IN GERMANIA IL «LIMES» ROMANO DA COBLENZA A RATISBONA DIVENTA PATRIMONIO DELL'UMANITÀ
Marina Verna
La Stampa 06-07-2006
La Grande Muraglia europea nell'Unesco. Ma c'è chi contesta la decisione: «Sono inutili ruderi di fortificazioni»
BERLINO. La Grande Muraglia europea - il «Limes» romano, da Coblenza sul Reno a Ratisbona sul Danubio - è ufficialmente «Patrimonio dell'umanità». Si è guadagnata il titolo in quanto «mediatore di valori umani e terreno di contatto tra popoli e culture». L'Unesco, che aveva comunicato la decisione già nello scorso anno, ha consegnato ieri i documenti ufficiali ai ministri-presidenti dei quattro Laender - Baden-Wuerttemberg, Baviera, Assia e Renania-Palatinato - attraversati dall'antico confine tra l'impero romano e le tribù germaniche. Nella versione finale, nel IV secolo d. C., erano 550 chilometri di muri di pietra e palizzate di legno, fossati e terrapieni, con 900 torri di vedetta, 120 castelli e decine di campi militaci. Inizialmente invece, quando nel 70 d. C. l'imperarore Vespasiano tracciò il confine tra il suo impero e le tribù germaniche, erano barriere natura intervallate da strade, che venivano spostate e ricostruite in base alle esigenze di guerra e di commerci. Dell'antico tracciato restano oggi poche rovine autentiche - soprattut to ad Aalen, con il forte più grande costruito dai romani aldilà delle Alpi - e molte ricostruzioni moderne, che hanno fatto arricciare il naso all'Unesco. Ma i tedeschi si sono impegnati, se non a smantellarle, a indicarle chiaramente come falsi nei musei e nei tracciati che si percorrono a piedi. E tanto è bastato all'unesco, Che nel 1987 aveva già proclamato Patrimonio dell'Umanità un altro pezzo di Limes, il Vallo Adriano costruito a difesa della Britannia romana in quella che è oggi Ungbilterra del Nord. E nei prossimi anni dovrà esaminare nuove richieste: c'è già chi sogna di mettere sotto l'ombrello dell'unesco tutti i cinquemila chilometri del confine romanò in Europa, Nordafrica e Medio Oriente. C'è però un nemico pervicace del progetto: lo storico tedesco Wolfgang Kemp, cattedra ad Amburgo e incarichi ad Harvard. In un pamphlet colto e ironico - Rapporto non richiesto all'Unesco - ha accusato l'Agenzia culturale delle Nazioni Unite di proteggere finte rovine e nobilitare con il suo marchio troppi luoghi (finora 812) insignificanti. Il Limes non sarebbe altro che «una semplice seppur lunghissima fortificazione militare», nobilitata dalla «ideologia della diversità culturale che pervade l'Unesco». Allora, conclude, meglio il fumetto di Uderzo e Goscinny: «Se nel mio patrimonio culturale ci dev'essere un quadro falso della storia, preferisco le avventure di Asterir e Obeliz». Ad Aalen hanno incassato e continuato a far festa.
Marina Verna
La Stampa 06-07-2006
La Grande Muraglia europea nell'Unesco. Ma c'è chi contesta la decisione: «Sono inutili ruderi di fortificazioni»
BERLINO. La Grande Muraglia europea - il «Limes» romano, da Coblenza sul Reno a Ratisbona sul Danubio - è ufficialmente «Patrimonio dell'umanità». Si è guadagnata il titolo in quanto «mediatore di valori umani e terreno di contatto tra popoli e culture». L'Unesco, che aveva comunicato la decisione già nello scorso anno, ha consegnato ieri i documenti ufficiali ai ministri-presidenti dei quattro Laender - Baden-Wuerttemberg, Baviera, Assia e Renania-Palatinato - attraversati dall'antico confine tra l'impero romano e le tribù germaniche. Nella versione finale, nel IV secolo d. C., erano 550 chilometri di muri di pietra e palizzate di legno, fossati e terrapieni, con 900 torri di vedetta, 120 castelli e decine di campi militaci. Inizialmente invece, quando nel 70 d. C. l'imperarore Vespasiano tracciò il confine tra il suo impero e le tribù germaniche, erano barriere natura intervallate da strade, che venivano spostate e ricostruite in base alle esigenze di guerra e di commerci. Dell'antico tracciato restano oggi poche rovine autentiche - soprattut to ad Aalen, con il forte più grande costruito dai romani aldilà delle Alpi - e molte ricostruzioni moderne, che hanno fatto arricciare il naso all'Unesco. Ma i tedeschi si sono impegnati, se non a smantellarle, a indicarle chiaramente come falsi nei musei e nei tracciati che si percorrono a piedi. E tanto è bastato all'unesco, Che nel 1987 aveva già proclamato Patrimonio dell'Umanità un altro pezzo di Limes, il Vallo Adriano costruito a difesa della Britannia romana in quella che è oggi Ungbilterra del Nord. E nei prossimi anni dovrà esaminare nuove richieste: c'è già chi sogna di mettere sotto l'ombrello dell'unesco tutti i cinquemila chilometri del confine romanò in Europa, Nordafrica e Medio Oriente. C'è però un nemico pervicace del progetto: lo storico tedesco Wolfgang Kemp, cattedra ad Amburgo e incarichi ad Harvard. In un pamphlet colto e ironico - Rapporto non richiesto all'Unesco - ha accusato l'Agenzia culturale delle Nazioni Unite di proteggere finte rovine e nobilitare con il suo marchio troppi luoghi (finora 812) insignificanti. Il Limes non sarebbe altro che «una semplice seppur lunghissima fortificazione militare», nobilitata dalla «ideologia della diversità culturale che pervade l'Unesco». Allora, conclude, meglio il fumetto di Uderzo e Goscinny: «Se nel mio patrimonio culturale ci dev'essere un quadro falso della storia, preferisco le avventure di Asterir e Obeliz». Ad Aalen hanno incassato e continuato a far festa.