lunedì 29 dicembre 2008

Un quartiere che cerca il suo futuro nell`antichità

Un quartiere che cerca il suo futuro nell`antichità
Sergio Silva
Il Tempo 29/12/2008

Massimina: un recentissimo quartiere oltre il Raccordo lungo la via Aurelia, esattamente dal 10,500 al 15,000 chilometro, nato a partire dagli anni `70 ai margini della città, e che cerca di rinforzare la propria identità partendo dalla valorizzazione delle testimonianze antiche emerse sul suo territorio. E lo fa attraverso un libro intitolato «Archeologi a Massimina» dove sono raccolti tutti i ritrovamenti avvenuti casualmente nel corso degli scavi delle fondamenta di gran parte degli edifici in costruzione.
Il libro, presentato nei giorni scorsi nell`aula magna dell`istituto comprensivo «Mando Martellini» di via Idelbrando della Giovanna, la scuola del quartiere, è stato fortemente voluto dal presidente del XVI Municipio Fabio Bellini e dai suoi collaboratori Francesco Geraci e Cristina Maltese. Lo scopo principale del Municipio - oltre alla conoscenza delle origini del territorio su cui oggi risiedono i cittadini - è di rinforzare l`azione in atto e di promuovere la cultura della tutela del paesaggio attraverso un`opera di sensibilizzazione partendo soprattutto dall`educazione delle giovani generazioni.
«La possibilità di tutelare un territorio - spiega l`archeologa.
Daniela Rossi, funzionaria della Soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Roma che da ben quindici anni guida l`attività di ricerca e di controllo dell`area rispondente al XVI, in particolare per quanto concerne il suo aspetto storico-archeologico - è strettamente collegata al suo livello di conoscenza. Una, buona conoscenza può limitare, nella maggioranza dei casi, un intervento di urgenza tardivo, cioè quando, in fase attuativa, si possono mettere in atto solo misure tese a limitare un inevitabile danno con conseguente perdita di dati». D`altronde, continua la Rossi, «lo stesso abitato di Massimina, nato con modalità totalmente abusive, ha creato negli anni passati serie difficoltà nella gestione della tutela ambientale e archeologica; oggi, al contrario, un regime di sviluppo urbano sia pur ampio e rapido ma regolamentato, consente un maggior controllo e di conseguenza interessanti scoperte».
I resti, documentati nel libro in schede, comprendono un periodo lungo oltre mille anni, dall`età del Bronzo medio (come attestato dalle testimonianze dell`abitato di Monte Roncione) alla tarda età imperiale come nel complesso residenziale, villa, cisterna e riecropoli, di via del Pascaccio o la Villa di via Tomasino d`Amico. La tipologia dei resti varia, dalla villa residenziale suburbio alla villa rustica, dall`azienda agricola alla necropoli, da Reperti Molte le testimonianze nel sottosuolo di Massimina tombe isolate a cappuccina lungo la consolare a quelle a camera di Pantano di Grano, all`acquedotto di via Cigliutti. E poi tanti oggetti: arredi funerari, vasi di ceramica a vernice nera, lucerne, balsamari in vetro, olle, perfino una statua di un giovane con clamide, il caratteristico mantello corto portato dai giovanissimi di età traianea trovata nel complesso idraulico dei Muracci di Malagrotta.
Gran parte dei materiali recuperati e restaurati, a volte grazie a finanziamenti privati, sono in deposito nei magazzini della Soprintendenza annessi al Museo delle Terne di Diocleziano in attesa che venga allestito, come più volte ha ribadito il soprintendente Angelo Bottini, uno spazio, un museo specifico per «le vicende del territorio esterno alle mura aureliane» che raccolga i reperti archeologici trovati in area extraurbana.
A tale proposito basti ricordare che a oggi sono una trentina le ville imperiali romane fuori le mura e che solo negli ultimi anni, lungo la via Aurelia sono emerse in prossimità, di Castel di Guido ben due ville del secondo impero: la Villa delle Colonnacce e la villa dell`Olivella, entrambe ricche di dipinti, colonne e mosaici.

lunedì 22 dicembre 2008

Una firma per la rinascita della «Brixia» romana

Una firma per la rinascita della «Brixia» romana
Silvia Gilardi
Sabato 20 Dicembre 2008 BRESCIA OGGI

Siglato il protocollo d’intesa fra il Comune di Brescia e la Sovrintendenza ai Beni archeologici della Lombardia. Un anno e mezzo di lavori

La Loggia impegna 250mila euro, lo Stato un milione Ma il progetto complessivo «vale» in totale 11 milioni
L’assessore Andrea Arcai: «Ho un sogno, una commedia messa in scena nel teatro romano»


VERRANNO restaurati i pavimenti presenti nelle tre aule del santuario flavio - che risale al I secolo dc. - composti da lastre policrome di marmi vari. «Una vera rarità, esistono pochissimi esempi in Italia di sectilia originali» precisa Filli Rossi, responsabile del Nucleo Operativo di Brescia.
Per quanto riguarda gli scavi sono stati individuati quattro settori di intervento in aree finora mai indagate del Capitolium. Un’attenzione speciale verrà poi riservata alle testimonianze altomedievali e protostoriche sopra i livelli romani. «Sulla base dei dati che riusciremo a raccogliere in questa prima fase di lavori potremmo stendere il progetto di musealizzazione del sito» spiega Francesca Morandini, conservatore archeologo dei Musei d’Arte e Storia. Un lavoro che terrà impegnati studiosi, tecnici, archeologi per 12-18 mesi, «intendiamo terminare entro la metà del 2010», conclude Morandini.
A fine recupero lo sguardo del visitatore potrà passare dalle aule affrescate del santuario tardo repubblicano, al pronao e alle celle del tempio capitolino di età flavia, alla gradinata e alla scena del teatro di età imperiale, sino a Casa Pallaveri e Palazzo Maggi Gambara. «Da tempo ho un grande sogno: vedere una commedia rappresentata nel teatro di età romana - confessa l’assessore comunale alla Cultura Andrea Arcai -. Vedo che ora questo desiderio si sta avvicinando sempre più alla realtà».



In età romana «Brixia» era uno dei centri più importanti dell’Italia settentrionale. Ancora oggi è possibile ammirarne gli edifici più antici e significativi: il santuario di età repubblicana, il Capitolium, il teatro e il tratto del lastricato del decumano massimo, l’attuale via Musei. In questa direzione si concentra il progetto di recupero e rilancio dell’area capitolina nel cuore di Brescia che ieri mattina ha visto la firma del protocollo d’intesa tra il Comune di Brescia e la Sovrintendenza ai Beni Archeologici della Lombardia. Una prima pietra è stata posata sul cammino che intende riportare l’area archeologica romana ai suoi antichi splendori per permetterne la pubblica fruizione.
La Loggia si è impegnata a stanziare 250 mila euro per il 2008 e la Sovrintendenza ha messo sul tavolo un milione di euro per un progetto che secondo le previsioni potrebbe costare sugli 11 milioni di euro.
«Un’area romana che è la più importante dell’Italia settentrionale e che non può continuare a non essere fruibile – spiega Mario Turetta, direttore regionale del Ministero per i Beni e le attività Culturali -. Questo progetto da un lato ci permette di scoprire e conoscere cose nuove e dall’altro di ammirare sempre di più quello che gli antichi romani ci hanno lasciato».
Con la firma del protocollo di intesa tra il Comune di Brescia e la Sovrintendenza ora il progetto entra nella sua prima tranche di lavori che comprende gli scavi e il restauro dell’area del Capitolium.

Il Ministero interviene per salvare la Villa di Nerone

Il Ministero interviene per salvare la Villa di Nerone
Cosimo Bove
Il Tempo 22/12/2008

ANZIO Poco più di un milione di euro per la riduzione del rischio idrogeologico alla Villa Imperiale di Anzio. La buona notizia è arrivata al sindaco Bruschini dal ministero dell'Ambiente, che su interessamento del senatore Candido De Angelis, elargirà alla città neroniana i fondi necessari al consolidamento della parete rocciosa antistante la villa di Nerone. Due i lotti d'intervento: nella prima fase si interverrà sulle pareti rocciose, dove un tempo esisteva l'Arco Muto, consolidando la struttura muraria danneggiata dall'erosione e dai marosi. Nella seconda fase, prevista per il 2010, gli interventi si concentreranno sul tratto di costa che va dal Faro alla zona di Anzio colonia, profondamente colpita dalle mareggiate. Anzio avrà la possibilità di rivalutare il suo patrimonio storico, sotto lo stretto controllo del Ministero che ha richiesto che gli interventi rispettino i caratteri di «efficacia, economicità e rispetto dell'ambiente». Oltre alla massima urgenza.

La Roma Imperiale rivive a Palazzo Valentini

La Roma Imperiale rivive a Palazzo Valentini
Il Tempo 22/12/2008

Dalle domus romane alle sale delle Piccole Terme, dai mosaici alle statue togate. La Roma Imperiale ritorna a vivere nei sotterranei di Palazzo Valentini e svela tutti i suoi segreti ai romani durante le feste natalizie. Il sito archeologico infatti è aperto gratuitamente fino al 18 gennaio e i visitatori potranno ammirare edifici residenziali di lusso e sculture di marmo. Il II secolo dopo Cristo torna così agli antichi splendori. I ritrovamenti sotto la sede della Provincia di Roma testimoniano l'esistenza di una vera e propria «City» del Senato romano, un quartiere esclusivo immediatamente dietro il Foro di Traiano, e al centro degli edifici pubblici dell'antica Roma. Le scoperte dovute all'indagine archeologica condotta nei sotterranei di Palazzo Valentini - e avviata nell'estate del 2005 da un team di archeologi e architetti della Provincia in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Roma - possono finalmente essere mostrate al pubblico gratuitamente.

Il lavoro si inserisce in un più ampio progetto di recupero del cinquecentesco Palazzo che ha ridato nuova luce ad ambienti abbandonati da decenni, utilizzati come vere «discariche amministrative»: nei soli sotterranei sono stati rimossi 250 camion di materiali vari. Sotto Palazzo Valentini hanno aperto interessanti capitoli della storiografia tradizionale. Sostenere e recuperare il patrimonio artistico e archeologico del territorio è una delle priorità dell'Amministrazione provinciale, che ha proseguito il lavoro iniziato dal presidente Gasbarra per valorizzare alcuni gioielli culturali e architettonici di Roma e della provincia, abbandonati da anni e in assoluta decadenza. L'indagine archeologica è stata eseguita con metodo stratigrafico sotto la direzione scientifica del professor Eugenio La Rocca. Primo fra tutti c'è stato il ritrovamento di due sculture di grandi dimensioni e di elevata qualità artistica, che fa ipotizzare la presenza di edifici e strutture che erano utilizzati per eventi pubblici.

Gli scavi, inoltre, hanno portato alla luce l'esistenza di edifici a carattere residenziale di lusso, a più piani, con pavimenti rivestiti da mosaici di complessa tessitura e pareti - conservate per circa due metri di altezza - decorate prima da affreschi e in seguito da opus sectile, che con ogni probabilità appartenevano alle abitazioni di magistrati di rango senatorio. Questi rinvenimenti, così come molti elementi di arredo interno, tra cui alcune piccole sculture di marmo, risalgono al periodo compreso tra il II ed il IV secolo d.C.

Per dare il via ai lavori e per proseguire il grande cantiere archeologico è stato necessario rimuovere circa 1.500 quintali di materiale, con 140 camion, tra vecchie pratiche e documenti di vario tipo, e 110 camion di materiali destinati invece direttamente alla discarica. Nel corso degli scavi è stata scoperta una vasta area di stanze, cunicoli, porte blindate e antiaeree realizzate alla fine del 1939. In particolare, un lungo corridoio centrale da utilizzare come via di fuga, che conduce direttamente alla Colonna Traiana.

mercoledì 17 dicembre 2008

"Nel Colosseo torni il circo" in scena i giochi del V secolo dC.

"Nel Colosseo torni il circo" in scena i giochi del V secolo dC.
CARLO ALBERTO BUCCI
LA REPUBBLICA EDIZ. ROMA, 17 dicembre 2008

È assediato dai legionari con l'orologio al polso che posano per le foto dei turisti, dalle spettacolo in 3d allestito da novembre nell'ex teatro di via Capo d'Africa costruito dove c'era la caserma dei gladiatori, dalla minaccia di "parchi a tema" che viene dal Campidoglio. Ma il Colosseo mantiene la sua vocazione di museo di sé stesso. Anche quando sogna di giocare con la sua storia. La soprintendenza statale ha infatti pronto un progetto per far vedere ai 5 milioni di visitatori che ogni hanno si mettono in fila nell'anfiteatro Flavio, l'altra faccia dei giochi gladiatori, la versione filologica della macchina del tempo: quando non c'erano più le fiere e i gladiatori, ma acrobati e “cacciaotri” a lottare con l'orso, il re delle foreste nostrane.
Spiega l'archeologa Rossella Rea, direttrice del Colosseo: «Nella Roma raccontata da Teodorico tra fine V e inizi del VI secolo, non arrivavano più le belve dall'Africa e i sotterranei dell'anfiteatro erano stati interrati. È nostra intenzione ricreare le macchine degli spettacoli di quel tempo e di esporle sul piano ricostruito dell'arena, affiancandole con manichini che diano l'idea dei protagonisti di quello spettacolo che, nella Roma ormai lontana dai fasti imperiali, nell'Urbe disastrata dal sacco di Alarico del 410 e dal terremoto del 443, fu l'antesignano del circo moderno».
Una lettera di Teodorico, e alcuni dittici di Costantinopoli, permetteranno agli artigiani del legno di ricostruire fedelmente il riccio: ossia la macchina con aculei, contenente una o più persone, messa a rotolare contro l'orso. Marsicano o d'altre regioni, era lui il re dell'arena. «Rifaremo anche il contobolon, una macchina costituita da un'asta con ceste, all'interno delle quali entravamo gli avversari della fiera», aggiunge la Rea. Che descrive la terza struttura cui si vuole dare vita: «Era formata da due o più paraventi, dietro i quali si nascondeva l'orso».
Sul modello della ricostruzione storica dei ludi gladiatori fatta a Santa Maria Capua a Vetere («macchine fedeli all'originale e manichini, niente spettacoli: sarà un circo, non una farsa» sottolinea l'archeologa) il "circo" del Colosseo potrebbe vedere la luce nel corso delle celebrazioni per il bimillenario diVespasiano («me lo auguro proprio, sarebbe bello»). Per il 2009 la Soprintendenza statale sta mettendo a punto un programma di mostre, restauri, nuovi pannelli e precisi percorsi didattici: sulle tracce dei Flavi e alla larga da Hollywood.

lunedì 15 dicembre 2008

Domus Romane, domani si riapre

Domus Romane, domani si riapre
Il Tempo 15/12/2008

Oggi alle 11 il presidente della Provincia Nicola Zingaretti visiterà e inaugurerà le Domus Romane scoperte sotto la sede dell`Amministrazione provinciale e riaperte al pubblico da domani.
Partecipano alla cerimonia il sindaco Gianni Alemanno, l`assessore provinciale alla Cultura Cecilia D`Elia e i responsabili del progetto multimediale del sito archeologico, Piero Angela e Paco Lanciano. Per visitare le Domus romane di Palazzo Valentini è obbligatoria la prenotazione, si legge in una nota della Provincia, e si può telefonare allo 06 32810 attivo da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18; il sabato, il 24 e 31 dicembre 2008 dalle 9 alle 13. L`ingresso è gratuito; il sito resterà chiuso a Natale, Santo Stefano e il primo gennaio.
Gli scavi hanno dato finora risultati di eccezionale rilevanza storico-artistica, soprattutto per l`importanza rivestita in età romana da quest`area e per la sua vicinanza al Foro Traiano, in particolare al porticato della Colonna e alle Biblioteche. L`indagine archeologica è stata eseguita sotto la direzione scientifica del professor Eugenio La Rocca. Di assoluto rilievo gli esiti finora ottenuti, che potrebbero consentire di ricostruire un tassello di enorme importanza della topografia antica e medioevale della città di Roma e persino di ridisegnare con precisione scientifica il quadro dello stesso Foro.

Villa romana, al lavoro 2 scuole. Progetto didattico.

Villa romana, al lavoro 2 scuole. Progetto didattico.
LA SICILIA - 15 DIC. 2008

Siglata convenzione tra i presidi del Carnilivari e dell'Itas con la Soprintendenza

Gli studenti elaboreranno un progetto di valorizzazione della villa romana del Tellaro. A darne notizia Francesco Saetta e Simonetta Arnone, dirigenti scolastici dell'Istituto Matteo Carnilivari e dell'Itas Principessa Giovanna. La proposta, nuova nel suo genere, che vedrà impegnati studenti e docenti dei due istituti superiori in un ambito di grande valenza culturale, artistica e sociale, è stata subito accolta dalla soprintendente ai Beni culturali e ambientali Mariella Muti che ha firmato la proposta di convenzione.
L'intesa prevede l'elaborazione di un progetto di utilizzazione della villa, sede dei preziosi mosaici, e costituisce un'altra tappa del dialogo intrapreso tra Scuola e Soprintendenza lo scorso maggio quando il progetto fu presentato ufficialmente. Il piano di lavoro che vedrà impegnati i docenti e gli studenti dei due istituti, prevede una serie d'incontri di formazione dei docenti, tenuti dai funzionari della Soprintendenza, e proseguirà con l'allestimento di una sezione didattica nella villa del Tellaro, una sorta di laboratorio dove saranno esposti i materiali prodotti dalle scuole: il plastico tridimensionale della villa, la riproduzione dei mosaici, di monete, monili, stoffe, abbigliamento. Si potrà inoltre usufruire dell'apporto di «piccoli ciceroni» che guideranno i turisti nel percorso di visita.
Il primo incontro di formazione degli insegnanti dei due istituti, coordinati dai docenti De Grandi, Volpe e Toro, svoltosi nella villa romana, è stato tenuto dall'archeologo Lorenzo Guzzardi, responsabile del Servizio beni archeologici, e dalla dottoressa Maria Teresa Di Blasi, coordinatrice del progetto. Il dottor Guzzardi ha tracciato la storia della villa, soffermandosi sui mosaici. Durante la sua dissertazione è stato affrontato il tema della manutenzione e uso del sito archeologico, con riferimento anche al percorso museografico che s'intende realizzare all'interno della villa e dello spazio da riservare alle scuole.
La dottoressa Di Blasi, dopo avere ragguagliato i docenti sulle successive fasi organizzative, a conclusione dell'incontro, non ha risparmiato parole di ringraziamento ai due dirigenti scolastici Francesco Saetta e Simonetta Arnone per la sensibilità dimostrata riguardo le problematiche legate alla conoscenza e alla valorizzazione dei Beni culturali presenti nel vasto territorio di Noto, augurando che l'iniziativa riesca a coinvolgere appieno gli studenti e che il progetto abbia ricadute positive sulla conoscenza del nostro passato.
Cetty Amenta

sabato 13 dicembre 2008

Resca: “State tranquilli il Colosseo non sarà venduto»

Resca: “State tranquilli il Colosseo non sarà venduto»
Rinaldo Gianola
L’Unità 13/12/2008

Dottor Resca, facciamo subito una prova: venderà il Colosseo? «No, non lo venderò. Non scherziamo. Voglio fare un buon lavoro ai Beni culturali, questo è il mio obiettivo e su questo vorrei essere giudicato». Eccolo qui il nuovo manager-imprenditore-consulente, in effetti non si sa come chiamarlo, del governo Berlusconi, l’uomo scelto dal ministro Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico. Mario Resca, ferrarese di 62 anni, non ha ancora iniziato a lavorare, ma ha già conquistato un primato mica male: non si è mai vista una levata di scudi così estesa e convinta contro una nomina ministeriale, oltre 7000 firme di protesta, contestazioni politiche e accademiche, appelli pubblici contro «il bocconiano nei musei». E in certi salotti milanesi, possiamo garantirlo, le sciure della cultura con il Canaletto appeso nel tinello hanno avuto quasi un mancamento quando hanno appreso la notizia che l’ex capo di McDonald’s si sarebbe occupato di mostre. Insomma, è in atto una specie di rivolta contro il manager che nella sua lunga carriera ne ha combinate di tutti i colori: salvatore di aziende, cacciatore di teste, finanziere, imprenditore che ha insegnato agli americani a vendere hamburger e patatine fritte in Italia, uomo di potere vicino a Berlusconi ma che va in bicicletta con Prodi, da anni consigliere di amministrazione della Mondadori e dell’Eni. E il suo curriculum è molto più lungo. Aggiungiamo solo un altro dato assai significativo: Resca rappresenta in Italia "The Oaktree Fund" (il fondo della quercia, ma nonostante il nome, lo precisiamo per alcuni giornalisti investigativi sempre sospettosi, non ha alcun legame con gli ex Ds) gestore di qualche miliardo di dollari di investimenti nel mondo. In particolare Resca porta con sè l’esperienza di uno che si è fatto largo nella vita con lo studio, il lavoro e anche con le spallate. «In casa mia valeva questa regola: chi è promosso va avanti a studiare, chi va male subito al lavoro». Quando negli anni Sessanta lasciò Ferrara con una borsa di studio per andare all’Università Bocconi si comprò all’Upim una valigia di cartone. Qualche anno dopo tornò a casa e acquistò l’intero edificio che ospitava il grande magazzino. Un tipo così non poteva non piacere a Berlusconi che, negli ultimi anni, lo ha proposto in successione come ministro degli Esteri, presidente della Rai, salvatore di Alitalia. E chissà cos’altro. Ora questo berlusconiano di ferro mette le mani sui nostri musei. Con quali idee per la testa? Vediamo. Resca, non è spaventato da questa valanga di critiche e proteste? «No, affatto» risponde, «penso che siano il segno di una grande vivacità intellettuale e di un forte interesse verso la cultura italiana. Io non mi sento offeso, non sono demotivato, nè preoccupato. Anzi, casomai sono ancora più stimolato a far bene. Cercherò di convincere i contestatori, che non mi conoscono, con la mia professionalità e il mio impegno. Spero di riuscirci e di poter collaborare con tutti». Il suo ruolo ufficiale è: Direttore generale dei musei, dei siti archeologici e degliarchivi storici dello Stato. Ma il vero problema nasce da una parolina - «valorizzazione» - che definisce il compito del nuovo arrivato. In molti hanno visto in questa funzione la possibilità che i nostri musei si trasformino in mercati solo per far soldi e profitti, sminuendo il valore, quello vero, della storia, della cultura, dell’arte. Un sospetto che può nascere dalla incompetenza di Resca. Scusi, lei non distingue un Piero della Francesca da un palo della luce e vuole gestire e rilanciare i musei, come fa? «Calma. Non tolgo il lavoro agli esperti, alle persone di valore che operano nel ministero e di cui ho il massimo rispetto. Non faccio lo storico dell’arte nè l’archeologo. Ma vorrei invitare i miei contestatori, che forse sono un po’ troppo autoreferenziali e qualcuno teme di perdere privilegi e rendite di posizione, a ragionare insieme su alcuni fatti incontestabili che riguardano il nostro sistema culturale». Quali? «Se l’Italia possiede la maggior parte, ben oltre il 50%, del patrimonio artistico del mondo mi volete spiegare come mai nella classifica dei primi venti musei al mondo non ce n’è uno italiano? Il primo è la Galleria degli Uffizi, al ventunesimo posto. Perché il Louvre ha otto milioni di visitatori all’anno e i nostri migliori faticano a superare il milione? Perché la Francia o gli Stati Uniti hanno un sistema di musei che funziona, con risorse, competenze e milioni di visitatori e noi invece arranchiamo?». Lei si è dato una risposta? «Non ancora. Ma qualche idea ce l’ho. Ritengo che, alla luce di esperienze internazionali di grande successo, non sia offensivo avvicinare la cultura d’impresa e manageriale alla gestione del patrimonio artistico: penso che l’arte e la cultura siano la vera risorsa del nostro Paese, ben più importante, anche a livello economico, della Fiat e di qualunque altro gruppo industriale». In questi giorni Resca sta visitando, in incognito come Sherlock Holmes, alcuni musei in giro per l’Italia. Ecco il suo primo resoconto. «Sono stato in un grande museo di Roma: lo standard di pulizia è insufficiente, l’ascensore non funziona, le indicazioni sono poche, il personale triste e demotivato, spesso accasciato sulle sedie. A Milano hanno pensato bene di chiudere il Cenacolo il giorno della festa dell’Immacolata, proprio nel week end della "prima" della Scala che porta in città molti stranieri e attira l’interesse di tutto il mondo: evidentemente il personale doveva fare il "ponte". Mentre all’estero si allungano gli orari per consentire ai visitatori di accedere ai musei quando desiderano, noi invece chiudiamo nei giorni di festa. Così non andiamo da nessuna parte. Possiamo fare meglio, molto meglio». Cosa intende quando parla di "valore"? «Il mio obiettivo è valorizzare il nostro patrimonio aumentando il numero di persone da portare in Italia a fruire dei musei, mettendo in campo competenze, reti, comunicazione, marketing, con una squadra di professionisti di oualità, motivata e pienamente coinvolta nel progetto. E voglio avvicinare il privato al pubblico, come avviene in altri paesi, mobilitando risorse che oggi sono molto scarse per la crisi». Ecco dove casca l’asino, lei vuole dare i musei alle aziende che così faranno la sfilata delle Veline attorniate da capolavori dell’arte per vendere qualche prodotto. «No, affatto. Faccio un esempio. In questi giorni a Milano è esposto un dipinto, uno solo, del Caravaggio recuperato anche con la partecipazione dell’Eni: ci sono fino a settemila visitatori al giorno, c’è la fila». E allora, che cosa vuol fare? «Ecco, ritengo che esistano molte imprese pronte a collaborare con contributi e sponsorizzazioni e si può fare di più, molto di più, di quanto sia stato finora sperimentato. Dobbiamo pensare al nostro patrimonio come a una grande opportunità: voglio coinvolgere le Ferrovie, l’Alitalia, le strutture alberghiere perché è chiaro che l’ospitalità deve migliorare, la nostra industria del turismo ha perso competitività». Questa novità del manager del fast food che si occupa di cultura non è stata presa bene nemmeno all’estero, il New York Times ha criticato la scelta del governo. «No, non è vero» rettifica, Al New York Times ha fatto un articolo di cronaca raccontando la notizia e le reazioni. L’Economist, un settimanale che piace così tanto alla sinistra italiana. ha dato una valutazione positiva. The Independent, Daily Telegraph anche Der Spiegel hanno espresso interesse per questo progetto manageriale per i Beni culturali». Ma, alla fine, in attesa di vedere all’opera il potente manager dei musei italiani, rimane inevasa ancora una domanda, forse la principale. Resca, perché ha accettato questo incarico: per i soldi, per l’ambizione, per la gloria? «Io non sono disoccupato, non cerco lavoro, anzi in questo periodo di crisi ho rinunciato a molti incarichi ben retribuiti che mi sono stati proposti per seguire ristrutturazioni aziendali. Non lo faccio per i soldi, perchè il compenso è ridicolo. Lo faccio perché mi piace, sono convinto di poter far un buon lavoro, di dare un contributo al Paese. Io non mi arrendo facilmente. Presenterò presto al ministro Bondi un primo piano di azione. Ne parleremo più avanti». Questa è la promessa. Non ci resta che aspettare.

Il ruolo
Il manager ferrarese è stato scelto da Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico

La mobilitazione
La nomina ha scatenato una dura protesta: 7000 firme contro il «manager dei Mc Donald’s»

Classifica Vincono Parigi e Londra
Al Louvre 8,3 milioni di visitatori Vince la Francia, non ci sono dubbi. Poi viene la Gran Bretagna. E noi italiani arranchiamo faticosamente nelle posizioni di coda anche se ci vantiamo di aver il più ricco patrimonio artistico dei mondo. La classifica dei musei più visitati lascia pochi dubbi, Si trovano, infatti, a Parigi i due musei più visitati del mondo nel 2007:8,3 milioni di persone hanno comprato il biglietto per entrare a I Louvre, 5.509.000 sono stati i visitatori per il Centre Pompidou. Al terzo e quarto posto nella classifica preparata da The Art Newspaper si trova Londra con il Britush Museum (5.400.000 visitatori) e la Tate Modern (5.191.000 visitatori) che precede il Metropolitan Museum of Art di New York (Stati Uniti) con 4.547.000 visitatori e il National Gallery of Art di Washington (Stati Uniti) con 4.158.000 visitatori. I numeri evidenziano però la distanza tra i musei top dei mondo e quelli italiani. La Galleria degli Uffizi di Firenze, il migliore tra i musei italiani, è solo al 21 posto al mondo e ha staccato 1.615.939 biglietti nel 2007, appena un quinto di quanti ne ha emessi il Louvre di Parigi. Palazzo Ducale di Venezia è al 26 posto con 1.446.898 visitatori; la Galleria dell’ Accademia a Firenze è al 31 posto con 1.286.798 ingressi nel 2007. Molto deludente la prestazione di Milano, In attesa dell’Expo 2015, il capoluogo lombardo deve accontentarsi della performance dei Museo della Scienza e della Tecnologia con 340.000 biglietti, lontanissimo dai musei top mondiali. Non ci sono notizie dei Cenacolo o dell’Accademia di Brera. Nel bel mezzo tra i musei top d’ Italia e il resto dei mondo, si trovano i Musei Vaticani di Roma con 4.310.000 ingressi nel 2007. I numeri sono chiarissimi: i musei italiani soffrono in fondo alla classifica.

Identikit
Carriera tra industria e finanza Da McDonald’s alla Cirio Mario Resca, neo direttore dei musei italiani, è nato a Ferrara, laureato alla Bocconi, ha svolto molti lavori. Ha fatto il banchiere alla Chase Manhattan Bank, è passato nel gruppo Fiat, per quindici anni è stato partner della Egon Zehnder, leader dei "cacciatori di teste". È stato consigliere di amministrazione del gruppo Lancome, Rcs Corriere della Sera, gruppo Versace, Sambonet, Kenwood. Alla metà degli anni novanta ha guidato McDonald’s in Italia, Negli ultimi anni è stato commissario straordinario della Cirio e del Casino di Campione. È stato presidente della Camera di commercio italo-americana. È consigliere di amministrazione di Eni e Mondadori.

giovedì 11 dicembre 2008

I Goti e una villa dai mosaici d´oro. Scavi nel Parco degli Acquedotti, tra alto Medioevo ed età imperiale

I Goti e una villa dai mosaici d´oro. Scavi nel Parco degli Acquedotti, tra alto Medioevo ed età imperiale
RENATA MAMBELLI
MERCOLEDÌ, 10 DICEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma


Una splendida villa del II secolo d.C dalle volte decorate di mosaici d´oro, un´altra villa ancora da riportare alla luce e, a poche centinaia di metri, i resti dell´accampamento dei Goti che nel VI secolo assediarono Roma. È questo che sta affiorando nella zona del Parco degli Acquedotti, grazie agli scavi della soprintendenza comunale, diretti dall´archeologa Paola Virgili, in collaborazione con l´American Institut for Roman Culture, che li ha finanziati. I risultati degli scavi saranno presentati oggi dal soprintendente Umberto Broccoli: «Si tratta di elementi che aiutano a fare chiarezza su quella fase cruciale in cui i Goti occuparono Roma», ha detto nell´annunciare la scoperta, «e sancirono la fine del vecchio impero. Basti pensare che prima dell´arrivo dei barbari Roma contava un milione di abitanti. Dopo, appena novantamila. Una scoperta, dunque, che aiuta a leggere la Roma medievale».
L´accampamento, o meglio il fortilizio, le cui mura sono riemerse dalla terra, era stato costruito con fango e pietre all´incrocio tra due acquedotti, quello Claudio e quello Marcio. Come racconta lo storico bizantino Procopio di Cesarea, che scriveva due secoli dopo questi avvenimenti, in quell´accampamento erano stanziati 7 mila uomini. I Goti tentarono di prendere per sete i romani bloccando appunto gli acquedotti, oltre ai due al cui incrocio avevano posto il campo anche l´acquedotto dell´Acqua Vergine, sotto il Pincio, accanto a un altro loro forte, quello dove ora c´è l´attuale Villa Medici. Non riuscirono però nel loro intento anche perché la città poteva comunque rifornirsi d´acqua grazie al fiume. Il luogo dove sorgeva l´accampamento dei Goti si chiama, tuttora, Campo Barbarico, a ricordo di quegli avvenimenti remoti.
Ma questi scavi stanno portando alla luce non solo i resti dell´accampamento gotico, ma anche la Villa delle Vignacce e un´altra villa, anch´essa del II secolo, disposte una a ridosso del campo, l´altra a 500 metri da esso. Le due costruzioni erano state occupate e riusate dai Goti, che ne rispettarono però la bellezza, adibendole, probabilmente, ad abitazione di qualche generale. La Villa delle Vignacce era stata, prima dell´arrivo dei barbari, la sontuosa dimora di Servilo Pudente, una grande costruzione adorna di mosaici e ricca di opere d´arte, tra cui spicca una Testa di Esculapio, un marmo greco del II secolo. «Si tratta della Villa più ricca che sia mai stata scoperta», spiega l´archeologa Paola Virgili, «Ci sono delle stanze magnifiche, delle volte ricoperte di tessere di mosaico d´oro e in pasta di vetro di eccezionale bellezza». Gli scavi, iniziati nel 2006, continueranno nel 2009 e si allargheranno anche alla seconda villa.

Epigrafi romane: a San Giorgio c’è un vero tesoro

Epigrafi romane: a San Giorgio c’è un vero tesoro
Mercoledì 10 Dicembre 2008 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA

Il premio «Policante» - Le iscrizioni sono nella tesi di Riccardo Bertolazzi

Il Centro di documentazione per la storia della Valpolicella ha premiato, alla Società Letteraria di Verona, il giovane ambrosiano Riccardo Bertolazzi. Il riconoscimento, intitolato allo scomparso giornalista de «L’Arena», nonché segretario del Centro, Gianfranco Policante, consiste in una borsa di studio sponsorizzata dalla Banca Valpolicella Credito di Marano. Ogni anno viene premiata una tesi di laurea dedicata ad aspetti storici ed economici della Valpolicella.
Riccardo Bertolazzi si è laureato alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Verona con un lavoro di epigrafia romana dal titolo «San Giorgio di Valpolicella: le iscrizioni romane», relatore il professor Alfredo Buonopane. «San Giorgio è senza dubbio il luogo più ricco di epigrafi romane non solo della Valpolicella, ma forse dell’intera provincia», spiega Bertolazzi. «Ne sono infatti attestate finora ben cinquantuno. Nonostante in anni recenti non siano mancati studi specifici sull’argomento, molti dei quali pubblicati peraltro nell’Annuario storico della Valpolicella, l’ultima raccolta complessiva delle iscrizioni di San Giorgio risale alla seconda metà dell’800. Fu Theodor Mommsen, il noto studioso tedesco premio Nobel nel 1902, a schedarle e pubblicarle».
Negli ultimi 130 anni il numero delle epigrafi di epoca romana ritrovate è aumentato considerevolmente. «La mia tesi riporta la raccolta completa», spiega Bertolazzi. «Molte iscrizioni hanno nel frattempo cambiato sede e sono confluite nelle collezioni del Museo archeologico e del Giardino Giusti di Verona e parecchie sono andate disperse o lette in maniera errata. Ho ritenuto opportuno corredare ciascuna scheda di una fotografia dell’originale, dove invece l’epigrafe risultava irreperibile sono ricorso ai disegni di Giuseppe Razzetti, pittore mantovano che, su incarico di un erudito veronese della prima metà dell’800, Girolamo Orti Manara, riprodusse in un album numerose iscrizioni che all’epoca poté vedere di persona».
Molte epigrafi sono però ancora presenti in loco, murate all’interno della chiesa, del chiostro o conservate nel piccolo museo della pieve. «Per questo», aggiunge, «nella prima parte della tesi ho inserito un capitolo dedicato alla storia del chiostro e del tempio. Le iscrizioni testimoniano l’importanza che San Giorgio ebbe come centro di culto già in epoca preromana».
Un capitolo della tesi analizza «il monumento romano più caratteristico di San Giorgio, ovvero un particolare tipo di ara quadrangolare che, con ogni probabilità, veniva prodotta in serie da una bottega di lapicidi per poi essere venduto alla clientela, la quale a sua volta commissionava il testo da incidere e gli eventuali rilievi ornamentali da aggiungere al manufatto grezzo. A San Giorgio questa produzione è proseguita per secoli, visto che è iniziata nel I secolo a.C.».
M.F.

La testa di Esculapio risorge dal fango

La testa di Esculapio risorge dal fango
GIOVEDÌ, 11 DICEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Scoperta negli scavi della Villa delle Vignacce, abitata dall´età imperiale fino al tempo dei Goti

È una testa di statua greca del II secolo d.C. in marmo pario il pezzo di maggior pregio emerso dallo scavo della Villa delle Vignacce, vicino a Tor Fiscale, presentato ieri dal soprintendente capitolino Umberto Broccoli e dall´archeologa Dora Cirone. La testa apparteneva a una statua di Eusculapio o forse di Zeus Serapide che adornava la villa nel II secolo, quando era la dimora di un costruttore, Servilio Pudente. Due secoli dopo la statua fu fatta a pezzi e usata per alzare il pavimento delle Terme insieme ad altri pezzi di valore, come un bellissimo capitello corinzio, quando la villa divenne probabilmente parte di una reggia diffusa, tra le antiche ville del suburbio, ai tempi di Massenzio. Poi furono i barbari, durante le guerre gotiche, ad usare a loto volta la villa, come si vede da muri costruiti in fango e pietre, una tecnica del VI secolo d.C. Divenne, forse, dimora di qualche generale barbaro. La Villa è stata scavata grazie alla collaborazione dell´American Institute for Roman Culture. Ora è stata ricoperta per proteggerla ma una nuova campagna di scavi partirà in primavera.
(renata mambelli)

martedì 2 dicembre 2008

VERONA - Dagli scavi emergono maschere romane

VERONA - Dagli scavi emergono maschere romane
L'ARENA Martedì 02 Dicembre 2008 CULTURA Pagina 57

Da Via Roma al chiostro di San Silvestro fino a nord di Via Marconi: in epoca romana questa zona doveva essere particolarmente attiva nella produzione di ceramiche. Si sapeva dell’esistenza di una fornace in via Roma, venuta alla luce nel 1960, ma si era ben lontani dall’immaginare che ci fosse un vero e proprio quartiere con impianti artigianali per tali produzioni. Questa la recente scoperta, fatta nel cantiere in Piazza Arditi, di cui parla l’assessore Perbellini e che ci viene illustrata dalla soprintendente ai Beni archeologici di Verona, Giuliana Cavalieri Manasse: «Oltre a vasi, pignatte, salvadanai, sono state ritrovate delle maschere di diversi tipi. Sono più piccole del viso, forse le tenevano in mano. Ma saranno gli studi futuri a rispondere a tante nostre domande e curiosità».
I ritrovamenti, oltre ad essere in buono stato, ci mostrano tecniche differenti di lavorazione: «Sembra che quest’area sia stata abbandonata verso la seconda metà del Trecento quando Gallieno rafforzò le mura municipali e la città si racchiude all’interno di esse».
Si tratta di una zona pluristratificata. Al di sopra, infatti, vi è un’importante necropoli post medioevale di cui si hanno notizie documentate, un cimitero connesso alla Chiesa di San Silvestro, con oltre 750 tombe di gente comune.
«Negli ultimi cantieri sta venendo sempre più alla luce la Verona produttiva nell’antichità», precisa la Soprintendente. «Questa scoperta si lega a quella fatta recentemente nella zona del Seminario, un’area dedita alla lavorazione dei metalli. Sicuramente gli studi futuri ci permetteranno di saperne di più su queste pagine importanti di storia della nostra città».
M.T.F.

domenica 23 novembre 2008

BASILICA PALLADIANA: SCOPERTI RESTI ROMANI E 'CARDO'

BASILICA PALLADIANA: SCOPERTI RESTI ROMANI E 'CARDO'
Venezia, 19:18 Repubblica online 21 nov. 2008

Basilica Palladiana: i lavori in corte dei Bissari a Vicenza hanno condotto alla scoperta di resti di due costruzioni romane e di un tratto di strada, un nuovo cardo, del quale non si conosceva l'esistenza. Il sorprendente ritrovamento archeologico e lo stato di avanzamento del cantiere di restauro sono stati illustrati alla presenza dell'assessore comunale ai lavori pubblici Ennio Tosetto, del vicepresidente della Fondazione Cariverona, che finanzia interamente i lavori, Ambrogio Dalla Rovere, e del nuovo Soprintendente ai beni archeologici del Veneto Umberto Spigo. L'esito della campagna di scavi archeologici e' stato illustrato dalla dottoressa Marisa Rigoni, della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto. La campagna di scavi che ha portato alla luce i resti di epoca romana era partita alcuni mesi fa, quando si e' dato inizio ai lavori previsti in corte dei Bissari: nel ventre della corte, infatti, andranno alloggiati i terminali e le centrali impiantistiche che lavoreranno al servizio del salone, delle botteghe e degli ambienti dei piani ammezzati. Era quindi necessario procedere alla cauta rimozione delle strutture in calcestruzzo realizzate a partire dagli anni '50 del Novecento e che formano la struttura che oggi occupa la corte dei Bissari. In quell'occasione alcuni sondaggi effettuati per la verifica delle fondazioni della 'domus comestabilis' hanno messo in evidenza una situazione del tutto imprevista. Si e' constatato infatti che a ridosso della 'domus' una fascia di terreno della larghezza di quattro metri circa per una ventina di metri di lunghezza era stata risparmiata dall'intervento che, dopo la costruzione dell'attuale palazzo degli uffici negli anni '50, aveva visto la realizzazione, nella corte dei Bissari, di un ampio spazio interrato su contra' Catena.

Vicenza romana svela due case e una strada

Vicenza romana svela due case e una strada
Nicoletta Martelletto
Sabato 22 Novembre 2008 IL GIORNALE DI VICENZA

SCAVI AD EST DELLA BASILICA. A lato della Domus comestabilis, il cantiere ritrova un terreno di sorprese urbanistiche

Sorprendente ritrovamento che entusiasma gli studiosi e che diventerà un sito visitabile in corte dei Bissari


Due case romane, un marciapiede e una strada. Non se ne conosceva l’esistenza fino a quando, lavorando in corte dei Bissari sul lato est della Basilica Palladiana, non è venuto alla luce un tratto di terreno risparmiato dalla costruzione del Palazzo degli uffici a metà anni ’50.
Il cantiere di restauro della Basilica e degli annessi aveva aperto in maggio un fronte sulla Domus comestabilis, per verificare la situazione delle fondamenta. I sondaggi hanno rivelato un “ospite”: un’area di 20 metri per 4 che le ruspe per la realizzazione dell’interrato su contrà Catena non avevano distrutto. Lo scavo, che doveva servire a tirar su i sottoservizi esistenti ed ospitare i nuovi impianti a servizio della Basilica e dei piani ammezzati, è diventato archeologico: è emerso così il collegamento tra piazza dei Signori e piazza delle Erbe, ma soprattutto sotto lo strato medievale è stato individuato un cardo, ovvero una strada romana sull’asse nord-sud di cui non si sapeva nulla.
Si tratta di pietre e impasti che parlano soprattutto agli archeologi più che al grande pubblico: ma guidati dagli esperti si riesce ad intuire l’importanza della scoperta. Così ieri mattina l’assessore ai lavori pubblici Ennio Tosetto, con Ambrogio Dalla Rovere vicepresidente della Fondazione Cariverona, il nuovo soprintendente ai beni archeologici del Veneto Umberto Spigo e Marisa Rigoni, nume tutelare della stessa Soprintendenza, hanno svelato l’arcano a scavi ormai ultimati da parte della Sap di Mantova. Per tutta l’estate ha sorvegliato i lavori Mariolina Gamba della Soprintendenza, per la verità con la massima collaborazione della Sacaim che esegue l’intervento complessivo sulla Basilica (finirà nel dicembre 2009), del direttore lavori Eugenio Vassallo e dal suo braccio destro, l’architetto Andrea Donadello.
Il risultato: un fossato ora a cielo aperto in corte dei Bissari, dove la dott.Rigoni individua la facciata lunga 9.50 metri di una casa romana cui si addossa una seconda abitazione probabilmente risalente all III- IV secolo dopo Cristo; la pavimentazione è in cocciopesto, probabilmente fondo per i mosaici sovrastanti di cui restano pochissime tracce a tessere nere. Più coinvolgente per gli studiosi è il tracciato evidente di una strada che corre davanti alla doppia casa: sono evidenti tre lastroni di trachite del marciapiede che fiancheggiava la strada. «Davvero non speravamo di trovare molto, invece siamo stato molto fortunati» sottolinea la Soprintendenza. Anche perchè i mecenati (Cariverona interviene con quasi 15 milioni di euro sui 22 totali) hanno finanziato l’intervento e le conseguenze: le tracce non saranno coperte ma resteranno visibili e si tratterà di un sito archeologico a tutti gli effetti. Probabilmente si deciderà un accesso dall’interrato comunale di contrà Catena, bucando il cemento in bella vista che divide le due aree.
«Dopo l’individuazione del foro romano sotto palazzo Trissino, questo è un altro passo avanti per la comprensione urbanistica della città romana - sottolinea Rigoni - Gli scavi ci hanno inoltre restituito conferme sull’abitato preromano degli antichi Veneti con piani di argilla battuta, già rinvenuti altro a Vicenza». Negli scavi ritrovati anche pezzi di ceramica in fase di datazione.

venerdì 14 novembre 2008

Google Earth brings ancient Rome to life

Google Earth brings ancient Rome to life
John Hooper
The Guardian 12/11/2008

ts creator has called it a "virtual time machine" – a digital reconstruction of ancient Rome that today became available to hundreds of millions of internet users around the world.

Users of Google Earth can now see the city, down to the last aqueduct and arena, just as it looked at midday on April 1 AD320. They can float through the Forum, past the platform or "rostra" from which Cicero once declaimed, admire the statues, read the inscriptions, pry into palaces, and then slip round to the Colosseum or whisk over to the Circus Maximus where the ancient Romans held their chariot races.

There, the virtual traveller will find, not the slightly disappointing, though enormous, oval expanse of grass that confronts the real tourist, but the huge, walled stadium that tourists are forced to conjure up from their imagination.

It is the "Rome of [the emperor] Constantine in which everything is new", said Google Earth's chief technologist, Michael T Jones, at the presentation in Rome's city hall. "It's new. It's modern. It's beautiful".

All that the awe-inspiringly detailed reconstruction lacks is people. Their absence gives a slightly eerie feel to the stadiums and temples, the marketplaces and thoroughfares of classical Rome.

Some 6,700 digitally reconstructed structures have gone towards making up Google Earth's latest layer, which can be superimposed on its images of the city. Users can enter ten of the buildings, including monuments such the Colosseum, where the software enables them to marvel at the architecture and even gaze on details like marble floors whose exact shape and pattern are known because their remains have survived to the present.

The first concerted effort to "recreate" the ancient imperial capital was made by an Italian architect, Italo Gismondi. Three years before his death in 1974, he finished a vast, plaster model of ancient Rome in 1:250 scale that can be seen in the city's Museo della Civilta Romana.

Gismondi's research played an important role in the digital project, which was begun in 1997 by a teacher at the University of Virginia, Bernard Frischer. After 10 years of work and collaboration between his own university, UCLA in California and Milan's Politecnico, Rome Reborn – made up of 50m polygons (the building blocks of three-dimensional computer graphics) – was unveiled last year.

The job of transferring it to the web was shared between Google's 3D unit and a Rome-based firm, Past Perfect Productions, run by a Briton, Joel Myers. He said today it had taken 15 people the best part of a year to complete the operation.

Myers said Rome Reborn was "the largest and most complete reconstruction of an ancient city". Its creator had chosen 320 AD "because it was Rome at its moment of greatest splendour as far as its architecture is concerned. If you went back to periods of more historical interest, like Julius Caesar's, you would not have the Colosseum, for example."

Rome's mayor, Gianni Alemanno, said he hoped the project would get over a "problem of communication" that the city had noted with its visitors who increasingly demanded something more than just ruins. "Obviously, providing a monumental, archaeological reality is fundamental", he said. "But for many people it's insufficient, it's too remote."

And, in a sense, it is much smaller too. Of the real classical Rome, just 300 buildings – and, in most cases, their remains -- have survived.

E su Google ecco le visite virtuali nell`Urbe di 1700 anni fa

E su Google ecco le visite virtuali nell`Urbe di 1700 anni fa
D.Des.
Il Messaggero 13/11/2008

L`Antica Roma a portata di mouse. E` stato presentato ieri il progetto, anticipato dal Messaggero, "Google: il futuro di Roma Antica". A realizzarlo è stata Google in collaborazione con il Comune di Roma. Una ricostruzione virtuale senza precedenti al mondo che permette a chiunque, in qualsiasi parte dei inondo, di
poter visitare la città di Roma esattamente come la vedevano i cittadini nel 320 d.C. Il progetto comprende 6.700 edifici dell`antica Roma ricostruiti in 3D e visualizzabili fin nei
più minimi dettagli. Basterà installare l`applicazione Google Earth per passeggiare nelle strade della Roma di 1.700 anni fa fino ad entrare in 11 dei principali monumenti conce il Colosseo, i Fori Imperiali, il tempio di Venere, l`arco di Costantino.
Al progetto, nella versione italiana, ha partecipato anche la Rai: video-documentari su monumenti, personaggi, edifici e storie della Roma antica sono accessibili direttamente dalle finestre informative di Google Earth, che rimanderanno al nuovo canale YouTube dedicato al progetto: www.youtube.it/romaantica.
Tra le clip già visibili, la Domus Aurea, il Colosseo, le Terme Severiane, per arrivare alle imprese dei grandi imperatori come Traiano, Marco Aurelio, Nerone o alle avventure dei gladiatori.
«E questo solo un primo passo - ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno - Intendiamo arrivare nell`area dei Fori Imperiali e del Colosseo a dotare i turisti di un sistema all`
avanguardia: indossando un casco con un visore virtuale e un sistema satellitare Gps potranno vedere sul dispaly le immagini della ricostruzione virtuale della Roma Imperiale».
E ancora: «Successivamente vorremo utilizzare queste tecnologie anche per contrastare quello che è e resta uno dei principali problemi di Roma, ovvero il traff ìco, magari trasmettendo
in diretta informazioni ai navigatori satellitari delle automobili o chiunque consulti internet».
«Inoltre - aggiunge il sindaco - Potremo sovrapporre le diverse carte catastali per copibattere l`evasione fiscale. In questo modo con Google, usiamo la tecnologia per far conoscere i più antichi valori e, dall`altro, e per combattere i più antichi mali della nostra città».

«Appia Antica contro il cemento marciamo da Roma a Brindisi»

«Appia Antica contro il cemento marciamo da Roma a Brindisi»
ADELE CAMBRIA
l'Unità (Roma) 13/11/2008

Qui ieri si è inaugurato l`Archivio Antonio Cederna (www.archiviocederna_it, aperto per la consultazione non-virtuale il mercoledì mattina o su richiesta). La Villa, riscattata dalla definizione che gli avrebbe riservato Antonio Cederna - «Uno dei canili di lusso dell`Appia Antica!» - con un restauro che, viceversa ne ripristina ove possibile la struttura medioevale, ospita tutti i materiali che appartennero allo «Archeologo, giornalista, uomo, poeta» come recita il sottotitolo
di un libro. Tremila pagine dell'archivio personale di Cederna cartelline che vanno dagli anni`50 alla metà dei`90 del secolo scorso, 4000 foto e 50 video - sono stati già inseriti nell`archivio elettronico curato dall`IBC, l`istituto dei Beni
Culturali della Regione Emilia-Romagna.
La frase citata, scritta da uno dei visitatori di Capo di Bove, fino al 2002 di proprietà privata e che lo si è scoperto dagli scavi - nascondeva nel suo giardino il tropion di Erode Attico uno dei più lussuosi impianti termali del secondo secolo d.C. è stata ripresa Rita Paris, nel suo appassionato intervento: e
giustamente il Soprintendente Angelo Bottini, presentandola, le aveva riconosciuto il ruolo di domina (Signora) «di questa giornata in cui un funzionario dello Stato può essere contento di esserlo!». E dunque la Soprintendente Rita Paris ha detto: «Mi sembra che questa frase, il cancello aperto sull`Appia, dove,
aggiungo io, tutti i cancelli sono chiusi, possa essere simbolica...».
La Soprintendente, cui tocca la tutela dei monumenti dell`Appia Antica, e la direzione dell`Archivio Cederna, ha tracciato una sintesi dello stato attuale delle cose: «L`Appia Antica è Parco naturalistico regionale dal 1998: questo significa che non
visi potrebbe fare niente se non manutenzione e conservazione. E prudenti scavi archeologici, se ci fossero i soldi. Ma in realtà ci si fa di tutto».
Perché l`Appia Antica è considerata "intoccabile" non dalle pubbliche istituzioni, che ne avrebbero il diritto/dovere, nei limiti sopra indicati, "ma dai privati che a vario titolo,
dalle officine alle ville ai vivai, se ne sono i possessati". E qui il cerchio si chiude con la lettura, da parte dell`urbanista Italo Insolera - uno degli amici più sodali di Antonio Cederna
- dell`incipit del primo articolo sull`Appia Antica, firmato da Cederna e pubblicato su Il Mondo di Mario Pannunzio: «Sulla via. Appia. Antica, fuori Porta S. Sebastiano, c`è una stazione di servizio... Ridicola perché nel suo muro, ad edificazione
del turista, sono incastrati frammenti antichi di marmo, iscrizioni... Tutte queste "antichità", in parte false, in parte comprate a via del Babuino, in parte rubate sulla via stessa,
oltre a costituire un degno prologo per chi si accinge per chi si accinge a visitare in macchina i resti di quella che fu "la regina delle vie", hanno un grande valore simbolico: oggi l`antico è tollerato solo se, fatto a pezzi insignificanti, può essere ridotto a fronzolo...». Riallacciandosi alla storica definizione dell`Appia come "Regina Via.rum", Stefano De Caro, Direttore Generale della Soprintendenza Archeologica, ha proposto che l`Appia antica, diventi patrimonio dell`umanità,
legittimato da un sito Unesco.
«Per me, che sono meridionale, l`Appia parte da qui dove siamo ed
arriva a Brindisi. Più volte dalle tre regioni che la strada attraversa, il Lazio, la Campania e la Puglia, mi è stato chiesto come mai nessuno finora ci ha pensato. Il progetto potrebbe partire da Capo di Bove,un archivio multimediale come questo potrebbe facilitarlo, l`Unione Europea potrebbe impegnarsi, anche estendendolo oltre l`Italia: l`Appia, antica, congiunta alla via Ignazia (o Egnazia), fino a Costantinopoli.
Che è anche Istanbul. Un legame euroasiatico estremamente utile per la pace di questi tempi».
Un sogno? De Caro non sembra un sognatore. Ha aperto il suo
intervento in "brutali" termini di finanza. Al nostro è un patrimonio di immenso valore culturale, ma che lo Stato italiano non può gestire da solo da almeno 15 anni».

mercoledì 12 novembre 2008

Il colosseo? Più cliccato di san pietro

Il colosseo? Più cliccato di san pietro
PAOLO BOCCACCI
MERCOLEDÌ, 12 NOVEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Il dato emerge da una ricerca effettuata sulla stampa internazionale dall´"Osservatorio Nathan il Saggio", presentata a Londra al World Travel Market, il più importante appuntamento fieristico internazionale dedicato al turismo.
«I dati confermano - afferma Claudio Mancini, Assessore al Turismo della Regione - che l´offerta turistica della Regione Lazio e della città di Roma catalizzano l´attenzione di massa di un target internazionale giovane e culturalmente qualificato che, in virtù di queste qualità, contribuisce ad allargare il bacino di utenza dei turisti che visitano la nostra Regione».
In particolare il binomio hi-tech e beni culturali è una delle frontiere per lo sviluppo del turismo, sulla quale la Regione ha puntato con un investimento di 40 milioni di euro, cui si aggiungeranno altre risorse statali e private, per un totale di circa 100 milioni di euro. Questi fondi vanno a sostenere una serie di interventi: dalla creazione di un pullman turistico digitale - a bordo del quale utilizzare la strumentazione per godere di ricostruzioni virtuali, scattare foto o riprese video - fino all´entrata in funzione del Museo dell´Impossibile, un percorso virtuale tra opere conservate nei magazzini dei musei.
Non solo. C´è anche TimeMachine, nella versione di un palmare hi-tech, già disponibile per accompagnare il percorso dei visitatori all´interno del Colosseo. È un´applicazione concreta delle nuove tecnologie e simula una passeggiata virtuale nell´Antica Roma, con la ricostruzione in tre dimensioni dei monumenti del passato riportati su uno schermo.

lunedì 10 novembre 2008

Iscrizioni funerarie Romane

Iscrizioni funerarie Romane
A cura di Lidia Storoni Mazzolani
Bur, Milano, 1991

Tra le tante voci del mondo antico che sono giunte fino a noi, quelle incise nel marmo o nel bronzo sono le più autentiche: non hanno subito modifiche o sviste da parte di copisti o di revisori. Socchiudono spiragli sull’esistenza, gli affetti, i valori e sull’atteggiamento di fronte alla morte di persone scomparse da molti secoli; lasciano scorrere davanti a noi, come in una carrellata, quella che Virgilio chiamò la plurima mortis imago, i molteplici aspetti della morte: l’incendio, il naufragio, il duello del gladiatore, la battaglia del legionario, la malattia, la vecchiaia, il parto della giovane donna, il pugnale del bandito o dello schiavo, fino al sortilegio malefico. E’ la poesia umile degli anonimi; prosegue dal sepolcro il colloquio con i vivi, lancia il suo appello a una sosta, a un momento di meditazione, minaccia chi oserà violare o contaminare quel piccolo terreno consacrato; rivela la filosofia del defunto, la sua cultura — quando cita autori famosi — infine la sua verità segreta e profonda.
L.S.M

Dalla quarta di copertina

Attraverso le iscrizioni s’è cercato di ricostruire anche la composizione etnica della Roma imperiale:
T. Franck, in Race Mixture in the Roma,, Empire («American Historical Review», 1916, pp.. 689 sgg.), attraverso un esame degli epitaffi di schiavi e liberti, dai nomi prevalentemente greci e orientali, dedusse che appunto di quella classe era costituita in maggioranza la popolazione di Roma; tesi contrastata da M. L. Gordon, in The Nationalityi af Slaves under the Early Empire (Journal of Roman Studies, 1924, pp. 93 sgg.). Vedi G. La Piana, Foreign Groups in Rome during the I Century of the Roman Empire, in « Harvard Theological Review», l927,pp. 183 sgg.
Si usava, dopo aver aperti e chiusi gli occhi al defunto, mettergli in bocca una moneta (il naulum) per pagare il viaggio nell’Ade. Poi, lo si stendeva su un letto di legno, che veniva collocato sulla catasta di legna alla quale un parente appiccava il fuoco; si chiamava bustum, se l’incinerazione avveniva entro la fossa stessa dove poi le ossa sarebbero state ricoperte di terra, ustrinum invece il luogo dove si innalzava la pira, lontano da quello della sepoltura. L’incinerazione fu un uso prevalente dall’età repubblicana a tutto il I secolo d.C., tranne che nel caso di bambini morti in tenera età e di adulti colpiti dal fulmine.
Le ossa, lavate con latte e vino, venivano deposte entro anfore, in urne di ceramica, di vetro, d’alabastro, in cassette di laterizi, più raramente di marmo; l’urna di vetro, una specie di bottiglia a bocca larga, più spesso destinata alle donne, a volte era inserita entro un’anfora segata, ma avveniva anche che le ossa fossero posate liberamente sulla nuda terra. Tutt’attorno si posavano oggetti d’uso o cari al defunto, attrezzi di lavoro, gioielli, balsamari, giocattoli, alcuni dei quali — e la stessa disposizione in cui venivano posati — rivestivano un significato magico e rituale (per es. i chiodi, gli specchi). La tomba si considerava consacrata soltanto a seguito del sacrificio d’un porco. ossi di animali trovati sulle tombe possono essere residui del banchetto funebre consumato sùbito dopo le esequie e ripetuto nove giorni dopo, oppure alimenti destinati al morto; entro la tomba stessa si versavano libagioni offerte ai Mani.
Il calendario romano segna molte date dedicate alla celebrazione dei defunti: i parerntalia, nell’anniversario della morte, i Feralia in febbraio, i Lemuria — giorno in cui le anime, lasciate libere, cercavano di tornare nelle loro case, in maggio. Il capo famiglia, voltando le spalle alla porta, recitava una formula di scongiuro per allontanarli e gettava a terra una manciata di fave (Ovidio, Fasti, V, 431-444) — l’uso delle fave dolci, consumate il giorno dei morti a Roma (2 novembre) è una inconsapevole reminiscenza, benché in altra stagione, di quel rito remoto.
Dato che le sepolture si trovavano lungo le strade consolari, l’iscrizione rappresenta l’appello postumo del defunto ai vivi, passanti o viaggiatori. In essa, chi non è più vuole attirare ancora l’attenzione e fermare per un momento quel flusso incessante di umanità che scorre davanti a lui, e, nel riassumere la propria esistenza, esprime nella forma più genuina e più breve (appunto, lapidaria) la scala dei valori del suo tempo, la sua concezione della vita e del destino umano.

LIDIA STORONI MAZZOLANI

Pagine XI-XII

domenica 9 novembre 2008

La Religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico

Dario Sabbatucci
La Religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico
Il Saggiatore, Milano, 1988

« Ho voluto esporre la religione romana per mezzo del suo calendario festivo. E una scelta che ha due spiegazioni. La prima: ho creduto vantaggioso calare la materia in una struttura romana piuttosto che in una nostra, inevitabilmente condizionata dalla nostra religione, dal nostro concetto di religione, e dunque fuorviante in proporzione al condizionamento stesso. In sostanza, ho rifiutato il modello manualistico corrente, per seguire un modello antico, quello che ha indotto Ovidio ad esporre la religione romana per mezzo dei Fasti, appunto per mezzo del calendario festivo. La seconda: ho seguito l’indicazione di uno dei più geniali antichisti che io conosca, K. Kérenyi, il quale ci ha insegnato a considerare “la religione antica come religione della festa”.
Il calendario festivo, dovunque ne sia stato formulato uno, è lo strumento con cui si dà ordine al tempo: lo si cosmicizza, lo si rende agibile all’uomo. Enorme è dunque la sua importanza per le religioni che, come la romana, concernono la vita “temporale”. Chi non si è lasciato fuorviare è giunto a definire il calendario romano la Magna Charta della religione di Roma antica.
Ora la questione è: quale Roma antica? Il calendario che ho utilizzato è riferibile alla Roma medio-repubblicana, alla Roma già pienamente storica. E un calendario che comunque rivela presupposti d’età anteriori, la monarchica e la paleo-repubblicana, che, quando mi è stato possibile senza cadere nel gioco delle congetture, ho debitamente messo in evidenza. Ho dunque lasciato fuori i moltissimi culti d’età imperiale, tranne che nei casi, pochissimi, in cui è stato possibile ravvisare lo sviluppo di culti precedenti. Fuori dalla realtà calendariale da me proposta sono state lasciate le religioni di Iside e di Mithra, per quanto regolarmente quotate dai tardi calendari d’età imperiale. Ha invece trovato un suo spazio il culto di Cibele, e a suo.

Dal risvolto di copertina

Ricostruzione di Oudenburg

Ricostruzione di Oudenburg, la fortificazione faceva parte della linea difensiva erette lungo le coste del Mare del Nord.
Disegno di J. Mertens.

L'Armee Romaine de la republique au bas empire

L'Armee Romaine de la republique au bas empire
per chi avesse difficolta nella visualizzazione del documento,
link per visualizzarlo in formato pdf

L'Armee Romaine de la republique au bas empire

I Romani

R.H. Barrow, I Romani, Mondadori, Milano, 1962

La civiltà di Roma ha contribuito in modo determinante alla formazione di quelle nazioni che un tempo costituivano le province di un immenso impero e che, dopo le invasioni barbariche, assunsero i loro caratteri peculiari. Inoltre la tradizione romana, dalla storia alla letteratura, dal diritto all’architettura, ha improntato di sé tutta la cultura del Medioevo e dell’epoca moderna. Partendo da tali considerazioni l’autore di questo libro si propone di individuare i cardini di una struttura che si è dimostrata cosi vitale anche dopo il suo crollo politico. I rapporti fra stato e individuo, fra libertà e controllo dall’alto, il conflitto fra uso e abuso del potere, il problema della civilizzazione dei popoli più arretrati, la condizione di duplice lealtà dei sudditi verso Roma e verso la propria cittadinanza, sono alcuni degli argomenti trattati dal Barrow in questa rapida ed efficace sintesi. Le direttrici di un’evoluzione che iniziò nel 753 a. C. e che nei suoi riflessi postumi non si è ancora esaurita, emergono dalla lettura di queste pagine con la costante di una perenne attualità.

Dal risvolto di copertina

Il diritto romano

Il diritto romano

La giustizia è la costante e perpetua volontà di dare a ciascuno il suo.
Digesto di GIUSTINIANO

La più grande conquista dei romani, sia per i suoi meriti intrinsechi, sia per l’influenza che ha avuto sulla storia del mondo, è senza dubbio il loro diritto. “Non vi è problema di giurisprudenza”, dice Lord Bryce “che esso non affronti; è difficile trovare anche un solo angolino della scienza politica che la sua luce non abbia illuminato.” “Ciò di cui ha più bisogno il diritto americano oggi” dice uno studioso americano “è un’estensione dell’influenza eterna e corroborante del diritto romano.” E lo stesso scrittore osserva che, mentre la popolazione dell’Impero romano non superava, probabilmente, i 50 milioni, oggi 870 milioni di persone vivono secondo i sistemi giuridici che si rifanno al diritto romano.
Naturalmente è impossibile spiegare in maniera esauriente, nel raggio di un breve capitolo, perché il diritto romano sia una conquista cosi straordinaria; tuttavia nemmeno il più sintetico libro su Roma può, per. questa ragione, trascurare l’argomento. L’inconveniente ineliminabile è che anche lo schema più semplice non può non risultare intricato e di poco agevole lettura.
Nel 527 d. C., Giustiniano divenne imperatore dell’Impero romano d’Oriente, di cui era capitale Costantinopoli. Da circa cento anni l’Italia era sotto la dominazione di re barbari di origine teutonica. .Alla metà del secolo i generali di Giustiniano riconquistarono l’Italia e fino al XII secolo, fra alterne vicende, l’Impero romano d’Oriente mantenne parti più o meno limitate della penisola sotto il suo controllo.
Subito dopo il suo accesso al potere, Giustiniano ordinò che l’opera dei maggiori giurisprudenti romani venisse organicamente raccolta e unificata. L’opera venne pubblicata con il titolo Digesta o Pandectae il 16 dicembre 533. Quando l’Italia fu riconquistata, il diritto giustinianeo fu esteso anche ad essa e sorsero numerose scuole che ne approfondirono l’analisi, sviluppandolo e perfezionandolo. La legislazione giustinianea comprende anche il Codice (raccolta degli statuti imperiali), le Istituzioni (trattato didascalico) e le Novelle (emendamenti aggiunti tra il 535 e il 565 d. C.).
Il problema è: quali furono le ragioni, i pregi grazie ai quali, il diritto romano ha potuto esercitare un’influenza cosi profonda e duratura? La risposta potrà gettare maggior luce, crediamo, sul carattere e sulle qualità di coloro che elaborarono tale diritto.
Il Digesto si apre con queste parole di Ulpiano:
“Chiunque desideri studiare il diritto (ius) deve anzitutto sapere da dove deriva la parola ius. ius da iustitia, poiché, come lo defini egregiamente Celso, il diritta è l’arte del buono e dell’equo. A causa di ciò potrebbero chiamarci sacerdoti, poiché veneriamo la giustizia e professiamo la conoscenza di ciò che è buono ed equo separando l’equo dall’iniquo, distinguendo ciò che è lecito da ciò che non lo è, desiderando rendere buoni gli uomini non semplicemente con la minaccia dei castighi, ma con l’incoraggiamento di ricompense; ‘affermiamo di seguire, se non erro, una vera e non una falsa filosofia”. Queste sembrano parole strane, a prima vista; e tuttavia furono scritte da una delle più acute menti .giuridiche di tutti i tempi.

R.H. Barrow, I Romani, Mondadori, Milano, 1962
Pagine 212-213

La nuova Pisa nasce dalle navi romane

La nuova Pisa nasce dalle navi romane
ANTONIO VALENTINI
DOMENICA, 09 NOVEMBRE 2008 IL TIRRENO - Pisa

Fontanelli passa le consegne a Filippeschi attraverso un libro-intervista

PISA. “Pisa dei miracoli”. È con questo titolo, parafrasando il nome della piazza più bella del mondo, che l’ex sindaco e ora onorevole, Paolo Fontanelli, racconta i dieci anni trascorsi al timone della città. Due lustri tumultuosi, con problemi e intuizioni, fatti di opere incompiute e idee innovative, comunque capaci di cambiare il volto di Pisa, fino alla metà degli anni ’90 ripiegata su se stessa e attonita spettatrice delle alterne fortune di Firenze Siena e Lucca.
L’ex sindaco ha scritto un bel libro, agile e fruibile (Donzelli editore, 128 pagine, prezzo 15 euro) che sa tanto di autentico lascito al proprio erede a Palazzo Gambacorti, quel Marco Filippeschi che lui ha voluto fortemente seduto sulla poltrona più importante della città. Un volumetto che rappresenta la tappa obbligata per chi non vuol limitarsi a leggersi la secolare, bellissima e incomparabile storia cittadina, ma che intende dare una sbirciata nel futuro. Ovvero, cosa accadrà in riva all’Arno quando la Bechi Luserna sarà smantellata per fare posto alla porta d’ingresso in città, quando il sistema museale verrà messo in piedi, quando il Santa Chiara sarà per intero trasferito a Cisanello e quando le caserme finiranno a Ospedaletto.
È vero, a tratti Paolo Fontanelli pare indulgere all’autocelebrazione. Come quando, ad esempio, parla dell’aeroporto, oscurando alquanto il ruolo avuto dal management del “Galilei” nel rilancio e nella triplicazione del volume dei passeggeri. Ma, se anche lo fa, commette un peccato veniale, a fronte dell’orizzonte che ridisegna per la città e il patrimonio d’idee che attiva per il suo sviluppo.
Un’idea di sviluppo nata quasi per caso, con la scoperta delle navi romane a San Rossore: quella “Pompei del mare” dette energia all’appena eletto sindaco Fontanelli, controvoglia dimissionario dall’incarico di assessore regionale e dirottato nella città in cui viveva. Risolutivo fu l’intervento di D’Alema, a cui Fontanelli non ha mai fatto mistero di essere vicino: Massimo dispose e Paolo si mise al servizio del suo partito per evitare che Pisa cadesse nelle mani del centrodestra, anche se a Palazzo Gambacorti si sentiva come un pesce fuori dall’acqua. Il ritrovamento casuale delle navi romane lo riconciliò con l’incarico nuovo di zecca e gli fece balenare, racconta nel libro-intervista scritto a quattro mani con Gianfranco Micali, lo schema di una città diversa, nuova e fortemente proiettata nel futuro. Lo spunto di un moderno sistema museale, capace di valorizzare le potenzialità inespresse di una Pisa divorata da turisti mordi e fuggi, tanto tumultuosi quanto poco redditizi, nacque lì. E lì saltò fuori lo spunto per valorizzare i lungarni, per spostare l’ospedale e liberare il centro dalle caserme, per mettere a punto i piani d’intervento.
Certo, nel decennio vissuto a Palazzo Gambacorti, Paolo Fontanelli ha vissuto tanti problemi. Alcuni, quelli pubblici, risolti positivamente, come la messa in sicurezza della torre pendente. Altri, quelli riservati, tenuti pudicamente nascosti, come le difficili trattative per l’affermazione del polo sanitario pisano o il rilancio dello stesso aeroporto Galilei, ai tempi in cui la Regione tifava smaccatamente per Peretola.
“Pisa dei miracoli” non nasconde le difficoltà che hanno assillato i vecchi e agitano i nuovi inquilini del Comune. Però esse vengono in qualche maniera assorbite dal progetto complessivo di rilancio della città, descritta come quella a maggiori potenzialità della fascia tirrenica toscana, l’unica a poter bilanciare lo strapotere fiorentino. E se anche non tutto va bene, i progetti messi in cantiere sono in grado di cambiare il volto di Pisa e il modo di viverci.
Il libro-intervista di Fontanelli è introdotto da un magistrale intervento di Salvatore Settis, direttore della Normale, il quale offre interpretazioni diverse, e sicuramente, innovative. Il professore racconta di una Pisa divisa in tre parti: la città degli studenti, dell’università, delle scuole di eccellenza e del Cnr; la città dei monumenti e dei turisti; la città dei pisani. «Tre città diverse - argomenta Settis - che si sovrappongono e s’intrecciano». Le interferenze tra l’una e l’altra dimensione vanno riportate ad armonia. L’operazione di saldatura proposta dall’architetto Chipperfield per piazza dei Miracoli e il Santa Chiara costituisce allora l’emblema di quanto importante sia «capovolgere l’abitudine mentale a classificare in zone la città, segmentandola per blocchi a seconda di definite sfere e modalità d’uso». “Pisa dei miracoli” ha dunque il sapore di un lascito, descrive il piano per una città unica e integrata appena entrato nella fase attuativa, lontano dall’essere realizzato e perciò banco di prova per gli amministratori che verranno. Paolo Fontanelli ha voluto raccogliere in un libro i suoi piani e i suoi sogni sulla città che ha amministrato. Toccherà a Marco Filippeschi tradurli in realtà.

venerdì 7 novembre 2008

I Piaceri a Roma

Jean Noel Robert, I Piaceri a Roma, Rizzoli, Milano, 1985
“Le terme, il vino, le donne: questa è la vita.” è il testo di una iscrizione funeraria romana di epoca imperiale. Come molte altre analoghe, essa manifesta senza ipocrisie la concezione dell’esistenza propria di una civiltà che vedeva nella dea Venere — la divinità del piacere — la propria progenitrice. La società romana era attraversata da enormi squilibri sociali: accanto a una classe che aveva ammassato (e che spendeva) immense ricchezze, esisteva la plebe miserabile e oziosa — la cui esistenza è stata descritta in un altro volume di questa collana, I bassifondi dell’antichità, di C. Salles —, mantenuta quasi esclusivamente dai donativi pubblici e dal lavoro degli schiavi. Ricchi e poveri sono dominati da un’uguale ansia di godimento: ciascuna classe elabora una propria “arte di vivere”. Nella metropoli immensa e frenetica, che dobbiamo immaginare più simile a una casbah orientale che a una città moderna, i cittadini passano la maggior parte della loro giornata nelle strade, nel foro, in quei “palazzi per il popolo” che sono le basiliche e soprattutto le terme. Ogni romano, uomo o donna, vi passa in media due ore della sua giornata: a lavarsi, a giocare, a bere, ad amoreggiare, forse soprattutto a chiacchierare — anche questo uno dei piaceri dell’esistenza, a cui i Romani si dedicano ai più vari livelli. Vi sono, nella sola Roma, novecentocinquanta edifici termali, dai più piccoli a quelli giganteschi: un servizio pubblico completamente gratuito (ma vi sono anche, non dimentichiamolo, ventotto biblioteche anch’esse pubbliche, con una media di diecimila volumi ciascuna!). Un numero incredibile di giornate è dedicato alle feste, sempre accompagnate da elargizioni e da spettacoli — naturalmente offerti dallo stato, o da qualche ricco cittadino. Essi sono di una grandiosità senza pari, tali da ricordare i più fastosi kolossal della storia del cinema: solo che a Roma non si trattava di finzioni, e le ricostruzioni di battaglie comportavano centinaia di morti, come le cacce nel circo (magari trasformato in una cera foresta) vedevano l’uccisione di migliaia di animali esotici. I1 fascino atroce del combattimento di gladiatori attirava plebei e patrizi e grandi dame.
Questo gusto per lo spettacolo si riflette anche nell’altra grande occasione di piacere: il banchetto. Gli eccessi barocchi e stravaganti dei ricchi Romani a tavola — oggetto, fin da allora, della satira divertita e feroce di un Orazio, di un Giovenale, di un Petronio — prendono infatti l’aspetto di sorprendenti finzioni teatrali che si riallacciano a complessi e inattesi riferimenti culturali: mitologici, astrologici, letterari.
Se la vita del cittadino comune tende a svolgersi nei grandi spazi pubblici, quella delle classi superiori tende a chiudersi nelle grandi dimore, in cui il ricco romano profonde tesori. Preziose opere d’arte, razziate o acquistate a peso d’oro in Grecia e in Oriente, arredano gli ambienti resi confortevoli da impianti di riscaldamento e attrezzature igieniche in tutto paragonabili a quelli moderni, o popolano i giar1ini destinati a creare l’illusione della natura. E la contemplazione della natura è un altro grande piacere dei Romani, negato ai plebei: ne testimoniano le grandi ville, situate in posizioni stupende, messe in luce dagli archeologi o descritte dagli scrittori antichi. “Quando sono nella mia villa di Laurento — scrive Plinio — non ascolto nulla che mi dispiaccia di avere ascoltato, non dico nulla che mi penta di aver detto: nessun desiderio, nessun timore mi turba.” E il piacere più grande: quello di essere in pace, con se stessi e con gli altri.

Dal risvolto di copertina

Monte Imperatore Macrino

Facciata del tempio di Byblos, da una moneta dell'imperatore Macrino.

LEPTIS MAGNA IL TEATRO

LEPTIS MAGNA IL TEATRO

Costruito al tempo di Augusto da un magistrato lepcitano «amante della patria sua e della concordia», abbellito e restaurato da Domiziano, dagli Antonini e dai Severi, è uno dei più ricchi monumenti della città. Sulla Sommità della cavea un tempietto alla dea Cerere Augusta, protettrice delle messi.

L’ARCO DI TRAIANO DI TIMGAD

L’ARCO DI TRAIANO DI TIMGAD

Questo splendido monumento romano, noto comunemente sotto il nome di «Arco di Traiano», era la porta occidentale della città. Un’iscrizione alla base dice: « L’imperatore Traiano Augusto Germanico, figlio del divino Nerva, pontefice massimo, per la terza volta console, e per la quarta tribuno, Padre della Patria, fondò la colonia di Thamugadi presso la III Legione Augustea, essendo legato propretore Lucio Munazio Gallo ».

LA PORTA DI ADRIANO IN ADALIA

LA PORTA DI ADRIANO IN ADALIA

Costruita in occasione di una visita dell’imperatore Adriano, ricordo grandioso di una delle tante tappe che egli fece nei suoi lunghi viaggi in Oriente, era nello stesso tempo porta di città ed arco onorario. La fotografia riproduce il modello che, in base alle misurazioni e ai saggi condotti dalle Missione archeologiche italiane, l’architetto di questa, prof. Azeglio Benetti, ha ricostruito.

IL «TRILITO » DI BAALBEK

IL «TRILITO » DI BAALBEK

TRE BLOCCHI FRA I MAGGIORI USATI DA COSTRUTTORI

L’enormità dei blocchi usati nel muro di cinta dell’Acropoli di Baalbek non si potrebbe immaginare da questa fotografia senza la figura umana che è posta loro accanto. Verso metà altezza ve ne sono tre che raggiungono le misure di metri 19 X 4 X 3 circa. Il loro sollevamento e la messa in opera su di una struttura alta già circa 7 metri dovettero richiedere un lavoro enorme, e rappresenterebbero anche oggi un difficile problema. E’ stata avanzata l’ipotesi che il nome di « Trilithon » (triplice pietra) dato al tempio di Giove-Baal derivi da questi tre blocchi.

Il vallo di Adriano: i forti

Il vallo di Adriano: i FORTI

Diciassette se ne contano generalmente nell’elenco di quelli che si trovavano lungo la cima del muro; ma di essi solo quattordici furono poi uniti alla sua struttura. Degli altri tre, due rimangono più a sud tanto del Muro quanto del Vallo, sulla Stanegate, e risalgono certamente ad Agricola; il terzo (a Castlesteads nel Cumberland) si trova fra il Muro e il Vallo.
I nomi dei forti, a cui qui poniamo a fianco gli equivalenti romani, quando si conoscono, sono i seguenti, andando da est a ovest.
Wallsend Segedunum
Newcastle Pons Aelii
Benwell Hill Condercum
Rudchester Vindobala
Halton Chesters Hunnum
Chesters Cilurnum
Carrawburgh Procolitia
Housesteads Borcovicium
Chesterholm Vindolanda
Great Chesters Aesica
Carvoran Magnae
Birdoswald Amboglanna
Castlesteads
Stanwix
Burgh-by-Sands
Drumburgh
Bowness


Di questi, Cilurnum, Borcovicium, Aesica ed Amboglanna sono quelli che oggi permettono di studiare meglio sul luogo la costruzione e la pianta dei forti. Il luogo esatto del forte a Burgh fu scoperto nella primavera del 1922.
L’area compresa nelle cinte dei forti varia, secondo i casi, da uno a due ettari. Il piano è sempre a forma di parallelogrammo con gli angoli arrotondati. Lo spessore del muro di cinta era almeno di un metro e mezzo. Vi era un fossato, e quattro ingressi: a nord, est, sud, ovest. Erano a doppio portale, con archi a tutto sesto, e porte di legno a due battenti, che giravano su cardini di ferro.

PORTALE A BORCOVICIUM
È la porta occidentale a Borcovicium rivolta a sud-est. Vi si distinguono i pilastri centrali che sostenevano gli archi dei fornici; le soglie di pietra e gli avanzi dei corpi di guardia. A piè del colle su cui sorge il forte, corre la strada di Wade, dietro luccica lo stagno di Grindon.

Il vallo di Adriano

Il vallo di Adriano
Una grande muraglia, spessa quasi due metri e mezzo, e alta (col parapetto) più di sei, rivestita di pietra egregiamente lavorata, lunga quasi i 27 chilometri, dalla foce del Tyne al Solway Firth, che scalava le colline, discendeva nelle valli, passava ampi fiumi e piccoli ruscelli, seguendo quanto era possibile le creste più elevate, senza evitare gli ostacoli ma continuando indifferente la sua via fino alla meta, segnando una separazione completa fra Nord e Sud. Tale era il muro propriamente detto, che però nel suo percorso allacciava non meno di quattordici fortezze, e comprendeva come parte integrale della sua costruzione ottanta fortini, a circa un miglio d’intervallo, e circa centosessanta torrette di fortificazione o di vedetta.
Come si vede, non si trattava di una lunga costruzione uniforme, ma vi erano fra grandi e piccoli circa duecentocinquanta posti fortificati. I quattordici grandi erano costruiti per alloggiare ciascuno da cinquecento a mille uomini, e comprendevano vie, templi, uffici, corti cinte da colonnati, caserme, alloggi per gli ufficiali, granai, botteghe d’artigiani. Intorno sorgeva una piccola città che albergava le famiglie dei soldati e la gente comunque attaccata alla guarnigione; in mezzo, un ottimo stabilimento di bagni.
Il paese che la gran barriera attraversava era in parte pianeggiante e fertile, in parte incolto e desolato. Piuttosto deserto è quasi tutto anche adesso, ma un tempo lo ridestava l’attività dei legionari che compivano la grande opera, e dopo vi rintronò a lungo il passo cadenzato delle truppe di guarnigione che vi si davano il cambio. Su quella striscia di territorio si ritrovavano soldati provenienti da tutte le parti del mondo allora conosciuto. Dalle sponde del Reno, del Danubio, della Senna, dell’Adriatico e del Mare del Nord, dalla Penisola spagnola venivano, al comando di Roma, per guarnire questo avamposto lontano fra le solitudini della Nortumbria.
cartina geografica del vallo di Adriano

Mosaici DAR BUK AMMERA - ZLITEN

Mosaici DAR BUK AMMERA - ZLITEN

All’altezza dell’oasi di Zliten, sulla costa del mare della Tripolitiana, esiste una grande villa romana. I mosaici che la decorano possono annoverarsi tra i più pregevoli pervenutaci dall’antichità. Famosi sono divenuti quello con scene di anfiteatro, uni altro con le figure delle sragioni e di pesci, ed infine quello cosiddetto « a girali di acanto». Di esso è qui riprodotto un particolare: una murena ed un camaleonti, comuni nel mare e nella terra di Libia.

Ostia: GRANDI ORCI CHE ACCOGLIEVANO PROVVISTE D’OLIO PER L’URBE

Ostia: GRANDI ORCI CHE ACCOGLIEVANO PROVVISTE D’OLIO PER L’URBE


Da occidente, di là dai confini di Ostia, sono i cosiddetti magazzini di olio, divisi in stanze in cui sono interrati grandi orci da olio. Il locale che qui vediamo contiene venti di siffatti « dolia. Lo attraversa un passaggio che, secondo alcuni, serviva per il traffico dei servi a riempire e vuotare i «dolia».

IL «CARDO MAXIMUS» DI OSTIA

IL «CARDO MAXIMUS» DI OSTIA




Presa di là dal teatro, questa fotografia presenta sul davanti quattro colonne superstiti del portico delle Terme. La via corre tra file di case, e un tratto passa dai « Columbaria ». In fondo si vede il castello costruito verso il 1500 da Giuliano della Rovere (papa Giulio Il) a guardia dell’ansa del fiume.

Scoperta antica villa romana

Scoperta antica villa romana
Antonio Procacci
07/11/2008 BARISERA

Clamoroso ritrovamento archeologico nel corso dei lavori alla "seconda spiaggia"

Le fondamenta di una villa di epoca romana, risalente al periodo di Augusto, sono state scoperte nel corso dei lavori di consolidamento della falesia all'altezza della cosiddetta "seconda spiaggia". La scoperta risale a mesi fa, ma si è saputo solo nelle ultime ore, dopo la rivelazione al riguardo dell'emittente Teledehon e del portale cittadino Trani Live. Un ritrovamento di inestimabile valore archeologico, su cui da mesi lavorano gli esperti della Soprintendenza ai beni culturali. Sembra che si tratti di un insediamento stabile datato presumibilmente nel periodo a cavallo dell'anno zero dell'Era Cristiana. "Durante i lavori di restauro del Monastero di Colonna", ha dichiarato al portale www.tranilive.it il senatore Roberto Visibelli, "vennero rinvenuti resti risalenti addirittura al neolitico. Mentre, più recentemente, durante i lavori di costruzione di una villa privata, sempre a Colonna, dove un tempo sorgeva un notissimo locale notturno, vennero scoperti alcuni corpi sepolti con una strana copertura in pietra dal sapore vagamente esoterico". Tombe di vampiri, Barisera ne ha parlato diffusamente qualche tempo fa. La scoperta alla "seconda spiaggia" pare però essere di gran luca più importante. Sempre secondo quanto riferisce Trani Live, lo storico tranese Arcangelo Prologo ritenne che la città fosse sorta nel III sec. d.C.. La villa in questione, invece, anticiperebbe di almeno tre secoli la presenza di insediamenti umani strutturati nell'area.
Il ritrovamento, comunque, non sarebbe casuale. L'amministrazione, infatti, ha previsto da qualche tempo la presenza di un archeologo tra quelli abilitati dalla Soprintendenza nei cantieri pubblici. Una scelta strategica che evidentemente sta già pagando. Non, però, sul fronte dei tempi di esecuzione delle opere, che ovviamente subiranno rallentamenti, anche se Visibelli a Tranilive ha assicurato che i lavori proseguiranno e che entro il prossimo anno i tranesi riavranno anche quella spiaggia. "Abbiamo già provveduto a dare incarico ai nostri progettisti di aggirare l'ostacolo spostando di qualche metro in avanti la linea di costa in modo da salvaguardare il ritrovamento archeologico".

giovedì 6 novembre 2008

Tuvixeddu, la voragine del mistero

Tuvixeddu, la voragine del mistero
La Nuova Sardegna 03/11/2008

CAGLIARI. A Tuvixeddu, a poca distanza dalle tombe romane, le violenti piogge del 22 scorso hanno creato un’enorme voragine. La scoperta è stata fatta ieri dal gruppo Speleo archeologico cavità cagliaritane, che stava operando su invito della circoscrizione di Sant’Avendrace. Il sopralluogo era stato richiesto per verificare eventuali rotture di bacini idrici sotterranei visto il torrente d’acqua che ha invaso il quartiere durante l’alluvione. La voragine (nella foto ) si trova a poca distanza da viale Sant’Avendrace ed è profonda circa cinque metri e larga quindici. Si è aperta all’interno di un opificio industriale dell’ex cantiere italcementi dove, secondo il progetto del parco (attualmente bloccato), sarebbe dovuto sorgere il muse archeologico. Il gruppo Speleo archeologico segnala inoltre il crollo di pareti a volta di cavità e danni notevoli ad acquedotti antichi e gallerie lunghe chilometri ( Lo smottamento del terreno è stato presumibilmente provocato dalle forti acque piovane che, scorrendo a monte sulla necropoli, si sono riversate a valle allagando il fondo del vecchio opificio industriale dove un tempo si estraeva il calcare. Inoltre i chilometri di gallerie sotterranee si mostrano ora intasate da una poltiglia fangosa alta circa un metro, spiega il gruppo Speleo archeologico: un vero e proprio disastro lontano da occhi indiscreti, che ha coinvolto le gallerie che alimentavano l’antico acquedotto romano.