domenica 2 novembre 2008

IL RELITTO ROMANO DI SANTA CATERINA

IL RELITTO ROMANO DI SANTA CATERINA

Storia
La vori di protezione conclusi, gli antichi tesori coperti con grandi teli.


«Il relitto della nave romana di Santa Caterina è stato praticamente sepolto in nome di una fantomatica conservazione. E così dopo decenni di attesa, di recupero e valorizzazione ancora non se ne parla».
Nelle settimane passate, nel mare antistante la marina di Santa Caterina, sulla costa di Nardo', è terminato il lavoro dei sub del "Nautilus", la grande imbarcazione dotata di particolari attrezzature per le operazioni sui fondali, che con un lavoro durato quasi un mese hanno proceduto a ricoprire tutta l'area dove giace il relitto della nave romana del Il secolo A.C., lunga 23 metri, e il suo grosso carico di anfore di tipo greco-italico, con speciali teli fissati sul fondo con sacchi pieni di materiale zavorrante. Già in passato una soluzione simile era stata messa in atto, ma nel giro di pochi anni l'azione del mare aveva reso inutile la copertura riducendola in brandelli di plastica disseminati sul fondo.
Le operazione intorno all'antichissima imbarcazione mercantile sono state commissionate dalla Soprintendenza ai beni Archeologici di Taranto e coordinate dai carabinieri e, anche se attuate con lo scopo di conservare il relitto e il prezioso carico e impedire ai "tombaroli del mare" di continuare nella loro ininterrotta azione di rapina, hanno praticamente "sepolto" il relitto e l'area circostante (secondo gli esperti uno dei siti archeologici più importanti della costa salentina) sottraendola per chissà quanto tempo alla vista.
Per questo, dopo l'operazione del "Nautilus" si sono sollevate le voci di protesta, soprattutto degli addetti ai lavori: gli operatori turistici e gli studiosi che da tempo invocano una valorizzazione del sito archeologico che potrebbe diventare una delle mete più importanti della regione per il turismo subacqueo. «Perché tanto abbandono da parte delle autorità competenti? Perché si è proceduto ad una seconda sepoltura di quello che potrebbe essere un'ulteriore attrazione turistica di interesse internazionale? - dice Andrea Costantini, guida subacquea e uno dei massimi esperti dei fondali salentini. Perché non creare, come in altre parti di Italia, un percorso turistico-archeologico e didattico che renda fruibile il sito sia ai subacquei sia ai non subacquei, facendolo conoscere tramite filmati e riproduzioni? L'Università del Salento ha pronti anche alcuni progetti in questo senso». Poi Costantini lancia l'idea: la concessione in gestione del sito ad un soggetto privato che si assuma la responsabilità della tutela e della fruibilità.
G.T.

Fonte: Nuovo Quotidiano, 17/01/2008