Una necropoli di età romana sparita sotto un albergo a 4 stelle
MARIA ROSARIA SANNINO
La Repubblica, Napoli, 1/7/2006
DELLA Necropoli di San Marco di Castellabate, di età romana imperiale, non è rimasto più nulla. Neanche le antiche strutture murarie. La storia ha dovuto soccombere dinanzi agli interessi di un privato che per anni ha lottato contro vincoli archeologici e ambientali, vincendo ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato: sopra alle duecento tombe appartenute ali-berti e ad ufficiali della flotta romana, svettano così i tre piani colorati dell'hotel Mareluna, un albergo a quattro stelle. 38 camere e 8 suite da 250 euro a notte, distinte in quattro blocchi separati. Un ristorante e un centro congressuale sorgono praticamente su una parte di quella che era una vera e propria base militare o scalo di approvvigionamento per la flotta imperiale nel I-II secolo d.C. e la terrazza con lavista sul mare, poggia sull'antica rada del porto di età romana, nel cuore del parco nazionale del
Cilento, a due passi da punta Licosa. Ma ruspe e cemento hanno cancellato tutto. Sopravvive solo qualche "mozzicone" fuori contesto di muraglioni difensivi. E i corredi funerari recuperati durante gli scavi — brocchetti, spilloni, lucerne e le iscrizioni in greco e latino — custoditi nel museo di Velia.
L'ultimo atto è stato però compiuto: dopo la copertura delle tombe, voluta dalla Soprintendenza archeologica di Salerno, gli operai hanno avuto mandato di buttare giù anche le antiche strutture murarie. In un attimo così quei resti che dovevano rappresentare una "testimonianza" sono andati persi definitivamente. Ora la Soprintendenza ha denunciato presso la Procura di Salerno, il proprietario e il direttore dei lavori.
«Per preservare maggiormente le tombe — spiega visibilmente amareggiata Antonella Fiammenghi, responsabile di zona— e visti i continui attacchi al luogo, nonostante gli stretti vincoli archeologici e ambientali, abbiamo preferito ricoprirle, ma avevamo dato una tassativa prescrizione: le
mura al limite della necropoli bisognava preservarle e custodirle. L'attacco al patrimonio archeologico è stato però devastante e siamo rimasti impotenti senza neanche l'intervento della Soprintendenza ai beni ambientali».
La storia parte dal 2001 quando iniziano i lavori per il "complesso alberghiero" sull'area dove tutti sapevano dell'esistenza di antichi resti: ne parlano libri storici ed anche gli abitanti. La Soprintendenza ambientale boccia la pratica, chiedendo una drastica riduzione dei volumi: "i lavori sono incompatibili con il contesto paesistico-ambientale, con alterazione degli scorci". Ma il Tar e poi il Consiglio di Stato rigettano la sospensiva per un vizio di forma: il comune di Castellabate non aveva dato comunicazione del procedimento. I lavori così procedono senza impedimento. Tranne il "fastidio" degli scavi, sotto la
direzione di archeologi, sull'unica zona rimasta ancora libera dal cemento. «Ci siamo affidati alla Soprintendenza archeologica — dice ora il sindaco Costabile Maurano — anzi noi avevamo insistito perché le tombe rimanessero a vista. Potevano rappresentare per tutto il territorio una nuova possibilità di indotto turistico. Se ci sono responsabilità andranno perseguite».
Ma da Italia Nostra parte un duro attacco: «andrebbero radiati dall'albo i responsabili dei progetti e dei lavori — afferma Lella Di Leo —, sembra quasi che nessuno si accorga del danno irreparabile che l'intero patrimonio collettivo è costretto a subire. Ancora una volta il territorio è indifeso dalle istituzioni ».
MARIA ROSARIA SANNINO
La Repubblica, Napoli, 1/7/2006
DELLA Necropoli di San Marco di Castellabate, di età romana imperiale, non è rimasto più nulla. Neanche le antiche strutture murarie. La storia ha dovuto soccombere dinanzi agli interessi di un privato che per anni ha lottato contro vincoli archeologici e ambientali, vincendo ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato: sopra alle duecento tombe appartenute ali-berti e ad ufficiali della flotta romana, svettano così i tre piani colorati dell'hotel Mareluna, un albergo a quattro stelle. 38 camere e 8 suite da 250 euro a notte, distinte in quattro blocchi separati. Un ristorante e un centro congressuale sorgono praticamente su una parte di quella che era una vera e propria base militare o scalo di approvvigionamento per la flotta imperiale nel I-II secolo d.C. e la terrazza con lavista sul mare, poggia sull'antica rada del porto di età romana, nel cuore del parco nazionale del
Cilento, a due passi da punta Licosa. Ma ruspe e cemento hanno cancellato tutto. Sopravvive solo qualche "mozzicone" fuori contesto di muraglioni difensivi. E i corredi funerari recuperati durante gli scavi — brocchetti, spilloni, lucerne e le iscrizioni in greco e latino — custoditi nel museo di Velia.
L'ultimo atto è stato però compiuto: dopo la copertura delle tombe, voluta dalla Soprintendenza archeologica di Salerno, gli operai hanno avuto mandato di buttare giù anche le antiche strutture murarie. In un attimo così quei resti che dovevano rappresentare una "testimonianza" sono andati persi definitivamente. Ora la Soprintendenza ha denunciato presso la Procura di Salerno, il proprietario e il direttore dei lavori.
«Per preservare maggiormente le tombe — spiega visibilmente amareggiata Antonella Fiammenghi, responsabile di zona— e visti i continui attacchi al luogo, nonostante gli stretti vincoli archeologici e ambientali, abbiamo preferito ricoprirle, ma avevamo dato una tassativa prescrizione: le
mura al limite della necropoli bisognava preservarle e custodirle. L'attacco al patrimonio archeologico è stato però devastante e siamo rimasti impotenti senza neanche l'intervento della Soprintendenza ai beni ambientali».
La storia parte dal 2001 quando iniziano i lavori per il "complesso alberghiero" sull'area dove tutti sapevano dell'esistenza di antichi resti: ne parlano libri storici ed anche gli abitanti. La Soprintendenza ambientale boccia la pratica, chiedendo una drastica riduzione dei volumi: "i lavori sono incompatibili con il contesto paesistico-ambientale, con alterazione degli scorci". Ma il Tar e poi il Consiglio di Stato rigettano la sospensiva per un vizio di forma: il comune di Castellabate non aveva dato comunicazione del procedimento. I lavori così procedono senza impedimento. Tranne il "fastidio" degli scavi, sotto la
direzione di archeologi, sull'unica zona rimasta ancora libera dal cemento. «Ci siamo affidati alla Soprintendenza archeologica — dice ora il sindaco Costabile Maurano — anzi noi avevamo insistito perché le tombe rimanessero a vista. Potevano rappresentare per tutto il territorio una nuova possibilità di indotto turistico. Se ci sono responsabilità andranno perseguite».
Ma da Italia Nostra parte un duro attacco: «andrebbero radiati dall'albo i responsabili dei progetti e dei lavori — afferma Lella Di Leo —, sembra quasi che nessuno si accorga del danno irreparabile che l'intero patrimonio collettivo è costretto a subire. Ancora una volta il territorio è indifeso dalle istituzioni ».