venerdì 28 febbraio 2020

quindecemviri

quindecemviri 
 A Roma era un collegio di sacerdoti che avevano in custodia e consultavano i Libri Sibillini, conservati nel tempio di Giove Capitolino; avevano anche l’incarico di sopra intendere ai culti stranieri; dapprima erano dieci, al tempo di Silla furono portati a quindici. Venivano eletti i per cooptazione.

lunedì 24 febbraio 2020

Eneide Libro XII

ENEIDE LIBRO XII 

Latini avevano sofferto molte perdite e la sconfitta sembrava inevitabile, sicché Turno decise di affrontare Enea. Invano Latino cercò di dissuaderlo. Sull’Olimpo Giunone, prima che avesse inizio il duello, chiamò a sé la sorella di Turno, Giuturna, perché lo impedisse con tutte le forze, dal momento che Turno vi avrebbe trovato la morte. 
Dopo poco Enea e Latino si trovavano vicini agli altari per giurare sulle condizioni del duello. 
Allora Giuturna, sotto mentite spoglie, si aggirò tra i guerrieri istigandoli a riprendere le armi per non lasciare Turno nelle mani di un avversario tanto più potente. 
Si riprese così la battaglia e, mentre Enea gridava di rispettare i patti, fu colpito ad una coscia da una freccia. Venere si precipitò a medicare la ferita con un farmaco miracoloso ed Enea fu presto in piedi alla ricerca di Turno. Non trovandolo, decise di assalire la città; la regina Amata, sentendo il fra- gore delle armi così vicino, pensò che Turno fosse ormai morto e per la disperazione si impiccò. 
Giuturna guidava il cocchio di Turno in luoghi più sicuri ma questi, temendo vergogna e disonore, la abbandonò, nel vedere già alte le fiamme sulla  città. 
Si gettò tra le schiere, cercando Enea. Giuntogli di fronte, ebbe luogo il duello. Dopo aver inferto un colpo e rotto la sua spada, Turno si diede alla fuga. Dopo cinque giri della lizza sentì che gli Dei non gli erano favorevoli, così prese un sasso enorme e lo scagliò contro l’eroe troiano, che lo evitò. Enea trovò allora il momento opportuno per tirare la sua lancia, che colpì Turno alla coscia, e già stava pensando di risparmiarlo quando, alla vista della cintura di Pallante, indossata dal nemico, pieno d’odio gli spinse la spada nel petto. 

domenica 23 febbraio 2020

Fortuna

Fortuna 
Antica divinità italica, adottata dai Romani e più tardi identificata con la Tiche greca. Anzitutto, dea dell’Abbondanza, che presiedeva alla fecondità della natura e della vita umana e al benessere dell’uomo. Poi anche dea della sorte favorevole o avversa, del caso e della felicità. Come tale, presiedeva a tutti gli avvenimenti e distribuiva, a capriccio, il bene e il male. 
Fu adorata sotto diversi aspetti e con diversi epiteti. 
Le matrone avevano per lei una venerazione speciale. In Roma ebbe parecchi templi. Esistono ancora i resti di quello dedicato alla Fortuna virile. 
Templi famosi di questa dea sorsero a Preneste e ad Anzio. 
Elenchiamo alcuni soprannomi od epiteti della stessa dea: F. Primigenia; Fors Fortuna; F. Averrunca (allontanante la sventura); F. Barbata (che fa passare dalla fanciullezza alla virilità); Blanda (benigna); Bona; Brevis (che dura poco); Comes (compagna e guida dei viaggiatori); Equestris (dei cavalieri); Libera (degli uomini); Liberarum (dei figli); Muliebris (delle donne); Virginalis (delle fanciulle); Pubblica; Privata, ecc.
La festa della de Fortuna si teneva il 24 giugno.

sabato 22 febbraio 2020

Eneide libro XI

ENEIDE LIBRO XI 

All’alba del giorno dopo, Enea diede ordine che il corpo di Pallante venisse trasportato al padre, il quale gli mandò un messaggio scongiurandolo di vendicare la morte del figlio.
 Ad Enea giunsero dei messi latini che gli chiesero una tregua per seppellire i morti; l’eroe troiano fece mandare a dire a Latino che la guerra sarebbe cessata solo con un duello tra lui e Turno. Turno accettò. 
Intanto un messo portò a Latino la notizia che alcuni Troiani stavano avanzando verso la città, sicché venne ripresa la guerra. Turno chiese aiuto ai Volsci, che mandarono una cavalleria guidata da Camilla. Morirono molti Troiani, finché Arunte non riuscì a colpire Camilla. Tale morte segnò il ritiro delle truppe rutule e latine, che fuggirono all’interno della città.  

venerdì 21 febbraio 2020

quincunx

quincunx 
Misura di 5 ciati o moneta del valore di 5 once, che portava su una faccia 5 punti disposti come i punti del dado. Perciò si dissero in quincunce la piantagioni di alberi disposti nello stesso modo, o le schiere nell’ordinamento romano di battaglia.

giovedì 20 febbraio 2020

Eneide Libro X

ENEIDE LIBRO X 

Mentre si svolgevano i combattimenti, sull’Olimpo gli Dei discutevano per ciò che stava succedendo; Giove non era contento della guerra che era scoppiata, Giunone accusava i Troiani, mentre Venere supplicava il padre degli Dei di non abbandonare suo figlio. 
Nel frattempo Enea aveva chiesto anche l’appoggio del re degli Etruschi, Tarconte, e si apprestava a ridiscendere il Tevere con trenta navi. I Troiani, visto arrivare il loro capo con una compagnia così potente, levarono un grido di gioia, mentre Turno si lanciò verso i nuovi venuti.  il re dei Rutuli riuscì ad uccidere Pallante e si cinse i fianchi con la sua  cintura, come fosse stata un trofeo. Enea, saputa la morte di Pallante, si  gettò con rabbia nella mischia, uccidendo Rutuli e Latini nella speranza di  imbattersi in Turno.  
Giunone temeva per la vita di Turno e così foggiò un fantasma a somiglianza di Enea e fece in modo che quello andasse a provocare Turno il quale,  appena lo vide, cominciò ad inseguirlo fin su una nave: in quel momento la figura di Enea svanì e la nave prese il largo da sola per dirigersi verso il  regno di Turno.  
Mezenzio aveva intanto preso il posto di Turno in prima fila; fu visto da  Enea, che subito lo affrontò e riuscì a ferirlo; mentre stava per colpirlo mortalmente, gli si avventò contro il figlio di Mezenzio, Lauro, che trovò così  la morte per mano dell’eroe troiano.  
Poco dopo anche Mezenzio fece la stessa fine.  

mercoledì 19 febbraio 2020

Eneide libro IX

ENEIDE LIBRO IX

Turno, durante l’assenza di Enea, attaccò il campo troiano che resistette all’assalto. Il re dei Rutuli diede poi l’ordine di incendiare le navi, le quali però furono prodigiosamente trasformate in ninfe. 
Intanto Eurialo e Niso si prepararono ad attraversare le linee nemiche per andare ad avvisare Enea di ciò che stava accadendo. Mentre i Rutuli stava- no riposando attorno ai loro fuochi, essi compirono una strage ed Eurialo, prima di allontanarsi dal campo, prese con sé un elmo lucente e una gualdrappa. Verso l’alba si avventurarono allora in un bosco vicino, quando un  gruppo di Rutuli guidati da Volcente si accorse di loro dal luccichio dell’elmo. Eurialo e Niso si diedero alla fuga. Niso era già salvo, quando si accorse che il compagno non era con lui; tornò quindi sui suoi passi e vide Eurialo circondato dai nemici. Scoccò due frecce con cui uccise due nemici;  Volcente si abbattè su Eurialo per fargli pagare la morte dei suoi due soldati. A quella vista Niso corse per salvare l’amico, ma era ormai troppo tardi;  allora si avventò su Volcente e lo uccise, trovando anch’egli la morte. 
Intanto Turno riprendeva l’attacco al campo troiano, ma i Troiani presero presto coraggio e, chiusi tutti i passaggi, costrinsero Turno a gettarsi tutto armato nel Tevere per salvarsi.  

martedì 18 febbraio 2020

Eneide libro VIII

ENEIDE LIBRO VIII

Mentre Turno si preparava alla guerra, Tiberino, il dio fluviale del Tevere, apparve in sogno ad Enea e gli rivelò che nel punto in cui egli si era coricato suo figlio Ascanio un giorno avrebbe costruito la città di Alba. Poi gli  consigliò di stringere alleanza con Evandro, re di una città sul Palatino.
Il giorno seguente Enea risalì il Tevere con due imbarcazioni e, prima di approdare, vide ciò che Eleno gli aveva predetto: un cinghiale bianco che allattava trenta cuccioli. Con la speranza nel cuore, avanzò con un ramo d’ulivo verso Pallante, figlio di Evandro. Il re accettò di aiutarlo.  

lunedì 17 febbraio 2020

Eneide Libro VII

ENEIDE LIBRO VII 

Da Gaeta, dove seppellì la propria nutrice, Enea passò accanto alle spiagge di Circe e alle prime luci dell’alba approdò alle foci del Tevere. 
Su quelle terre regnava allora il re Latino con la moglie Amata e la figlia Lavinia, promessa sposa al re dei Rutuli, Turno. 
A Latino era stato predetto di aspettare a celebrare le nozze della figlia, poiché uno straniero avrebbe iniziato con Lavinia una stirpe di eroi. infatti, quando Enea mandò ambasciatori al re, questi fu molto ospitale e gli offrì la mano della figlia. 
Vista tanta pace, Giunone decise di mandare sulla terra Aletto, una delle Furie, per istillare odio nel cuore di Amata e gelosia in quello di Turno. Amata istigò tutti contro i nuovi venuti e, quando Ascanio uccise un cervo degli armenti del re, ci fu un feroce scontro. 
La battaglia vide la morte di due pastori di Latino, sicché Turno schierò un terribile esercito contro Enea.  

domenica 16 febbraio 2020

Eneide libro VI

ENEIDE LIBRO VI 

Approdato a Cuma, Enea si recò nel tempio di Apollo per interrogare la famosa sibilla sulla sorte futura del suo popolo e per chiederle di guidarlo nel regno dei morti. 
Prima di intraprendere questo viaggio, Enea dovette andare alla ricerca del ramoscello d’oro che aveva il potere di aprire le porte infernali; dopo di che, aiutato dalla Sibilla, entrò nella foresta, dove due colombe lo guidarono fino all’albero fatato. 
Dopo aver compiuto i sacrifici agli Dei, scesero nell’Oltretomba attraverso una spelonca nei pressi del lago Averno. Enea e la Sibilla giunsero così sulle sponde dello Stige, dove si accalcavano le ombre dei morti che non avevano ricevuto sepoltura. Tra quelli vi era anche Palinuro, a cui la Sibilla promise sepoltura. Qui Caronte, nocchiero degli Inferi, non voleva far passare i due vivi, ma alla vista del ramo d’oro li traghettò. Sull’altra riva Enea  si imbattè in Cerbero, il terribile cane infernale, che con le tre fauci spalancate bloccò loro il passaggio, ma la Sibilla gli gettò una focaccia soporifera e quello si addormentò. 
Giunto nella selva dei suicidi, Enea rivide Didone, che si allontanò silenziosa da lui, nonostante egli proclamasse la sua innocenza spiegando che la  sua partenza da Cartagine era stata voluta dagli Dei. Ripreso il cammino,  giunse da coloro che avevano dato la vita per la patria e qui riconobbe   Deifobo, il figlio di Priamo. Arrivò poi ad una costruzione circondata da un fiume di fuoco: era il Tartaro, dove i malvagi scontavano i loro peccati; si diresse allora verso i Campi Elisi, dove dimoravano le anime dei giusti. Tra quelli, Enea rivide il padre Anchise, che lo condusse al fiume dell’Oblio presso il quale c’erano anime destinate a nuova vita, che bevendo quelle acque dimenticavano le esperienze passate. Anchise mostrò al figlio i suoi futuri discendenti, tra cui Romolo e Augusto, Cesare e Pompeo. Dopo aver appreso notizie anche sulle vicende che lo attendevano nel Lazio, Enea, insieme con la Sibilla, tornò sulla terra e riprese il mare con i suoi compagni.  

sabato 15 febbraio 2020

Lupercali

Lupercali. 
Antichissime feste romane, con cui si purificavano i greggi; avevano attinenza col culto di Fauno e le celebravano i luperci il 15 febbraio, davanti al lupercale, sacra grotta sul lato sud-ovest del Palatino, dove, all’ombra di un fico (il fico ruminale), secondo la leggenda, Faustolo, aveva trovato Romolo e Remo, In questa grotta si accentrava il culto antichissimo di Fauno Luperco. Il sacrificio consisteva nell’immolazione di capri e di un cane; due dei luperci venivano toccati sulla fronte col sangue delle vittime e asciugati con lana bianca immersa nel latte. Infine, coperti dalla pelle degli animali immolati, correvano intorno al Palatino, colpendo con corregge fatte con le stesse pelli le donne che incontravano per renderle feconde. Questa festa era celebrata ancora in epoca imperiale.

venerdì 14 febbraio 2020

Eneide Libro V

ENEIDE LIBRO V 
Giunsero sulle coste della Sicilia, dove furono accolti da Aceste. 
Era già trascorso un anno dalla morte di Anchise ed Enea propose dei giochi funebri per commemorarlo Mentre gli uomini erano impegnati nelle gare, le donne cominciarono a lamentarsi della vita randagia che stavano conducendo, sicché Giunone mandò fra di loro Iris, che consigliò alle troiane di dar fuoco alle navi, prendendo ella stessa una torcia accesa e gettandola verso le imbarcazioni Dapprima incerte, poi sempre più convinte, imitarono Iris e ben presto si alzarono altissime fiamme. Giove, pregato da Enea, mandò allora una pioggia provvidenziale che spense l’incendia. Solo quattro navi furono irrimediabilmente distrutte. Intanto Enea prese la decisione di abbandonare l’isola, lasciando su di essa coloro fra i suoi compagni che lo avessero voluto. 
Fece rotta verso l’italia navigando su un mare tranquillo, grazie all’intercessione di Venere presso Nettuno. 
Il dio però vaticinò che durante tale spedizione un compagno di Enea sarebbe morto. Infatti, durante la notte, il Sonno fece addormentare il timoniere Palinuro, che cadde in mare. Enea nel frattempo si accorse che la nave procedeva senza guida e si rese così conto della scomparsa del suo nocchiero. Piangendo disperatamente la perdita del fedele amico, prese egli stesso il timone.  

giovedì 13 febbraio 2020

Eneide Libro IV

ENEIDE LIBRO IV  

Il lungo racconto delle tribolazioni di Enea aveva riempito il cuore di Didone di commozione e di ammirazione.  
Didone ormai innamorata chiese consiglio alla sorella Anna, che la esortò  a seguire i propri sentimenti.  
Un giorno, dunque, durante una partita di caccia, si scatenò mi forte temporale e i due si rifugiarono nella stessa grotta, dove si dichiararono il loro  amore. Dimentichi dei loro obblighi, vivevano solo della loro passione ma  il re dei Getuli, Iarba, che aspirava alla mano della regina, pregò il padre  Giove di convincere l’eroe troiano ad abbandonare Cartagine. Fu inviato  allora il messaggero degli Dei Mercurio, che ricordò ad Enea il suo compito; questi a malincuore si rimise alla volontà divina. 
Aspettando il momento opportuno per comunicare la prossima partenza a Didone, Enea ordinò ai suoi i preparativi, ma Didone aveva già presagito tutto e lo implorò di non abbandonarla Enea le spiegò che doveva seguire il destino tracciato dagli Dei, ma ella replicò con disprezzo che fedeltà ed amore non potevano albergare nel cuore di un uomo che lasciava comandare la sua vita dagli Dei: Enea rimase confuso e umiliato. 
In preda allo sgomento Didone decise allora di togliersi la vita e all’aurora, vista ormai la spiaggia deserta, prese una spada e si diede la morte.  

mercoledì 12 febbraio 2020

Eneide Libro III

ENEIDE LIBRO III
Insieme con i compagni, Enea allestì una flotta con cui abbandonò per sempre quella terra. La prima meta fu la Tracia, dove egli credette di poter fissare la propria dimora; ma un giorno, mentre strappava delle fronde da un cespuglio per ornare un altare, vide colare da quelle delle gocce di sangue e udì una voce che si manifestò per quella di Polidoro, figlio di Priamo, giunto su quella terra per ordine del padre, che aveva voluto tenerlo lontano dalla guerra affidandolo al re Polimestore. Questi, per impossessarsi delle ricchezze che Polidoro aveva con sé, non aveva esitato ad ucciderlo, abbandonandone poi il corpo su quella spiaggia; le aste che lo avevano trafitto si erano poi mutate in quei rami sanguinanti.
Atterrito da quelle parole, Enea diede degna sepoltura ai resti di Polidoro ed abbandonò la Tracia.
Arrivati a Delo, l’Oracolo di Apollo ingiunse a loro di tornare nella loro madre patria, dove avrebbero costruito un impero. Anchise credette che la loro patria fosse Creta, poiché da lì era giunto il primo re di Troia Teucro, e quindi si diressero verso quell’isola. Appena giunti, furono perseguitati dalla cattiva sorte; infatti, quando ebbero costruito le loro abitazioni una terribile pestilenza fece morire molti di loro e per un intero anno dovettero vivere di stenti e in miseria.

Una notte Enea sognò gli Dei che avevano protetto Troia, i quali gli confidarono che la vera patria era l’Italia.
Ripresero così il mare e approdarono nelle isole Strofadi, dove trovarono molti armenti al pascolo. Per aver ucciso alcuni buoi allo scopo di imbandire un banchetto, vennero attaccati dalle Arpie, i famosi uccelli dal volto di  donna che divorarono i cibi e imbrattarono i tavoli imbanditi. Enea, per tendere loro un agguato, fece allestire un nuovo banchetto e ordinò ai compagni di armarsi per poterle sconfiggere. Fu tutto inutile, perché le Arpie erano invulnerabili; tuttavia riuscirono a metterle in fuga. Celeno, regina delle Arpie, dichiarò allora dall’alto di una rupe che essi avrebbero avuto l’italia, ma che avrebbero cinto di mura la loro città dopo aver  sofferto la fame al punto da dover divorare le mense. 
Si rimisero allora sulle navi e fecero vela in Caonia, nell’Epiro, dove regnava Eleno che, essendo fratello gemello di Cassandra, come questa possedeva il dono della divinazione. Costui aveva sposato la vedova di Ettore, Andromaca, e con lei diede accogliente ospitalità ad Enea.
Eleno profetizzò ad Enea che avrebbe dovuto costruire la sua città sulle  rive di un fiume di una remota costa dell’Italia proprio nel luogo dove egli  avesse visto un bianco cinghiale allattare trenta cuccioli. Diede poi consigli  su come evitare i perigliosi scogli di Scilla e Cariddi e inoltre gli raccomandò  di consultare la Sibilla Cumana. 
Ripresero il viaggio; grazie ai consigli di Eleno, riuscirono ad evitare il terribile stretto e le loro navi furono trascinate nella terra di Sicilia, ai piedi  dell’Etna dove vivevano i Ciclopi. Qui si imbatterono in un povero greco  coperto di cenci, di nome Achemenide che era stato dimenticato da Ulisse  in quella terra per la fretta di fuggire. 
Egli lì scongiurò di abbandonare quei posti poiché la ferocia del ciclope  Polifemo era terribile. 
Essi ebbero appena il tempo di levare le ancore che già Polifemo stava  chiamando a raccolta i suoi. 
Raggiunsero la costa settentrionale dell’isola e presso Trapani Enea assistette alla morte del padre stremato dalle fatiche. Tornati sulle navi, una  tempesta li portò sulle coste della Libia, dove incontrarono Didone.

martedì 11 febbraio 2020

Eneide Libro II

ENEIDE LIBRO II 
Didone lo invitò a palazzo e gli chiese di parlare delle sue avventure. Enea raccontò allora la presa di Troia. I Greci, fallito ogni tentativo di conquistare la città con la forza, erano ricorsi all’inganno. E così avevano costruito un immenso cavallo di legno, nel cui ventre avevano trovato posto valorosi soldati, e lo avevano lasciato alle porte di Troia, mentre il resto dei Greci aveva simulato l’abbandono di quella terra. I Troiani furono incuriositi dalla presenza di quel cavallo, ma Laocoonte, sacerdote di Poseidone, e Cassandra consigliarono loro di non fidarsi. L’attenzione si spostò poco dopo verso un drappello di Troiani che portava con sé un prigioniero greco che dichiarò di chiamarsi Sinone e di aver subito molte ingiustizie da parte di Ulisse, il quale tra l’altro avrebbe voluto sacrificarlo agli Dei prima della partenza. Egli raccontò come fosse riuscito ad evitare tale sorte e come fosse stato trovato dai Troiani, ai quali ora chiedeva pietà e compassione. Costui aveva così parlato per conquistarsi la fiducia di Priamo e per poterli informare sul significato del cavallo di legno. Infatti, alle domande di Priamo, egli rispose che il cavallo era un dono che i Greci avevano fatto ad Atena; era stato costruito di quelle dimensioni perché i Troiani non avesse- ro potuto portarlo all’interno delle mura, dal momento che se questo fosse accaduto la protezione della dea si sarebbe rivolta verso i Troiani. In quel momento uscirono dal mare due terribili serpenti che si avventarono contro Laocoonte e i suoi figli e li soffocarono. 
Questo fatto aiutò i Troiani a credere alle parole di Sinone e a pensare che la fine del loro sacerdote fosse stata voluta dagli Dei per punire la sua empietà. Senza indugio, abbatterono una porta della città e, trascinato con grosse funi, introdussero il cavallo all’interno delle mura. Calate le tenebre, Sinone si avvicinò al cavallo per liberare i suoi e con loro si precipitò poi verso le mura per uccidere le sentinelle, aprire le pesanti porte e dare così la possibilità al resto dei soldati, che aspettavano il segnale, di far ingresso in Troia. 
In un solo istante Troia fu invasa ed incendiata. 
Enea stava ancora dormendo quando gli apparve in sogno Ettore che lo esortò a fuggire; tale sogno lo fece destare e vide lo scenario di morte e devastazione. Capì allora l’inganno, prese il vecchio padre Anchise, la moglie Creusa e il figlio Ascanio e fuggi via. Enea non si voltò finché raggiunse il santuario di Demetra; qui si accorse che Creusa non era più con lui; tornò quindi sui suoi passi, ma le ricerche furono vane e ad un tratto vide il fantasma della moglie che lo invitava ad andare verso il destino che lo attendeva.  

lunedì 10 febbraio 2020

Eneide Libro I

ENEIDE 
Poema epico di Publio Virgilio Marone (70-19 a. C.) diviso in dodici libri, iniziato nel 29 a. C. e lasciato incompiuto. i primi sei libri trattano le peregrinazioni di Enea da Troia verso l’italia; gli ultimi sei trattano la conquista del Lazio da parte di Enea.  

ENEIDE LIBRO I 
Enea con i suoi compagni aveva abbandonato Troia in fiamme per dirigersi con le navi verso occidente. Erravano da sette anni per i mari, avversati dall’ira di Giunone; la dea, che durante la guerra di Troia aveva aiutato i Greci, tentava ora di affondare le venti imbarcazioni del troiano affinché non approdasse in Italia e non riuscisse a pone le radici di quella civiltà che ella voleva solo per Cartagine. 
Dopo questo lasso di tempo Enea sbarcò in Sicilia e da lì stava per dirigersi verso il Lazio, quando Giunone fece intervenire Eolo, re dei venti, affinché suscitasse una terribile tempesta. Enea e i suoi si salvarono a stento grazie al soccorso di Nettuno, che placò l’ira dei mari e permise loro di approdare sulle coste della Libia. Venere, madre dell’eroe, andò allora dal figlio per avvertirlo che si trovava presso i Fenici, vicino alla città di Cartagine, dove regnava la regina Didone. Enea si recò allora nella città e chiese ospitalità alla regina che, per volere di Venere, si invaghì di lui.   

sabato 8 febbraio 2020

Quinario

Quinario 
moneta romana di argento dal valore di 5 assi, metà del denario che ne valeva 10. 
In epoca imperiale vi fu anche il quinario d’oro, che equivaleva a mezzo denario aureo.

Latino

Latino. 
Eroe eponimo dei Latini. La tradizione greca lo disse figlio di Circe e di Ulisse; la tradizione romana di Fauno e di Manca, ninfa di Minturno. Sempre secondo la leggenda latina, sarebbe stato re degli aborigeni del Lazio e avrebbe accolto Enea, offrendogli la figlia Lavinia in sposa, Ma la contrarietà della regina Amata, che voleva Lavinia sposa di Turno, un incidente di caccia occorso a Ascanio, e soprattutto il volere di Era ostile ad Enea, costrinsero Latino a dichiarare guerra ai Troiani; tuttavia il buon re si tenne in disparte e appena morì Turno concluse la pace. 
 Una leggenda dice che Latino sarebbe scomparso combattendo contro Mezenzio, re di Cere, e sarebbe divenuto il Giove Latino, venerato dalla Lega latina.

venerdì 7 febbraio 2020

Latini

Latini. 
 Popoli indoeuropei del gruppo italico, che abitavano il Lazio, in villaggi posti sulle alture e cinti da mura, per difendersi dai Sabini, popoli che scendevano dalla montagna. Di questi villaggi, i più forti assorbirono i più deboli e si formarono centri, quali Alba Longa, Tuscolo, Ariccia, Lanuvio, Tibur, Preneste, Gabi. Fidene, Ardea, Laurento e, fra gli ultimi, Roma. 
 Queste città avevano comuni istituzioni religiose e si radunavano sotto la supremazia di Alba Longa sul monte Albano, presso il santuario di Giove Laziale, dove in primavera si celebravano 1e feriae latinae; la lega delle città latine si mostrò dapprima ostile a Roma, che s’ingrandiva e diventava una pericolosa antagonista di Alba; però nel 493 ac. quando incombeva la minaccia dei Volsci e degli Equi, Roma e la lega strinsero una alleanza, che fu detta foedus Cassianurm Tuttavia i dopo la prima guerra sannitica, la lega latina si alleò, coi Campani contro Roma, ma fu vinta definitivamente, venne sciolta e Roma strinse patti separati con le singole città, alcune delle quali ottennero la cittadinanza romana, altre la cittadinanza senza il diritto di voto (CERITI), altre vennero considerate colonie latine; così pure colonie sul tipo di quelle latine vennero fon- date anche fuori del Lazio . 
 Dopo la guerra sociale le colonie latine ebbero la cittadinanza romana, insieme con le città della regione cispadana, mentre le città della Gallia Transpadana ebbero il diritto latino. Poi il diritto latino fu concesso alle province, fino all’editto di Caracalla in seguito al quale la cittadinanza romana fu concessa a quasi tutto l’impero e queste distinzioni scomparvero