Dario Sabbatucci
La Religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico
Il Saggiatore, Milano, 1988
« Ho voluto esporre la religione romana per mezzo del suo calendario festivo. E una scelta che ha due spiegazioni. La prima: ho creduto vantaggioso calare la materia in una struttura romana piuttosto che in una nostra, inevitabilmente condizionata dalla nostra religione, dal nostro concetto di religione, e dunque fuorviante in proporzione al condizionamento stesso. In sostanza, ho rifiutato il modello manualistico corrente, per seguire un modello antico, quello che ha indotto Ovidio ad esporre la religione romana per mezzo dei Fasti, appunto per mezzo del calendario festivo. La seconda: ho seguito l’indicazione di uno dei più geniali antichisti che io conosca, K. Kérenyi, il quale ci ha insegnato a considerare “la religione antica come religione della festa”.
Il calendario festivo, dovunque ne sia stato formulato uno, è lo strumento con cui si dà ordine al tempo: lo si cosmicizza, lo si rende agibile all’uomo. Enorme è dunque la sua importanza per le religioni che, come la romana, concernono la vita “temporale”. Chi non si è lasciato fuorviare è giunto a definire il calendario romano la Magna Charta della religione di Roma antica.
Ora la questione è: quale Roma antica? Il calendario che ho utilizzato è riferibile alla Roma medio-repubblicana, alla Roma già pienamente storica. E un calendario che comunque rivela presupposti d’età anteriori, la monarchica e la paleo-repubblicana, che, quando mi è stato possibile senza cadere nel gioco delle congetture, ho debitamente messo in evidenza. Ho dunque lasciato fuori i moltissimi culti d’età imperiale, tranne che nei casi, pochissimi, in cui è stato possibile ravvisare lo sviluppo di culti precedenti. Fuori dalla realtà calendariale da me proposta sono state lasciate le religioni di Iside e di Mithra, per quanto regolarmente quotate dai tardi calendari d’età imperiale. Ha invece trovato un suo spazio il culto di Cibele, e a suo.
Dal risvolto di copertina
La Religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico
Il Saggiatore, Milano, 1988
« Ho voluto esporre la religione romana per mezzo del suo calendario festivo. E una scelta che ha due spiegazioni. La prima: ho creduto vantaggioso calare la materia in una struttura romana piuttosto che in una nostra, inevitabilmente condizionata dalla nostra religione, dal nostro concetto di religione, e dunque fuorviante in proporzione al condizionamento stesso. In sostanza, ho rifiutato il modello manualistico corrente, per seguire un modello antico, quello che ha indotto Ovidio ad esporre la religione romana per mezzo dei Fasti, appunto per mezzo del calendario festivo. La seconda: ho seguito l’indicazione di uno dei più geniali antichisti che io conosca, K. Kérenyi, il quale ci ha insegnato a considerare “la religione antica come religione della festa”.
Il calendario festivo, dovunque ne sia stato formulato uno, è lo strumento con cui si dà ordine al tempo: lo si cosmicizza, lo si rende agibile all’uomo. Enorme è dunque la sua importanza per le religioni che, come la romana, concernono la vita “temporale”. Chi non si è lasciato fuorviare è giunto a definire il calendario romano la Magna Charta della religione di Roma antica.
Ora la questione è: quale Roma antica? Il calendario che ho utilizzato è riferibile alla Roma medio-repubblicana, alla Roma già pienamente storica. E un calendario che comunque rivela presupposti d’età anteriori, la monarchica e la paleo-repubblicana, che, quando mi è stato possibile senza cadere nel gioco delle congetture, ho debitamente messo in evidenza. Ho dunque lasciato fuori i moltissimi culti d’età imperiale, tranne che nei casi, pochissimi, in cui è stato possibile ravvisare lo sviluppo di culti precedenti. Fuori dalla realtà calendariale da me proposta sono state lasciate le religioni di Iside e di Mithra, per quanto regolarmente quotate dai tardi calendari d’età imperiale. Ha invece trovato un suo spazio il culto di Cibele, e a suo.
Dal risvolto di copertina