ROMA - Troppi errori intorno a quegli scavi lo scempio infinito del Gianicolo
ADRIANO LA REGINA
la Repubblica (Roma) 23/07/2008
Il destino dell´edificio con pareti dipinte rinvenuto nell´anno 1999 nel luogo occupato in antico dagli horti di Agrippina, alle pendici del Gianicolo, sembra ora compiersi con l´interruzione degli scavi recentemente ripresi e con lo sbrigativo interramento dell´area solo parzialmente indagata. Tutto questo avviene forse per non arrecare ulteriori ritardi, dopo anni di inerzia della pubblica amministrazione e soprattutto del Provveditorato alle opere pubbliche, alla realizzazione di un parcheggio privato? O avviene piuttosto per seppellire definitivamente nell´oblio la spinosa vicenda del parcheggio sotterraneo sul Gianicolo? Difficile a dirsi; certo è che dell´intera questione non sono mai emersi i risvolti più delicati, riguardanti i rapporti del Comune di Roma con taluni ambienti vaticani, com´è d´altronde certo che alcune iniziative distolsero allora l´attenzione dalle gravi interferenze esercitate da più parti (Comune di Roma, Ministeri, uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri) sulla Soprintendenza archeologica in occasione dei lavori per la costruzione della rampa gianicolense: propalazione di notizie false finite sulla stampa di tutto il mondo, come quella di scavi eseguiti frettolosamente con la perdita di materiali archeologici; azioni giudiziarie improvvisate e trascinate all´infinito, risultate poi del tutto infondate, intese a dimostrare che gli archeologi avevano voluto favorire indebitamente l´attuazione di progetti pubblici e privati.
La tutela del patrimonio storico e artistico è contemplata tra i principi fondamentali della Costituzione italiana. Questo principio, naturalmente, è stato tenuto in buona considerazione anche dal Consiglio dei Ministri che, con un decreto emanato 13 dicembre 1999 a firma del Presidente D´Alema in osservanza a obblighi contratti con la Santa Sede, autorizzava la costruzione di una rampa per il collegamento stradale con il parcheggio. Con il decreto si disponeva nel contempo il distacco degli affreschi allora rinvenuti e, con complessa e dispendiosa procedura tecnica, anche lo smontaggio e la conservazione delle murature su cui essi erano applicati. Ciò in previsione di un eventuale ripristino delle strutture al fine di garantire l´unitarietà del complesso nel caso in cui il completamento delle indagini archeologiche, parimenti stabilito con lo stesso provvedimento, avesse dato luogo a rinvenimenti di eccezionale rilievo. Anche se non fosse stato necessario giungere a tanto, il decreto prevedeva che per rinvenimenti di particolare rilievo dovranno essere adottate soluzioni idonee a garantire la loro conservazione, valorizzazione e fruibilità.
A questo purtroppo non si sta provvedendo, in primo luogo perché le indagini non sono state completate come esplicitamente prescritto, e poi perché l´interramento dei resti non ne consentirà in alcun modo la valorizzazione né la fruibilità. Sembra infatti che verranno disattese le disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, stando alle dichiarazioni della Soprintendenza la quale sostiene che è meglio, per ora, coprire e proteggere i ritrovamenti più recenti per spostare indagine e fondi altrove. Naturalmente, per poter agire così è stato anche necessario sostenere che non si può parlare di un rinvenimento di eccezionale rilievo. Singolare affermazione nei confronti di un monumento che nove anni fa tenne desta l´attenzione internazionale sulla sua sorte, e di cui ebbe ad occuparsi persino il Consiglio dei Ministri! I dipinti parietali dell´edificio sono stati inoltre esposti in una mostra sul fasto dell´antica Roma, insieme con le raffinate e più antiche decorazioni architettoniche di marmi policromi ivi rinvenute.
In realtà, se non si può parlare, almeno per ora, di eccezionale rilievo, visto che lo scavo non è stato completato, non si può neanche sostenere che non sussistano i requisiti per riconoscere il particolare rilievo dei rinvenimenti, volendo stare alla sottile distinzione del decreto. Il monumento rientra comunque a buon diritto nella categoria dei beni allora riconosciuti, secondo l´abituale definizione giuridica, di notevole interesse archeologico. Le recenti indagini sono state condotte in maniera tale da dare l´impressione che a bella posta si sia voluto evitare lo scoprimento di tutto l´edificio. Il progetto originario studiato, e finanziato dopo lunghe insistenze, in modo da poter mettere in luce in condizioni di piena sicurezza l´intera superficie del monumento, è stato totalmente stravolto. Non sono state eseguite le opere allora previste per la sicurezza, rendendo così disponibile per lo scavo uno spazio assai ristretto e lasciando invece inaccessibili gli ambienti che si trovano sulla fronte dell´edificio. Com´è stato possibile esaurire in questo modo i fondi messi a disposizione? In effetti, se vi è l´intenzione di spostare indagini e fondi altrove, i fondi stessi non dovrebbero essere esauriti: allora perché non dare piena attuazione al progetto originario? Le disposizioni contenute nel decreto rendono comunque obbligatorio il finanziamento delle ricerche fino al loro completamento.
Appare abbastanza singolare l´intento di non scavare. A far modificare i criteri già previsti è stato forse il timore che i nuovi lavori potessero rivelare che si era commesso un grave errore quando si vollero a tutti i costi rimuovere le strutture antiche per non modificare il progetto della rampa, secondo quanto pressantemente richiesto da parte di ambienti vaticani? Per dare una risposta a tale quesito sarebbe quindi necessario riesaminare l´intera vicenda del parcheggio sotterraneo.
Basti tuttavia accennare solamente ad uno degli aspetti più abnormi: nel 1997 il Comune di Roma e il Provveditorato alle opere pubbliche approvavano, senza tenere conto di un parere contrario già espresso dalla Soprintendenza archeologica, il progetto del parcheggio del Gianicolo, finanziato con 40 miliardi di lire dallo Stato italiano a beneficio della Congregazione de Propaganda Fide. Si era sostenuto, in documenti dello Stato italiano e del Comune, che l´area interessata si trovasse nello Stato Vaticano, oppure su area dello Stato Città del Vaticano, ovvero in territorio vaticano. Parimenti, nel verbale di una conferenza di servizi tenuta presso l´ufficio del Commissario straordinario del Governo per il Giubileo, ancora nel 1999 si affermava che il parcheggio del Gianicolo era in territorio vaticano. Il parcheggio è in realtà ubicato in un´area di proprietà della Santa Sede in territorio italiano. Resta pertanto inammissibile il danno recato al patrimonio monumentale con lo sfondamento del Bastione di Santo Spirito, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, per costruire le due gallerie di accesso al garage sotterraneo. In quel tratto le mura vaticane non delimitano il territorio dello Stato vaticano, ma si trovano su suolo italiano. Il danneggiamento di beni d´interesse storico e artistico appartenenti all´Italia, ancorché di proprietà della Santa Sede, non è considerato ammissibile da alcuna norma o trattato internazionale. La questione della rampa d´accesso al parcheggio, e dell´edificio antico di cui ora si intendono sospendere le ricerche, è soltanto un tassello minore nella vicenda mai del tutto chiarita del parcheggio gianicolense.
ADRIANO LA REGINA
la Repubblica (Roma) 23/07/2008
Il destino dell´edificio con pareti dipinte rinvenuto nell´anno 1999 nel luogo occupato in antico dagli horti di Agrippina, alle pendici del Gianicolo, sembra ora compiersi con l´interruzione degli scavi recentemente ripresi e con lo sbrigativo interramento dell´area solo parzialmente indagata. Tutto questo avviene forse per non arrecare ulteriori ritardi, dopo anni di inerzia della pubblica amministrazione e soprattutto del Provveditorato alle opere pubbliche, alla realizzazione di un parcheggio privato? O avviene piuttosto per seppellire definitivamente nell´oblio la spinosa vicenda del parcheggio sotterraneo sul Gianicolo? Difficile a dirsi; certo è che dell´intera questione non sono mai emersi i risvolti più delicati, riguardanti i rapporti del Comune di Roma con taluni ambienti vaticani, com´è d´altronde certo che alcune iniziative distolsero allora l´attenzione dalle gravi interferenze esercitate da più parti (Comune di Roma, Ministeri, uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri) sulla Soprintendenza archeologica in occasione dei lavori per la costruzione della rampa gianicolense: propalazione di notizie false finite sulla stampa di tutto il mondo, come quella di scavi eseguiti frettolosamente con la perdita di materiali archeologici; azioni giudiziarie improvvisate e trascinate all´infinito, risultate poi del tutto infondate, intese a dimostrare che gli archeologi avevano voluto favorire indebitamente l´attuazione di progetti pubblici e privati.
La tutela del patrimonio storico e artistico è contemplata tra i principi fondamentali della Costituzione italiana. Questo principio, naturalmente, è stato tenuto in buona considerazione anche dal Consiglio dei Ministri che, con un decreto emanato 13 dicembre 1999 a firma del Presidente D´Alema in osservanza a obblighi contratti con la Santa Sede, autorizzava la costruzione di una rampa per il collegamento stradale con il parcheggio. Con il decreto si disponeva nel contempo il distacco degli affreschi allora rinvenuti e, con complessa e dispendiosa procedura tecnica, anche lo smontaggio e la conservazione delle murature su cui essi erano applicati. Ciò in previsione di un eventuale ripristino delle strutture al fine di garantire l´unitarietà del complesso nel caso in cui il completamento delle indagini archeologiche, parimenti stabilito con lo stesso provvedimento, avesse dato luogo a rinvenimenti di eccezionale rilievo. Anche se non fosse stato necessario giungere a tanto, il decreto prevedeva che per rinvenimenti di particolare rilievo dovranno essere adottate soluzioni idonee a garantire la loro conservazione, valorizzazione e fruibilità.
A questo purtroppo non si sta provvedendo, in primo luogo perché le indagini non sono state completate come esplicitamente prescritto, e poi perché l´interramento dei resti non ne consentirà in alcun modo la valorizzazione né la fruibilità. Sembra infatti che verranno disattese le disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, stando alle dichiarazioni della Soprintendenza la quale sostiene che è meglio, per ora, coprire e proteggere i ritrovamenti più recenti per spostare indagine e fondi altrove. Naturalmente, per poter agire così è stato anche necessario sostenere che non si può parlare di un rinvenimento di eccezionale rilievo. Singolare affermazione nei confronti di un monumento che nove anni fa tenne desta l´attenzione internazionale sulla sua sorte, e di cui ebbe ad occuparsi persino il Consiglio dei Ministri! I dipinti parietali dell´edificio sono stati inoltre esposti in una mostra sul fasto dell´antica Roma, insieme con le raffinate e più antiche decorazioni architettoniche di marmi policromi ivi rinvenute.
In realtà, se non si può parlare, almeno per ora, di eccezionale rilievo, visto che lo scavo non è stato completato, non si può neanche sostenere che non sussistano i requisiti per riconoscere il particolare rilievo dei rinvenimenti, volendo stare alla sottile distinzione del decreto. Il monumento rientra comunque a buon diritto nella categoria dei beni allora riconosciuti, secondo l´abituale definizione giuridica, di notevole interesse archeologico. Le recenti indagini sono state condotte in maniera tale da dare l´impressione che a bella posta si sia voluto evitare lo scoprimento di tutto l´edificio. Il progetto originario studiato, e finanziato dopo lunghe insistenze, in modo da poter mettere in luce in condizioni di piena sicurezza l´intera superficie del monumento, è stato totalmente stravolto. Non sono state eseguite le opere allora previste per la sicurezza, rendendo così disponibile per lo scavo uno spazio assai ristretto e lasciando invece inaccessibili gli ambienti che si trovano sulla fronte dell´edificio. Com´è stato possibile esaurire in questo modo i fondi messi a disposizione? In effetti, se vi è l´intenzione di spostare indagini e fondi altrove, i fondi stessi non dovrebbero essere esauriti: allora perché non dare piena attuazione al progetto originario? Le disposizioni contenute nel decreto rendono comunque obbligatorio il finanziamento delle ricerche fino al loro completamento.
Appare abbastanza singolare l´intento di non scavare. A far modificare i criteri già previsti è stato forse il timore che i nuovi lavori potessero rivelare che si era commesso un grave errore quando si vollero a tutti i costi rimuovere le strutture antiche per non modificare il progetto della rampa, secondo quanto pressantemente richiesto da parte di ambienti vaticani? Per dare una risposta a tale quesito sarebbe quindi necessario riesaminare l´intera vicenda del parcheggio sotterraneo.
Basti tuttavia accennare solamente ad uno degli aspetti più abnormi: nel 1997 il Comune di Roma e il Provveditorato alle opere pubbliche approvavano, senza tenere conto di un parere contrario già espresso dalla Soprintendenza archeologica, il progetto del parcheggio del Gianicolo, finanziato con 40 miliardi di lire dallo Stato italiano a beneficio della Congregazione de Propaganda Fide. Si era sostenuto, in documenti dello Stato italiano e del Comune, che l´area interessata si trovasse nello Stato Vaticano, oppure su area dello Stato Città del Vaticano, ovvero in territorio vaticano. Parimenti, nel verbale di una conferenza di servizi tenuta presso l´ufficio del Commissario straordinario del Governo per il Giubileo, ancora nel 1999 si affermava che il parcheggio del Gianicolo era in territorio vaticano. Il parcheggio è in realtà ubicato in un´area di proprietà della Santa Sede in territorio italiano. Resta pertanto inammissibile il danno recato al patrimonio monumentale con lo sfondamento del Bastione di Santo Spirito, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, per costruire le due gallerie di accesso al garage sotterraneo. In quel tratto le mura vaticane non delimitano il territorio dello Stato vaticano, ma si trovano su suolo italiano. Il danneggiamento di beni d´interesse storico e artistico appartenenti all´Italia, ancorché di proprietà della Santa Sede, non è considerato ammissibile da alcuna norma o trattato internazionale. La questione della rampa d´accesso al parcheggio, e dell´edificio antico di cui ora si intendono sospendere le ricerche, è soltanto un tassello minore nella vicenda mai del tutto chiarita del parcheggio gianicolense.