martedì 1 gennaio 2008

Feste romane: I Saturnali

I saturnali
I Saturnali esprimono un profondo pensiero religioso le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Essi si svolgevano dal 17 al 24 dicembre, ovvero alla vigilia del "Natale del Sole": il nuovo Sole che rinasce dopo la sua morte simbolica.

Donatella Cerulli dal mensile "Magicamente".

Saturnali affondano le radici negli arcaici riti di rinnovamento legati al solstizio d'inverno, quando il Vecchio Sole moriva per rinascere Sole Fanciullo e Saturno era il dio che presiedeva l'Avvento del Natale del Sole Invitto, intendendo il Sole non in senso naturalistico, bensì essenza ed epifania del dio Creatore e Vivificatore. Sarebbe oltremodo riduttivo e svilente considerare i Saturnali semplicemente delle festività più o meno allegre e licenziose, così come una certa tradizione cristiana ha contribuito a far credere. I Saturnali, in effetti, esprimono un profondo pensiero religioso la cui essenza risale alla Notte dei Tempi, a quella Notte di cui auspicavano il ritorno, illuminata dalla Luce di un Fanciullo Divino. Per poter penetrare nell'effettiva natura spirituale dei Saturnali occorre risalire la corrente del Tempo sino alle leggendarie origini di Roma, quando i suoi miti s'intrecciano con quelli di un'altra epica città. Troia, tramite uno splendido eroe, il pio Enea. Nei poemi omerici il figlio di Anchise è descritto come un eroe protetto dagli dèi e destinato a perpetuare la nuova stirpe iliaca. Virgilio riprenderà nell'Eneide questi elementi che sono i presupposti della leggendaria origine romana.

Enea, dopo la distruzione di Troia, ubbidendo ad un ordine divino, s'imbarca verso occidente con il vecchio padre Anchise, il figlio Ascanio ed un gruppo di superstiti. Dopo varie vicende, l'Eroe approda alla foci del Tevere dove, appena sbarcato, la dea Cibele trasforma in ninfe le navi della flotta troiana: è questo il segno divino che annuncia la fine del viaggio. Dalle coste dell'Etruria, Enea, risalendo il Tevere, raggiunge la città di Palantea(2) dove regna il vecchio re Evandro, giunto nel Lazio dall'Arcadia circa sessantenni prima della guerra di Troia. Quando Evandro arriva sul Colle Palatino vi trova delle popolazioni locali, gli Aborigeni(3), che praticano un culto dedito al dio Saturno.

In quest'epoca gli uomini concepivano il Tempo suddiviso in cicli cosmici che via via si susseguivano tracciando un processo involutivo che era partito da una condizione di armonia e di equilibrio e si concludeva in un'età di tenebre materiali e spirituali. L'espressione più chiara di questa concezione temporale è formulata da Esiodo che ripropone un concetto presente in tutto il mondo indoeuropeo. Esiodo associò alle varie età il valore decrescente dei metalli - oro, argento, bronzo e ferro -per esprimere il progressivo svilimento della razza umana. A queste quattro età ne aggiunse una quinta, quella della stirpe divina degli uomini Eroi che precede l'ultima età, quella dei ferro, come estremo tentativo di recupero prima dell'inevitabile caduta finale. Saturno era in epoca arcaica il dio italico dell'Età dell'Oro, associato, nel successivo sincretismo religioso greco-romano, al Crono ellenico.

La leggenda italica romana, arricchita da elementi orientali ed ellenici, racconta che Saturno-Crono, dopo essere stato detronizzato dal figlio Giove-Zeus, trovò rifugio in una zona che chiamò Latium ("rifugio", dal lat. latere, "nascondere"). Qui fu benignamente accolto dal re del posto. Giano, che divise il regno con il nuovo venuto ed al quale concesse dì fondare una città tutta sua. Saturnia, un villaggio situato in cima al Campidoglio.

I miti che narrano di Giano sono unicamente romani ed esprimono l'idea di un dio "apritore", come dimostra anche il suo nome. Giano, da ianua, "porta" o ianus, "passaggio". Nume dalla doppia e, talvolta, anche quadrupla faccia. Giano era invocato con numerosi appellativi: Putulcius "che tutto apre" e Closius "che tutto chiude"; Gemi-nus "duplice" e Bifron "bifronte". Con queste caratteristiche Giano estendeva il suo dominio sulla duplice sfera delle entrate e delle uscite, in eterna conciliazione degli opposti: passato e futuro, avanti e dietro, interno ed esterno, cosi in alto come in basso,.. Giano esprime nettamente quel preciso momento di passaggio in cui Passato e Futuro sono entrambi presenti nel Presente. Giano è, dunque, anche un dio del Tempo, un dio del Sole che sorge e tramonta e che è quindi cosciente contemporaneamente -grazie alle sue due facce bifronti -della notte che si lascia alle spalle e del giorno a cui va incontro. Forse, proprio in riferimento alla volta celeste dove la notte e il giorno passando s'incontrano, l'arco del tempio di Giano aveva due volte. "... E' nota l'usanza dei Romani di chiudere la porta del tempio di Giano solo in tempo di pace... sta all'origine di quell'usanza l'idea che il dio, lasciate uscire dalle porte le schiere dei suoi figli per la guerra, ne teneva aperti i battenti fino al loro rientro vittorioso. Quale custode delle porte, Giano reca in mano una grande chiave. Che l'altro dei suoi attributi sia un bastone, non deve meravigliare, perché chi continuamente esce ed entra deve per forza essere un viandante. Anche il sole cammina continuamente: il

suo percorso separa il giorno dalla notte ed è causa del cambiar delle stagioni. Così sono sacri a Giano la prima ora del giorno e il primo mese dell'anno." (A. Morelli, Dei e Miti).





Dio di ogni inizio, Giano era invocato per primo in ogni rito, cerimonia o impresa. Vigilava sulla nascita di ogni essere, mortale o divino che fosse, per cui era anche Ianus Consivius: dìo della procreazione, dio degli dèi, padre di tutta l'umanità. La tradizione fa di Giano un indìgeno re del Lazio. edificatore di una città sulla collina che da lui prese il nome di Gianicolo. Sempre secondo la tradizione, avrebbe inventato l'uso delle navi ed anche della moneta. In effetti, le più antiche monete romane di bronzo recano incisa su una faccia l'effigie di Giano e sull'altra la prua di una nave(4). Giano avrebbe incivilito gli Aborigeni che, prima di lui, conducevano una vita misera, non conosce vano le leggi, ne le città ed ignora vano del tutto la coltivazione. Giano insegnò tutto ciò agli uomini; accogliendo poi sulla sua terra lo straniero Saturno col quale divise e condivise il regno. L'età di Giano esprime dunque una fase di transizione in una prospettiva di un cosmo circolare, quasi una stasi preparatoria, avvento del prossimo ciclo cosmico, quello aureo di Saturno.

"Rivolgete preghiere a Consivio. Spalanca tutte le porte, ormai egli ci ascolta benevolo... Tu sei il buon Creatore, di gran lunga il migliore degli altri rè divini... cantate in onore di lui, del padre degli dèi, supplicate il dio degli dèi." (Marco Terenzio Varrone, De lingua latina).

Nel governo di Giano si evidenziano già distintamente tutte quelle caratteristiche che verranno poi definitivamente instaurate da Saturno nella Saturnia Tellus(5) quando il dio resterà l'unico a regnare dopo la morte e la divinizzazione di Giano: l'Età dell'Oro. In quest'epoca gli uomini vivevano in intimità con gli dèi; non conoscevano preoccupazioni, fatiche, miserie e dolori. Non invecchiavano e trascorrevano i giorni sempre giovani, tra feste e banchetti; quando arrivava per loro il tempo della morte, si addormentavano dolcemente. Gli uomini si nutrivano di ghiande, di frutta selvatica e del miele prodotto dalle api ed essi non erano sottomessi alle fatiche del lavoro perché la terra produceva naturalmente tutto ciò di cui avevano bisogno. In quest'era idilliaca Saturno insegnò agli uomini ad utilizzare con metodo la spontanea fertilità della terra, introdusse l'uso del falcetto e della roncola6, attributi coi quali veniva rappresentato. Anche per questo si ricollega il suo nome all'invenzione ed alla diffusione della coltivazione e al taglio della vite: Saturno dal lat. serere, "seminare"; sata, "campi seminati". Il mito prosegue, a questo punto, con notevoli apporti mitologici greci, per cui Saturno viene nuovamente scacciato dal figlio Giove che lo esilia su un'isola deserta dove (poiché immortale) vive in una sorta di vita nella morte, avvolto in lini funerari, fino a quando non verrà il tempo del suo risveglio. Allora egli rinascerà come bambino: rinascita che coinciderà con il Nuovo Risveglio e la restaurazione dell'Età dell'Oro.

A Roma il I sec. a.C. è contrassegnato non solo da avvenimenti storici che sconvolgono l'apparato politico della città, ma anche da profondi cambiamenti spirituali. E' in questo periodo, infatti, che si opera un nuovo sincretismo religioso che risveglia la spiritualità più antica di Roma rivivificata dalla religiosità misterica orientale. Si perviene così ad una concezione simbiotica della regalità/fertilità, tipica delle dottrine orientali, che riteneva che l'ascesi al trono di un nuovo re coincidesse con un rinnovato ciclo cosmico e naturale apportatore di fecondità e ricchezza.

In questo contesto si inserisce il pensiero spirituale di Virgilio la cui opera esprime l'idea di una vera e propria rivelazione divina, annuncio della missione storica di Roma, secondo una ben precisa volontà degli dèi. Essa si snoda in tre fasi che vanno dalla manifestazione del disegno divino alle profezie della Sibilla ed alla instaurazione di una nuova era di Pace e di Giustizia: il ritomo del tempo di Saturno e la nascita di un fanciullo che chiuderà l'età del ferro e riaprirà le porte ad un nuovo ciclo aureo.

"Saturno, trovando rifugio presso il re/dio Giano, trasferirà elementi sapienziali del ciclo aureo che faranno di quella terra un luogo sacro. ...Saturno rappresenta perciò il dio di un'era precedente l'attuale, il sovrano di un mondo in cui regnava la libertà più ampia. riflesso di ritmi cosmici scanditi secondo leggi armoniche e perciò naturali. Rappresenta dunque un'era di pace e di giustizia..., che il ritorno dei secoli di cui parla Virgilio... permetterà di restaurare poiché egli è nascosto nel Lazio, che perciò è propriamente 'terra sacra', destinata alla missione di rinnovare il regnum saturnio, cioè a riportare il mondo alle condizioni cosmico-spirituali precedenti la cacciata del dio dal consesso divino". (N. D'Anna, Virgilio e le rivelazioni divine)

Per tutto quanto detto finora risulta evidente che i Saturnali, all'epoca di Virgilio, hanno definitivamente assunto tutti i connotati di una vera e propria religione e, soprattutto, di una religione misterica, come precisa Macrobio (scrittore latino, IV-V sec. d.C.) nell'opera Saturnalia: "II diritto divino non mi permette di rivelare nozioni connesse alla segreta essenza della divinità: posso esporre soltanto la versione mista ad elementi mitici o divulgata dai fisici. Quanto alle origini occulte... non si possono illustrare nemmeno durante le cerimonie sacre; anzi, qualora si giunga a conoscerle, è obbligo tenerle ben nascoste dentro di sé". I Saturnali si celebravano a dicembre, l'ultimo mese dell'anno7 ed erano ufficialmente proclamati il 17 dicembre, solo dopo aver compiuto il sacrificio nel tempio di Saturno nel Foro ed aver terminato il lettisternio (8). In epoca arcaica la festa si svolgeva in quest'unico giorno; in seguito la durata delle celebrazioni fu portata a tre giorni da Cesare, a quattro da Augusto, a cinque da Caligola e, infine, a sette da Domiziano.

I Saturnali si proponevano di ristabilire, anche se solo per pochi giorni, la mitica Età dell'Oro, ovvero il regno di Saturno. Erano la ricorrenza più festosa dell'anno e, in seguito, neanche la Chiesa riuscì a sradicare l'idea che questi giorni fossero occasione di una sfrenata allegria, spesso licenziosa. L'autorità ed il potere dei padroni sugli schiavi era temporaneamente sospesa: questi cambiavano i loro abiti con quelli dei loro signori ed eleggevano un loro Re per le feste, che presiedeva ad un grande banchetto in cui il signore serviva a tavola i suoi schiavi. Nel periodo arcaico, questo Re, alla fine delle feste, veniva poi messo a morte. Tale usanza risaliva, molto probabilmente, al mitico periodo in cui i Pelasgi giunsero a Saturnia. Gli Elleni, dopo aver scacciato gli abitanti del posto, sacrificarono un decimo del bottino ad Apollo ed eressero due templi: uno ad Ade e uno a Saturno che identificarono con il loro Crono. Ad Ade sacrificavano teste umane e a Saturno immolavano un uomo. A questo mito si sovrappose quello di Ercole, di passaggio in quelle regioni, che convinse i suoi connazionali a non offrire teste umane, ma statuette d'argilla ed a sostituire l'immolazione di un uomo con l'offerta di ceri accesi, giocando sul fatto che la parola phota, in greco, vuoi dire sia "uomo" che "luce". Così i Romani, in tempi più recenti, anziché sacrificare uomini usavano scambiarsi in dono ceri e statuette d'argilla riproducenti fattezze umane. Durante i Saturnali i tribunali e le scuole erano chiusi: era proibito iniziare o partecipare a guerre, stabilire pene capitali e, comunque, esercitare qualsiasi attività che non fosse un festeggiamento. I Saturnali si svolgevano, complessivamente, dal 17 al 24 dicembre, vale a dire nel periodo precedente il solstizio d'inverno, alla vigilia del Natale del Sole: il nuovo Sole che rinasce dopo la sua morte simbolica(9). Un mito induista narra che Vishnu, sotto forma di pesce, apparve a Satyavrata alla fine del ciclo cosmico che ha preceduto il nostro. Vishnu annuncia a quest'ultimo che il mondo sta per essere sommerso dalle acque e gli ordina di fabbricare un'arca nella quale racchiudere i germi del mondo futuro; infine guida l'arca, con Satyavrata a bordo, sulle acque durante il cataclisma. Dopo il disastro, Satyavrata, divenuto Vaisvaswata, cioè il Legislatore del ciclo attuale, reca agli uomini il Veda, la Parola divina. A parte l'assonanza con il mito di Noè, alcuni studiosi, fra cui Guénon, riconoscono nel vedico Satyavrata - "colui che ha fatto della verità il suo voto" - il romano Saturno, come il dio di passaggio da un vecchio ad un nuovo ciclo: ipotesi confermata dalla comune radice sanscrita Sat, Uno. Saturno non è soltanto il dio che presiede al rinnovamento dell'anno e che attraversa le acque, è anche il dio che giunge felicemente alla riva, che regna sulla nuova Età dell'Oro. E' un dio che spegne il passato ed accende il futuro, è il dio che, nel governo del mondo, succede a Giano, dio Creatore ed Iniziatore dalle due facce. Pertanto, ne assimila molti dei connotati, soprattutto l'idea di passaggio, di una Verità Una e Bifronte. Saturno precede il solstizio d'inverno, regnando sulle contraddizioni solstiziali: euforia, confusione, desiderio di rinnovamento, nostalgia di qualcosa che muore. attesa di quel che verrà. Saturno è colui che ha le chiavi del Grande Gioco cosmico e che regola l'ordine universale; non a caso abbiamo parlato di gioco: nei giorni a lui dedicati si svolgeva il Grande Gioco di Saturno, il gioco-oracolo con il quale si esercitava una forma di divinazione. Il dio, così, permetteva agli uomini di conoscere, per una volta, i disegni divini.(10)

La parte ufficiale della festa consisteva in un solenne sacrificio nel tempio cui si assisteva a capo scoperto e durante il quale si scioglievano le bende di lana che avvolgevano i piedi del simulacro di Saturno. Seguiva un banchetto pubblico dove tutti i convenuti si scambiavano brindisi e auguri. Saturno rimaneva slegato ad adempiere le sue funzioni di fondatore di una nuova era fìno alla fine dell'anno. Al rinnovo del ciclo annuale, il simulacro veniva nuovamente legato ed un suo sostituto, il Rex Saturnaliorum, veniva simbolicamente ucciso. Tutto ciò in ricordo degli arcaici sacrifìci umani e perché l'Età dell'Oro non è restaurabile se non alla fine di questo ciclo, quando il dio rinascerà bambino. �





1. Troia, città dell'Asia Minore sulla destra del fiume Scamandro. Secondo la leggenda fu fondata da Ilio e, pertanto, fu chiamata anche Ilo. Sia i Greci che i Cretesi che i Frigi si vantarono di aver fondato la città: pretesa alquanto plausibile, dato che Troia fu distrutta e ricostruita parecchie volte. Vi furono in tutto dieci Troia e la settima è la Troia di cui narra Omero e che sembra fosse abitata da una federazione di tre tribù, Troiani, Ili e Dardani, secondo un sistema in uso nell'età del bronzo (la sua caduta è diversamente datata dalla fonti classiche: 1334 Duride, 1270 Pseudo-Ero-doto, 1209 Marmo Parto, 1184 Eratostene, 1149 o 1136 Efaro). L'idea leggendaria di un Capostipite troiano della futura stirpe romana trova supporto nella realtà storica di immigrati orientali sulle coste dell'Etruria negli anni intorno al 700 a.C.

2. Palantea. la città occupava il luogo (Palatino) dove più tardi sorgerà Roma.

3. Aborigeni - Nelle leggende romane sono indicati come i più antichi abitanti dell'Italia centrale. Erano figli degli alberi, vivevano senza leggi, come nomadi e si nutrivano di frutti selvatici. Il loro nome significa "popolo originale".

4. Giano - II culto del dio nel mondo romano era largamente diffuso e celebrato con sfarzo. A lui erano dedicate le festività delle calendae Januarii che avevano luogo il primo giorno del primo mese dell'anno a lui consacrato (gennaio).

Apollodoro (Atene 180-115 ca. a.C., filologo greco) e Igino (fine I sec. d.C., scrittore lati- no) riportano entrambi un antico mito della Beozia che narra di due gemelli, Efialte e Oto. figli di Ifìmedia e di Posidone. I gemelli, a soli nove anni, erano già degli altissimi e terribili Giganti e la loro tracotanza non aveva limiti perché era stato profetizzato che non sarebbero stati uccisi ne da uomini, ne da dèi. Efialte e Oto - figli della farina macinata -, generati da Ifìmedia, - colei che rafforza, i genitali - dichiararono guerra all'Olimpo e Efialte giurò che avrebbe violentato Era, e Oto giurò a sua volta che avrebbe stuprato Artemide. Gli dèi, con uno stratagemma, seminarono la discordia fra i due fratelli e, all'apice di una discussione, Efialte e Oto si ferirono a vicenda mortalmente; così morirono e si avverò la profezia che essi non sarebbero stati uccisi ne dagli uomini nè dagli dèi. Per punire la loro ribellione e per aver oltraggiato le due Dee, le anime dei Gemelli furono condannate a sedere in eterno legate a una colonna, schiena contro schiena. Questo mito sembra essere stato dedotto da un antico segno calendariale che mostrava due gemelli seduti spalla a spalla sulla Sedia dell'Oblio, ai due lati di una colonna. La stele, sulla quale stava appollaiata la Signora della Vita e della Morte, indicava l'apice dell'estate, quando terminava l'anno del Re Sacro ed iniziava quello del suo successore. Il Italia, lo stesso concetto era simbolizzato da Giano, con la differenza che nella Saturnia Tellus l'anno terminava a Dicembre.

5. Saturnia Tellus, espressione che fu poi usata anche per indicare tutta l'Italia.

6. Falcetto, roncola - "Per i Greci di epoca più tarda, Crono fu Chronos, cioè il Padre Tempo che avanzava inesorabile con la sua falce. Egli viene dipinto spesso con un corvo al fianco, come... Saturno...; e cro-nos probabilmente significa corvo... Il corvo era un uccello oracolare e si supponeva che ospitasse l'anima del Re Sacro dopo il suo sacrificio... Falci neolitiche di osso, con lame di selce o di ossidiana, venivano ancora usate nei riti religiosi quando già da molto tempo nessuno se ne serviva più per uso agricolo. ...La roncola o falcetto di Saturno... era a forma di corvo e a quanto pare veniva usata nel settimo mese dell'anno sacro di tredici mesi per evirare la quercia recidendo il vischio. ...Il vischio veniva identificato con i genitali della quercia, e quando i Druidi lo staccavano ritualmente dal tronco con il loro falcetto d'oro, eseguivano una simbolica evirazione.

Si credeva che il liquido appiccicoso del vischio fosse lo sperma della quercia, dotato di grandi virtù curative. ...La falce rituale veniva usata per mietere il primo covone di grano. Con questa cerimonia si dava inizio al sacrificio del Re Sacro. ...Ma all'epoca cui si riferiscono questi miti, i re sacri potevano prolungare il loro regno fino al termine del Grande Anno di cento lunazioni, sacrificando ogni anno un fanciullo come sostituto. Ecco perché si narra che Crono divorasse i suoi figli per evitare di essere detronizzato. ...In Creta le vittime umane furono ben presto sostituite da un capretto; in Tracia da un vitello; in Eolia... da un puledro: ma nei distretti più remoti dell'Arcadia si sacrificavano ancora fanciulli all'inizio dell'era di Cristo. Non si sa con certezza se i riti elei fossero cannibalici oppure se, dato che Crono era un Titano-corvo, i corvi venissero nutriti con le carni della vittima sacrificata. (R. Graves. / Miti Greci)

7. Dicembre - Secondo la tradizione. a detta di Ovidio e Plutarco, sotto il regno di Romolo l'anno romano era diviso in dieci mesi, dei quali il primo era Marzo (dedicato al dio Marte) e l'ultimo Dicembre ( dal lat. december. da decem, "dieci"). Il secondo Rè di Roma, Numa Pompilio, avrebbe poi riordinato il calendario, prendendo per base il corso del sole e della luna, ripartendo l'anno in dodici mesi con l'aggiunta di Gennaio (dedicato a Giano) e Febbraio (dal lat. februare "purificare"). Lo stesso Plutarco, però, avanza dei dubbi sulla ripartizione originaria dell'anno in dieci mesi, osservando che il fatto che Luglio in origine si chiamasse Quintile, "quinto", non indicava necessariamente che Dicembre fosse l'ultimo mese dell'anno. Comunque sia, nel 46 a.C. Giulio Cesare (con la collaborazione dell'astronomo alessandrino Sosigene e di Marco Flavio) attuò un'ulteriore riforma del calendario che s'impose a tutto il mondo antico per l'ordine, la razionalità e l'efficienza che lo contraddistinse. Il calendario di Giulio Cesare è, tutto sommato, quello ancora in uso ai nostri giorni, considerato che la differenza con quello ulteriormente riformato da Papa Gregorio XIII

nel 1582 è, grosso modo, solo di un giorno ogni cento anni.

8. Lettisternio (dal lat. lectus, "letto" e stemere, "stendere"). Cerimonia religiosa dell'antica Roma che consisteva nell'offrire un banchetto agli dèi le cui statue erano state poste a giacere su letti intorno ad una tavola riccamente imbandita. Il lectistemium veniva celebrato in onore di Giove e dei Dodici Dèi in occasione sia di solenni feste religiose che di calamità. Il banchetto era preparato dagli epulo-nes, i mèmbri di quattro grandi corporazioni che poi consumavano i raffinati cibi offerti agli dèi.

9. Natalis Solis - II calendario di Cesare assegna il 25 Dicembre al "Nat. Invicti-Soli Invicto in Campo Agrippae". ovvero al Natale del Sole Invitto, divinità solare che aveva un suo tempio nel campo Agrippae, l'attuale piazza S. Silvestre in Roma. In epoca imperiale, tuttavia, il 25 Dicembre celebrava soprattutto la nascita di Mithra, figlio del Sole e Sole egli stesso. Nel I sec. a. C. il culto di Mithra arrivò a Roma importato dai soldati dell'esercito romano, da commercianti e da schiavi tutti provenienti dalle regioni dell'Asia occidentale e centrale. Dall'Italia, attraverso i presidi romani sul Danubio, si diffuse in tutta l'area germanica, fino alla Gallia, alla Britannia ed alla Spagna; in poche parole, in tutto l'Impero Romano, ad eccezione dell'area greca. Le numerose analogie con il Cristianesimo non sfuggirono ai Padri della Chiesa che, dimentichi della cronologia storica degli eventi, accusarono la religione mithraica di scopiazzare quella cristiana e di essere, quindi, una religione satanica. D'altra parte, è altrettanto vero che i Misteri Romani di Mithra si diffusero largamente solo dopo il Cristianesimo e, più precisamente, dal 140 d.C. al 312 d.C. In questi anni, la religione del Sole Invitto venne elevata al rango di culto di stato dagli imperatori, seguaci essi stessi del culto. Nel 392 d.C., con l'editto di Teodosio, il paganesimo venne condannato e cancellato: (�) detentori del potere religioso i cristiani non si fecero alcuno scrupolo a diventare (�) oppressori e ad usare (�) ferocia (�). Ogni culto pagano venne vietato, pena la confìsca dei beni personali: i templi furono o distrutti o trasformati in chiese. Ma poiché, nonostante le feroci persecuzioni, i seguaci di Mithra rimanevano comunque numerosi, il Cristianesimo operò un'intelligente manovra di assorbimento di simboli, miti e rituali mithraici che vennero così riletti in chiave cristiana. Fra l'altro, la nascita di Cristo venne fissata al 25 di dicembre, come nascita del Vero e Unico Sole.

10. Gioco - II gioco d'azzardo era strettamente connesso con Saturno, tanto che a Roma era permesso giocare soltanto durante i Satumalia Con il tempo, è divenuto poi un divertimento privato e un'abitudine il giocare di più proprio durante le feste natalizie. Anche il gioco della tombola risale a questo periodo e a questo dio: l'attuale gioco della tombola deriva, infatti, dal Grande Gioco di Saturno e dal gioco-oracolo col quale anticamente, e non solo a Roma. si esercitava una forma di divinazione. Nel mito dell'infanzia di Ermes (il Mercurio latino) si narra che il dio, ancora bambino ma già astuto più di un adulto, riuscì con uno stratagemma a farsi insegnare in parte l'arte augurale da Apollo che, a sua volta, l'aveva carpita a Pan, il dìo dalle gambe di capra. Apollo, per liberarsi di Ermes che lo assillava affinchè gli insegnasse a divinare, lo spedì sul Parnaso, presso le sue nutrici, le Trie, che gli svelarono l'arte di predire il futuro osservando la disposizione dei sassolini in un catino pieno d'acqua. Ermes stesso inventò poi il gioco divinatorio degli astragali (dado da gioco ricavato anticamente dall'osso omonimo di capre e montoni), anche se alcuni miti più arcaici attribuiscono ad Atena l'invenzione dei dadi da gioco divinatori ricavati dalle ossa umane delle giunture.