TOSCANA - Nelle reti un’enorme anfora romana del primo secolo
VENERDÌ, 18 LUGLIO 2008 IL TIRRENO Pagina 3 - Livorno
E’ stata pescata al largo della Gorgona: alta quasi 2 metri, 90 centimetri di diametro
LIVORNO. Chi non ha mai sognato di calare le reti e pescare un tesoro. Mercoledì pomeriggio è successo davvero a Gianluca Gioli, comandante del peschereccio livornese “Fulmine”. Come tutti i giorni, mecorledì l’imbarcazione è uscita in mare di buon mattino per pescare, poi nel tardo pomeriggio, a largo della Gorgona all’improvviso si ferma. L’equipaggio, composto da Gioli, dal marinaio, Giuseppe Di Grande, e dall’egiziano Hammed Haboallak, sente le reti appesantirsi. Che sarà? Provano a tirarle su per vedere cosa contengano.
E che sorpresa scoprire che all’interno non c’è un un grande pesce o una pesante e inutile carcassa, ma vi è rimasta impigliata un’enorme anfora, alta 1 metro e 85 centimetri e dal diametro di 90. Il peso lordo è di due tonnellate, anche se, ripulita, sta intorno ai 500 chili. Sbalorditi, i tre intuiscono di trovarsi davanti a un pezzo unico, ma forse non immaginano che quel dolio è di epoca romana. Risale infatti al I secolo dopo Cristo e, dalle prime analisi degli esperti della sovrintendenza dei Beni culturali, sembra il gemello di un pezzo custodito nel museo di Storia naturale in via Roma.
Seguono momenti di grande impegno, caratterizzati però dallo sguardo estasiato dei tre che non riescono a credere ai loro occhi. Per issare l’orcio a bordo dell’imbarcazione sono necessarie tre ore. L’oggetto si trova infatti su un fondale di circa 200 metri. La cosa più incredibile è che quel dolio è integro e in ottimo stato di conservazione. «La mia preoccupazione - ha spiegato Gianluca Gioli - era cercare di non danneggiare reti e cime, anche se alla fine non ci sono riuscito. Almeno però l’anfora è rimasta intatta».
Subito dopo il ritrovamento, il comandante del peschereccio allerta una motovedetta della Guardia di Finanza, di pattuglia in zona. I finanzieri del Reparto operativo aeronavale, coordinato dal comandante Luca De Paolis, avvertono subito la Soprintendenza per i Beni archeologici di Firenze. Insieme ai sommozzatori dei vigili del fuoco, come indicato da Pamela Gambogi, responsabile del Nucleo operativo subacqueo della Sovrintendenza, le Fiamme gialle si attivano subito per mettere in sicurezza il prestigioso reperto, che viene nuovamente immerso in acqua nella darsena dei Quattro Mori. Infatti, come spiegano gli esperti, dopo esser stato per circa 2000 anni in acqua, l’oggetto dovrà subire un trattamento speciale con acqua e altri prodotti altrimenti il sale accumulato potrebbe provocare delle crepe.
Nei prossimi giorni, il personale della Soprintendenza eseguirà una perizia scientifica sull’anfora che potrebbe esser sistemata a villa Henderson.
«Ora pensiamo a riparare “Fulmine” - dice Mauro Gioli, padre di Gianluca e armatore della barca - ma grande è la soddisfazione per questo importante ritrovamento». E non è la prima volta che la flotta si trova al centro di recuperi eccezionali. Nel 2002 Fulmine ripescò un elicottero del 118 proveniente da Tarquinia e diretto a Genova che era precipitato in acqua. All’armatore, per l’eccezionale lavoro di recupero svolto, andrà come previsto dalla legge un quarto del valore dell’anfora.
Lara Loreti
VENERDÌ, 18 LUGLIO 2008 IL TIRRENO Pagina 3 - Livorno
E’ stata pescata al largo della Gorgona: alta quasi 2 metri, 90 centimetri di diametro
LIVORNO. Chi non ha mai sognato di calare le reti e pescare un tesoro. Mercoledì pomeriggio è successo davvero a Gianluca Gioli, comandante del peschereccio livornese “Fulmine”. Come tutti i giorni, mecorledì l’imbarcazione è uscita in mare di buon mattino per pescare, poi nel tardo pomeriggio, a largo della Gorgona all’improvviso si ferma. L’equipaggio, composto da Gioli, dal marinaio, Giuseppe Di Grande, e dall’egiziano Hammed Haboallak, sente le reti appesantirsi. Che sarà? Provano a tirarle su per vedere cosa contengano.
E che sorpresa scoprire che all’interno non c’è un un grande pesce o una pesante e inutile carcassa, ma vi è rimasta impigliata un’enorme anfora, alta 1 metro e 85 centimetri e dal diametro di 90. Il peso lordo è di due tonnellate, anche se, ripulita, sta intorno ai 500 chili. Sbalorditi, i tre intuiscono di trovarsi davanti a un pezzo unico, ma forse non immaginano che quel dolio è di epoca romana. Risale infatti al I secolo dopo Cristo e, dalle prime analisi degli esperti della sovrintendenza dei Beni culturali, sembra il gemello di un pezzo custodito nel museo di Storia naturale in via Roma.
Seguono momenti di grande impegno, caratterizzati però dallo sguardo estasiato dei tre che non riescono a credere ai loro occhi. Per issare l’orcio a bordo dell’imbarcazione sono necessarie tre ore. L’oggetto si trova infatti su un fondale di circa 200 metri. La cosa più incredibile è che quel dolio è integro e in ottimo stato di conservazione. «La mia preoccupazione - ha spiegato Gianluca Gioli - era cercare di non danneggiare reti e cime, anche se alla fine non ci sono riuscito. Almeno però l’anfora è rimasta intatta».
Subito dopo il ritrovamento, il comandante del peschereccio allerta una motovedetta della Guardia di Finanza, di pattuglia in zona. I finanzieri del Reparto operativo aeronavale, coordinato dal comandante Luca De Paolis, avvertono subito la Soprintendenza per i Beni archeologici di Firenze. Insieme ai sommozzatori dei vigili del fuoco, come indicato da Pamela Gambogi, responsabile del Nucleo operativo subacqueo della Sovrintendenza, le Fiamme gialle si attivano subito per mettere in sicurezza il prestigioso reperto, che viene nuovamente immerso in acqua nella darsena dei Quattro Mori. Infatti, come spiegano gli esperti, dopo esser stato per circa 2000 anni in acqua, l’oggetto dovrà subire un trattamento speciale con acqua e altri prodotti altrimenti il sale accumulato potrebbe provocare delle crepe.
Nei prossimi giorni, il personale della Soprintendenza eseguirà una perizia scientifica sull’anfora che potrebbe esser sistemata a villa Henderson.
«Ora pensiamo a riparare “Fulmine” - dice Mauro Gioli, padre di Gianluca e armatore della barca - ma grande è la soddisfazione per questo importante ritrovamento». E non è la prima volta che la flotta si trova al centro di recuperi eccezionali. Nel 2002 Fulmine ripescò un elicottero del 118 proveniente da Tarquinia e diretto a Genova che era precipitato in acqua. All’armatore, per l’eccezionale lavoro di recupero svolto, andrà come previsto dalla legge un quarto del valore dell’anfora.
Lara Loreti