Resca: “State tranquilli il Colosseo non sarà venduto»
Rinaldo Gianola
L’Unità 13/12/2008
Dottor Resca, facciamo subito una prova: venderà il Colosseo? «No, non lo venderò. Non scherziamo. Voglio fare un buon lavoro ai Beni culturali, questo è il mio obiettivo e su questo vorrei essere giudicato». Eccolo qui il nuovo manager-imprenditore-consulente, in effetti non si sa come chiamarlo, del governo Berlusconi, l’uomo scelto dal ministro Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico. Mario Resca, ferrarese di 62 anni, non ha ancora iniziato a lavorare, ma ha già conquistato un primato mica male: non si è mai vista una levata di scudi così estesa e convinta contro una nomina ministeriale, oltre 7000 firme di protesta, contestazioni politiche e accademiche, appelli pubblici contro «il bocconiano nei musei». E in certi salotti milanesi, possiamo garantirlo, le sciure della cultura con il Canaletto appeso nel tinello hanno avuto quasi un mancamento quando hanno appreso la notizia che l’ex capo di McDonald’s si sarebbe occupato di mostre. Insomma, è in atto una specie di rivolta contro il manager che nella sua lunga carriera ne ha combinate di tutti i colori: salvatore di aziende, cacciatore di teste, finanziere, imprenditore che ha insegnato agli americani a vendere hamburger e patatine fritte in Italia, uomo di potere vicino a Berlusconi ma che va in bicicletta con Prodi, da anni consigliere di amministrazione della Mondadori e dell’Eni. E il suo curriculum è molto più lungo. Aggiungiamo solo un altro dato assai significativo: Resca rappresenta in Italia "The Oaktree Fund" (il fondo della quercia, ma nonostante il nome, lo precisiamo per alcuni giornalisti investigativi sempre sospettosi, non ha alcun legame con gli ex Ds) gestore di qualche miliardo di dollari di investimenti nel mondo. In particolare Resca porta con sè l’esperienza di uno che si è fatto largo nella vita con lo studio, il lavoro e anche con le spallate. «In casa mia valeva questa regola: chi è promosso va avanti a studiare, chi va male subito al lavoro». Quando negli anni Sessanta lasciò Ferrara con una borsa di studio per andare all’Università Bocconi si comprò all’Upim una valigia di cartone. Qualche anno dopo tornò a casa e acquistò l’intero edificio che ospitava il grande magazzino. Un tipo così non poteva non piacere a Berlusconi che, negli ultimi anni, lo ha proposto in successione come ministro degli Esteri, presidente della Rai, salvatore di Alitalia. E chissà cos’altro. Ora questo berlusconiano di ferro mette le mani sui nostri musei. Con quali idee per la testa? Vediamo. Resca, non è spaventato da questa valanga di critiche e proteste? «No, affatto» risponde, «penso che siano il segno di una grande vivacità intellettuale e di un forte interesse verso la cultura italiana. Io non mi sento offeso, non sono demotivato, nè preoccupato. Anzi, casomai sono ancora più stimolato a far bene. Cercherò di convincere i contestatori, che non mi conoscono, con la mia professionalità e il mio impegno. Spero di riuscirci e di poter collaborare con tutti». Il suo ruolo ufficiale è: Direttore generale dei musei, dei siti archeologici e degliarchivi storici dello Stato. Ma il vero problema nasce da una parolina - «valorizzazione» - che definisce il compito del nuovo arrivato. In molti hanno visto in questa funzione la possibilità che i nostri musei si trasformino in mercati solo per far soldi e profitti, sminuendo il valore, quello vero, della storia, della cultura, dell’arte. Un sospetto che può nascere dalla incompetenza di Resca. Scusi, lei non distingue un Piero della Francesca da un palo della luce e vuole gestire e rilanciare i musei, come fa? «Calma. Non tolgo il lavoro agli esperti, alle persone di valore che operano nel ministero e di cui ho il massimo rispetto. Non faccio lo storico dell’arte nè l’archeologo. Ma vorrei invitare i miei contestatori, che forse sono un po’ troppo autoreferenziali e qualcuno teme di perdere privilegi e rendite di posizione, a ragionare insieme su alcuni fatti incontestabili che riguardano il nostro sistema culturale». Quali? «Se l’Italia possiede la maggior parte, ben oltre il 50%, del patrimonio artistico del mondo mi volete spiegare come mai nella classifica dei primi venti musei al mondo non ce n’è uno italiano? Il primo è la Galleria degli Uffizi, al ventunesimo posto. Perché il Louvre ha otto milioni di visitatori all’anno e i nostri migliori faticano a superare il milione? Perché la Francia o gli Stati Uniti hanno un sistema di musei che funziona, con risorse, competenze e milioni di visitatori e noi invece arranchiamo?». Lei si è dato una risposta? «Non ancora. Ma qualche idea ce l’ho. Ritengo che, alla luce di esperienze internazionali di grande successo, non sia offensivo avvicinare la cultura d’impresa e manageriale alla gestione del patrimonio artistico: penso che l’arte e la cultura siano la vera risorsa del nostro Paese, ben più importante, anche a livello economico, della Fiat e di qualunque altro gruppo industriale». In questi giorni Resca sta visitando, in incognito come Sherlock Holmes, alcuni musei in giro per l’Italia. Ecco il suo primo resoconto. «Sono stato in un grande museo di Roma: lo standard di pulizia è insufficiente, l’ascensore non funziona, le indicazioni sono poche, il personale triste e demotivato, spesso accasciato sulle sedie. A Milano hanno pensato bene di chiudere il Cenacolo il giorno della festa dell’Immacolata, proprio nel week end della "prima" della Scala che porta in città molti stranieri e attira l’interesse di tutto il mondo: evidentemente il personale doveva fare il "ponte". Mentre all’estero si allungano gli orari per consentire ai visitatori di accedere ai musei quando desiderano, noi invece chiudiamo nei giorni di festa. Così non andiamo da nessuna parte. Possiamo fare meglio, molto meglio». Cosa intende quando parla di "valore"? «Il mio obiettivo è valorizzare il nostro patrimonio aumentando il numero di persone da portare in Italia a fruire dei musei, mettendo in campo competenze, reti, comunicazione, marketing, con una squadra di professionisti di oualità, motivata e pienamente coinvolta nel progetto. E voglio avvicinare il privato al pubblico, come avviene in altri paesi, mobilitando risorse che oggi sono molto scarse per la crisi». Ecco dove casca l’asino, lei vuole dare i musei alle aziende che così faranno la sfilata delle Veline attorniate da capolavori dell’arte per vendere qualche prodotto. «No, affatto. Faccio un esempio. In questi giorni a Milano è esposto un dipinto, uno solo, del Caravaggio recuperato anche con la partecipazione dell’Eni: ci sono fino a settemila visitatori al giorno, c’è la fila». E allora, che cosa vuol fare? «Ecco, ritengo che esistano molte imprese pronte a collaborare con contributi e sponsorizzazioni e si può fare di più, molto di più, di quanto sia stato finora sperimentato. Dobbiamo pensare al nostro patrimonio come a una grande opportunità: voglio coinvolgere le Ferrovie, l’Alitalia, le strutture alberghiere perché è chiaro che l’ospitalità deve migliorare, la nostra industria del turismo ha perso competitività». Questa novità del manager del fast food che si occupa di cultura non è stata presa bene nemmeno all’estero, il New York Times ha criticato la scelta del governo. «No, non è vero» rettifica, Al New York Times ha fatto un articolo di cronaca raccontando la notizia e le reazioni. L’Economist, un settimanale che piace così tanto alla sinistra italiana. ha dato una valutazione positiva. The Independent, Daily Telegraph anche Der Spiegel hanno espresso interesse per questo progetto manageriale per i Beni culturali». Ma, alla fine, in attesa di vedere all’opera il potente manager dei musei italiani, rimane inevasa ancora una domanda, forse la principale. Resca, perché ha accettato questo incarico: per i soldi, per l’ambizione, per la gloria? «Io non sono disoccupato, non cerco lavoro, anzi in questo periodo di crisi ho rinunciato a molti incarichi ben retribuiti che mi sono stati proposti per seguire ristrutturazioni aziendali. Non lo faccio per i soldi, perchè il compenso è ridicolo. Lo faccio perché mi piace, sono convinto di poter far un buon lavoro, di dare un contributo al Paese. Io non mi arrendo facilmente. Presenterò presto al ministro Bondi un primo piano di azione. Ne parleremo più avanti». Questa è la promessa. Non ci resta che aspettare.
Il ruolo
Il manager ferrarese è stato scelto da Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico
La mobilitazione
La nomina ha scatenato una dura protesta: 7000 firme contro il «manager dei Mc Donald’s»
Classifica Vincono Parigi e Londra
Al Louvre 8,3 milioni di visitatori Vince la Francia, non ci sono dubbi. Poi viene la Gran Bretagna. E noi italiani arranchiamo faticosamente nelle posizioni di coda anche se ci vantiamo di aver il più ricco patrimonio artistico dei mondo. La classifica dei musei più visitati lascia pochi dubbi, Si trovano, infatti, a Parigi i due musei più visitati del mondo nel 2007:8,3 milioni di persone hanno comprato il biglietto per entrare a I Louvre, 5.509.000 sono stati i visitatori per il Centre Pompidou. Al terzo e quarto posto nella classifica preparata da The Art Newspaper si trova Londra con il Britush Museum (5.400.000 visitatori) e la Tate Modern (5.191.000 visitatori) che precede il Metropolitan Museum of Art di New York (Stati Uniti) con 4.547.000 visitatori e il National Gallery of Art di Washington (Stati Uniti) con 4.158.000 visitatori. I numeri evidenziano però la distanza tra i musei top dei mondo e quelli italiani. La Galleria degli Uffizi di Firenze, il migliore tra i musei italiani, è solo al 21 posto al mondo e ha staccato 1.615.939 biglietti nel 2007, appena un quinto di quanti ne ha emessi il Louvre di Parigi. Palazzo Ducale di Venezia è al 26 posto con 1.446.898 visitatori; la Galleria dell’ Accademia a Firenze è al 31 posto con 1.286.798 ingressi nel 2007. Molto deludente la prestazione di Milano, In attesa dell’Expo 2015, il capoluogo lombardo deve accontentarsi della performance dei Museo della Scienza e della Tecnologia con 340.000 biglietti, lontanissimo dai musei top mondiali. Non ci sono notizie dei Cenacolo o dell’Accademia di Brera. Nel bel mezzo tra i musei top d’ Italia e il resto dei mondo, si trovano i Musei Vaticani di Roma con 4.310.000 ingressi nel 2007. I numeri sono chiarissimi: i musei italiani soffrono in fondo alla classifica.
Identikit
Carriera tra industria e finanza Da McDonald’s alla Cirio Mario Resca, neo direttore dei musei italiani, è nato a Ferrara, laureato alla Bocconi, ha svolto molti lavori. Ha fatto il banchiere alla Chase Manhattan Bank, è passato nel gruppo Fiat, per quindici anni è stato partner della Egon Zehnder, leader dei "cacciatori di teste". È stato consigliere di amministrazione del gruppo Lancome, Rcs Corriere della Sera, gruppo Versace, Sambonet, Kenwood. Alla metà degli anni novanta ha guidato McDonald’s in Italia, Negli ultimi anni è stato commissario straordinario della Cirio e del Casino di Campione. È stato presidente della Camera di commercio italo-americana. È consigliere di amministrazione di Eni e Mondadori.
Rinaldo Gianola
L’Unità 13/12/2008
Dottor Resca, facciamo subito una prova: venderà il Colosseo? «No, non lo venderò. Non scherziamo. Voglio fare un buon lavoro ai Beni culturali, questo è il mio obiettivo e su questo vorrei essere giudicato». Eccolo qui il nuovo manager-imprenditore-consulente, in effetti non si sa come chiamarlo, del governo Berlusconi, l’uomo scelto dal ministro Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico. Mario Resca, ferrarese di 62 anni, non ha ancora iniziato a lavorare, ma ha già conquistato un primato mica male: non si è mai vista una levata di scudi così estesa e convinta contro una nomina ministeriale, oltre 7000 firme di protesta, contestazioni politiche e accademiche, appelli pubblici contro «il bocconiano nei musei». E in certi salotti milanesi, possiamo garantirlo, le sciure della cultura con il Canaletto appeso nel tinello hanno avuto quasi un mancamento quando hanno appreso la notizia che l’ex capo di McDonald’s si sarebbe occupato di mostre. Insomma, è in atto una specie di rivolta contro il manager che nella sua lunga carriera ne ha combinate di tutti i colori: salvatore di aziende, cacciatore di teste, finanziere, imprenditore che ha insegnato agli americani a vendere hamburger e patatine fritte in Italia, uomo di potere vicino a Berlusconi ma che va in bicicletta con Prodi, da anni consigliere di amministrazione della Mondadori e dell’Eni. E il suo curriculum è molto più lungo. Aggiungiamo solo un altro dato assai significativo: Resca rappresenta in Italia "The Oaktree Fund" (il fondo della quercia, ma nonostante il nome, lo precisiamo per alcuni giornalisti investigativi sempre sospettosi, non ha alcun legame con gli ex Ds) gestore di qualche miliardo di dollari di investimenti nel mondo. In particolare Resca porta con sè l’esperienza di uno che si è fatto largo nella vita con lo studio, il lavoro e anche con le spallate. «In casa mia valeva questa regola: chi è promosso va avanti a studiare, chi va male subito al lavoro». Quando negli anni Sessanta lasciò Ferrara con una borsa di studio per andare all’Università Bocconi si comprò all’Upim una valigia di cartone. Qualche anno dopo tornò a casa e acquistò l’intero edificio che ospitava il grande magazzino. Un tipo così non poteva non piacere a Berlusconi che, negli ultimi anni, lo ha proposto in successione come ministro degli Esteri, presidente della Rai, salvatore di Alitalia. E chissà cos’altro. Ora questo berlusconiano di ferro mette le mani sui nostri musei. Con quali idee per la testa? Vediamo. Resca, non è spaventato da questa valanga di critiche e proteste? «No, affatto» risponde, «penso che siano il segno di una grande vivacità intellettuale e di un forte interesse verso la cultura italiana. Io non mi sento offeso, non sono demotivato, nè preoccupato. Anzi, casomai sono ancora più stimolato a far bene. Cercherò di convincere i contestatori, che non mi conoscono, con la mia professionalità e il mio impegno. Spero di riuscirci e di poter collaborare con tutti». Il suo ruolo ufficiale è: Direttore generale dei musei, dei siti archeologici e degliarchivi storici dello Stato. Ma il vero problema nasce da una parolina - «valorizzazione» - che definisce il compito del nuovo arrivato. In molti hanno visto in questa funzione la possibilità che i nostri musei si trasformino in mercati solo per far soldi e profitti, sminuendo il valore, quello vero, della storia, della cultura, dell’arte. Un sospetto che può nascere dalla incompetenza di Resca. Scusi, lei non distingue un Piero della Francesca da un palo della luce e vuole gestire e rilanciare i musei, come fa? «Calma. Non tolgo il lavoro agli esperti, alle persone di valore che operano nel ministero e di cui ho il massimo rispetto. Non faccio lo storico dell’arte nè l’archeologo. Ma vorrei invitare i miei contestatori, che forse sono un po’ troppo autoreferenziali e qualcuno teme di perdere privilegi e rendite di posizione, a ragionare insieme su alcuni fatti incontestabili che riguardano il nostro sistema culturale». Quali? «Se l’Italia possiede la maggior parte, ben oltre il 50%, del patrimonio artistico del mondo mi volete spiegare come mai nella classifica dei primi venti musei al mondo non ce n’è uno italiano? Il primo è la Galleria degli Uffizi, al ventunesimo posto. Perché il Louvre ha otto milioni di visitatori all’anno e i nostri migliori faticano a superare il milione? Perché la Francia o gli Stati Uniti hanno un sistema di musei che funziona, con risorse, competenze e milioni di visitatori e noi invece arranchiamo?». Lei si è dato una risposta? «Non ancora. Ma qualche idea ce l’ho. Ritengo che, alla luce di esperienze internazionali di grande successo, non sia offensivo avvicinare la cultura d’impresa e manageriale alla gestione del patrimonio artistico: penso che l’arte e la cultura siano la vera risorsa del nostro Paese, ben più importante, anche a livello economico, della Fiat e di qualunque altro gruppo industriale». In questi giorni Resca sta visitando, in incognito come Sherlock Holmes, alcuni musei in giro per l’Italia. Ecco il suo primo resoconto. «Sono stato in un grande museo di Roma: lo standard di pulizia è insufficiente, l’ascensore non funziona, le indicazioni sono poche, il personale triste e demotivato, spesso accasciato sulle sedie. A Milano hanno pensato bene di chiudere il Cenacolo il giorno della festa dell’Immacolata, proprio nel week end della "prima" della Scala che porta in città molti stranieri e attira l’interesse di tutto il mondo: evidentemente il personale doveva fare il "ponte". Mentre all’estero si allungano gli orari per consentire ai visitatori di accedere ai musei quando desiderano, noi invece chiudiamo nei giorni di festa. Così non andiamo da nessuna parte. Possiamo fare meglio, molto meglio». Cosa intende quando parla di "valore"? «Il mio obiettivo è valorizzare il nostro patrimonio aumentando il numero di persone da portare in Italia a fruire dei musei, mettendo in campo competenze, reti, comunicazione, marketing, con una squadra di professionisti di oualità, motivata e pienamente coinvolta nel progetto. E voglio avvicinare il privato al pubblico, come avviene in altri paesi, mobilitando risorse che oggi sono molto scarse per la crisi». Ecco dove casca l’asino, lei vuole dare i musei alle aziende che così faranno la sfilata delle Veline attorniate da capolavori dell’arte per vendere qualche prodotto. «No, affatto. Faccio un esempio. In questi giorni a Milano è esposto un dipinto, uno solo, del Caravaggio recuperato anche con la partecipazione dell’Eni: ci sono fino a settemila visitatori al giorno, c’è la fila». E allora, che cosa vuol fare? «Ecco, ritengo che esistano molte imprese pronte a collaborare con contributi e sponsorizzazioni e si può fare di più, molto di più, di quanto sia stato finora sperimentato. Dobbiamo pensare al nostro patrimonio come a una grande opportunità: voglio coinvolgere le Ferrovie, l’Alitalia, le strutture alberghiere perché è chiaro che l’ospitalità deve migliorare, la nostra industria del turismo ha perso competitività». Questa novità del manager del fast food che si occupa di cultura non è stata presa bene nemmeno all’estero, il New York Times ha criticato la scelta del governo. «No, non è vero» rettifica, Al New York Times ha fatto un articolo di cronaca raccontando la notizia e le reazioni. L’Economist, un settimanale che piace così tanto alla sinistra italiana. ha dato una valutazione positiva. The Independent, Daily Telegraph anche Der Spiegel hanno espresso interesse per questo progetto manageriale per i Beni culturali». Ma, alla fine, in attesa di vedere all’opera il potente manager dei musei italiani, rimane inevasa ancora una domanda, forse la principale. Resca, perché ha accettato questo incarico: per i soldi, per l’ambizione, per la gloria? «Io non sono disoccupato, non cerco lavoro, anzi in questo periodo di crisi ho rinunciato a molti incarichi ben retribuiti che mi sono stati proposti per seguire ristrutturazioni aziendali. Non lo faccio per i soldi, perchè il compenso è ridicolo. Lo faccio perché mi piace, sono convinto di poter far un buon lavoro, di dare un contributo al Paese. Io non mi arrendo facilmente. Presenterò presto al ministro Bondi un primo piano di azione. Ne parleremo più avanti». Questa è la promessa. Non ci resta che aspettare.
Il ruolo
Il manager ferrarese è stato scelto da Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico
La mobilitazione
La nomina ha scatenato una dura protesta: 7000 firme contro il «manager dei Mc Donald’s»
Classifica Vincono Parigi e Londra
Al Louvre 8,3 milioni di visitatori Vince la Francia, non ci sono dubbi. Poi viene la Gran Bretagna. E noi italiani arranchiamo faticosamente nelle posizioni di coda anche se ci vantiamo di aver il più ricco patrimonio artistico dei mondo. La classifica dei musei più visitati lascia pochi dubbi, Si trovano, infatti, a Parigi i due musei più visitati del mondo nel 2007:8,3 milioni di persone hanno comprato il biglietto per entrare a I Louvre, 5.509.000 sono stati i visitatori per il Centre Pompidou. Al terzo e quarto posto nella classifica preparata da The Art Newspaper si trova Londra con il Britush Museum (5.400.000 visitatori) e la Tate Modern (5.191.000 visitatori) che precede il Metropolitan Museum of Art di New York (Stati Uniti) con 4.547.000 visitatori e il National Gallery of Art di Washington (Stati Uniti) con 4.158.000 visitatori. I numeri evidenziano però la distanza tra i musei top dei mondo e quelli italiani. La Galleria degli Uffizi di Firenze, il migliore tra i musei italiani, è solo al 21 posto al mondo e ha staccato 1.615.939 biglietti nel 2007, appena un quinto di quanti ne ha emessi il Louvre di Parigi. Palazzo Ducale di Venezia è al 26 posto con 1.446.898 visitatori; la Galleria dell’ Accademia a Firenze è al 31 posto con 1.286.798 ingressi nel 2007. Molto deludente la prestazione di Milano, In attesa dell’Expo 2015, il capoluogo lombardo deve accontentarsi della performance dei Museo della Scienza e della Tecnologia con 340.000 biglietti, lontanissimo dai musei top mondiali. Non ci sono notizie dei Cenacolo o dell’Accademia di Brera. Nel bel mezzo tra i musei top d’ Italia e il resto dei mondo, si trovano i Musei Vaticani di Roma con 4.310.000 ingressi nel 2007. I numeri sono chiarissimi: i musei italiani soffrono in fondo alla classifica.
Identikit
Carriera tra industria e finanza Da McDonald’s alla Cirio Mario Resca, neo direttore dei musei italiani, è nato a Ferrara, laureato alla Bocconi, ha svolto molti lavori. Ha fatto il banchiere alla Chase Manhattan Bank, è passato nel gruppo Fiat, per quindici anni è stato partner della Egon Zehnder, leader dei "cacciatori di teste". È stato consigliere di amministrazione del gruppo Lancome, Rcs Corriere della Sera, gruppo Versace, Sambonet, Kenwood. Alla metà degli anni novanta ha guidato McDonald’s in Italia, Negli ultimi anni è stato commissario straordinario della Cirio e del Casino di Campione. È stato presidente della Camera di commercio italo-americana. È consigliere di amministrazione di Eni e Mondadori.