lunedì 23 febbraio 2009

L`area Dal Molin ospita reperti dell`era romana»

L`area Dal Molin ospita reperti dell`era romana»
Roberto Luciani
Giornale di Vicenza 22/02/2009

«Chiediamo alla Soprintendenza di prendere urgentemente in considerazione quanto da noi segnalato affinché vengano messe in atto iniziative idonee per la salvaguardia dei reperti e delle opere presenti nell`area del Dal Molin e vagli possibili profili giudiziari in caso di distruzione anche parziale di tali beni». E se a fermare la superpotenza americana fosse la più grande potenza militare del passato?
E quanto si augurano gli attivisti del "Comitato salviamo l`aeroporto" che ieri hanno illustrato alla stampa l`esposto inviato alla Soprintendenza dei Beni archeologici del Veneto e della Lombardia (essendo quei sovrintendente anche il responsabile per il Veneto), al Ministero per i beni e le attività culturali, al procuratore della Repubblica Ivano Nelson Salvarani, al sindaco e al presidente della Provincia. «Anche all`on. Vittorio Sgarbi - sottolinea Franca Equizi, portavoce del gruppo - perché, dagli studi fatti nel passato e da noi recuperati in biblioteca, risulta che l`acquedotto romano, lungo circa 6 chilometri, intersecava l`area aeroportuale.
Lo dimostrano la presenza a ponte del Bò di uno dei castelli dove l`acqua ripartiva con velocità nulla, e soprattutto le foto e il testo della pubblicazione del maggiore Vincenzo Riccardi sulla presenza del 27 Genio Campale e le parole del geologo Mariano Arcaro». Documentati e "riportati alla luce" dal nostro Giornale un paio di settimane fa, i resti imponenti dell`acquedotto furono ritrovati nel 1995 nel corso dei lavori per la sistemazione della viabilità accessoria dell`area del Genio e poi ricoperti con la raccomandazione della Sovrintendenza a non costruire, trattandosi di area "ad alto rischio archeologico". Tant`è che in luogo delle ventilate costruzioni fu fatto solo un parcheggio.
Al riguardo Equizi incalza: «Perchè non fu messo alcun vincolo? E perché nella riunione del Comipar la stessa Soprintendenza ha dato parere favorevole alla realizzazione della nuova base senza menzionare tali reperti? A questo punto chiediamo copia delle relazioni dei sopralluoghi effettuati nel 1995, anche perché ci risulta che lì si stiano facendo degli sbancamenti. Mi auguro che i vicentini non si rendano complici della distruzione di un pezzo importante della storia cittadina».

Un tempio da kolossal Nuovi studi sull´area dedicata a Giove Capitolino a Roma

Un tempio da kolossal Nuovi studi sull´area dedicata a Giove Capitolino a Roma
LUNEDÌ, 23 FEBBRAIO 2009 La Repubblica

Il tempio più noto del mondo romano era con sicurezza quello di Giove Capitolino eretto a Roma sul Campidoglio durante il VI secolo a.C. per volontà degli ultimi re e consacrato nel 509 a.C., appena instaurata la Repubblica, almeno secondo la tradizione. La centralità dell´edificio nel sistema religioso e politico romano non venne mai meno e lo testimonia bene ai nostri occhi l´attenzione che gli viene prestata nelle fonti letterarie latine e greche: appare come il luogo di culto per eccellenza e, al contempo, una delle sedi privilegiate per la conservazione della stessa identità di Roma. I tre incendi che lo danneggiarono seriamente (nell´83 a.C. e nel 69 e 80 d.C.) vennero avvertiti come veri e propri traumi e si procedette sempre senza tentennamenti alla sua ricostruzione.

La zona antistante al tempio, l´Area Capitolina, per la sua sacralità era caratterizzata dalla presenza di diversi templi minori e da una serie di trofei e statue che almeno in due occasioni, ad opera dei censori del 179 a.C. e successivamente di Augusto, si dovettero spostare altrove a causa del loro numero divenuto eccessivo. A fronte dell´eccezionale importanza del Tempio di Giove Capitolino, possiamo dire di conoscerlo a fondo? Di avere consapevolezza delle sue caratteristiche architettoniche?

La risposta non può essere affermativa e una riflessione portata avanti da Anna Mura Sommella lo dimostra. L´archeologa, che ha avuto la responsabilità degli scavi più recenti condotti nell´area e della nuova musealizzazione dei resti del tempio, ha prospettato in occasione di un convegno scientifico appena tenutosi in Orvieto un´ipotesi tale da fornire una ricostruzione sensibilmente diversa del tempio di Giove Capitolino. Si tratta di una tesi in grado di modificare il quadro dei rapporti tra il mondo etrusco, greco e Roma e di prospettare una polis già pienamente inserita nelle dinamiche mediterranee. Per la studiosa infatti le dimensioni del tempio andrebbero notevolmente ampliate arrivando ad avere, a livello delle fondazioni, i lati lunghi di 74 e quelli brevi di 54 metri circa dato che - a suo giudizio - non vi sono: «motivi convincenti per espungere quella parte di muri che si trovano sotto il Belvedere Caffarelli e che ricoprono un´area di 12 metri x 54; essa infatti risulta del tutto coerente con il perimetro della platea». Inoltre la Mura Sommella ritiene che «il contributo risolutivo delle ultime scoperte consente di affermare, con assoluta certezza, che questa platea di fondazione è strettamente correlata alla fase originaria del tempio». Prima della nuova ipotesi, conoscevamo due possibili ricostruzioni: la maggior parte degli studiosi proponeva un tempio a forma quasi quadrata e con misure intorno ai 62 x 54 metri; altri ritenevano eccessive tali dimensioni per un tempio di età arcaica a Roma. Ora sappiamo che possiamo trovarci di fronte a un tempio ancora più ampio e maestoso. L´ampliamento apre ad un´altra possibilità sempre prospettata dalla Mura Sommella: tra il muro di fondo delle celle del tempio - dedicate a Giove, Giunone e Minerva - e il termine delle fondazioni si crea uno spazio di risulta che potrebbe essere stato occupato da colonne e conseguentemente ci troveremmo di fronte a un tempio periptero e non ad uno periptero sine postico con colonne solo su tre lati. Il tempio di Giove Capitolino sarebbe il primo di forma periptera in Italia centrale e avrebbe derivato il suo impianto direttamente da modelli greci. A questo punto il cantiere del grandioso edificio sacro diviene il punto d´incontro di maestranze di origine diversa: greca e/o magnogreca, etrusca e latina. Un cantiere in grado di restituirci il precoce, ambizioso sguardo mediterraneo di Roma.

sabato 14 febbraio 2009

Una necropoli romana a Pioltello

Una necropoli romana a Pioltello
di Redazione
IL GIORNALE n. 38 del 2009-02-13 pagina 1

Tracce di una necropoli tardo romana sono emerse dal fango di uno dei tanti cantieri che sorgono tra Segrate, Pioltello e Seggiano. Si tratta di una dozzina di tombe databili tra la fine del secondo secolo a. C. e gli inizi del terzo.
Un periodo in cui l’impero romano raggiunge la sua massima espansione , iniziando un lento e inesorabile declino. «Sono tombe a cassa di mattoni - ha spiegato Laura Simone, funzionario della sovrintendenza ai beni archeologici della Lombardia - al cui interno il defunto giaceva supino con le braccia incrociate sul ventre».

TRENTO - Resti romani nel cantiere

TRENTO - Resti romani nel cantiere
Alto Adige 13/02/2009

TRENTO. I resti di una villa romana rischiano di bloccare i lavori per la nuova facoltà di Lettere, in via Tomaso Gar nel centro di Trento. Il progetto avveniristico, che è già stato criticato in passato dai residenti, è ora in attesa che la soprintendenza per i beni archeologici della Provincia valuti la portata della scoperta archeologica. Se si dovesse trattare di un ritrovamento di pregio il progetto potrebbe subire modifiche. Dall’alto i resti romani si vedono chiaramente. Il perimetro di quella che ai tempi della Roma imperiale poteva essere una villa in riva all’ Adige è evidente. Tra i sassi spunta anche quello che doveva essere l’ingresso dell’antica abitazione. Gli operai della ditta Maltauro, che hanno iniziato i lavori per la realizzazione della nuova facoltà di Lettere se ne sono accorti nei giorni scorsi. Ed hanno subito avvisato la soprintendenza ai beni culturali della Provincia che, in quella porzione del cantiere, ha immediatamente bloccato l’azione delle ruspe e sospeso le operazioni di scavo. Così, al posto degli operai della Maltauro si sono messi al lavoro gli archeologi della ditta specializzata Sap che stanno documentando i reperti. Oltre al perimetro della casa, sono state rinvenute anche ceramiche risalenti all’età romana. Una volta terminata la documentazione, la palla passerà alla soprintendenza per i beni archeologici della Provincia, che segue gli scavi sin dal 2007 proprio perché quella zona della città poteva nascondere reperti dell’epoca romana. Così è stato. Ma all’entusiasmo degli archeologi che stanno cercando di capire la portata della scoperta, si contrappone lo scoramento dei vertici dell’Università di Trento. Il progetto della facoltà di Lettere è uno dei più importanti, ed allo stesso tempo discussi, per lo sviluppo dell’ateneo. Un progetto che, se dovessero essere ritenuti meritevoli di tutela i reperti rinvenuti, potrebbe anche essere ritoccato. Non facile mettere mano ad un’opera così. Un altro «pezzo da novanta» che l’ateneo trentino vuole mettere sul piatto dopo la nuova ala di Giurisprudenza firmata da Mario Botta. Per la nuova facoltà di Lettere l’Università ha investito 35 milioni di euro e la firma è dei giapponesi della Ishimoto che hanno progettato un grattacielo da 92 mila metri cubi e alto 22 metri. Dimensioni che hanno già fatto infuriare i residenti, convinti che un edificio di questa portata avrebbe «soffocato» l’intero quartiere. Lamentele e preoccupazioni cadute nel vuoto perché alla fine del 2007 le ruspe sono entrate in azione e l’obiettivo è quello di terminare entro il 2011. Una data che sembra un miraggio anche alla luce degli ultimi ritrovamenti. L’Università - così come la Provincia - sa infatti che un’opera come questa non può essere bloccata, cancellata. Ma forse anche una modifica, a questo punto, potrebbe scombinare i piani. Dove sono stati trovati i resti dovrebbe sorgere il parcheggio interrato, richiesto anche dalla cittadinanza, e dovervi rinunciare sarebbe certamente complicato. Lettere, inoltre, è la facoltà della città che ha più bisogno di spazi. Al momento, oltre alla sede principale di via Santa Croce, ci sono mini-sedi sparpagliate da via Abba a corso Tre Novembre, passando per via Travai e palazzo Consolati. Da lunedì prossimo queste sedi saranno raggruppate in piazza venezia. Blitz fra le bancarelle del mercato Dodici cittadini romeni multati per accattonaggio, un senegalese per vendita abusiva e quattro magrebini denunciati perché irregolari. Ieri carabinieri e vigili hanno effettuato controlli al mercato suscitando reazioni opposte fra i cittadini: alcuni hanno annuito, altri hanno scosso il capo.

lunedì 9 febbraio 2009

Leone funerario riemerge alla Fossalta

Leone funerario riemerge alla Fossalta
La Gazzetta di Modena 06/02/2009

MODENA. La statua di un leone a grandezza quasi naturale, ricavata da un unico blocco di calcare bianco, che con una o forse tre sculture speculari ‘presidiava’ un sepolcro monumentale, distrutto in antico, che sorgeva lungo l’antica via consolare Aemilia; questa la straordinaria scoperta archeologica fatta nei giorni scorsi a Modena, in località Fossalta, a circa due metri di profondità dal piano di calpestio, durante i lavori di ampliamento di un fabbricato. Sono statue dell’architettura funeraria di età romana tra la seconda metà del I sec. a.C. e i primi decenni del I sec. d.C. Tuttavia il ritrovamento di questo quinto leone (a Modena ce ne sono altri quattro, tre riutilizzati nel Duomo e un quarto esposto nel Lapidario Estense) sembra confermare una volta di più la fama di città «splendidissima» tramandataci da Cicerone. La statua si presenta in buono stato di conservazione. L’animale è reso in posizione frontale, con la testa girata di tre quarti, priva della faccia; mancano anche gli arti posteriori e la zampa anteriore destra. In compenso quel che resta è di straordinaria bellezza. La criniera è scolpita con grande risalto plastico e naturalistico, a ciocche voluminose e serpeggianti. Sul fianco si vedono nitidamente le costole e sul ventre addirittura le vene capillari. La coda, di cui manca il pennacchio, avvolge il posteriore della bestia, come quella dei leoni coevi, ritrovati nel Medioevo, ora a guardia della porta del Duomo. Dopo l’imponente ara di Vetilia Egloge, recuperata nel 2007 ed ora esposta nel Lapidario Romano dei Civici Musei di Modena, la Via Emilia restituisce un’altra importante testimonianza del passato. Il cantiere dove è avvenuto il ritrovamento si trova in un’area indicata ad alta potenzialità archeologica nel PRG di Modena e pertanto controllata fin dall’inizio dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. I lavori di scavo si sono svolti sotto la direzione scientifica del Soprintendente Luigi Malnati e dell’archeologo Donato Labate e sono stati coordinati sul campo da Xabier Gonzalez Muro della ditta Pegaso Archeologia. Questo ritrovamento è avvenuto nella stessa zona dove, otto anni fa, era stata scavata una necropoli tardoantica, databile tra la metà del III e la fine del IV sec. d.C. Gli scavi recuperarono alcuni frammenti, provenienti da monumenti più antichi, riutilizzati per la copertura delle tombe. Uno in particolare, decorato con un gladio appeso a un chiodo e semicoperto da uno scudo, indicherebbe che la tomba sia appartenuta a un graduato dell’esercito romano o comunque a un eminente personaggio. Se tutti questi frammenti, come sembra, appartengono allo stesso monumento funerario di cui fa parte il leone appena recuperato, si potrebbe tentare un’ipotesi ricostruttiva dell’intero manufatto. Dopo gli interventi di restauro, che saranno curati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali deciderà la destinazione della statua.

ll leone romano riemerge sulla via Emilia

ll leone romano riemerge sulla via Emilia
PAOLA NALDI
la Repubblica (Bologna) 06/02/2009

MODENA - Mancano il muso e le zampe ma la statua romana in calcare bianco raffigurante un leone a grandezza naturale, rinvenuta qualche giorno fa a Fossalta, località modenese, mostra tutta la sua bellezza nei dettagli ancora visibili: la poderosa criniera, le costole e le vene capillari che emergono nitidamente sul ventre.
La statua è emersa durante gli scavi per ampliare un fabbricato dell´agenzia di onoranze funebre Cofim di Gianni Gibellini, sulla via Emilia, coperta da due metri di terra. Lavori condotti con la sorveglianza della Soprintendenza perché nei dintorni già otto anni fa si era trovata una necropoli tardoantica, databile tra la metà del III e la fine del IV secolo dopo Cristo, con numerosi reperti di epoca più antica riutilizzati successivamente per la copertura di tombe, tra cui un gladio con scudo che potrebbero appartenere al monumento funebre di un graduato dell´esercito o ad un personaggio importante.
Secondo i primi studi anche il leone ora ritrovato si potrebbe ricondurre allo stesso monumento, probabilmente di grande impatto architettonico, comprendente un´altra figura simile speculare. Questo genere di sculture era molto comune negli impianti funerari di età romana tra la seconda metà del I secolo avanti Cristo e i primi decenni del I secolo d.C., diffusi anche a Modena come testimoniano i due leoni che si possono ammirare ai lati della porta principale del Duomo e un altro esposto al Lapidario estense.
I lavori si sono svolti con la direzione scientifica del soprintendente Luigi Malnati dall´archeologo Donato Labate, con il coordinamento di Xabier Gonzales Muro della ditta Pegaso Archeologia.

"Roma antica è una barca che affonda"

"Roma antica è una barca che affonda"
Alain Elkann, interv. a Andrea Carandini
La Stampa 08/02/2009

Professor Andrea Carandini, lei ha dedicato molti anni del suo lavoro di archeologo a Roma e in particolare proprio all`area tra Palatino e Foro Romano. Da qualche giorno si parla di un commissario straordinario, Guido Bertolaso, e di un vice commissario Marco Corsini. Che cosa ne pensa?
«Penso che in situazioni complesse come quelle di Roma bisogna creare un sistema della conoscenza, della tutela e della valorizzazione: le singole forze non ce la fanno a risolvere i
problemi. Da molti anni il Soprintendente Angelo Bottini, pur essendosi impegnato enormemente, è riuscito solo a far pagare il biglietto d`ingresso per il Foro, perché le pratiche per appaltare sono così lente e poco attente alla qualità, i concorsi sono al 50% di ribasso. Così Bottini stesso ha chiesto al ministro dei Beni Culturali Bondi di creare una situazione speciale che gli consentisse di operare».
Allora che cosa succederà, professore?
«Il fatto che ci sia ora un tavolo e una struttura commissariale voluta sia dal ministro Bondi sia dal sindaco Alemanno risolve questo problema».
In che modo?
«Perché vi saranno procedure totalmente diverse, più attente alla qualità e più rapide. Così finalmente i problemi verranno risolti».
Perché è stato scelto il sottosegretario Bertolaso?
«Perché il Palatino che guarda da una parte verso i Fori Imperiali a nord e a sud verso il Circo Massimo, si sta sciogliendo come un dolce non cotto. E questo è dovuto anche al cambiamento di clima e alle frequenti piogge. E lo stesso vale per Ostia».
Come mai, avendo avuto negli ultimi 15 anni dei ministri dei Beni Culturali che sono stati sindaci di Roma, non si è risolto questo problema?
«Rutelli e Veltroni avevano creato una commissione Stato-Comune, poi con la caduta del governo non si è potuto prendere provvedimenti. Ma il nuovo governo ha ripreso il discorso con particolare energia e lo sta portando finalmente avanti. E` da lodare il fatto che siano stati trovati circa 20 milioni: ora vanno impiegati rapidamente. Il ministro Bondi ha scelto di non disperdere i fondi Arcus di cui dispone, ma di concentrarli su pochi grandi progetti: una cosa molto saggia».
Le polemiche però non si sono sopite, con i funzionari scientifici delle Soprintendenze che minacciano di chiudere i siti. Perché?
«In parte li giustifico. Finora le decisioni del Ministero sono state spiegate in modo insufficiente e poi perché molti articoli ideologici non hanno certo giovato. Se potessi mi rivolgerei così ai colleghi: "Sbagliate: non c`è nessuna minaccia alla struttura e alla prerogativa della Soprintendenza cui è esclusivamente riservato il compito della tutela". Io dico: vi trovate con soldi che si possono spendere in modo più semplice e avete la possibilità di collaborare con il Comune per la valorizzazione, come prevede il codice dei Beni Culturali. Bisogna in ogni modo assolutamente imparare a fare squadra».
Lei presiederà il comitato scientifico?
«E` quello che hanno detto Bondi e Alemanno».
Ammesso che le Soprintendenze la ascoltino nel suo desiderio di fare squadra, quale sarà il risultato auspicato?
«Una prima concreta rinascita di un patrimonio in dissesto e in rovina. Una valorizzazione e quindi finalmente una comunicazione al pubblico con incremento naturale del turismo».
Quanti sono i turisti che visitano il Foro?
«Sono milioni, ma in calo. C`è una idea sbagliata che Roma e i Beni Culturali si facciano conoscere da soli».
E quindi?
«Quindi bisogna mettere didascalie ai monumenti, i cartelli in città e punti informatici perché i cittadini possano collegarsi. E bisogna creare un nuovo e aggiornato plastico di tutta la Roma
dentro le Mura Aureliane. Un plastico di 25 metri per 25. Un plastico che possa essere sorvolabile con ponti mobili».
Lei ha parlato anche molte volte della necessità di un museo. Che tipo di museo sarebbe?
«Questa iniziativa l`aveva già pensata Veltroni ma è stata ripresa dal nuovo sindaco, con un parere favorevole di Bondi. E` stato scelto l`edificio in fondo al Circo Massimo e ai piedi del Palatino e andrebbe attuato progressivamente nel tempo. Dovremmo riuscire a esporre da una parte il plastico e poi i frammenti della pianta marmorea di Roma degli inizi del III secolo d.C. Un obiettivo realizzabile in meno di due anni».
Quindi Lei è soddisfatto?
«Sì, sono contento. Lo scorso anno ho pubblicato da Einaudi un libro dal ti tolo "Archeologia Classica. Vedere il tempo antico con gli occhi del 2000". Ho invocato un sistema di tutela capace
di coinvolgere nei rispettivi ruoli istituzionali lo Stato, gli Enti Locali, le Regioni e le Università. La barca affonda, tutti devono tappare i buchi con i loro pollici! Bisogna ricordare che la Costituzione affida la ricerca e i Beni Culturali non solo allo Stato ma alla Repubblica, ciascuno nelle sue competenze».

«Il Palatino si sbriciola. I Fori sono sott`acqua»

«Il Palatino si sbriciola. I Fori sono sott`acqua»
Giancarlo Riccio, interv. a Francesco Giro
Libero (Roma) 08/02/2009

«Guardi, leggo di tutto. Che gli archeologi vogliono occupare il Colosseo contro la nomina, peraltro non ancora formalizzata, di Guido Bertolaso come commissario straordinario peri Fori e per
Ostia antica. E poi che il governo vuole privatizzare i servizi culturali». Francesco Giro, sottosegretario ai Beni culturali ed unico vice del ministro Sandro Bondi, scorre i giornali in macchina, mentre sta raggiungendo Napoli.
Sottosegretario Giro, che ne pensa della crisi all`Opera di Roma?
«La competenza è del Comune e il sindaco Gianni Alemanno assumerà decisioni sagge e con grande senso di responsabilità. Certo, è stato certificato un deficit di cinque milioni, rispetto a un bilancio annuale di 30 al quale contribuiscono il Campidoglio e il Fus, gestito dal ministero dei Beni culturali.
Da via del Collegio Romano potremmo intervenire solo in caso di commissariamento. Di cui, comunque, non si parla».
Lei conferma che il recinto che divide l`area del Comune di Roma da quella statale dei Fori cadrà entro il Natale di Roma?
«Certo. Con Alemanno siamo già perfettamente d`accordo. Ma non solo. Il 21 aprile potremmo illuminare l`intera area, anche se purtroppo per ora solo provvisoriamente, per un giorno. E anche aprire la rampa Domiziana che collega il Foro al Palatino».
Tutto questo, nonostante le preoccupazioni, espresse nell`area del centrosinistra, di una "privatizzazione" dei Servizi culturali.
«Si tratta di critiche prive di senso. Stiamo cercando di affidare a privati alcuni servizi di valorizzazione dei Beni culturali. E già la legge Roncheylo prevedeva».
Intanto, gli archeologi potrebbero occupare il Colosseo per protestare contro la nomina di Guido Bertolaso a commissario delle aree archeologiche. Critiche anche da Italia Nostra. Che cosa replica? «Mah, mi piacerebbe invece che si mobilitassero per chiedere il rilancio dell`area archeologica romana, molto degradata. Piuttosto che verso il tentativo, del mio ministero e del Comune di Roma, di fronteggiare l` emergenza».
Ma siamo di fronte ad una emergenza?
« Il Palatino - lo dico insieme con il soprintendente Angelo Bottini che ha più volte richiesto un intervento urgente - si sta
sbriciolando. E la Domus Tiberiana è chiusa perché è pericolante. La Domus di Livia si è allagata dopo le piogge dello scorso ottobre. L`area del Foro (soprattutto all`altezza della Lapis Niger) si allaga regolarmente perché il drenaggio delle acque non funziona. Occorrerà intervenire sull`intera rete fognaria, perché stiamo parlando di acque nere. Se non è emergenza questa...».
E allora avete definito una ordinanza che affida al sottosegretario Bertolaso (e all`assessore capitolino all`Urbanistica Corsini come "soggetto attuatore") poteri straordinari.
«Si. Non dimentichiamo che Bertolaso si è distinto anche in operazioni di protezione civile in aree culturali: quando i barconi si sono incastrati sul Tevere, abbiamo salvato le statue del Bernini all`altezza di Castel Sant`Angelo. Un altro caso? L`intervento di Bertolaso per la ricostruzione della cattedrale di Noto. Quanto a Corsini, ha salvato il teatro La Fenice di Venezia, non dimentichiamolo».
E allora perché gli archeologi preannunciano clamorose proteste?
«Perché temono che un provvedimento straordinario (che sarà ratificato entro la fine del mese) possa in futuro ostacolare il loro lavoro».
E invece no?
«No, assolutamente. Ho definito chi lavora sul campo, senza mezzi termini, degli eroi. Svolgono un lavoro di ricerca, di piccoli interventi, di catalogazione che è fondamentale. Ma dobbiamo distinguere il loro impegno dall`emergenza in cui ci troviamo.
E poi ricordo bene le mie visite a Fori di fine dicembre e dopo. Molti funzionari che ora protestano hanno salutato con favore che finalmente il ministero dei Beni culturali si muoveva. ll ministro Sandro Bondi a Pompei, io a Roma. Né Rutelli, né Veltroni, sindaci e ministri, lo avevano mai fatto».
Nessuna espropriazione, allora?
«La tutela dei Beni archeologici resta affidata in modo "monocratico" al soprintendente Bottini e ai suoi funzionari. Bertolaso e Corsini lavoreranno (con un incarico annuale, rinnovabile, dunque limitato nel tempo) con poteri straordinari per valorizzare le aree dei Fori e di Ostia antica e per metterle in sicurezza. Tutti gli interventi saranno sottoposti a Bottini. Il quale è entusiasta della decisione adottata da noi e dal Campidoglio di Roma. E che è anche, non dimentichiamolo, anche il capo degli archeologi romani. Ai contestatori, che non mi risulta siano comunque così numerosi, chiedo infine: i monumenti di cui stiamo parlando hanno bisogno o meno di interventi di emergenza?». Anche la Regione Lazio ha protestato. «Con Piero Marrazzo e l`assessore Giulia Rodano troveremo una intesa e io sono certo del loro sostegno. Del resto, non è colpa nostra se l`Italia è il Paese delle emergenze. Ricordo comunque che non è mai accaduto che una Regione abbia detto no a nomine di poteri straordinari di Protezione civile».

Le Mura Aureliane. Patrimonio che giace nel degrado da 6 anni

Le Mura Aureliane. Patrimonio che giace nel degrado da 6 anni
Beatrice Boero
Il Tempo 09/02/2009

Mura Aureliane, il restauro può attendere. Il cantiere giace abbandonato ormai da sei anni e nella superficie in questione vige il degrado. Il tratto di mura è quello situato in via di Porta San Sebastiano, precisamente in prossimità dell`entrata di Villa Scipioni. I lavori sono iniziati nel 2003, e dovevano terminare entro l`anno, ma non è stato così.
Attualmente il mini-cantiere, trascurato, deserto ed incustodito, si trova nella più completa incuria. Se transitiamo da quelle parti, il panorama è desolante. Possiamo notare a colpo d`occhio, lamiere mezze rotte, arruggunite, piene di scritte e scarabocchi, coperte da affissioni pubblicitarie abusive, la parete metallica è
squarciata in più tratti. E visto che, notoriamente, a degrado si
aggiunge sempre altro degrado, cumuli di immondizia di ogni genere hanno fatto la loro comparsa, piazzati qua e là, prendendo le sembianze di una piccola discarica. Tale luogo è stato anche preso di mira dal popolo invisibile dei senza fissa dimora, che è perfino riuscito ad aprire dei varchi nella parete metallica.
Indubbiamente per realizzare al suo interno dei giacigli di fortuna, dove poter andare a trascorrere la notte e stare un po` al riparo dalle intemperie. Andando a dare un`occhiata all`interno delle lamiere, si trovano, infatti, residui di coperte, stracci vari, insieme agli sterpi ed alle immancabili erbacce. Davanti al piccolo cantiere, si può notare il cartello che indica il cronoprogramma, la durata dei lavori. Che avevano il compito di ricostruire un piccolo tratto di muro crollato, e
risanare i tratti residui compresi fra il civico 9 ed il 13. Tali lavori, iniziati precisamente sei anni fa, nel febbraio 2003,
dovevano essere terminati entro l`anno.
Numerosi cittadini si sono rivolti ad associazioni e comitati per esporre la situazione. In fondo, le mura Aureliane rappresentano dei gioielli inestimabili, bastioni lunghi 18 km, conosciuti in tutto il mondo. Numerose volte sono state vittime di crolli. Nell`ottobre 2001 cadde un tratto a Porta Ardeatina; nel novembre
2007 crollarono 10 metri a San Lorenzo.
A dichiararsi interessata a risolvere la situazione è l`associazione Roma Futura: «Mi informerò sullo stato dei lavori presso gli appositi uffici comunali - afferma la presidente Marilena Turriziani - Mi preme fare luce su tale questione».

Scoperta archeologica a Via Portuense. Pozzo Pantaleo, un tesoro nascosto dalle sterpaglie

Scoperta archeologica a Via Portuense. Pozzo Pantaleo, un tesoro nascosto dalle sterpaglie
Sergio Silva
09/02/2009 IL TEMPO

Capita quotidianamente a noi romani di attraversare percorsi stradali sotto i quali si trovano importanti testimonianze del nostro passato. E, spesso inconsapevoli, restiamo indifferenti a tanta ricchezza.

Vogliamo segnalare uno dei tanti percorsi, quello di Pozzo Pantaleo, interessantissimo, ricco e sconosciuto perfino agli abitanti e ai commercianti della via che porta lo stesso nome. Il sito archeologico di cui stiamo parlando si trova a Roma, in pieno centro, all'inizio di Via Portuense, a due passi da Via Majorana, ma in verità oggi è praticamente impossibile trovarlo poiché gli antichi manufatti sono sommersi da una folta vegetazione che, complice anche l'alta recinzione che circonda il luogo, ne impediscono completamente la vista. «Prima di pensare alla riapertura dell'area archeologica di Pozzo Pantaleo è necessario effettuare una grossa operazione di bonifica del terreno su cui si trovano i manufatti e sugli spazi limitrofi». È quanto afferma la dottoressa Laura Cianfriglia della Soprintendenza di Roma, responsabile delle aree archeologiche e degli scavi del XV Municipio. «Da anni sentiamo parlare di progetti che prevedono grandi interventi sull'area delle Ferrovie e dell'ENI, ma i provvedimenti concreti tardano ad arrivare». L'area, dal secondo dopoguerra, fino ai primi anni '60, era occupata dalla raffineria della Purfina che venne chiusa per l'avanzare della città, tant'è che la zona divenne oggetto di convulsa edificazione. Nel 1983, nel corso di alcuni lavori stradali, venne alla luce un tratto di strada basolata per circa 50 metri. Fece seguito l'intervento della Soprintendenza che diede vita a diverse campagne di scavo nel 1989 e nel 1998-99 a seguito delle quali emersero diverse testimonianze importanti, una villa romana sita lungo via Campana poi divenuta Portuensis o forse un santuario destinato ai viandanti di passaggio per raggiungere la città di Porto che si trovava dove ora troviamo il quartiere di Isola Sacra. Come un edificio funerario, un mausoleo, un edificio termale, una cisterna, una villa romana. Tali testimonianze risalgono ad epoche diverse, le più antiche possono essere datate intorno alla prima metà del I secolo d.C. le più recenti intorno al IV secolo d.C., cioè dalla prima età imperiale all'alto medioevo. «Stiamo lavorando in queste settimane, precisa la Cianfriglia, al recupero del complesso sepolcrale che si trova alle spalle del Pozzo, detto anche museo del Drugstore. Si tratta di una struttura romana di cinque ambienti che, a seguito della chiusura del moderno esercizio avvenuta di recente, vorremmo destinare ad altro uso. Pensiamo possa ospitare eventi culturali di rilievo. Sarebbe allora naturale collegare le due aree archeologiche e destinarle ad un uso comune».

giovedì 5 febbraio 2009

Le antiche navi sbarcano agli Arsenali

Le antiche navi sbarcano agli Arsenali
GIOVANNI PARLATO
MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2009 IL TIRRENO - Pisa

A giugno apre il museo col suo carico di oro, anfore e storia

Sarà un Giugno Pisano speciale. Di quelli da non dimenticare. E l’evento, perché di evento si tratta, sarà l’apertura del “Museo delle navi antiche di Pisa” agli Arsenali Medicei. Non tutte le scoperte saranno messe in mostra. C’è ancora tanto lavoro da fare e si attendono finanziamenti anche da sponsor privati (fino ad ora sono stati solo statali). Il museo completo comprenderà 80 sezioni, mentre quelle che si potranno ammirare saranno una trentina. Ma già ampiamente sufficienti a mostrare la vastità e l’immenso valore della scoperta.
Con l’apertura della prima parte del museo si realizza un sogno. Quando per caso, nel 1998, una ruspa nei pressi della stazione ferroviaria di San Rossore sventrava il terreno e scopriva lo scafo della prima nave romana, gli archeologi compresero subito che si trattava di una scoperta destinata a riscrivere la storia non solo di Pisa, ma di tutta la penisola e del Mediterraneo. Vicino alla prima nave ne venne trovata un’altra. Ben presto emersero altri ritrovamenti. In questo luogo, un tempo s’incrociavano diversi canali e le navi vennero affondate a causa di una disastrosa alluvione fra il II secolo a.C e il VII d.C.
Di questa scoperta e del futuro allestimento agli Arsenali Medicei, abbiamo parlato con Andrea Camilli, progettista e direttore dei lavori della Soprintendenza dei Beni archeologici della Toscana, oltre che direttore del centro di restauro e del cantiere.
«A giugno saranno aperte quattro aree tematiche - spiega il direttore Camilli - mentre sono in via di realizzazione e richiedono più tempo, le aree sulla topografia e la storia».
Ed ecco le quattro aree tematiche al centro dell’esposizione di giugno.
Metodologia della ricerca. Sarà una carrellata sulle metodologie applicate sul cantiere con ricostruzioni e supporti multimediali affrontando le tematiche dello scavo archeologico di mare e di terra dell’archeologia navale, delle tecniche più moderne di analisi e di restauro, della tecnologia navale antica e delle tecniche di restauro moderne.
Le navi. Ci sarà una sezione dedicata alla nave Alkedo che è la nave a remi. Di quest’ultima, sarà - al momento - esposta una fedele riproduzione in scala reale di quella originaria; si esporrà la nave restaurata “D” che è quella tardo-antica (VI secolo d.C.); si esporranno le parti della nave ellenistica che risale al II secolo a.C..
Mercati e commerci. Saranno esposti, oltre alle monete, tutti i carichi e il materiale ritrovato a bordo di cui una parte venne esposta nella precedente mostra “Pisa e il Mediterraneo”. Sarà esposta la completa tipologia delle anfore in un allestimento molto scenografico. Inoltre, una sezione sarà dedicata a tutte le esportazioni e importazioni in età romana.
Vita di bordo. Saranno esposti reperti relativi ai viaggiatori e ai marinai come agli stessi bagagli. «Abbiamo trovato una cassapanca lignea - dice il direttore Andrea Camilli - con ancora il contenuto all’interno. Ci sarà anche una sezione dedicata all’illuminazione a bordo, alla cucina e all’alimentazione. Una sezione sarà dedicata ai culti e alla superstizione del mare, una sezione legata a giochi e passatempi, una dedicata ai marinai con numerosi reperti fra cui una giacchetta di cuoio di un marinaio databile all’età augustea».
«Il museo completo - continua Camilli - avrà un’esposizione di circa 8mila reperti su una superficie di circa 4mila metri quadri. A giugno ne apriamo circa un terzo».
Mancheranno le sezioni sulla scoperta, sull’ambiente, sulle tecniche di navigazione, e due terzi delle navi che sono in via di restauro o, addirittura, ancora in fase di scavo. Gli scavi stanno proseguendo e proseguiranno ancora per anni. «La caratteristica principale del museo - sottolinea il direttore Camilli - è che sarà un museo in progress con una costante evoluzione dell’esposizione in base alle nuove scoperte. Del resto il cantiere delle navi antiche e il centro di restauro del legno bagnato stanno diventando dei luoghi di tirocinio e formazione di livello internazionale. Anche il centro fornisce restauro di oggetti che arrivano da tutta Italia e forma restauratori anche stranieri.
«Siamo in cerca - conclude il direttore Camilli - di eventuali sponsor che possano contribuire al completamento del museo anche con piccole sezioni, il museo completo comprende circa 80 sezioni».
Infine, non va dimenticato l’impegno della Soprintendeza ai Beni culturali di Pisa che sta lavorando per rendere gli Arsenali Medicei il luogo migliore per ospitare il museo.