Corriere della Sera Roma 11.7.08
La Lupa e la Sfinge. Una mostra a Castel Sant'Angelo racconta il rapporto tra l'antica Roma e l'Egitto
di Lauretta Colonnelli
Tra le opere esposte a Castel Sant'Angelo, in questa mostra che vuole celebrare l'intenso rapporto tra Roma e l'Egitto sviluppato nell'ampio arco che va dal I secolo a.C. fino all'Età dei Lumi, almeno un paio rappresentano una occasione straordinaria per una visita. La prima è la Tabula Bembina o Mensa Isiaca, uno dei pezzi più famosi del Museo Egizio di Torino, che ora torna per la prima volta nel luogo collegato direttamente alla sua storia. Le prime informazioni sulla tavola in bronzo, riccamente decorata a colori con figure che narrano la storia di Iside e Osiride, risalgono infatti alla prima metà del XVI secolo, quando fu donata al cardinale Pietro Bembo (da cui il nome Bembina) dal pontefice Paolo III, committente dei famosi appartamenti farnesiani all'interno del Castello. Le notizie sul periodo precedente restano oscure, ma gli studiosi fanno risalire la sua esecuzione al I secolo d.C.
Arriva da Torino anche un'altra opera dalla storia misteriosa, la «Statua magica». Anzi, ne arriva soltanto una metà, perché l'altra metà proviene da Firenze. Le due parti del monumento sono infatti conservate separatamenete nelle due città, ma in origine appartenevano entrambe alla collezione di quello che è considerato il primo grande egittologo: padre Athanasius Kircher, gesuita tedesco giunto nel 1634 al Collegio Romano, ufficialmente come professore di scienze matematiche, ma in realtà per studiare i geroglifici nella città europea che conservava il maggior numero di reperti egizi. La mostra offre dunque l'occasione di rivedere dopo tanti anni i due frammenti riuniti. Purtroppo la loro storia resta un mistero, dato che i curatori (Eugenio Lo Sardo, Manuela Gianandrea, Elisabetta Interdonato, Federica Papi) le dedicano, anche nel catalogo, non più di una didascalia di poche righe, dalle quali si viene a sapere che l'opera è in granito nero, alta 17 cemtimetri e risale al IV secolo a.C. Chi visita la mostra scopre anche che la scultura, di forma strana, presenta alcune figure ed è interamente ricoperta da incisioni con geroglifici.
Sia la Mensa Isiaca che la Statua magica si trovano a metà del percorso, che segue un criterio cronologico. I visitatori vengono accolti all'ingresso dai busti e dalle statue di Nerone e di Domiziano, che si fecero rappresentare, imitando Alessandro Magno, con la doppia immagine, egizia e classica. E, trovandosi nel mausoleo di Adriano, non poteva mancare il ricordo del ragazzo amato dall'imperatore e annegato nelle acque del Nilo. Il bellissimo Antinoo si incarna a grandezza naturale nella statua della collezione Farnese del Museo archeologico di Napoli, svetta nelle vesti di Osiride nella famosa scultura conservata ai Musei Vaticani (ma qui presente solo in un calco appositamente realizzato) e appare infine, divinizzato, nel busto di quarzite rosa proveniente da Dresda. Si prosegue con la storia d'amore tra Antonio e Cleopatra, rappresentati da due teste marmoree, e con le statue del Nilo (impersonato dalla Sfinge) e del Tevere (raffigurato dalla Lupa con Romolo e Remo) provenienti da Villa Adriana. Si passa alla fascinazione del mondo egizio a Roma durante il Medioevo e il Rinascimento, documentata da vari testi e disegni, compresi quelli che raccontano l'innalzamento, ad opera di Sisto V, dei numerosi obelischi che diverranno, insieme a sfingi e piramidi, un elemento caratterizzante del paesaggio urbano. Si chiude con il Settecento, illustrato dalle note incisioni di Piranesi con i suoi capricci egittizzanti per decorare i camini e con la ricostruzione della Sala egizia della Galleria Borghese, la più nota tra le molte realizzate all'epoca.
La Lupa e la Sfinge. Castel S.Angelo, tel. 199757511. Fino al 9 novembre, dal martedì alla domenica, ore 9-19, chiuso il lunedì In alto, «Ila rapito dalle ninfe» (IV sec. d. C.) e la statua che raffigura il Tevere. Sopra, «Riposo dalla fuga in Egitto» di Nicolas Poussin
La Lupa e la Sfinge. Una mostra a Castel Sant'Angelo racconta il rapporto tra l'antica Roma e l'Egitto
di Lauretta Colonnelli
Tra le opere esposte a Castel Sant'Angelo, in questa mostra che vuole celebrare l'intenso rapporto tra Roma e l'Egitto sviluppato nell'ampio arco che va dal I secolo a.C. fino all'Età dei Lumi, almeno un paio rappresentano una occasione straordinaria per una visita. La prima è la Tabula Bembina o Mensa Isiaca, uno dei pezzi più famosi del Museo Egizio di Torino, che ora torna per la prima volta nel luogo collegato direttamente alla sua storia. Le prime informazioni sulla tavola in bronzo, riccamente decorata a colori con figure che narrano la storia di Iside e Osiride, risalgono infatti alla prima metà del XVI secolo, quando fu donata al cardinale Pietro Bembo (da cui il nome Bembina) dal pontefice Paolo III, committente dei famosi appartamenti farnesiani all'interno del Castello. Le notizie sul periodo precedente restano oscure, ma gli studiosi fanno risalire la sua esecuzione al I secolo d.C.
Arriva da Torino anche un'altra opera dalla storia misteriosa, la «Statua magica». Anzi, ne arriva soltanto una metà, perché l'altra metà proviene da Firenze. Le due parti del monumento sono infatti conservate separatamenete nelle due città, ma in origine appartenevano entrambe alla collezione di quello che è considerato il primo grande egittologo: padre Athanasius Kircher, gesuita tedesco giunto nel 1634 al Collegio Romano, ufficialmente come professore di scienze matematiche, ma in realtà per studiare i geroglifici nella città europea che conservava il maggior numero di reperti egizi. La mostra offre dunque l'occasione di rivedere dopo tanti anni i due frammenti riuniti. Purtroppo la loro storia resta un mistero, dato che i curatori (Eugenio Lo Sardo, Manuela Gianandrea, Elisabetta Interdonato, Federica Papi) le dedicano, anche nel catalogo, non più di una didascalia di poche righe, dalle quali si viene a sapere che l'opera è in granito nero, alta 17 cemtimetri e risale al IV secolo a.C. Chi visita la mostra scopre anche che la scultura, di forma strana, presenta alcune figure ed è interamente ricoperta da incisioni con geroglifici.
Sia la Mensa Isiaca che la Statua magica si trovano a metà del percorso, che segue un criterio cronologico. I visitatori vengono accolti all'ingresso dai busti e dalle statue di Nerone e di Domiziano, che si fecero rappresentare, imitando Alessandro Magno, con la doppia immagine, egizia e classica. E, trovandosi nel mausoleo di Adriano, non poteva mancare il ricordo del ragazzo amato dall'imperatore e annegato nelle acque del Nilo. Il bellissimo Antinoo si incarna a grandezza naturale nella statua della collezione Farnese del Museo archeologico di Napoli, svetta nelle vesti di Osiride nella famosa scultura conservata ai Musei Vaticani (ma qui presente solo in un calco appositamente realizzato) e appare infine, divinizzato, nel busto di quarzite rosa proveniente da Dresda. Si prosegue con la storia d'amore tra Antonio e Cleopatra, rappresentati da due teste marmoree, e con le statue del Nilo (impersonato dalla Sfinge) e del Tevere (raffigurato dalla Lupa con Romolo e Remo) provenienti da Villa Adriana. Si passa alla fascinazione del mondo egizio a Roma durante il Medioevo e il Rinascimento, documentata da vari testi e disegni, compresi quelli che raccontano l'innalzamento, ad opera di Sisto V, dei numerosi obelischi che diverranno, insieme a sfingi e piramidi, un elemento caratterizzante del paesaggio urbano. Si chiude con il Settecento, illustrato dalle note incisioni di Piranesi con i suoi capricci egittizzanti per decorare i camini e con la ricostruzione della Sala egizia della Galleria Borghese, la più nota tra le molte realizzate all'epoca.
La Lupa e la Sfinge. Castel S.Angelo, tel. 199757511. Fino al 9 novembre, dal martedì alla domenica, ore 9-19, chiuso il lunedì In alto, «Ila rapito dalle ninfe» (IV sec. d. C.) e la statua che raffigura il Tevere. Sopra, «Riposo dalla fuga in Egitto» di Nicolas Poussin