ORVIETO - L´IMPERATORE CANCELLATO Ritrovato a Orvieto il busto di Geta, fratello di Caracalla
la Repubblica 30/08/2008
Orvieto - Un busto dell´imperatore romano Geta - secondo un´ipotesi interpretativa di Filippo Coarelli - è stato rinvenuto negli scavi archeologici condotti dall´Università di Macerata in località Campo della Fiera ai piedi della rupe di Orvieto, in un´area dove le ricerche dirette da Simonetta Stopponi stanno portando alla scoperta del Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi. L´importante rinvenimento è avvenuto nell´area antistante un edificio sacro riportato alla luce già negli anni scorsi insieme a due altari monumentali, uno dei quali di fattura pregevole.
Chi era Geta? Figlio secondogenito di Settimio Severo e Giulia Domna regnò dal 209 al 212 d.C. dapprima d´intesa con il padre e il fratello Caracalla, poi insieme a quest´ultimo. Fu proprio Caracalla a farlo uccidere non volendo dividere il potere con un familiare che iniziava ad avere una notevole popolarità sia nell´esercito sia nell´élite culturale del tempo. Nell´Historia Augusta vengono narrati i fatti che seguirono l´assassinio: il malcontento di «quella parte dei soldati che sosteneva di aver promesso fedeltà a due principi»; la strategia difensiva di Caracalla impostata sulla denigrazione del fratello e la promessa di elargizioni ai militari in rivolta; la damnatio memoriae di Geta e la repressione violenta dei suoi sostenitori. Nell´occasione venne assassinato anche il giurista Papiniano: un sicario inviato dall´unico imperatore rimasto in carica lo uccise con un colpo di scure. Caracalla lo avrebbe rimproverato per non avere usato la spada. In quelle settimane concitate, presso il santuario orvietano, in funzione ancora dopo il tramonto degli Etruschi in età romana repubblicana (un tesoretto di ben 214 monete di quell´epoca è stato rinvenuto sempre nella campagna di scavo 2008) e imperiale, deve essere arrivato l´ordine di distruggere eventuali immagini di Geta.
Nell´area sacra era collocato un busto dell´imperatore assassinato, vi era stato posizionato da poco tempo: il ritratto mostra infatti un Geta adulto che aveva assunto già le prerogative imperiali. Alla direttiva giunta da Roma non era possibile opporsi: il busto andava distrutto. Ma qualcuno - forse un sacerdote o un soldato che aveva studiato sui testi di Papiniano - scelse altrimenti: diede ordine di seppellire il busto senza danneggiarlo anzi avendo cura che non subisse alcuna frattura. Lo fece deporre con grande attenzione arrivando a far collocare una pietra dietro la testa, quasi come un cuscino: il busto non si doveva spezzare. Così - integro - gli archeologi l´hanno ritrovato 1796 anni dopo: lo sconosciuto partigiano di Geta ha saputo conservare la memoria del suo imperatore.
La storia sembra rinviare al racconto Il busto dell´imperatore di Joseph Roth che è una lettura salutare in tempi di nazionalismi nuovamente in grande spolvero: nella novella, il conte Franz Xaver Morstin, al crollo della monarchia austroungarica, sceglie di dare sepoltura a un busto di Francesco Giuseppe scolpito «in povera pietra arenaria dalla mano maldestra di un figlio di contadini» dato che il passato va sepolto degnamente.
Tra archeologia e letteratura nascono a volte intrecci inattesi.
la Repubblica 30/08/2008
Orvieto - Un busto dell´imperatore romano Geta - secondo un´ipotesi interpretativa di Filippo Coarelli - è stato rinvenuto negli scavi archeologici condotti dall´Università di Macerata in località Campo della Fiera ai piedi della rupe di Orvieto, in un´area dove le ricerche dirette da Simonetta Stopponi stanno portando alla scoperta del Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi. L´importante rinvenimento è avvenuto nell´area antistante un edificio sacro riportato alla luce già negli anni scorsi insieme a due altari monumentali, uno dei quali di fattura pregevole.
Chi era Geta? Figlio secondogenito di Settimio Severo e Giulia Domna regnò dal 209 al 212 d.C. dapprima d´intesa con il padre e il fratello Caracalla, poi insieme a quest´ultimo. Fu proprio Caracalla a farlo uccidere non volendo dividere il potere con un familiare che iniziava ad avere una notevole popolarità sia nell´esercito sia nell´élite culturale del tempo. Nell´Historia Augusta vengono narrati i fatti che seguirono l´assassinio: il malcontento di «quella parte dei soldati che sosteneva di aver promesso fedeltà a due principi»; la strategia difensiva di Caracalla impostata sulla denigrazione del fratello e la promessa di elargizioni ai militari in rivolta; la damnatio memoriae di Geta e la repressione violenta dei suoi sostenitori. Nell´occasione venne assassinato anche il giurista Papiniano: un sicario inviato dall´unico imperatore rimasto in carica lo uccise con un colpo di scure. Caracalla lo avrebbe rimproverato per non avere usato la spada. In quelle settimane concitate, presso il santuario orvietano, in funzione ancora dopo il tramonto degli Etruschi in età romana repubblicana (un tesoretto di ben 214 monete di quell´epoca è stato rinvenuto sempre nella campagna di scavo 2008) e imperiale, deve essere arrivato l´ordine di distruggere eventuali immagini di Geta.
Nell´area sacra era collocato un busto dell´imperatore assassinato, vi era stato posizionato da poco tempo: il ritratto mostra infatti un Geta adulto che aveva assunto già le prerogative imperiali. Alla direttiva giunta da Roma non era possibile opporsi: il busto andava distrutto. Ma qualcuno - forse un sacerdote o un soldato che aveva studiato sui testi di Papiniano - scelse altrimenti: diede ordine di seppellire il busto senza danneggiarlo anzi avendo cura che non subisse alcuna frattura. Lo fece deporre con grande attenzione arrivando a far collocare una pietra dietro la testa, quasi come un cuscino: il busto non si doveva spezzare. Così - integro - gli archeologi l´hanno ritrovato 1796 anni dopo: lo sconosciuto partigiano di Geta ha saputo conservare la memoria del suo imperatore.
La storia sembra rinviare al racconto Il busto dell´imperatore di Joseph Roth che è una lettura salutare in tempi di nazionalismi nuovamente in grande spolvero: nella novella, il conte Franz Xaver Morstin, al crollo della monarchia austroungarica, sceglie di dare sepoltura a un busto di Francesco Giuseppe scolpito «in povera pietra arenaria dalla mano maldestra di un figlio di contadini» dato che il passato va sepolto degnamente.
Tra archeologia e letteratura nascono a volte intrecci inattesi.