Vico.
1566. Rinvenimento dell’Arringatore a Sanguineto presso il lago Trasimeno.
1566. Pio V regala statue antiche del Vaticano al Municipio di Roma.
1569. Pio V regala ventisei statue di provenienza romana a Cosimo I granduca di Toscana.
1570. Pubblicazione dell’opera di Fulvio Orsino: Imagines et elogia virorum illustrium et erud. ex antiquis lapidibus et nomisni. expressae cum adnot. ex bibliolheca Fulvii Ursini, Roma.
1572 e segg. G. B. De Cavalleriis disegna statue antiche in Roma.
1572-1577. Redazione del libro di disegni di monumenti romani dello scultore Pietro Giacomo di Reims.
1572-1578. Guasti al Foro Romano, alle Terme di Caracalla, alla Mole Adriana per la cappella. Gregoriana di S. Pietro in Vaticano.
1578. Prima scoperta di tombe cristiane nella Campagna romana.
1579. Pubblicazione dell’opera di A. Le Pois: Discours sur les médailles et gravures antiques principalenient romaines, Parigi.
1583. Scoperta del gruppo di Niobe e dei Niobidi e del gruppo dei Lottatori a Roma.
1584. Pubblicazione dell’opera: Antiquarum statuarum urbis Romae quae in publicis privatisque locis visuntur icones, Roma.
1585-1590. Esecuzione del piano regolatore di Roma alta (Pincio, Quirinale, Esquilino) con scoperte di monumenti antichi.
1585 e 1595. Pubblicazione dell’opera di G. B. De Cavalleriis: Antiquarum statuarum urbis Romae primus et secundus liber (1585), tetlius el quartus liber (1595), Roma.
1587. Distruzione dell’Oratorio di S. Croce al Laterano, opera di papa Ilario (461-463 d. C.).
1588. Restauro della colonna Traiana per opera dell’architetto Domenico Fontana.
1588-1589. Distruzione del Septizodium di Settimio Severo.
1589. Restauro della colonna di M. Aurelio per opera dell’architetto Domenico Fontana.
Tra il 1592 ed il 1605. Rinvenimento delle Nozze Aldobrandine a Roma.
16o6. Demolizione del tempio di Minerva del Foro di Nerva a Roma.
1616-1619. Lo scozzese Tommaso Dempster compone l’opera: De Etruria regali libri septem.
1620. Rinvenimento degli otto rilievi Spada a Roma.
1620 circa. Formazione della grande raccolta di antichità del conte di Arundel in Inghilterra.
1621. Rinvenimento a Roma del sarcofago colossale Ludovisi con scena di battaglia contro i barbari.
1622 e segg. Costituzione della raccolta Ludovisi di sculture per opera del cardinale Ludovico
Ludovisi.
1632. Pubblicazione dell’opera di Antonio Bosio: Roma sotterranea.
1646-1648. Le sculture antiche del Municipio di Roma passano dal Palazzo dei Conservatori nel palazzo del Museo Capitolino.
1651. Rinvenimento della Afrodite di Aries.
1657. Pubblicazione dell’opera di L. Agostini: Le gemme antiche figurate con note tornite da G. A. Bellori.
1662. Distruzione dell’arco detto di Portogallo a Roma.
1665. Luigi XIV di Francia fa eseguire il calco della colonna Traiana.
1678. Pubblicazione dell’opera di G. Spon: Voyage d’italie, de Grèce et du Levant, Lione.
1678. Scoperta dell’Apollo Barberini a Tuscolo.
1679. Fondazione della Académie des Inscriptions et Belles Lettres a Parigi.
1683. Rinvenimento a Boville della tabula iliaca del Museo Capitolino.
1686. Distruzione della basilica di Giunio Basso a Roma.
1690. Pubblicazione dell’opera di De La Chausse (Causeus): Museum Romanum, Roma.
1694-1699. Pubblicazione dell’opera di J. G. Graevius: Thesaurus antiquitatum romanarum, vol. 12.
1699. Rinvenimento di tombe etrusche dipinte a Tarquinia (grotte Tartaglia e del Cardinale).
1707-1709. Pubblicazione dell’opera: Gemme antiche figurate, date in luce da Domenico De Rossi, colle esposizioni del cav. R. Aless. Maffei, Roma.
1711. Primi scavi di Ercolano.
1719-1724. Pubblicazione dell’opera di B. Montfaucon: L’antiquité expliquée et représentée en figures, voll. 10 e 5 di supplemento, Parigi.
1720-1727. Scavi sul Palatino diretti da Mons. Bianchini per ordine del duca di Parma.

Cronologia archeologica 1407 - 1561

Cronologia archeologica 1407 - 1561
1407 Filippo Brunellesco e Donato Bardi studiano gli edifici antichi di Roma e vi praticano scavi.
1424 Ciriaco de’ Pizzicolli di Ancona inizia i suoi viaggi antiquari in Italia ed in Oriente.
1445-1446 Redazione dell’opera di Flavio Biondo: Romae instauratae libri tres.
1447 Dialogo De varietate fortunae di Poggio Bracciolini concernente la topografia
di Roma antica.
1450 Nicolò V dà a L. B. Alberti e a B. Rossellino l’incarico di ricostruire la basilica di S. Pietro in Vaticano.
1450 Relazione di Giovanni Rucellai sul giubileo del 1450 con notizie di topografia romana.
1452 Beschreibung der Stadt Rom di Nicolò Muffel.
1460 Devastazione del Colosseo per le costruzioni di Pio II.
1460 circa. Fra Giocondo inizia le sue investigazioni archeologiche a Roma.
1465 Pubblicazione dell’opera di L. B. Alberti: De re aedificatoria, Firenze.
1466 e segg. Lorenzo il Magnifico e papa Paolo ii raccolgono antichità.
1471 Il papa Sisto IV inizia la collezione municipale capitolina di sculture antiche.
1478. Pomponio Leto organizza l’Accademia degli Antiquari sul Quirinale.
1485 Primo ed importante scavo nella villa dei Quintilii presso Roma.
1491 circa. Redazione del Codex Escurialensis contenente schizzi di monumenti antichi, eseguiti secondo lo stile della scuola del Ghirlandaio.
1496. Collezione di antichità del cardinale Raffaele Riario alla Cancelleria Nuova a Roma.
1498 circa. Redazione della Sylloge Giocondiana con notizie sulle collezioni romane di antichità.
1500. Istituzione del Museo Cesarini a Roma, il primo Museo-giardino aperto liberamente agli studiosi.
1503. Il papa Giulio II affida al Bramante la ricostruzione della basilica di S. Pietro in Vaticano, dopo aver fatto demolire la basilica costantiniana.
1506. Il papa Giulio II raccoglie statue antiche nel cortile del Belvedere al Vaticano.
1506. Scoperta del Laocoonte a Roma.
1508. Ordinamento della collezione del cardinale Giovanni De’ Medici a palazzo Madama a Roma.
1509. Redazione dell’opera di Francesco Albertini: Opusculum de Mirabilibus novae et veteris urbis Romae.
1510. Formazione della raccolta Chigi a Roma.
1510-1540. Incisiòni di monumenti antichi romani di Marco Antonio Raimondi, di Agostino Veneziano, di Marco Dente.
1512 o 1513. Scoperta del Nilo a Roma.
1513. Pubblicazione dell’opera di Andrea Fulvio: Antiquaria urbis, Roma.
1515. Raffaello Sanzio di Urbino è nominato Commissario delle antichità di Roma.
1517. Rovina della colonna coclide di Teodosio a Costantinopoli.
1523. Morte del cardinale Domenico Grimani; la sua ricca collezione di sculture passa in della Serenissima.
1527. Pubblicazione dell’opera di Andrea Fulvio Sabino: Antiquitates urbis, Roma.
1530. Scoperta dell’Idolino a Pesaro.
1530 circa. Fondazione della collezione Farnese per opera del cardinale Alessandro Farnese.
1532-1536. Redazione di due libri di schizzi di monumenti romani di Martino van Heemskerck.
1535. Redazione di due libri di schizzi di monumenti romani di Amico Aspertini.
1535-1538. Prime scoperte nella villa Adriana con Pirro Ligorio.
1536. Ingresso trionfale di Carlo V in Roma; scoperta ed isolamento di monumenti antichi.
1538. Bolla di Paolo III per la conservazione dei monumenti antichi di Roma.
1538. La statua equestre di M. Aurelio è trasportata dal Laterano alla piazza del Campidoglio.
1538-1539. Redazione di un libro di disegni di monumenti romani di Francisco de Hollanda.
1539-1549. Il Foro Romano subisce gravissimi danni per la costruzione della Basilica di S Pietro.
1541. Francesco I di Francia fa eseguire il calco della colonna Traiana.
1544. Scoperta nella rotonda di S. Petronilla a Roma dell’arca di Maria, figlia di Stilicone, con ingente tesoro di oggetti preziosi, ora dispersi.
1544. Pubblicazione dell’opera di Bartolomeo Marliano: Urbis Romae Topographia, Roma.
1546-1547. Scavi Farnesiani nelle Terme di Caracalla; rinvenimento di varie opere plastiche, tra cui è il Toro Farnese. Inizio del Museo Farnese a Roma.
1547-1555. Dimora dell’olandese Stefano Vinaud Pighius in Italia; redazione del Codex Pighianus.
1547-1565. Scavi Farnesiani nel Foro Romaono.
1550. Redazione dell’opera di Ulisse Aldrovandi: Delle statue antiche che per tutta Roma si veggono.
1550-1553. Redazione del codice di disegni di monumenti romani di Cambridge.
1550-1572. Il cardinale Ippolito d’Este raccoglie sculture antiche sul Quirinale e a Tivoli.
1551-1560. Nuove ricerche nella villa Adriana; primo piano generale della villa eseguito da Pirro Ligorio.
1553. Rinvenimento della Chimera ad Arezzo.
1556. Pubblicazione delle Statue di Roma di U. Aldrovandi nell’opera di L. Mauro: Le antichità della città di Roma, Venezia.
1557-1559 Viaggio del pittore olandese Melchiorre Lorichs in Oriente.
1558 Pubblicazione dell’opera di Tommaso Fazzello di Sciacca: De rebus siculis decades duae, Palermo.
1559-1566. Trasformazione delle Terme di Diocleziano a Roma in Certosa e nella chiesa di S. Maria degli Angeli.
1561. Pubblicazione dell’opera del francese Pietro Gilles: Topographia Constantinopoleos.
1561-1565. Disegni di monumenti romani di Giovanni Antonio Dosio.

venerdì 26 settembre 2008

DOMUS: La Casa

DOMUS: La Casa
La casa romana come cellula della vita sociale e politica. Dal collegio dei patres familias al Senato. Il pater familias sovrano e custode dei riti sacrali: culto dei Penati, dei Lari, di Vesta. La città come una grande casa, la casa come una piccola città, che riproduce le divisioni di classe.
Importanza della donna nella casa romana e, di riflesso, nella vita sociale. La donna nei ritratti femminili dell’età repubblicana, le figure femminili di età imperiale da Livia, sposa di Augusto, a Plotina, Giulia Donna, Elena, di volta in volta riferite alle case e ai luoghi.
Le dimore imperiali sul Palatino. La Domus Aurea. La villa Imperiale di Piazza Armerina. Villa Adriana. La villa di Domiziano. TI palazzo di Diocleziano a SpaIato.
Strumentalizzazione politica e sociale della casa nelle dimore delle grandi famiglie patrizie ed equestri.
La ricca borghesia emergente della provincia. Le ville di Pompei. Le case di uomini di lettere e mecenati.
Le case del popolo: aspetti morfologici e urbanistici; il problema dei costi, dell’aumento demografico, dei servizi. Ostia Antica. Caduta di Roma, incendi, distruzioni, saccheggi. Scomparsa del complesso di domus e horti; loro recupero umanistico nel Rinascimento. Le ville e i palazzi romani: la Farnesina, Palazzo Farnese, Villa Madama, Villa Albani, Villa Giulia, Palazzo Spada. Le ville venete: villa Emo, villa Capra, villa Maser, la «Malcontenta», villa Pisani. Il Palazzo Ducale e il Palazzo Te a Mantova.
Il revival del Palatium e della Domus Aurea nei palazzi vaticani. Il cortile del Bramante.

Filosofi

Accolta di filosofi: mosaico Romano proveniente da Boscoreale.

Carneade a Roma

(…) quando l’anno 155 a. C. ( 599 d. U.) era venuta in Roma una delegazione Ateniese, per trattare una certa faccenda, politica, tutta la città si mise in fermento, perché i capi della delegazione erano, niente-dimeno, tre illustri filosofi, venuti da quella capitale del sapere che era la luce del mondo: e si chiamavan, quei gran professori, Carneade, dell’Accademia, cioè della scuola Platonica: Diogene, della Stoica; e Critolao della scuola Peripatetica, cioè Aristotelica; che era proprio come dire i capoccia delle tre più clamorose sètte le quali, insieme con la quarta o Epicurea, avevan raffinato la dialettica in dispute senza fine attorno a tutti i problemi massimi ed ultimi, sulla vita e- la morte, il bene e il male, il piacere e il dovere, il mondo e Dio, l’uomo e la città, eccetera eccetera. Gli Accademici insegnavano a dubitare, i Peripatetici a credere; gli Epicurei a godere, gli Stoici a soffrire. Si calunniavano a vicenda, a vicenda s’irridevano, con sfoggio di sentenze, d’arguzie, d’eloquenza e d’insolenza. Ma pure s’accordavano nel voler educare l’uomo al raziocinio e alla riflessione, riscattandolo dalle passioni.
Narra Plutarco che, sùbito, i giovani più studiosi di Roma si portarono a vìsitare quei professori e si trattenevano con loro a lungo, ascoltandoli con reverenza e ammirazione. — « Principalmente Carneade, colla sua grazia che era di una /orza grandissima, ebbe uditori d’alto rango, benigni e gentili, ed empi la città tutta, come un vento, di strepito e di rumore, così che correva voce e si diceva dovunque ch’era venuto un Greco di meravigliosa e soprannaturale eccellenza, il quale innamorava i giovani al punto che, trascurando ogni altro piacere e divertimento, essi si portavano alla filosofia come per entusiasmo. E i Romani ben volentieri vedevano i loro giovani figli applicarsi alla scienza dei Greci e conversare con quei personaggi portentosi. Ma Catone no. Fin dal principio egli ne aveva rincrescimento, temendo che la gioventù non prendesse ad amare la gloria che viene dalle parole più di quella che viene dalle opere e dalle imprese della milizia. Poi che ebbe veduto crescer ancora il credito di quei filosofi, e un senatore Romano — Gaio Acilio — tradusse in lingua Latina i loro colloqui e ragionamenti, Catone deliberò di far sì che con un decoroso pretesto fossero mandati via ».

Aldo Ferrabino, Nuova soria di Roma, Luminelli, Roma, Volume 2, 1942, pagina 243

Vittoria


Vittoria con trofeo d'armi: rilievo di età Romana da Cartagine.

Africa

Testa raffigurante l'Africa: scultura di età Romana da Thibilis.

Dal discorso del console Paolo Emilio

Dal discorso del console Paolo Emilio:
Avete avuto a spettacolo, o Quiriti, il mio trionfo e i funerali dei due miei figli: sapete con quanta fortuna io abbia amministrato la repubblica e quali fulmini abbian devastato la mia casa.. .In quindici giorni ho terminato la guerra che quattro consoli avevano prima di me prolungata per quattro anni... Giunto al colmo della felicità, ben sapevo che la fortuna dal suo vertice suole piegare in giù il suo corso; e perciò ho bramato che questo mutamento si verificasse piuttosto a danno della mia famiglia che dello Stato. Dunque ora spero che dalla mia cori acerba sciagura sia guarentita la salvezza della repubblica. Sufficiente scherno della caducità umana è il mio trionfo inseritosi tra due funerali. Perseo ha veduto i suoi figli, incoliøni, ma prigionieri: io, che ho trionfato di lui, non ho discendenti che tramandino il mio nome …

(anno 587 d. U. (= 167 a. e.).

Stele

Stele del console Lucio Paolo Emilio nel quale ritorna l'interno cursus honorum culminante con la vittoria su Perseo.

Moneta Gens Aemilia


Rovescio di moneta della Gens Aemilia con statua equestre del figlio di Paolo Emilio.

Un parco per Roma antica. Via libera al progetto da 4 miliardi di euro. Attesi 8 milioni di turisti

ROMA - Un parco per Roma antica. Via libera al progetto da 4 miliardi di euro. Attesi 8 milioni di turisti
Andrea G. Lovelock
ItaliaOggi - 26/9/2008

Ma mancano ancora l'area e gli investitori privati.

Sì,si può fare: il parco a tema sull'Antica Roma ha ricevuto un sostanziale placet, sia pur timido, dai mercati esteri. Attraverso un sondaggio che ha visto coinvolti ben sette istituti di ricerca tra cui Demoskopea, Doxa e Ipsos e costato, secondo voci indiscrete, alcune centinaia di migliaia di euro, il comune di Roma ha monitorato i mercati turistici di maggior riferimento, come Cina, Russia, Giappone, Usa e Spagna, per capire se la presenza di un grande parco tematico sull'Impero romano potesse catalizzare un crescente numero di visitatori.
La risposta affermativa di un buon 30% di potenziali turisti esteri intervistati ha indotto il sindaco Gianni Alemanno a dichiarare subito che «il parco a tema sarà uno dei passaggi-chiave del piano di sviluppo di Roma, che presenteremo al tavolo con le parti sociali, la prossima settimana».

«L'indagine», ha commentato il vicesindaco, Mauro Cutrufo, «ha dato ragione alle nostre sensazioni: un'operazione di questa portata potrebbe davvero implementare le performance ricettive della capitale, con una stima di circa 5 milioni di visitatori esteri e quasi 3 milioni turisti italiani, per un totale di almeno 8 milioni di presenze l'anno».

Nel piano di fattibilità preparato dal comune di Roma è stato preventivato un investimento di 4 miliardi di euro, che dovrà essere intrapreso da investitori italiani o esteri, in quanto la partecipazione del comune riguarderà solo la proprietà dei terreni, anche se non è stata ancora individuata l'area dove sorgerà. Una parziale partecipazione attiva agli introiti permetterà al comune di supportare quegli anelli deboli del sistema turistico della capitale, come alcuni musei.

Il vicesindaco si è poi soffermato sulla grande opportunità occupazionale, in quanto il parco a tema dovrebbe generare circa 12 mila posti di lavoro. Cutrufo ha chiarito che «questa non vuole essere un'operazione solo economica. Il coinvolgimento dell'università La Sapienza e della Luiss garantisce che la realizzazione rispetterà quel rigore storico che merita una città come Roma e non ci sarà nemmeno la presunzione di farne un'area competitor della capitale stessa. Il parco deve diventare un plus».

La prima reazione al parco a tema è stata del neopresidente dell'Enit, Matteo Marzotto: «La trovo un'idea fantastica, magari avercene così in altre zone italiane». Più cauto il commento di Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma: «Esprimo un giudizio sostanzialmente positivo perché, se si dovesse realizzare, darebbe a Roma l'opportunità di rendersi ancora più appetibile per tanti target di turisti. Però l'intera operazione non può prescindere da un serio approccio alla qualificazione dei servizi e delle infrastrutture, che dovranno accompagnarla, e mi riferisco agli snodi stradali, agli aeroporti, alla ferrovia, ai collegamenti con la città, per non ripetere l'impasse della Fiera di Roma, pronta ancor prima di essere finiti i lavori per le infrastrutture d'accesso. In altre parole, l'unica preoccupazione è sulla tempistica e sulla capacità di rendere fruibile questa nuova attrattiva esattamente nel momento in cui verrà aperta».

Di grandi possibili combinazioni con altri segmenti d'offerta turistica di Roma parla anche Mauro Miccio, a.d. di Eur spa: «Il fatto che il comune di Roma pensi a un parco come plus di offerta da ben coniugare con un settore come quello congressuale rappresenta un fattore positivo, in quanto è proprio la convegnistica, con il suo 35% di quota nel fatturato turistico della capitale, che può beneficiare di una grande attrattiva come un parco a tema».

Ben propensi all'operazione anche gli agenti di viaggio, come spiega Cinzia Renzi, presidente di Fiavet Lazio: «Può essere un bel progetto con enormi vantaggi economico-operativi per tutti i soggetti professionali del settore», afferma. Favorevole, infine, anche Sergio Paolantoni, rappresentante per i Beni culturali nel comitato tecnico dell'Enit: «Credo che il richiamo del sindaco al rigore storico sia la condizione imprescindibile per fare del parco una grande opportunità non solo ludica ma anche didattica per i turisti italiani e stranieri».

Schema Battaglia di Pidna


Schieramento dei Romani e dei Macedoni a Pidna secondo una ipotetica ricostruzione.

Monete. Denaro Gens Hostilia


Monete. Denaro Gens Hostilia con la figura di un capo Gallo, forse Vercingetorige.

Latium Vetus verso il 500 a.c.


Latium Vetus verso il 500 a.c.
Carta compilata in base alla tavola I della Romiche Geschichte di J. Beloch

giovedì 25 settembre 2008

Luci per Augusto L'Ara Pacis ritrova i colori imperiali

ROMA - Luci per Augusto L'Ara Pacis ritrova i colori imperiali
Gabriele Simongini
IL TEMPO, 24 settembre 2008

«È talmente bella l'Ara Pacis che rende quasi sopportatile la teca». Con queste parole il sindaco Gianni Alemanno ha commentato soddisfatto il progetto «I colori dell'Ara Pacis» e lo ha presentato ieri insieme all'assessore alla Politiche Culturali del Comune Umberto Croppi, al sovrintendente ai Beni Culturali Umberto Broccoli e al direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci. Ma il sindaco ha anche precisato che a proposito della controversa teca di Richard Meier ancora nessuna decisione è stata presa. Nel frattempo, quasi a marcare una netta differenza rispetto alle Giunte precedenti che sono intervenute pesantemente sul contesto dell'Ara Pacis, Alemanno ha battezzato un progetto scientifico assolutamente virtuale e non invasivo. Nei laboratori dei Musei Vaticani è stato infatti accertato con sicurezza che anche i marmi dell'Ara Pacis, come quelli di tanti monumenti antichi, erano colorati. E così gli studiosi, in base agli esempi più pertinenti della classicità (dalla pittura pompeiana ai mosaici tardo antichi), hanno dato vita a un'ipotesi di colorazione. E ieri, grazie agli apparati tecnologici della società Martin Professional, è stato realizzato un sorprendente e spettacolare esperimento: un velo di luci colorate si è posato su alcuni pannelli dell'Ara Pacis, quelli con Romolo e Remo allattati dalla lupa e con Enea che sacrifica ai Penati una scrofa bianca, oltre al fregio vegetale. Le proiezioni luminose nate da un attento studio hanno quindi suggerito quale fosse la colorazione dell'epoca, tale da lasciare a bocca aperta gli astanti. In questo senso è particolarmente emozionante il blu cobalto che faceva da sfondo alle volute vegetali. Per ora è stato solo un primo esperimento che non verrà proposto subito al pubblico ma per l'avvenire sono previste spettacolari presentazioni aperte a tutti. L'esperimento è stato effettuato ieri, 23 settembre, giorno del compleanno di Cesare Ottaviano Augusto, nato, appunto, il 23 settembre del 63 avanti Cristo. L'Ara Pacis è un altare dedicato proprio dal primo imperatore romano alla pace nel 9 avanti Cristo. A conclusione delle ricerche i risultati ottenuti verranno illustrati in due diversi eventi: una giornata di studi che si terrà all'Ara Pacis l'11 marzo 2009 e una grande mostra in programma per il dicembre del 2009 con l'illuminazione dell'intero recinto dell'Ara Pacis. Con o senza la teca, questo è ancora da vedere.

Roma antica, il mito del «sistema perfetto»

Corriere della Sera 25.9.08
Il conflitto tra ordine e sovversione nel mondo classico: un convegno della Fondazione Canussio. Il passato (e il futuro) della democrazia
Roma antica, il mito del «sistema perfetto»
Lo storico greco Polibio esaltò la «costituzione mista», ma fu smentito dalla crisi dei Gracchi
di Luciano Canfora

«Democrazia » torna ad essere una parola problematica e di combattimento, come nelle sue origini ateniesi quando era per lo più usata come disvalore da parte dei suoi implacabili critici. Non solo: si torna liberamente a criticarla proprio negli ambienti che l'avevano brandita come bandiera da guerra fredda. Si torna a chiedersi quali siano i necessari correttivi (l'orribile neologismo «governabilità » è spesso adoperato a questo proposito), quali siano i limiti tollerabili, quale il contrasto di fondo con il criterio della competenza (è l'antica obiezione dei pensatori ateniesi); per non parlare dell'invito ad una presa d'atto dell'inevitabilità del principio oligarchico al di sotto della corteccia democratica. È qui la radice della riscoperta anglosassone del sistema «misto» e della romana costituzione mista, come la intese Polibio: si pensi agli studi di Neil MacCormick.
Parallelamente torna a vigoreggiare, tra i nostri studiosi del mondo romano, la tendenza a definire democrazia l'ordinamento costituzionale romano, o per lo meno la sua prassi tardo-repubblicana: ordinamento che invece a Polibio (libro VI) e al suo emulo-interprete Machiavelli ( Discorsi sulla prima deca di Tito Livio) parve l'esempio perfetto di costituzione mista. La discussione non è nuova se solo si pensa alla diverse posizioni sostenute in proposito da due grandi romanisti quali Francesco De Martino e Antonio Guarino. Ma ora, significativamente, la visione di Roma repubblicana come democrazia viene rilanciata da uno storico di spicco quale Fergus Millar ( The Crowd in Rome in the Late Republic)
proprio negli Stati Uniti d'America — e l'accoglienza è stata entusiasta, «Historians Give Romans Better Marks in Democracy», titolò il New York Times (23 luglio 1999). E questo si spiega nella realtà, quella americana, dove la trasformazione del meccanismo democratico in costituzione mista è più avanzato e consolidato.
Oltre mezzo secolo fa Kurt von Fritz, uno dei maggiori storici del pensiero antico, passato dalla Germania agli Usa già negli anni Trenta, scrisse un imponente trattato The Theory of the Mixed Constitution in Antiquity: a Critical Analysis of Polybius' Political Ideas (Columbia University Press, 1951) partendo dal presupposto non erroneo secondo cui «nessuna parte della teoria politica antica ha avuto maggior influenza sulla moderna politica (né solo sulla prassi) che la teoria della mixed constitution ». Essa ha avuto in Polibio, greco trapiantato a Roma come ostaggio di guerra e ben presto conquistato alla totale ammirazione del «modello» romano, il suo più convinto assertore.
Una tale costituzione parve a Polibio il vero fondamento della solidità e della durevolezza di Roma. Egli riteneva che ciò fosse apparso chiaro in special modo nel momento del massimo tracollo, al tempo della disfatta di Canne. Roma aveva dimostrato appunto in quella circostanza il massimo di capacità di resistenza, e ciò — secondo Polibio — appunto grazie al suo ordinamento. È questa la ragione per cui il libro dedicato alla costituzione romana, il VI, trova posto, nell'economia generale dell'opera, come prosecuzione del racconto relativo a Roma dopo la celebre e sfortunata battaglia.
Il libro VI però non incomincia in medias res con la descrizione dell'ordinamento politico romano. A tale descrizione si giunge dopo un'ampia premessa: dopo uno svolgimento, che occupa la prima parte del libro, rivolto a classificare i vari generi di costituzioni e a svelare il meccanismo del loro incrinarsi e trasmutarsi in altri e diversi ordinamenti. Per quel che riguarda la classificazione delle costituzioni, Polibio ha ben presente l'impianto platonico e aristotelico, che «raddoppia», per così dire, le forme politiche con la distinzione tra forme «pure» e forme «degenerate » (monarchia/tirannide; aristocrazia/ oligarchia; democrazia/oclocrazia). È una distinzione caratteristica del pensiero antidemocratico. Si può dire, schematizzando, che la più plausibile risposta al quesito intorno alle fonti della teoria polibiana del ciclo costituzionale sia che si tratta in sostanza dell'VIII libro della Repubblica platonica (Platone è l'unico autore che Polibio cita in questo contesto) ma letto alla maniera in cui lo leggeva (irrigidendolo) Aristotele. Polibio ha, sulla scia di Aristotele, assunto la successione tracciata da Platone come un itinerario storico-genetico.
Merito di Platone è considerata l'introduzione dei «doppi», delle forme «degenerate» accanto a quelle pure. Ed è certo lì l'origine della teoria del mutamento. Senza la nozione tipicamente dinamica di «degenerazione» non vi sarebbe altro che la immobile paratassi delle tre forme tradizionali (alla maniera, per fare qualche esempio, del preambolo della Ciropedia di Senofonte o del pretenzioso esordio del Contro Ctesifonte
di Eschine). Non a caso la spinta verso il mutamento viene dalla pleonexía, dal «comportamento prevaricatore» del gruppo dominante, mentre la reazione a tale degenerazione dà vita a nuove forme politiche. È qui il nesso tra degenerazione e movimento. Ma la radice più remota di una tale riflessione — i cui elementi costitutivi sono lo sdoppiamento delle forme, la nozione di degenerazione ed il ciclo — è da cercarsi ancora più indietro: è nel dibattito costituzionale erodoteo (III, 80-82), la cui fonte d'ispirazione è nella riflessione politica della sofistica (per esempio le Antilogie di Protagora).
Il compendio polibiano ha avuto notevole fortuna. Ma tale fortuna è dipesa non tanto dalla originalità (invero scarsa) della riflessione teorica, quanto dal fatto che ad essa si collega una innovativa interpretazione dell'ordinamento politico romano. Polibio è fiero di tale novità. Del durevole prestigio che questo piccolo manuale costituzionale, incorporato da Polibio nella sua opera, ha goduto agli albori del pensiero politico moderno è segno chiaro la parafrasi, e talvolta letterale ripresa, che ne fa Machiavelli nel I libro dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-1519), intitolato appunto Di quante spezie sono le repubbliche e di quale fu la repubblica romana.
Ai moderni questa classificazione non basta più. La contestazione alla radice del modello classico delle sei forme costituzionali (tre pure e tre degenerate) verrà un secolo dopo, da Thomas Hobbes. Quella distinzione suscita il suo sarcasmo e viene da lui fatta risalire appunto agli «scrittori greci e romani» e ai loro moderni seguaci: «Non ci si convincerà facilmente — scrive nel De Cive (VII, 3) — che il regno e la tirannide non sono specie diverse di Stato (…) In cosa differisca il re dal tiranno va ricercato con la ragione, non con la passione. In primo luogo, non differiscono nel fatto che il secondo abbia maggiore potere del primo, perché non si può dare potere maggiore di quello supremo. Neppure differiscono perché la potenza dell'uno è limitata e quella dell'altro no. Chi ha una potenza limitata non è re, ma suddito di chi gli pone limiti. Inoltre non differiscono per il modo in cui hanno conquistato il potere. Infatti, se in uno Stato democratico o aristocratico un cittadino si impadronisce con la forza del potere supremo, qualora ottenga il consenso dei cittadini, diviene monarca legittimo; altrimenti è un nemico, non un tiranno. Differiscono quindi solo per l'esercizio del potere: è re chi governa rettamente, tiranno chi governa in altro modo. La questione dunque si riduce a questo, che se i cittadini pensano che un re legittimamente innalzato al potere supremo esercita bene il suo potere, lo chiamano re; altrimenti tiranno. Perciò regno e tirannide non sono forme diverse di Stato; bensì allo stesso monarca viene dato il nome di re in segno di onore, e di tiranno in segno di disprezzo. Quello che si trova scritto nei libri contro i tiranni, trae origine dagli scrittori greci e romani, che erano governati in parte dal popolo e in parte dagli ottimati, e quindi odiavano non solo i tiranni ma anche i re». Aspro, ma decisivo.
Era bastata la crisi graccana a far saltare la «macchina perfetta» che aveva sedotto Polibio, persuaso di aver trovato a Roma la soluzione degli inesausti conflitti politici che avevano dilaniato le città greche.

mercoledì 24 settembre 2008

Luci blu, porpora e oro il monumento com´era

ROMA - Luci blu, porpora e oro il monumento com´era
FRANCESCA GIULIANI
MERCOLEDÌ, 24 SETTEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Un esperimento di ricostruzione della policromia dell´altare di Augusto.
Ieri sera la presentazione a 300 invitati

I pigmenti ritrovati sui frammenti e la comparazione con i mosaici del Laterano e la pittura romana di Pompei per un modello virtuale digitale


Si accendono ancora una volta i riflettori sull´Ara Pacis di Augusto. Ma non per dibattere, una volta di più, le sorti della teca creata da Richard Meier per proteggere i delicatissimi marmi decorati che l´imperatore volle dedicare alla divinità della Pace nel 9 avanti Cristo. Le luci che hanno illuminato - ieri sera e per un ristretto pubblico, nella data del 23 settembre, ricorrenza natale di Augusto - l´Ara Pacis sono un fenomenale ritorno al passato, una specie di pozione magica negli occhi di chi guarda capace di far rivedere il monumento com´era negli anni in cui venne collocato al centro del Campo Marzio a memoria delle imprese dell´imperatore.
Proiettate sul fronte del monumento, le luci hanno illuminato di colori rilievi, girali e foglie di acanto in un impressionante profluvio cromatico. Il blu dello sfondo, il rosso porpora delle toghe, il giallo dei fiori, il verde delle foglie di acanto. Niente di più distante dal pallore grigiastro del marmo dei monumenti che vediamo svettare tra le macchine in giro per Roma. L´esperimento di colorazione di luce «come un velo» adagiato sul monumento è stato presentato ieri sera del sovraintendente Umberto Broccoli, dell´assessore Umberto Croppi insieme al direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, alla presenza del sindaco Alemanno (il quale ha colto l´occasione per dire: «L´Ara Pacis è talmente bella che si sopporta anche la teca»); con il supporto organizzativo di Zetema.
Il marmo si è colorato di luce con sottofondo musicale, di fronte a decine di archeologi e storici dell´arte del Campidoglio, a studiosi e addetti ai lavori a un sovrintendente particolarmente entusiasta. Si tratta - è stato precisato - soltanto di un assaggio di qualcosa che verrà ripetuto e sarà proposto al grande pubblico insieme ad un convegno (marzo 2009) e ad una mostra (dicembre 2009).
Dal punto di vista tecnico si tratta dunque di un´ipotesi ricavata da un modello digitale colorato virtualmente in base a criteri comparativi che hanno utilizzato immagini della pittura romana antica e dei mosaici conservati, per esempio, a San Giovanni in Laterano o ai Musei Vaticani. «Bisogna tenere presente che l´Ara Pacis è stata per molti anni interrata, danneggiando irreparabilmente i colori - spiega l´architetto Stefano Borghini che ha lavorato al progetto insieme a Raffaele Carlani per la Katatexilux - Per questo si sono fatti confronti con la pittura pompeiana, con altre immagini dell´epoca che facevano riferimento all´Ara Pacis, per ipotizzare una ricostruzione filologicamente adeguata». Il progetto ha studiato l´intera ipotesi restitutiva del monumento (nel museo dell´Ara Pacis esiste già da un anno un modello digitale con i colori) con la collaborazione di Alessandro Viscogliosi e la supervisione del professor Eugenio La Rocca.
Criteri rigorosamente scientifici hanno guidato l´esperimento: per colorare piante e fiori dei rilievi è stato utilizzato lo studio delle specie vegetali eseguito dalla facoltà di Botanica di Roma Tre mentre ulteriori indagini sono state effettuate sui colori dai laboratori scientifici vaticani. Allo studio c´è ora la colorazione integrale del monumento, per il pubblico nei prossimi mesi.

martedì 23 settembre 2008

Nel sito di Ostia dopo nuovi scavi. I colori delle case dell´antica Roma

Archeologia
Nel sito di Ostia dopo nuovi scavi. I colori delle case dell´antica Roma
CARLO ALBERTO BUCCI
LUNEDÌ, 22 SETTEMBRE 2008 LA REPUBBLICA Roma

Alla scoperta dei colori di Ostia antica

Aprono per la prima volta le Case a giardino. Tra affreschi e decori

Le visite guidate al termine di una lunga campagna di scavo e in occasione delle giornate del Patrimonio

Riaprono le case più belle di Ostia antica. A partire dalle Giornate europee del Patrimonio, sabato e domenica, saranno visitabili le insulae delle Volte dipinte, delle Pareti gialle, delle Muse. E la Casa Giardino ma anche quella di Lucceia Primitiva, una matrona il cui nome è stato ritrovato in un graffito venuto alla luce durante gli scavi. Chiusi per più di cinquant´anni al grande pubblico, questi condomini signorili ricchi di affreschi dai colori sgargianti saranno d´ora in poi aperti a rotazione nel corso di visite guidate.




Ostia antica svela per la prima volta al grande pubblico le sue dimore più belle, le insulae che hanno conservato sulle pareti affrescate i rossi, i gialli e i bruni, le raffinate scene mitologiche, le architetture stilizzate, le piante rigogliose e le belve esotiche. E lo fa aprendo innanzitutto le porte della Casa di Lucceia Primitiva, la matrona che ha lasciato il suo nome in un graffito venuto alla luce durante la campagna di scavi che si è conclusa l´anno scorso.
Venerdì prossimo la neo soprintendente per i Beni archeologici di Ostia, Anna Maria Moretti, e Angelo Pellegrino, direttore degli scavi, presenteranno i risultati dei lavori e il programma delle visite guidate che, a partire da sabato 27, prima delle due "Giornate europee del Patrimonio 2008", consentiranno ai visitatori di riappropriarsi dei gioielli del quartiere di via della Foce. Si tratta di insulae che, già nel nome moderno, raccontano la vivacità coloristica e tematica degli affreschi che contengono. E si va dall´Insula delle Muse - con le figure di Apollo e del le nove sorelle protettrici delle arti che campeggiano su una parete del piccolo salotto (oecus) - all´Insula delle Volte dipinte, con le decorazioni a figure geometriche dei soffitti, rarissime vista la scarsità di tali rinvenimenti. E poi l´Insula delle Pareti gialle, complesso residenziale d´età adrianea ma con aggiunte pittoriche d´età antonina (180-190 d. C.) caratterizzate dall´uso prevalente dei colori del sole, il giallo e il rosso. Fino alle Case Giardino, dimore signorili su due blocchi tra il verde delle piante, l´acqua delle sei fontane e i colori delle decorazioni pittoriche al piano terra.
«Riapriremo queste case un poco alla volta, secondo una rotazione veloce, sempre facendo accompagnare i visitatori dal personale della Soprintendenza» spiega Angelo Pellegrino. La penuria di custodi non permette una riapertura a tempo pieno delle stanze oggi note quasi solo agli studiosi. «Ma se un gruppo di turisti ce lo chiede, faremo di tutto per accontentarli anche fuori orario» aggiunge l´archeologo. Pellegrino annuncia poi le novità principali dello scavo dell´Insula delle Ierodule: «È il vecchio nome, ora grazie a un graffito che abbiamo ritrovato si chiamerà Casa di Lucceia Primitiva». La domus conserva affreschi parietali sconosciuti anche agli esperti. «E poi ci sono quelli del soffitto crollato a terra. L´abbiamo completamente recuperato e siamo in attesa di poterlo mostrare». Il ciclo di pitture ostiensi, che seguono di circa mezzo secolo gli affreschi pompeiani, si arricchisce di un nuovo capitolo: linee diagonali, cerchi e geometrie colorate che brillavano sulla "testa" di Lucceia Primitiva.

domenica 21 settembre 2008

NAPOLI - Domus, tombe e fornaci dell´epoca di Spartaco

NAPOLI - Domus, tombe e fornaci dell´epoca di Spartaco
STELLA CERVASIO
SABATO, 20 SETTEMBRE 2008 la repubblica - Napoli

Apre il mausoleo delle "Carceri Vecchie" a San Prisco. Cantieri per altri monumenti

Oggi alle 17 sarà aperto al pubblico, a cura del Gruppo archeologico Francesco Saverio Gualtieri il mausoleo detto "Carceri Vecchie" lungo la via Appia nel comune di San Prisco. L´apertura prevede una serata che coniugherà archeologia, musica, poesie e attualità nello scenario delle Carceri, la più grande costruzione funeraria della Campania, ancora semisconosciuta. Alcune guide esperte di archeologia illustreranno il sito ai visitatori; alle 19 seguirà il concerto di musica contemporanea di Emilio Di Donato alla direzione del quintetto composto, oltre che dallo stesso musicista (chitarra) da Sara e Marta Di Donato (violino e tastiere), Annalisa Messina (voce), Pina Valentino (ritmica) e Anastasia Cecere (flauto). L´esecuzione sarà preceduta da un reading di poesie. Allo stand Unicef ci sarà il doppio cd degli Artisti Casertani per l´Unicef, prodotto per raccogliere fondi destinati ai bambini palestinesi. Ci sarà anche uno stand dell´associazione Liberalibri per lo scambio dei libri già letti. L´organizzazione è curata anche dal periodico online "Casertamusica", che conta 140 mila visitatori-lettori mensili. www.casertamusica.com.


"Una strada non si accontenta di vivere di passato, e nemmeno di presente: in qualche modo lancia un segnale per l´avvenire". Lo sostiene il medievista francese Jacques Le Goff, parlando delle strade dell´antichità di cui ancora v´è traccia nel nostro territorio.
C´è movimento sulle grandi strade del passato. Alle 17 di oggi riaprono le Carceri Vecchie sull´Appia, nel punto in cui tocca il comune di San Prisco. "Carceri" è uno dei nomi arrivati fino a noi, per i legami che si tramandano con la rivolta degli schiavi al seguito del leader Spartaco o per analogie architettoniche (la forma circolare) con il carcere Mamertino di Roma, dove furono rinchiusi Pietro e Paolo. La visita di oggi metterà in evidenza la funzione di mausoleo per la sepoltura, dell´edificio di epoca sillana (I avanti Cristo), poi profondamente rimaneggiato all´interno, con la trasformazione della pianta a croce latina, in modo che all´interno non ci si accorge di essere in un edificio circolare. Grazie all´impegno - affidatogli dalla soprintendenza - di un gruppo archeologico casertano, il "Francesco Saverio Gualtieri", questo piccolo pezzo di via Appia apre al pubblico, sia pure per 24 ore. Meglio di niente. C´è tutto un mondo, di verde e suggestione d´antico, sull´Appia. Anche in quella parte dei 540 chilometri della regina di tutte le consolari che passa per la Campania. Ma spesso è come se così non fosse. «Gli abitanti della zona - dicono Alessia Ventriglia e Pia Di Donato, che organizzano l´incontro di oggi - non conoscono questi monumenti. E chiedono sempre più spesso di tenerli aperti». I tumuli degli Orazi e Curiazi, il mausoleo attribuito all´imperatore Gallieno in territorio laziale - dove almeno i siti dell´Appia antica sono stati compattati nel parco archeologico regionale - sono gli altri e più celebri monumenti funebri disseminati sull´antica strada. Nei prossimi mesi saranno aperti a turno anche gli altri monumenti affidati all´archeogruppo casertano: la Fornace etrusca, al confine con San Prisco, la Domus romana degli Orti a Santa Maria Capua Vetere e la Conocchia, altro colombario funebre, nel comune di Curti.
Sarebbe utile anche per il tratto campano dell´Appia, un progetto come quello presentato nella sede del Banco di Napoli, in via Toledo, da Civita nello scorso mese di luglio per le vie Francigene del Sud, che si è concretizzato in un volume edito dalla stessa associazione romana con San Paolo-Banconapoli e Finmeccanica e con i contributi di Antonio Paolucci e Franco Cardini. Il progetto che "allunga" l´itinerario dei pellegrinaggi Roma-Gerusalemme oltre il percorso che da Canterbury conduceva alla Capitale, prevede per il prossimo 11 ottobre uno spettacolo di Neri Marcoré a Bitonto in Puglia, in uno dei monumenti toccati dalla strada dei pellegrinaggi, che in Campania attraversa il Sannio. Nel sito www.galtiterno.it viene illustrato il progetto generale dei "Cammini d´Europa Cammini di Santiago e via Francigene", che propone il percorso in bicicletta da Faicchio a Buonalbergo (82 chilometri), sulla strada che passa anche per i vigneti e i frutteti di Guardia Sanframondi, Cerreto Sannita, Castelvenere.

venerdì 19 settembre 2008

Gli scavi condotti a Petralia Soprana hanno portato alla luce importanti reperti

SICILIA - Gli scavi condotti a Petralia Soprana hanno portato alla luce importanti reperti
IVAN MOCCIARO
18 settembre 2008 LA REPUBBLICA Palermo

UNA VILLA ROMANA NELL´ANTICA PETRA

Una testa di vecchio satiro incoronato, una lucerna romana con la raffigurazione del mito di Atteone, due monete repubblicane in bronzo, frammenti di ceramica e cinque colonne romane. Trasudano leggenda i reperti archeologici emersi dalle viscere di Petralia Soprana. Sono il frutto della missione archeologica, condotta nelle campagne madonite per fare luce sulla nascita dell´antica Petra.
I risultati della campagna di scavi sono stati presentati, nei giorni scorsi, dal professore Gaetano Messineo dell´Università de L´Aquila che ha collaborato con la Soprintendenza ai Beni culturali di Palermo. Una convenzione biennale tra Soprintendenza e università di Palermo e L´Aquila che prevede anche un progetto di ricognizione per la stesura di una carta archeologica delle Madonie curata da Oscar Belvedere dell´Istituto di Topografia.
La scoperta di enorme valore storico e archeologico ha permesso di identificare a Petralia Soprana un insediamento arcaico a Piano San Giacomo, nei pressi di contrada Pinta, dove sono emersi materiali del VI secolo avanti Cristo. E nella frazione di Raffo, in contrada Santa Marina proprio sopra gli argini del fiume Salso, una Villa rustica, detta delle Saline, un insediamento di tarda età repubblicana romana risalente al I secolo a. C.
Di notevole interesse è la villa romana in località Santa Marina che mette assieme i pezzi di una fattoria in cui convivevano, l´uno accanto all´altro, la dimora padronale e gli ambienti per la raccolta e la conservazione dei prodotti della terra.
Spiega il professor Gaetano Messineo: «Si tratta di due lati ortogonali e di un ampio piazzale delimitato da gradoni con colonne lisce di pietra. Un frammento di capitello indica che le colonne erano di ordine dorico, anche se non scanalate. I numerosi frammenti raccolti, documentano una continuità di vita dell´impianto dalla tarda età repubblicana romana, fino al tardo Impero (VI - VII secolo dopo Cristo). Tra i ritrovamenti, c´è una lucerna romana con la raffigurazione del mito di Atteone, il cacciatore trasformato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani per volere di Artemide la dea da lui vista al bagno senza veli, e due monete repubblicane di bronzo, gli assi, con la testa di Giano bifronte su un lato che confermano la datazione II - I secoloa. C. Nel piano di calpestio del cortile porticato - continua Messineo - probabilmente confluivano i prodotti agricoli poi depositati in giare . Alcuni frammenti mostrano l´elevato livello di vita degli abitanti della villa, come una maschera teatrale in terracotta e una piastrina in osso lavorato, posta probabilmente a rivestire un mobile, che raffigura una magnifica testa di vecchio satiro incoronato dalla barba».
La prossima campagna di scavi tenterà di ricostruire la viabilità antica della zona in particolare lungo il fiume Salso utilizzato, probabilmente,. per raggiungere le antiche saline della borgata di Raffo già conosciute al tempo di Augusto.

Testaccio, sotto il tram spunta una domus Via Marmorata, mosaici, affreschi e tombe nel cantiere stradale

ROMA - Testaccio, sotto il tram spunta una domus Via Marmorata, mosaici, affreschi e tombe nel cantiere stradale
RENATA MAMBELLI
VENERDÌ, 19 SETTEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - - Roma

Ma per questioni di viabilità tutto dovrà essere ricoperto nel giro di un paio di mesi

Un pezzo di muraglione di età imperiale, altri muri più tardi, presumibilmente del V secolo. Diverse tombe con resti di scheletri, alcune delle quali di età altomedievale. Pavimenti di horrea, i magazzini di granaglie del porto romano, depositi di anfore, pezzi di opus reticulatus a pochi centimetri dal manto stradale. E ancora, tessere di mosaico di quello che probabilmente è un pavimento ancora sotto terra, parti di intonaco che fanno pensare ad un affresco di una parete di una domus. Tutto questo fino a poche settimane fa era coperto da uno strato di poche decine di centimetri di cemento armato, sotto i binari del tram di via Marmorata, tra Testaccio e l´Aventino. Ora torna alla luce per opera della Soprintendenza archeologica dopo che l´Atac ha deciso di sistemare i binari su uno strato di materiale che impedisca le vibrazioni di cui da anni si lamentano gli abitanti della zona. I lavori sono partiti ad agosto, i binari sono stati sollevati e tolti e sotto si è trovato un pezzo della storia di Roma, ancora da indagare e catalogare.
Spiega Alessandra Capodiferro, responsabile per la Soprintendenza dell´area dell´Aventino: «Le fotografie scattate all´inizio del secolo in via Marmorata mostrano che tracce di costruzioni romane erano incorporate nelle case dell´epoca. Dopo gli interventi di urbanistica che sono seguiti tutto questo è stato cancellato. Dove ora sono i binari del tram erano stati stesi alla fine dell´800 quelli dell´omnibus a cavallo. È stato allora, probabilmente, che si è coperto quanto c´era con una soletta di cemento che ha nascosto tutto». È questo che ora sta tornando alla luce, anche se lo scavo è costretto in spazi angusti proprio per motivi di sicurezza legati al passaggio dei tram e delle auto.
«Si procede nel solco di un binario per volta», ci spiega l´archeologa Paola Quaranta, responsabile dello scavo, «ora stiamo lavorando dov´era il binario dalla parte di Testaccio; finito questo, copriremo e passeremo all´altro binario, quello verso l´Aventino». Una necessità dovuta al fatto che su uno dei binari devono continuare a passare, tutte le notti, i tram che vanno al deposito, che si raggiunge solo passando di qui. I tempi sono ristretti, proprio per il disagio che la chiusura dei binari comporta per gli utenti del tram: tutto dovrà essere finito e ricoperto nel giro di un paio di mesi, anche se sarà difficile rispettare i tempi, visto le scoperte che si stanno facendo in queste due strisce di terreno.
«Questa strada sotto le pendici dell´Aventino era una via molto antica, una delle prime di Roma, che portava al mare, alle saline di Ostia. Ed ha continuato ad essere importante», spiega Paola Quaranta, «sia durante l´impero, a causa della presenza dei magazzini del porto e di tutti gli uffici che erano collegati alla loro attività, sia in seguito, nella Roma cristiana, perché di qui passava la strada che andava alla Basilica di San Paolo, un luogo di grande rilevanza per la città del V e del VI secolo». Tratti di basolato romano, posti su diversi strati e quindi di epoca diversa, testimoniano questo ruolo attraverso i secoli. E accanto alla strada erano stati costruiti molti edifici: uffici del mercato dell´epoca imperiale, ma anche domus più tarde, come dimostrano alcuni tipi di anfore del V secolo affastellate nelle discariche. Segno del tempo che passava, e anche della società che si imbarbariva, sono le tombe costruite in alcuni casi semplicemente con cumuli di pietre messe una sull´altra. Un tipo di inumazione molto rozza rispetto alle tumulazioni di età imperiale. E così anche le mura alzate usando pezzi di riuso presi da altre mura più antiche ma messe alla rovescia, o in parte edificate con semplici massi di tufo, fanno capire che si erano perse le conoscenze e le tecniche di costruzione degli antichi.
Gli scavi, condotti dalla cooperativa Lateres, continueranno nei prossimi giorni effettuando saggi su alcune parti mirate dello scavo, dove ci sono segnali che lasciano supporre che sotto possa esserci qualche cosa di davvero importante: il pavimento e l´affresco, in particolare. Dopo di che quello che è stato scavato sarà ricoperto, anche se non si esclude che possa essere rinvenuto qualche cosa che sia opportuno rimuovere. «Dobbiamo discuterne nei prossimi giorni con l´Atac, con la quale la Soprintendenza ha avuto finora un ottimo rapporto», spiega la dottoressa Quaranta, «soprattutto per quello che riguarda due parti dello scavo che secondo noi andrebbero approfondite. Dopo di che, proprio a partire dalle indicazioni che ci sono venute dallo scavo effettuato in questo punto, potremo avere indicazioni per spostarci con le ricerche fuori dall´alveo dei binari e della strada, verso il marciapiede sotto l´Aventino». Dove si potrà continuare a scavare senza arrecare troppi disagi al traffico.

E ai Capitolini arriva l´Apollo di Adriano

ROMA - E ai Capitolini arriva l´Apollo di Adriano
RENATA MAMBELLI
VENERDÌ, 19 SETTEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - - Roma

arriva l´apollo di Adriano

Il nuovo Sovrintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma, Umberto Broccoli, ha deciso di presentarsi nella sua prima uscita pubblica accompagnandosi alla straordinaria bellezza dell´Apollo di Mantova, da ieri esposto ai Musei Capitolini grazie ad uno scambio col Museo del Palazzo Ducale di Mantova nell´ambito della rassegna "Ospitando..", il cui obiettivo è appunto quello di incrementare gli scambi tra musei. La statua, datata negli ultimi anni dell´imperatore Adriano, tra il 130 e il 150 d.C., è uno dei capolavori catalogati dall´abate Gian Girolamo Carli nel XVIII secolo nel suo trattato sui "Marmi antichi" della Reale Accademia di Mantova. In cambio è stata inviata a Mantova un´opera dello scultore rinascimentale mantovano Pier Jacopo Alari Bonacolsi, la statua in bronzo Camillo, che appartiene ai Musei Capitolini, in occasione della mostra sul Bonacolsi a Palazzo Ducale. L´Apollo rimarrà esposto a Roma fino al 6 gennaio.

La presentazione della statua dell´Apollo di Mantova è stata l´occasione per Carlo Broccoli di un passaggio di testimone ideale col suo predecessore, Eugenio La Rocca, e per indicare le linee alle quali intende attenersi nel suo incarico. Per prima cosa Broccoli, che è autore e conduttore di trasmissioni culturali della Rai, ha detto che continuerà in questa attività, come ha stabilito di comune accordo col sindaco Alemanno al momento di accettare di dirigere la Sovrintendenza. La sua esperienza di comunicatore, ha spiegato, gli servirà proprio in quello che è uno dei suoi obiettivi principali nel suo nuovo ruolo, quello cioè di promuovere una comunicazione che renda i Musei Capitolini, più "semplici" da capire, e quindi aiuti a conoscerli. Nei Musei, ha spiegato, non ci si deve annoiare, le opere devono potersi toccare e non diventare "reliquie".
Altro obiettivo prioritario, ha aggiunto, è quello della "manutenzione" dell´esistente, nel senso anche di una continuità con l´operato di chi l´ha preceduto. Eugenio La Rocca, nel ricordare i 15 anni trascorsi alla Sovrintendenza di Roma, si è augurato che il progetto del Grande Campidoglio, per il quale ha lavorato «tutta una vita» possa andare avanti e concretizzarsi, anche se, ha aggiunto, il nuovo Sovrintendente dovrà fare i conti con mezzi finanziari molto più ridotti e soprattutto non avrà un Giubileo sul quale poter contare.
Tra le novità previste per i prossimi mesi il sovrintendente Umberto Broccoli ha annunciato un Convegno sulle fontane di Roma, da tenersi in ottobre, alla quale sarà chiamato a partecipare anche Folco Quilici, che qualche anno fa aveva firmato un reportage sugli "stregoni del Barocco" e sulle fontane romane.
RENATA MAMBELLI

martedì 16 settembre 2008

«Il Pincio è uno scrigno dell’identità di Roma»

ROMA - «Il Pincio è uno scrigno dell’identità di Roma»
Adele Cambria
l'Unità (Roma) 04/09/2008

L’ARCHEOLOGA Marina Mattei, l’unica donna tra i 5 saggi chiamati a consulto sull’affair Pincio, ci tiene a sottolineare non tanto il suo dissenso all’operazione parcheggio - «A noi tocca fornire informazioni esatte e valutazioni corrette ai politici, il sì o il no tocca al Sindaco» - quantola rappresentazione dell’identità di questo colle: «Scrigno della memoria storica di Roma- lo definisce - abitato fin dall’età arcaica, poi arricchito dalle ville aristocratiche e dagli horticula in età repubblicana, e, ancora, e parlo soltanto della Roma dell’antichità, dalle ville imperiali: Svetonio narra che Messalina, la madre di Nerone, fu uccisa dai sicari dell’imperatore proprio qui, nella sua villa al Pincio, e sembra che persino Belisario, il germanico diventato generale di Giustiniano, ed inviato a liberare Roma dai Goti, avesse una domus pinciana! E poi, nel contesto di Piazza del Popolo, è un succedersi di eventi architettonici ed artistici, che verranno tutti armonizzati dal Valadier…». L’elenco sarebbe lungo, dall’obelisco più antico, tra quelli approdati a Roma, l’obelisco Flaminio, ritrovato al Circo Massimo, e che Sisto V volle collocare al centro della piazza, mentre il Valadier lo circondò delle fontane e dei quattro leoni, alla chiesa di Santa Maria del Popolo, arricchita dalle tele del Caravaggio e dal coro del Bramante affrescato dal Pinturicchio: ma che all’origine fu una cappelletta che il pontefice Pasquale II volle sorgesse proprio sul punto in cui si riteneva fosse stata sepolta (nei giardinetti sepolcrali della famiglia dei Domizi) l’urna con le "infernali" ceneri di Nerone, per esorcizzarne la carica negativa…. Ma fermiamoci qui, e torniamo all’addolorata protesta dell’archeologa: «Scavare un colle come questo, memoria, ripeto,nonsolo dell’antichità di Roma ma della sua storiachearriva fino a noi, in un continuum, per farne alloggio temporaneo di autovetture, mi sembra qualcosa di impensabile. Eppure io sono l’autrice del progetto di musealizzazione della linea C della metropolitana… Progetto ormai decaduto… Ma il Pincio è un altra cosa, è uno scrigno, cui ha dato forma moderna il complesso architettonico di Giuseppe Valadier, portato avanti fino al 1920 - e questo lo sanno in pochi - da un validissimo architetto, il De Vico… ». Per la Mattei, quindi, ormai che s’è cominciato a scavare vale la pena di continuare le indagini archeologiche ma soltanto a fini di documentazione. Poi si dovrebbe chiudere il cantiere e restituire piazzale Napoleone I° alla città.
Dando mano, invece, «a quella tutela, valorizzazione e manutenzione dei Beni Culturali, che il Codice Urbani prescrive; e che purtroppo in questa area dove si concentra un prioritario
interesse monumentale, archeologico e paesaggistico, è da anni trascurato».

VERONA - Assegno di 20mila euro per la villa romana

VERONA - Assegno di 20mila euro per la villa romana
Gerardo Musuraca
L'Arena 04/09/2008

Ventimila euro di contributo in arrivo da Venezia per le indagini archeologiche alla villa romana. Per il terzo anno consecutivo pochi giorni fa, dalla giunta veneta è stato destinato un fondo speciale, su 588 mila euro complessivi, per uno dei più importanti ritrovamenti di epoca romana della regione. Il sito, che si trova a Castelletto di Brenzone, proprio alle spalle della chiesetta di San Zèn de l’Oselèt, riesce ad attirare l’interesse e ottenere soldi dalla Sovrintendenza e dalla Regione, intenzionate a favorire la conclusione del progetto di copertura e di musealizzazione delle antiche mura e delle stanze ritrovate circa tre anni fa casualmente, durante i lavori di ampliamento del Campo Santo.
A giugno l’amministrazione comunale guidata dal sindaco, Giacomo Simonelli, aveva fatto anche il bis con l’iniziativa «Porte aperte agli scavi archeologici», organizzata e gestita in collaborazione con il ministero per i Beni e le attività culturali, la Regione e la Sovrintendenza ai beni archeologici.
La villa romana e la chiesa di San Zen de L’Oselèt infatti non stanno smettendo di svelare sorprese destando così l’interesse di esperti provenienti non solo dall’Italia ma da varie parti d’Europa. Gli ultimi ad arrivare, in ordine di tempo, erano stati i sovrintendenti di Barcellona che, il 30 maggio scorso, erano venuti apposta dalla penisola iberica in sopralluogo assieme all’architetto Libero Cecchini, alla dottoressa Brunella Bruno, della Sovrintendenza per i beni archeologici del Veneto, alla sua responsabile regionale, Anna Maria Mastelloni, e alle colleghe Anna Malavolta, del patrimonio storico- artistico e all’architetto Ferrari, dei Beni monumentali.
Un pool di prestigio riunito per ragionare sul come procedere nella tutela dei ritrovamenti delle antiche mura, dell’ossario all’interno della chiesa di San Zen de l’Oselèt, dei monili e di poche monete antiche, ritrovate sotto qualche centimetro di terra durante gli scavi. Oltre ai muri della villa romana, in alcuni punti alti anche tre metri, a Castelletto sono state ritrovate parti di scheletri umani ben conservati.
Negli anni scorsi l’amministrazione comunale aveva stanziato dapprima 15 mila e poi altri 10 mila euro per il recupero e la messa in sicurezza di quanto ritrovato mentre, anche dalla Regione Veneto, erano arrivati due contributi, di 28 e 30 mila euro rispettivamente, per proseguire gli scavi e salvaguardare il tutto, recuperato dall’oblio e dall’usura del tempo con idonea copertura.
«In quegli scavi», aveva spiegato Brunella Bruno, «ci sono ritrovamenti di importanza tale da fare ritenere che lì ci fosse una necropoli di epoca alto-medioevale, poi distrutta dall’ampliamento che la chiesa ha subito successivamente. La villa romana era verosimilmente ampia, simile a quelle già note e studiate sulla sponda bresciana, nei paesi di Toscolano, Desenzano e Sirmione. A Sirmione il tutto è già stato anche musealizzato», cosa che dovrebbe avvenire anche a Brenzone, secondo le intenzioni del sindaco Simonelli. E a breve dovrebbero iniziare anche i lavori di copertura provvisoria della villa e poi potrebbero partire quelli di salvaguardia definitiva e di messa in sicurezza dell’intero sito archeologico.
«Questo contributo di 20 mila euro», hanno chiuso in questi giorni dal municipio di Brenzone, «ci aiuterà a proseguire questo intervento di notevole livello culturale alla villa romana e agli scavi archeologici. Una volta terminato, il tutto potrebbe diventare una vera e propria attrazione turistica, visto che vorremmo collocare la villa e la chiesa di San Zèn de l’Oselèt all’interno di un circuito di visite, che comprenda anche altri edifici votivi sparsi su tutto il nostro territorio comunale e nelle frazioni di Brenzone".

ANZIO - colonna in marmo recuperata

ANZIO - colonna in marmo recuperata
Sabatino Mele
05/09/2008 IL TEMPO

ANZIO Una colonna di marmo, risalente all'epoca romana, è stata recuperata dalla Finanza al largo di Torre Astura ad Anzio.
Il ritrovamento conferma la presenza di un notevole patrimonio storico-archeologico nella zona di mare antistante l'oasi naturale di Torre Astura.

La colonna, alta quattro metri, per un diametro di circa 80 centimetri, rappresenta un ritrovamento significativo per il patrimonio archeologico del territorio.
Ad effettuare il ritrovamento sono stati gli uomini delle Fiamme Gialle della squadriglia nautica della Guardia di Finanza, guidata dal maresciallo Giuseppe Marrazzo. Il reperto, dopo un attento studio da parte degli esperti della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Lazio, sarà ospitato nel Museo Archeologico di Anzio.
Anzio fu l'ultima città a cedere a Roma. Da allora fu colonia romana e sul finire dell'età repubblicana conobbe un grande splendore diventando il luogo di villeggiatura preferito dai patrizi. Lungo la costa vennero edificate le ville più importanti, palazzi, teatri e templi ornarono la città. E sicuramente la colonna ritrovata al largo di Torre Astura non fa altro che confermare l'antica storia della città. Durante l'età imperiale tutti gli imprenditori soggiornarono ad Anzio e Caligola ne voleva fare addirittura la capitale dell'impero. A valorizzarla ulteriormente fu Nerone, nato proprio ad Anzio, che fece realizzare il porto con una grande opera di ingegneria marittima.

SOMMA VESUVIANA. Villa Augustea scoperta nel sito una nuova statua

CAMPANIA - SOMMA VESUVIANA. Villa Augustea scoperta nel sito una nuova statua
Daniela Spadaro
05/09/2008 IL MATTINO

A Somma Vesuviana, il sito archeologico di Starza Regina regala ancora emozioni: ieri gli archeologi dell’équipe italo-giapponese coordinata da Aoyagi Masanori dell’università di Tokyo ha riportato alla luce una statua del III secolo d.C. raffigurante un soggetto virile, di grandezza naturale, in marmo pregiato. «È la parte centrale di una statua, senza braccia, gambe e testa - dice l’archeologo Antonio De Simone, componente del gruppo di ricerca per l'Università Suor Orsola Benincasa - Un pezzo molto bello, non siamo in grado di dire chi sia il soggetto, di sicuro è la prova che ci sono altre statue». Stamattina il dirigente della Soprintendenza Giuseppe Vecchio sarà a Somma Vesuviana per ufficializzare la scoperta insieme a Matsuyama Satoshi, il direttore del cantiere, e all’archeologa Claudia Angelilli. La «Villa Augustea», così chiamata perché l’ipotesi più probabile vuole che si tratti della dimora dove trascorse gli ultimi giorni l’imperatore Augusto, è solo una piccola parte di una delle più rilevanti scoperte archeologiche degli ultimi decenni. Ampliando l’area degli scavi, si stanno riportando alla luce nuovi ambienti. Addirittura gli esperti ipotizzano che, celata dai sedimenti lavici, possa esserci un’intera cittadina. La scoperta del rudere avvenne per caso negli anni ’30, con le prime esplorazioni eseguite dal celebre archeologo Amedeo Maiuri; ma solo dopo molto tempo, grazie al finanziamento della missione da parte dell’università di Tokyo, nel 2001 si è dato il via agli scavi che hanno fatto emergere reperti la cui fama ha fatto il giro del mondo. L’ultimo reperto conferma che i proprietari della villa dovevano appartenere a una famiglia ricchissima e potente. La statua segue il ritrovamento dell’arco e dei colonnati, delle nicchie con le statue del dio Dioniso con la pantera, e della statua raffigurante la «peplofora». Queste due ultime sono ora custodite nel museo archeologico di Nola, dopo essere state esposte a Tokyo. In questo mese ricominceranno le visite guidate e, a breve, si aprirà un nuovo fronte di scavi sul lato Sud. Intanto, fino a luglio scorso, la statua del Dioniso è stata in mostra a Mantova, con altri 120 preziosissimi reperti. Il progetto di restauro si deve all’archeologo Antonio De Simone, affiancato da Luisa Melillo, responsabile del laboratorio di restauro della Soprintendenza napoletana.

Foro Italico. Il progetto di ristrutturazione non piace al comune. Sospesi i lavori

ROMA. Foro Italico. Il progetto di ristrutturazione non piace al comune. Sospesi i lavori
Francesco Longo
il riformista, 12-09-2008

Dopo il Pincio, Alemanno vuol cancellare anche il tennis

«Il Foro Italico non va toccato», avverte il sindaco Gianni Alemanno. Non pago di aver fermato la realizzazione del parcheggio del Pincio - è di ieri la decisione della giunta -, il sindaco di Roma interrompe anche i lavori per ingrandire lo stadio centrale del tennis romano. La polemica è iniziata questa estate ma i risultati potremmo scoprirli l’anno prossimo: Roma potrebbe perdere gli Internazionali di tennis che ospita ogni anno in primavera. Morale? La solita. Quando arriva il fascismo, si sa, per prima cosa si smette di giocare a tennis. Lo aveva capito benissimo Giorgio Bassani con il suo Giardino dei Finzi-Contini, ce lo ricorda oggi il sindaco capitolino.
I prestigiosi Internazionali di Roma - teatro due anni fa dell a più bella sfida Nadal-Federer, dopo quella di Wimbledon di quest’anno - sono a rischio per alcune discutibili e discusse scelte del primo cittadino. Il Foro Italico ha bisogno di un nuovo stadio più grande altrimenti rischia di risultare inadatto ad ospitare la manifestazione. Il progetto, votato ai tempi di Veltroni, era già in atto ma è stato bloccato. Secondo la nuova giunta il piano avrebbe un impatto ambientale troppo alto. La giunta non vuole che il Foro sia «sventrato» perché si deve rispettare il suo «carattere monumentale». La controproposta che arriva - una specie di rilancio che sa solo di bluff - è di costruire dal nulla un nuovo centro sportivo a Tor di Quinto, in cui far svolgere gli Internazionali nel 2010. Il sindaco immagina che serva un solo anno per costruire dieci campi da tennis (tra cui un centrale di TOmila posti), un altro da quattromila, e palestre, spogliatoi, parcheggi, nuove strade, etc. Oppure quella di Alemanno non è fanta-edilizia, ma solo la febbre di arrestare ogni iniziativa di sviluppo cittadino.
Per i tornei Atp si decide ogni anno quali sono i luoghi adatti ad accogliere i tornei. Di recente, per esempio, il torneo tennistico di Amburgo è stato declassato, e Roma potrebbe fare la stessa fine per mancanza di attrezzature. Le palline si fermerebbero.
Nel romanzo Il giardino dei Finzi-Contini l’alternanza tra la bellezza tennistica e l’avvento del fascismo è raccontato in modo esemplare. Il primo sintomo della discesa italiana verso gli inferi politici e culturali, viene colto nella emblematica chiusura dei circoli del tennis. I pochi appassionati si riuniscono a casa Finzi Contini
per continuare a tirare qualche dritto e rovescio. Settanta anni dopo, il tennis italiano rischia di perdere il suo torneo più importante grazie alla destra.
Come al solito il mondo politico e sportivo si dividono. Anche all’interno del Pdl non c’è chiarezza. Ma in tutta questa vicenda di incompetenza al potere, c’è un ulteriore imbarazzo da annotare. Tra i contrari alla costruzione del nuovo stadio al Foro Italico, si è schierata l’associazione Italia Nostra. Ascoltata la dichiarazione del sindaco sull’inviolabilità del Foro Italico hanno esultato per la loro «battaglia per la difesa del complesso monumentale del Foro». Come tutti sanno, Italia Nostra è una associazione che combatte giuste battaglie per salvaguardare il patrimonio artistico e naturale dell’Italia. Pochi forse ricordano però (possibile anche nell’associazione
stessa?) che proprio Giorgio Bassani è stato presidente di Italia Nostra dal 1965 al 1980. Il suo impegno è stato fondamentale per battaglie che mettevano in gioco foreste, spiagge, città d’arte d’Italia. Ma Bassani era anche un bravo giocatore di tennis E le descrizioni delle partite di casa Fmzi-Contini dimostrano il suo amore per questo sport. Cosa avrebbe scelto Bassani? Salvaguardare il "monumentale"Foro, o la cultura del tennis? Bassani ragionava così: giustificò la battaglia della baia di Panigaglia, scrivendo: «l’abbiamo difesa a lungo, in nome di Byron, di Shelley, di Lawrence». Oggi Italia Nostra potrebbe salvare il tennis in nome di Giorgio Bassani. Scrittore che aveva sì orrore degli scempi ambientali, ma che considerava mirabili,
rispetto al fascismo. Da sempre infatti i fascisti impediscono alle belle Micòl di finire le loro partite.

"Pincio, meglio ricoprire i reperti" Gli archeologi sul futuro dell´area.

ROMA - "Pincio, meglio ricoprire i reperti" Gli archeologi sul futuro dell´area. Rampelli contro la Nuvola: "Scandalosa"
CARLO ALBERTO BUCCI
SABATO, 13 SETTEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Le riflessioni di Broccoli e Torelli sul colle. Anche Ripa di Meana contro Fuksas

Le ruspe se ne vanno e, nel decretare la fine del cantiere sul Pincio, il sindaco Alemanno giovedì ha annunciato: «Valorizzeremo i reperti ritrovati». E se Walter Veltroni dice «non commento il "no", sono rispettoso del lavoro di cui è responsabile chi è venuto dopo di me, però penso che forse si dovrebbe parlare della pedonalizzazione del Tridente», è Fabio Rampelli a portare la battaglia su altri campi: «A Roma non c´è solo la questione del parcheggio del Pincio», ha detto il deputato del Pdl, da sempre contrario al parking, «ma c´è anche quella della Nuvola di Fuksas che reputo uno scandalo, un capriccio, un dispetto alle simmetrie dell´Eur». Rampelli attacca la politica del centrosinistra: «Deve finire la stagione delle archistar come Meier, Fuksas e Piano». Gli fa eco Carlo Ripa di Meana di "Italia Nostra": «È un giudizio personale, ma quel "nuvolone" non mi piace e poi mi viene in mente un incubo: chi lo laverà e quanto costerà la manutenzione?».
Su fronte invece dell´archeologia sul Pincio, rimane da capire qual è il destino dei cunicoli voltati, dei sedici vani sovrapposti, delle piccole terme. La Soprintendenza statale sfrutterà i giorni a venire per lo studio, la schedatura, il restauro. Intanto, il sovrintendente ai Beni culturali del Comune, Umberto Broccoli, ragiona sul futuro di queste antichità. Ma fa una premessa: «Prima dobbiamo studiare, come hanno fatto nei mesi scorsi gli studiosi della Sovrintendenza capitolina per scovare le carte e le memorie che ci hanno permesso di evidenziare l´esistenza delle preesistenze: le piante 500esche del Bufalini, le descrizioni del Lanciani, le mappe del 1852-53 con le piantumazioni decise dal Vachet. Condivido pienamente la decisione di bloccare il parcheggio. Ma per la valorizzazione, ci vuole un progetto». Broccoli guarda a tutta la storia del Pincio. «Penso alle gite descritte da Gabriele D´Annunzio e alla "passeggiata elegante" che fino agli anni ‘60 sfruttava gli ascensori dell´Atac sul Muro Torto. Si potrebbero rimettere in funzione, ma ci vuole prima un piano».
E i resti, forse, degli Horti di Lucullo? «Decidessi io, ricoprirei tutto e tanti saluti», dice Mario Torelli, ordinario di Archeologia e storia dell´arte greca e romana a Perugia, uno dei 12 saggi che hanno votato all´unanimità la relazione per il ministro Bondi nella quale si sottolinea il «notevole interesse» dell´edificio «per la sua articolazione più piani», pur lasciando aperta la porta a un progetto del parking modificato. «Paradossalmente - spiega lo studioso - il parcheggio avrebbe permesso di musealizzare queste piccole terme. Ma ora non ha più senso. Sono ben altre le priorità per Roma. Solo per rimanere in ambito comunale, cito l´area sacra di Sant´Omobono, di straordinaria importanza poiché risalente ai tempi di Servio Tullio, che è tutta da ripensare. Coprire è, oggi, il miglior modo per tutelare, per lasciare qualcosa ai posteri».
Tessuto non tessuto e uno strato di pozzolana per sommergere e proteggere le vestigia del Pincio? «L´idea non è sbagliata: coprire ma dopo aver studiato e pubblicato i rinvenimenti» ragiona Broccoli. «Del resto il "no" al parcheggio si basava sia sui ritrovamenti archeologici sia, tra l´altro, sul valore in sé del parco storico. E, da Lucullo alla Dolce vita, il Pincio lo è per antonomasia».

Via al recupero della scalinata imperiale

ROMA - Via al recupero della scalinata imperiale
Corriere della Sera (Roma) 16/09/2008

Non va avanti solo la Metro C, con la «talpa» che già scava nelle viscere della terra. Va avanti anche il recupero di una nuova meraviglia archeologica, la scalinata imperiale scoperta in febbraio accanto a piazza Venezia nell`aiuola di Madonna di Loreto. Lì sono rimasti, a guardia, dell`importante scalone imperiale scoperto a quattro metri di profondità alcuni alberi maestosi (ma
anche malati) che da tempo costituiscono l`arredo della piazza. Saranno eliminati, dopo una lunga «melina» tra soprintendenze (l`archeologia col sovrintendente Angelo Bottini ne chiedeva l`abbattimento, l`architettonica con la soprintendente Federica Galloni cercava di evitarlo) e così riprenderà lo scavo con due importanti obiettivi: riportare alla luce l`intera scalinata imperiale e trovare il posto davanti alle Assicurazioni Generali per le uscite della linea C. Per gli archeologi è una vittoria.
Si tolgono i pini e si guadagna una nuova realtà archeologica, ancora tutta da scoprire oltre la porzione già individuata nei primi scavi. Via dunque il terriccio che ha ricoperto provvisoriamente la scalinata riemersa all`inizio di quest`anno durante gli scavi preventivi guidati dall`archeologo Roberto Egidi. Allora cosa venne fuori? A quattro metri profondità giaceva una struttura larga 15 metri, con cinque gradoni in cemento e marmo,
parte di una struttura sicuramente più ampia. L`impianto, su cui restano segni dell`incendio del 39o d.C. e di un terremoto, collegava la vicina area della Colonna e della Basilica Traiana
con quella più a nord occupata da «insulae» e domus. La scalinata risulta delimitata a nord da un muro, ma verso la piazza nessuno sa
quanto sia più larga e ci si chiede cosa effettivamente fosse: un auditorium? Oppure una sistemazione urbanistica della selletta tra il Foro di Traiano e della zona residenziale dell`antica Roma?
Oppure parte di un edificio di culto più ampio?
Nessuno ne conosceva l`esistenza. Neanche la «Forma Urbis», la pianta monumentale marmorea di Roma imperiale fatta all`epoca di Settimio Severo e di cui si conservano importanti lacerti, ne certifica la presenza. La grande scala, in cemento romano, ricoperta in marmo, atterra con i suoi gradoni imponenti davanti a
una pavimentazione in granito e marmi gialli di cui è affiorata una piccola porzione ma di cui s`indovina il prolungarsi in direzione delle Assicurazioni Generali. Sicuramente ora di gradoni ne emergeranno altri, come minimo due.
Nel punto più basso la scala è profonda quattro metri e mezzo rispetto al piano stradale. L`impianto è chiuso da entrambi i lati da pilastri in laterizi che sono collassati, probabilmente a causa di un terremoto. I laterizi sono fatti da mattoni «bipedali» romani, cioè quei grandi e spessi quadratoni giallognoli di 59 centimetri per lato. Sui pilastri ci sono i segni di un grande incendio, probabilmente quello del 390 d.C. I pilastri chiudevano dunque la gradinata.
E ora? Alcuni sondaggi, a ridosso del Vittoriano sul lato del Museo delle Bandiere, hanno a suo tempo messo in luce una cloaca romana
e un pozzo medievale. Sono le preesistenze che sussistono in quel punto che era una «selletta» già spianata e scavata dai romani. Tra
quel punto e l`aiuola con la scalinata c`è via dei Fori Imperiali, che è stata ubicata lì dove fino al `3o c`era Palazzo Desideri. Lo sventramento, col fascismo, però dovrebbe aver eliminato tutto.
Verso la piazza invece sussistono le fondamenta di Palazzo Parracciani, con le sue cantine. Insomma bisognerà andare ancora a tentoni, ma bisognerà farlo con testardaggine (finché non si trova il punto giusto) perché in piazza Venezia c`è una nuova meraviglia archeologica e anche perché lì le uscite della fermata rimangono necessarie.

sabato 13 settembre 2008

Pincio: I tecnici al Ministro Bondi “La quota dei reperti al 33%”

ROMA – Pincio: I tecnici al Ministro Bondi “La quota dei reperti al 33%”
Paolo Brogi
CORRIERE DELLA SERA ediz. Roma, 10 settembre 2008

Tre paginette per Alemanno. Portate a mano da Salvatore Anastasi, capogabinetto del ministro dei beni culturali Sandro Sondi. Per ricordare, con un gesto d'orgoglio dei «tecnici» sospettati di banderuolismo, che al Pincio sono emersi resti importanti e che rappresentano il 33% del territorio scelto per il parking (più un altro 10% di terreno di rispetto). E per concludere che il progetto deve essere rivisto. Nessun nuovo vincolo posto, se non ribadire quel 40% di terra intoccabile intorno al parcheggio.
Palla dunque ad Alemanno, che deve decidere ora che fare. E secondo alcune opinioni con il vantaggio di un documento, che calcando la mano sulle novità archeologiche accertate in agosto, libera il Comune da eventuali penali. Mentre per altri il problema è tutt'altro che risolto. Uno scenario dunque che sa già di studi legali e avvocature.
A caldo ieri sera Alemanno ha preso il toro per le corna: «Non è un parere positivo, è critico sull'opera, non è vincolante ma è critico. Ora prepareremo una memoria di giunta, per giovedì, con gli elementi giuridici e di continuità amministrativa. Stiamo cercando la soluzione alternativa col Galoppatoio».
Cala dunque il sipario sul Pincio? L'assist al sindaco nemico del progetto è venuto dunque dal ministro, con tre comitati tecnico-scientifici convocati in tutta fretta al San Michele. Lì erano convenuti ieri gli archeologi guidati da Giuseppe Sassa-telli, etruscologo di Bologna: con lui Irene Berlingò, Andrea Augenti di Ravenna e Mario Torelli, perugino. Per i beni architettonici e paesaggistici Giuseppe Carbonara, gran tecnico del restauro architettonico, Rugge-ro Martines oggi direttore generale dei beni culturali in Puglia, Paola Cannavo e l'ingegnere Gabriele Del Mese. Per la qualità architettonica e l'arte contemporanea il decano Paolo Portoghesi (presidente) e Mario Docci ex preside di architettura a Valle Giulia.
Ad aprire i giochi sono stati i direttori generali del ministero Stefano De Caro, Francesco Prosperetti, Roberto Cecchi, reduci da un consulto in mattinata. Hanno riassunto l'iter della pratica, definibile con untolo termine: «Ineccepibile». E toccato poi al soprintendente archeologico di Roma, Angelo Bottini: descrive quello che è stato trovato. «Un'area archeologica a più piani di notevole interesse archeologico». Soprattutto, non rimuovibile. Poi è Luciano Marchetti, direttore regionale del Lazio, responsabile dei sì al progetto: «Lo feci per salvare il Tridente dalle auto. In assenza di pedonalizzazioni...».
Su tutti è calato anche l'effetto Carandini: nessuno nella grande sala del San Michele vuole passare per marionetta. Parlano tutti. Sassatelli ribadisce da archeologo: «Ci sono resti da tutelare, si possono salvaguardare con un progetto modificato. Decida il Comune». Carbonara, sulla linea del rifiuto in blocco del parcheggio, aggiunge: «L'idea di fare un parcheggio lì è sbagliata, urbanisticamente e architettonicamente». Portoghesi va giù duro, ricorda che l'insulto riguarda una delle sistemazioni più importanti della città, quella del Valadier.
All'uscita il più sereno in viso appare Bottini. I Comitati hanno fatto loro le sue parole. Il resto? Riguarda il Comune. Tocca a Nastasi portare in dono in Capidoglio il testo, la riunione inizia poco dopo le 19, a un certo punto arrivano pure le pizze.
Fuori circolano le parole del sottosegretario Francesco Giro. Dice: «Nessun vincolo aggiuntivo è stato apposto sui luoghi
perché i vincoli già c'erano, quello architettonico sulle rampe, quello paesaggistico sui giardini, e quello archeologico apponibile sulle preesistenze archeologiche e solo su di esse. Sono state ribadite tutte le prescrizioni, tutte e nessuna esclusa, di natura architettonica, archeologica e monumentale e paesaggistica, già note. Ora spetta al Comune di Roma, committente dell'opera, decidere se fare o meno il parcheggio».
Per Umberto Marroni (Pd) «il parere del ministero conferma la piena fattibilità del parcheggio». Ma Alemanno sta per giocare la carta Galoppatoio. Prima però Italia Nostra celebrerà una messa in ricordo di Valadier. A piazza del Popolo.