giovedì 18 giugno 2009

Dal Palatino ai Fori Imperiali visite ai gioielli dell´antichità

Dal Palatino ai Fori Imperiali visite ai gioielli dell´antichità
SARA GRATTOGGI
GIOVEDÌ, 18 GIUGNO 2009 LA REPUBBLICA - Roma

Nelle "notti Flavie" una mongolfiera illuminerà il Colosseo

Sono luoghi da tempo inaccessibili, lontani dal cuore dei romani perché da tempo nascosti ai loro occhi. Siti incantevoli, ma "dimenticati", che la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha scelto di valorizzare con un ciclo di aperture straordinarie nell´ambito dell´iniziativa "Archeologia d´estate", in programma da oggi fino a fine luglio e - dopo la pausa di agosto - anche a settembre.
Una mappa di gioielli dell´antichità, che dal Palatino arriva al Foro Romano. E che svelerà, a giorni alterni, la Casa di Livia (tutti i martedì), la Casa dei Grifi (tutti i martedì e giovedì), la Loggia Mattei con i dipinti dell´Aula Isiaca (tutti i giovedì), l´Oratorio dei Quaranta Martiri e il Tempio di Romolo (tutti i venerdì). «Un´iniziativa resa possibile dalla disponibilità dei dipendenti della Soprintendenza - spiega l´archeologa Valentina Di Stefano - che hanno deciso di destinare a questo progetto di pubblica fruizione dei fondi ministeriali destinati a loro». Un impegno per l´intera città, che altrimenti non avrebbe potuto visitare questi siti, «chiusi per il resto dell´anno per mancanza di addetti alla vigilanza e all´accoglienza», come ha ricordato il Soprintendente Angelo Bottini.
Le iniziative di "Archeologia d´estate", però, non si fermano qui. E continuano, dopo il tramonto, con le spettacolari "Notti Flavie": visite guidate alla mostra "Divus Vespasianus", nella cornice di un Colosseo illuminato per l´occasione da una speciale mongolfiera che ricorda la luna piena. E ancora, spettacoli serali a ingresso gratuito nelle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, in programma per i prossimi venerdì di giugno, luglio e settembre. Se i cortili di Palazzo Massimo e Palazzo Altemps diventeranno teatro di concerti di musica classica o barocca, di cori a cappella e di tango argentino, alla Crypta Balbi sarà possibile scoprire gli scavi di un intero quartiere tardo romano. Mentre alle Terme di Diocleziano sarà il visitatore a scegliere l´opera di cui vuole conoscere e approfondire la storia, con l´aiuto dei fotografi e degli archeologi della Soprintendenza, nell´ambito degli incontri intitolati "Il museo che vorrei. Scelgo e scopro". Per il calendario completo degli eventi è possibile consultare il sito della Soprintendenza: archeoroma.beniculturali.it.

mercoledì 17 giugno 2009

Il dio Mitra rubato a Veio recuperato in un fienile "Era destinato al Giappone"

Il dio Mitra rubato a Veio recuperato in un fienile "Era destinato al Giappone"
CARLO ALBERTO BUCCI
MERCOLEDÌ, 17 GIUGNO 2009 LA REPUBBLICA -- Roma

In restauro al Museo di Villa Giulia. Ora si cerca il luogo in cui si trovava la scultura

Dopo l´Apollo e l´Ercole, un´altra star arriva da Veio per brillare al museo di Villa Giulia. È Mitra - raffigurato mentre uccide il toro sacrificale il cui sangue dà l´immortalità - e bello come un dio etrusco. Nonostante appartenga ormai alla Veio romanizzata. E ai misteri del culto mitraico dell´età imperiale, testimoniato anche dal mitreo di Vulci. La nuova, temporanea acquisizione del Museo etrusco è dovuta all´operazione di intellingence del Gruppo tutela patrimonio della Guardia di finanza che, a marzo, grazie alla soffiata di un antiquario deluso e all´uso sapiente delle intercettazioni, ha messo le mani sul rilievo della metà del II secolo d. C., straordinario per dimensioni, conservazione e fattura.
Scolpita in un blocco di marmo di Carrara di 155 centimetri per 160, l´opera era ricoverata in una masseria vicino a Veio. Ed era stata illegalmente scavata nel centro antico della città etrusca alle porte di Roma. Quattro le persone denunciate al termine delle indagini coordinate dal pm Paolo Giorgio Ferri, tra cui due intermediari che stavano trattando per vendere a 500mila euro la scultura in Giappone passando per gli Emirati Arabi; senza però l´angolo in alto a destra, con l´immagine del carro della luna, che è stato trovato in un altro luogo, sempre a Veio, e che sarà riattaccato al blocco principale.
«Ora torneremo sul luogo dello scavo clandestino - spiega Anna Maria Moretti, soprintendente archeologo per l´Etruria meridionale - per cercare il mitreo dal quale è stato estrapolato il rilievo, al quale si stanno dedicando i restauratori in delicate operazioni di pulitura». Il cantiere è a vista nel ninfeo della villa di Giulio III. Poi, con l´arrivo dell´inverno, sarà ricoverato nell´ala del museo «che riapriremo a settembre», spiega Moretti.
L´opera è eccezionale anche per la complessa allegoria. Ai fianchi del gruppo con Mitra, il dio Sole, ci sono i due dadofori Cautes e Cautopates, il sole nascente e il sole che tramonta, a disegnare così l´arco del giorno. Ai loro piedi, un cane un serpente e uno scorpione con le chele avvinte ai testicoli del toro. Infine, il corvo, il primo dei sette gradi iniziatici del culto al dio dal cappello frigio, importato a Roma dall´Oriente e osannato dai legionari. Unico sfregio importante al marmo, i graffi della benna maldestramente usata dai ladri per girare la lastra.
Il parco di Veio in balia dei ladri? «No, ma dobbiamo delimitare l´area archeologia» spiega il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro. Che poi annuncia: «La vera emergenza è però il parco dell´Appia Antica, oggetto di attacchi continui da parte dell´abusivismo edilizio, e ora priorità del piano di rilancio dell´archeologia romana, insieme con il Palatino e il Colosseo che va restaurato e protetto da una cancellata, sebbene non potrà estesa a tutta la piazza come speravamo».

Pozzuoli, nuovi tesori antichi

Pozzuoli, nuovi tesori antichi
BIANCA DE FAZIO
MERCOLEDÌ, 17 GIUGNO 2009 LA REPUBBLICA -- Napoli

Gli archeologi impegnati negli scavi a Pozzuoli hanno riportato alla luce dodici sculture: teste, busti e frammenti
E intanto da sabato prossimo e fino al 13 settembre riprenderanno le visite aperte
I reperti sono tutti di età romana, probabilmente dell´età giulio-claudia. Tra gli oggetti più preziosi, la testa dell´imperatore Tito cinta di alloro e la Gorgone. "L´area dei ritrovamenti è compresa fra due decumani", spiegano gli archeologi

L´imperatore Tito ha il capo cinto d´alloro. Il naso, la fronte ed il mento sono danneggiati, ma i tratti del viso sono inconfutabilmente i suoi. L´imperatore che per Svetonio era «amor ac deliciae generis humani», il generale sotto il cui comando non fu emessa alcuna condanna a morte, il principe che con le proprie ricchezze contribuì a risollevare la popolazione colpita dall´eruzione del Vesuvio, è spuntato fuori, a Rione Terra, da un cunicolo idrico. Era in buona compagnia, l´imperatore: un´amazzone, la Gorgone, e altri due nobiluomini romani. Dodici sculture in tutto, teste maschili e femminili, busti panneggiati e frammenti decorativi di strutture architettoniche. Si arricchisce di nuovi reperti l´antico tesoro che Rione Terra sta restituendo agli archeologi impegnati negli scavi a Pozzuoli.
La Soprintendenza archeologica speciale di Napoli e Pompei ha deciso, ieri, di rendere pubblici i nuovi ritrovamenti, frammenti di una storia, della storia culturale e architettonica di Rione Terra, ancora da raccontare nelle sue mille sfaccettature. Frammenti ora custoditi nei depositi dell´Anfiteatro di Pozzuoli, che il grande pubblico potrà vedere quando ci sarà, finalmente, il Museo della Città di Pozzuoli a palazzo De Fraia, che ripercorrerà la storia della città ed avrà una sezione archeologica.
E mentre gli archeologi continuano a scavare, riprendono le visite a Rione Terra (ferme dall´autunno) organizzate dalla società Scabec: dal prossimo sabato, fino al 13 settembre, ogni sabato e domenica, dalle 10 alle 19, si potranno scoprire angoli e scorci del Rione Terra lungo un percorso che prevede visite guidate (partenza ogni mezz´ora) in italiano, ma all´occorrenza anche in inglese e in francese. Quattro euro è il costo del biglietto intero - due euro per il ridotto - ma il suggerimento è di telefonare per prenotare la visita, chiamando il numero 848 800 288 (06 3996 7050 dai cellulari).
Ma torniamo ai ritrovamenti; testimonianze, se ancora ce ne fosse bisogno, della ricchezza dei Campi Flegrei e dell´impegno che dal ‘93 sta qui profondendo la Sovrintendenza, con i suoi scavi. Stavolta le sorprese sono giunte dal versante sud della collina, dove, secondo gli studiosi, sorgevano alcuni edifici pubblici, probabilmente delle terme, ed alcune domus che affacciavano sul mare. «L´area dei ritrovamenti è compresa tra due decumani - spiega l´archeologa Costanza Gialanella, responsabile degli scavi nella zona - quello di via Villanova più a Nord, di cui si è messo in luce buona parte del tracciato e un altro, più a Sud, di cui è stato scavato solo un breve tratto». I materiali ritrovati provengono, con ogni probabilità, da più di un edificio monumentale, da un insieme archtettonico, in parte risalente all´età repubblicana, cui vennero almeno parzialmente sottratti alcuni apparati decorativi. Ecco, infatti, un bel po´ di testimonianze architettoniche marmoree che costituivano zoccolature, cornici, colonne, lastre di rivestimento, capitelli, pavimenti ed antefisse (elementi della copertura dei tetti che si trovavano sulla testata delle travi o a chiusura dei canali delle tegole), una delle quali rappresenta la Gorgone. E poi iscrizioni, altorilievi, frammenti di statue equestri e gruppi. Se una delle teste maschili è di età tardo repubblicana, quelle femminili raccontano di un´amazzone e di un´imperatrice di tarda età giulio-claudia.
Il contesto dei ritrovamenti, afferma la Soprintendenza, comprende, sul lato Nord del decumano di via Villanova, un ambiente quadrato che deve aver subito una storia edilizia, cominciata in età repubblicana, di varie ristrutturazioni e di progressivi adattamenti. Da lì parte una «comoda rampa con gradini rivestiti di cocciopesto che conduce a cunicoli ipogei». Si tratta di cunicoli inizialmente destinati a raccogliere le acque che giungevano dalla piazza del foro. Poi cancellati con una colmata di macerie, frammenti architettonici e sculture, appunto, mischiati alla terra. «Le dinamiche, le modalità e il momento della colmata, potranno essere chiariti - conclude la Soprintendenza - solo dopo il completamento dell´indagine, ancora in corso. È verosimile che, data la notevole dimensione dei reperti, essi siano stati scaricati da un pozzo di ispezione che si apre sulla terrazza superiore, davanti al tempio di Augusto, dove è ubicato il foro con gli edifici pubblici».

Trovate 12 sculture a rione Terra di Pozzuoli

Trovate 12 sculture a rione Terra di Pozzuoli

Dodici sculture, teste maschili e femminili, busti panneggiati, frammenti di altorilievi, sono i nuovi tesori emersi dal Rione Terra di Pozzuoli (Napoli) dove sono in corso gli scavi della Soprintendenza archeologica speciale di Napoli e Pompei. In particolare oltre alla testa dell’Imperatore Tito con lauro sul capo, sono emerse altre due teste maschili di cui un frammento di ritratto di età tardo repubblicana. Due le teste femminili, una forse di amazzone del II sec d.C, l’altra ritratto di imperatrice di età giulio claudia tarda. E ancora: una antefissa di Gorgone del II sec, quattro torsi tra cui una statua femminile panneggiata, una di togato; un altorilevo con due figure, il frammento di un cavallo. Il contesto dei ritrovamenti comprende, sul lato Nord del decumano di via Villanova, un ambiente, a pianta quadrata, che mostra traccia di una complessa storia edilizia, con ristrutturazioni ed adattamenti successivi. La fase più antica è di età repubblicana con rifacimenti successivi in opera reticolata.
http://www.gazzettadiparma.it/primapagina/dettaglio/5/22105/Trovate_12_sculture_a_rione_Terra_di_Pozzuoli.html

martedì 16 giugno 2009

Nei sotterranei di Catone antiche mura, giardini e i graffiti degli schiavi

Nei sotterranei di Catone antiche mura, giardini e i graffiti degli schiavi
CARLO ALBERTO BUCCI
La Repubblica 08-06-09, ROMA

I sotterranei della villa romana che i Borghese nel Seicento spianarono per farci la tenuta di caccia ai Castelli (il "Barco"), svelano un nuovo aspetto della loro straordinaria, misconosciuta storia: le firme e i numeri che due schiavi, Amarantus e Ingenuus, scrissero o si fecero scrivere a carboncino sulla parete per tenere la contabilità del deposito di marmi necessari alla domus con vista sulla Città Eterna. Queste preziose testimonianze sulla scrittura in età imperiale e sul cantiere della dimora costruita a partire dal primo secolo a.C. nei quattro ettari oggi compresi nei confini di Monte Porzio Catone, sono la nuova attrazione delle visite guidate che il Comune ha organizzato da ieri aprendo un nuovo percorso all' interno della sterminata sequenza di ambienti sotterranei (180 in tutto) che, coperti da monumentali volte a sesto ribassato, furono costruiti con lo scopo di creare una spianata addossata al declivio. Per ospitare la villa di un ignoto, facoltoso, padrone. E il suo Belvedere, ancora mozzafiato, su Roma. Studiate dall' epigrafista Claudia Lega, le scritte a carboncino riportano, tra l' altro, il numero di due partite di marmo uscite dai sotterranei in due giorni successivi del luglio di un anno imprecisato. E il fatto che la misura sia il modius, il moggio, impiegato per il peso del frumento, ha fatto capire agli studiosi «che dalla ratio marmoraria usciva anche polvere di marmo, fondamentale per gli intonaci di lusso», spiega l' archeologo Piero Giusberti, assessore alla Cultura di Monte Porzio Catone. Inserito nel "Polo museale urbano" diretto da Massimiliano Valenti, il "Barco Borghese" ha tutti i numeri per diventare la Domus Aurea dei Castelli. Il tesoro di questo sito non sono gli stucchi e gli affreschi d' età neroniana. Ma l' umile, spartano, romano repertorio di tecniche murarie (dall' opus incertum all' opera reticolata, dallo spicato nei pavimenti per rendere impermeabile la cisterna all' opera mista delle pareti issate per contenere i crolli avvenuti in una serie di ambienti) messe in opera con grande perizia tecnica, nonostante muri, contrafforti e volte in calcestruzzo a dieci metri d' altezza fossero nate per non essere ammirate da nessuno. «Guardi questa intera parete tirata su con tegole dalla parte dell' ala - fa notare Giusberti - è un esempio unico. E guardi come il manovale, sebbene lavorasse per un' opera sotterranea e non accessibile, qui ha fatto la stilatura nel letto di malta». Il monumento è stato riconsegnato alla collettività nel 2006 (grazie ai fondi concessi per il Giubileo e ai finanziamenti di Regione, Provincia e Comune) dopo una battaglia per liberare le "grotte" davanti alla villa di Mondragone dalla presenza dei coltivatori che, per tutto il ' 900, hanno coltivato funghi e realizzato devastanti buchi nelle pareti per passare da una cella all' altra. Adesso si sogna di trasformare i sotterranei della villa di Monte Porzio Catone in museo del muro romano: un omaggio alla sapienza degli antichi muratori e carpentieri di Roma, i "geni" del calcestruzzo.

Un tetto high-tech nel cuore del Foro salverà il Lapis Niger dove morì Romolo

Un tetto high-tech nel cuore del Foro salverà il Lapis Niger dove morì Romolo
CARLO ALBERTO BUCCI
MERCOLEDÌ, 10 GIUGNO 2009 LA REPUBBLICA - Roma

Lavori al via a luglio E per la ricostruzione virtuale del Foro romano c´è l´idea di usare le "tabernae"

Una volta rimosso il solaio in cemento torneremo a scavare questo tesoro, il cuore politico della città

Un tetto high-tech di tubi d´acciaio e pannelli trasparenti - grande 400metri quadrati e realizzato usando come pilastri centinaia di sacchetti di sabbia per evitare di dover scendere con pilastri nel cuore del Foro romano - permetterà da luglio di coprire, e al contempo scoprire, l´area sotterranea inondata dalle acque nere il 28 ottobre 2008 quando la cloaca maxima straripò. Stiamo parlando del Comizio, davanti alla Curia, il luogo dove, narra la leggenda, Romolo morì colpito da un fulmine. E dove il mito e le vicende di Roma si stratificano in pochi metri, sommando culti ancestrali a straordinarie testimonianze, come l´ara del lapis niger o il cippo della lex sacra: un´iscrizione bustrofedica del 560-550 a. C., la più antica di Roma.
«Siamo tra Campidoglio e Palatino, nel cuore politico della città e dell´Occidente» spiega Patrizia Fortini, l´archeologa della Soprintendenza statale che, a partire da settembre, rimetterà le mani al sito scavato alla fine dell´Ottocento, quindi indagato negli anni Sessanta e caratterizzato dall´altare arcaico, «all´interno del quale sgorga ancora una fonte, sacra ai romani». Ma prima dell´indagine archeologica c´è da mettere in sicurezza il prezioso tesoro sommerso. Che è minacciato non solo dalle esondazioni della fogna antica - usata (assurdo ma vero) ancora oggi dai romani - ma anche dalla copertura in cemento armato, che si sta sgretolando. «Per rimuoverla - spiega l´architetto della Soprintendenza, Pia Petrangeli - con l´ingegner Alessandro Bozzetti abbiamo progettato un carro-ponte che ci permetterà di staccare blocchi del peso di una tonnellata e mezza e di trasportarli sui binari fuori dall´area, senza mettere in pericolo i resti sottostanti. E questo anche grazie all´uso di una sega ad aria, invece di quella ad acqua che inonderebbe l´altare, il cippo e gli altri monumenti sotterranei».
Il piano (costo complessivo 300mila euro, dal budget della Soprintendenza) prevede che un camioncino arrivi sulla via Sacra per portarsi via, entro fine luglio, il solaio pericolante fatto a pezzi. Poi entreranno in azione gli archeologi, in attesa che sia bandito il concorso di idee per stabilire una copertura definitiva del luogo sacro. Intanto, resterà in piedi il carro-ponte trasparente, per un cantiere aperto che prevede, sul tetto, la riproduzione a grandezza naturale (da osservare dal Campidoglio o dalla chiesa dei santi Luca e Martina) del sito sotterraneo dove l´umidità è alta per la presenza di una falda, di una fonte e delle condutture della fogna. «Il microclima è stato monitorato dalla Cistec e ci ha permesso di capire che non va alterato perché ha fatto sì che le strutture antiche si mantenessero bene» spiega Petrangeli. Che annuncia: «Di solai in cemento ne abbiamo da togliere altri tre. Alla Domus Transitoria, alla Tiberiana e alla basilica Giulia». E poi rivela: «Molti turisti ci chiedono ricostruzioni virtuali. È solo un´idea, per adesso, ma abbiamo pensato che le tabernae lungo la via Nova potrebbero ospitare la vita dell´antica Roma in versione digitale».

Lapis Niger sarà presto ‘restituita’ ai romani

Lapis Niger sarà presto ‘restituita’ ai romani
di Maria Giulia Mazzoni
Edizione n. 2203 del 10/06/2009 ITALIA SERA

Ieri l’apertura dei cantieri al Foro Romano per portare alla luce una delle testimonianze più antiche della storia di Roma

Il "cuore del mondo" sta per essere restituito al grande pubblico dopo secoli di coperture e occultamento. Al centro del Foro Romano, tra la Curia Senatus e l'Arco di Settiminio Severo, all'ombra del Campidoglio, sta partendo il complesso cantiere per smantellare i trecento metri quadrati di solaio in cemento armato degli anni '50 e riportare alla luce il complesso archeologico del cosiddetto "Lapis Niger", che comprende al livello di pavimentazione attuale l'area recintata a vista delle famose pietre di marmo nero con striature bianche, il vero "lapis niger", e nella parte sottostante conserva le testimonianze più antiche della storia di Roma. "Il solaio sta praticamente cedendo. Lo abbiamo dovuto puntellare da almeno un anno. La forte umidita' dell'area sotterranea ha corroso i ferri mettendone a serio rischio la stabilita' - racconta a Omniroma la responsabile del procedimento e direttore dei lavori Pia Petrangeli – Dobbiamo pertanto rimuovere d'urgenza il solaio".
Per farlo, una soluzione tecnologicamente innovativa e avveniristica, usata per la prima volta nel contesto archeologico romano: "Stiamo montando una struttura a carro ponte - descrive Petrangeli durante il sopralluogo al cantiere - che fa perno su pilastri di sacchi di terra. Con una sega ad aria, per evitare che l'acqua filtri nella parte sottostante, taglieremo blocchi quadrati di cemento, che saranno imbracati e ancorati al carro e fatti scorrere fino ad un punto deposito dove saranno prelevati dal camion che li portera' via". Dopo la messa in sicurezza dell'area, a inizio luglio inizieranno i lavori di scoperchiamento per rivelare il cosiddetto Comitio e il complesso degli altari, ossia l'antica Area sacra che vanta resti del IX-VIII secolo a.C., con il famoso altare con al centro un bacino idrico legato alla sorgente e al culto dell'acqua, il tronco di colonna e il cippo con l'iscrizione bustrofedica databile al 570-560 a.C. "Un'iscrizione di lex sacra che detta norme sui compiti del rex - dice Petrangeli - che diventa a pieno titolo l'iscrizione più antica dopo che la Fibula prenestina è stata riconosciuta un falso".
I lavori di smantellamento, del costo di 300mila euro, sostenuti dalla Soprintendenza archeologica, dureranno circa tre settimane e, dopo la pausa di agosto, a settembre inizieranno gli scavi e le indagini stratigrafiche. Nel frattempo la Soprintendenza lancia un concorso di idee internazionale per la futuro copertura dell'area.

La tomba di Romolo rivede la luce

La tomba di Romolo rivede la luce
Sergio Rinaldi Tufi
Il Messaggero 11/06/2009

UN PASSO dello scrittore latino Finto, che purtropposi è conservato solo in parte, afl'erma «La pietra nera nel Comizio (niger lapis in Carnitia) indica un luogo funesto, perché destinato alla morte di Romolo». Festo scrive nel Il secolo d.C., e la realtà di cui parla è una pavimentazione in marino nero che spiccava nel lastricato in travertirio bianco della piazza del Foro: lastricatocheèquello ancor oggi visibile, realizzato nell'ambito dei lavori di risistemazione promossi da Augusto dopo un noto incendio del 9 a.C. La pavimentazione nera fu in effetti rinvenuta nel 1899 presso i Rostri, la Curia e apiiunto il Cornitiurn, aritichissimo (e pi volte rifatto) edificio circolare che era ilcentro politico della città. Ma che cosa c'è sorto quella pietra nera? Abbiamo davvero a che fare con Romolo? La pietra nera appartiene, per la precisione, a una risistemazione precedente a quella di Augusto, probabilmente quella realizzata da Sitia attorno all'SO a.C.: se all'epoca di Augusto stesso fu preservata, continuando a tenere sigillato e protetto quello che c'era sotto anche a costo di renderlo impraticabile, significa che era qualcosa di particolarmente venerabile. Lo scavo recuper in profondità il complesso monumentale, sia pur frammentario, che oggi si vuoI rendere pi agevolmente accessibile: un altare a tre ante, un tronco di colonna, un cippo iscritto. L'iscrizione sulle quattro facce del cippo è il documento pi significativp, decisamente straordinario. E un testo in latino antichissimo (VI secolo a.C.) scritto bustrofedicamente : una riga dall'alto verso ilbasso, la seconda dal basso verso l'alto e così via. Uno dei pochi passaggi chiari è un'inquietante maledizione: «Chiunque violerà questo luogo sia consacrato agli dei infernali». In un altro passaggio si parla di un re (nominandolo al dativo: recei ). Quanto alla colonna, secondo Filippo Coarelh (che si è in pi occasioni occupato deimonumenti del Foro) poteva essere destinata a sostenere una statua: un tipo di onoranza per personaggi emmenti in uso a Roma fm da tempi remoti. Siamo dunque in un luogo sacro, caratterizzato come tale da un altare e addirittura protetto da una formula di maledizione; un luogo in cui si nominaun re e in cui probabilmente si dedica una statua. A questo punto, possiamo dare ragione a Festo: il destinatario del culto potrebbe essere davvero Romolo, eroe fondatore e primo re di Roma. Anzi, secondo Festo esisteva addirittura un nesso con la sua scomparsa. E anche di questo c'è qualche conferma, Un altro autote, Plutarco, dice che Romolo fu ucciso presso il Volcanal (luogo di culto di Vulcano), e da altri, fra cui Plinio il Vecchio, sembra si possa ricavare l'indicazione che il Volcanal coinciidesse proprio con il Lapis Niger. In dicazione rafforzata dal fatto che, poco distante, si rinvenne un'iscrizione di età augustea con dedica a Vulcanu (evidentemente quel culto elbbe lunga vita). Qui, dunque, non solo Romolo era veneratto, ma era qui che, secondo la tiradizione, aveva trovato la morrte, per poi sparire in cielo.

Statue parlanti: al via il restauro di Madama Lucrezia

Statue parlanti: al via il restauro di Madama Lucrezia
MARIA GRAZIA FILIPPI
Messaggero (Roma) 15/06/2009

E ora tocca a Madama Lucrezia. Dopo l'Abate Luigi, che a fine giugno a piazza Vidoni verrà spacchettato dai ponteggi che lo hanno custodito durante questo mese e mezzo di restauro, da oggi sarà la volta del colossale busto marmoreo femminile, quasi completamente sfigurato dalle intemperie, che dall'angolo di piazza San Marco domina l'Altare della Patria. L'intervento di restauro conservativo di Madama Lucrezia fa parte del progetto di recupero delle quattro statue parlanti di Roma che dopo l'Abate Luigi e la matrona romana continuerà con il recupero delle statue del Facchino e del famoso Pasquino. Un'iniziativa dell'Associazione Abitanti Centro Storico che ha l'obiettivo di recuperare monumenti del cuore di Roma per renderli maggiormente fruibili dai cittadini. «Regione, Provincia e Primo Municipio ci hanno sostenuto in quest'avventura - spiega il presidente dell'associazione abitanti del centro storico Viviana di Capua - con loro anche un gruppo di sponsor privati: Cam Edilizia, Fit e Saba Italia. Con circa 100 mila euro di fmanziamenti riusciremo a restaurare le quattro statue parlanti che a Roma vantano una lunga tradizione: sono le statue sotto le quali i romani deponevano delle tavolette di satira politica che punzecchiavano i potenti di allora». A dirigere i lavori Giulia Ghia, storica dell'arte e restauratrice che ha anche curato il progetto d'intervento. «I lavori effettuati sulla statua dell'Abate Luigi, in accordo con la Sovrintendenza, sono ormai quasi alla fine - spiega la Ghia - ancora pochi giorni per le ultime stuccature e per il protettivo «L inten'ento e poi si potranno togliere i pei quattro sculture ponteggi. Nel frattempo la Sovrintendenza sta studian- note per le tavolette do le novità emerse dai lavori che forse potrebbero spostare dal III al II secolo d C. la datazione della statua. Un'importante novità che, se fosse confermata, sarebbe emersa proprio grazie a questi lavori». Per Madama Lucrezia oggi intanto si parte con l'allestimento dei ponteggi. «Le intemperie a cui è stata esposta in questi anni hanno provocato un forte dilavamento del viso - conclude la restauratrice - della testa infatti rimane ben poco, mentre sul retro è ancora visibile parte dell'acconciatura. Inoltre nella parte bassa ci sono diverse grappe di metallo. Questo secondo restauro quindi potrebbe essere un po' più complicato del primo».

Villa da sogno, set imperiale

Villa da sogno, set imperiale
PAOLO CONTI
Corriere della Sera 16/06/2009

«Villa Adriana corrisponde a un grandioso set televisivo di oggi. A quei tempi si 'tra­smetteva' in diretta la splendi­da vita dell’imperatore, così co­me era avvenuto prima nelle Domus Palatine di Roma, la Au­gustana e quella Tiberiana. Di­ciamo che villa Adriana è un set imperiale...» Andrea Carandini, grande ar­cheologo e straordinario affabu­latore (oltre che presidente del Consiglio superiore dei beni culturali) riesce con l’immedia­tezza di uno slogan (il «set im­periale »), a restituire ai contem­poranei il grandioso fotogram­ma di villa Adriana: un irripeti­bile sfondo per la colta fantasia di Adriano, imperatore e gran­de viaggiatore, intellettuale tor­mentato ed eclettico, figu­ra- chiave non solo politica del­la sua era.

Basta una manciata di cifre per restituire il giusto profilo al­l’irripetibile impresa: cantieri aperti dal 118 al 134 dopo Cri­sto, trecento ettari di estensio­ne (oggi ne conosciamo poco più della quinta parte), una stra­tegica collocazione tra la via Prenestina e la via Tiburtina, un pianoro ricco di acque e pun­to di convergenza di ben quat­tro acquedotti (Anio vetus, Anio Novus, Aqua Marcia, Aqua Claudia), una collezione probabilmente di quattrocento statue. E ancora. Due distinte strutture termali, il suggestivo Teatro marittimo (con una pic­cola isola sulla quale sorgeva una villa in miniatura, autenti­co eremo di Adriano, collegato alla terra ferma con un ponte mobile). Il Complesso del Peci­le, cioè la ricostruzione del Por­tico dipinto di Atene, centro cul­turale e politico della capitale greca. Quindi il Canopo, sugge­stivo bacino d’acqua che testi­monia l’amore di Adriano per il «suo» Egitto, terra dove trovò la morte il suo amatissimo favo­rito Antinoo. Insomma, una au­tentica città delle meraviglie.

Carandini ha un cruccio: «Villa Adriana è straordinaria già così come la conosciamo. Ma proprio per questo merite­rebbe una campagna di studi e di ricerche molto approfondi­ta. Basti dire che l’intera area dell’Accademia, per esempio, è incredibilmente ancora in ma­ni private, quindi sottratta a ogni studio. Numerosi edifici non sono ancora scavati, così come i passaggi sotterranei de­stinati alla servitù». Quindi una campagna di scavi? «Sì, ma non solo. Esistono oggi mo­dernissimi strumenti non inva­sivi, come il georadar, che con­tribuiscono molto concreta­mente alla ricerca. Un’operazio­ne del genere ci metterebbe nel­le condizioni, per esempio, di conoscere definitivamente l’estensione della villa. Baste­rebbe allestire un gruppo di la­voro ». Perché il puzzle di villa Adriana è ancora troppo incom­pleto e sporadico, sostiene Ca­randini, perché il suo disegno architettonico e intellettuale (Adriano intervenne personal­mente a più riprese nella pro­gettazione) possa essere com­preso e decodificato: «Sarebbe impossibile comprendere Ver­sailles senza il Petit Trianon e senza i giochi d’acqua delle fon­tane. Lo stesso avviene per vil­la Adriana, la cui conoscenza è ancora troppo lacunosa».

Ma come mai villa Adriana riesce, caso forse più unico che raro, a farsi palcoscenico di fe­stival e rappresentazioni teatra­li senza perdere la propria iden­tità né mettere a repentaglio l’integrità?

Risponde Marina Sapelli Ra­gni, soprintendente ai Beni ar­cheologici del Lazio e quindi di­retta responsabile del meravi­glioso parco archeologico: «Gli spazi sono fortunatamente mol­to ampi, i corpi architettonici sono inseriti in una tessitura di verde molto articolata. E tutto ciò consente sia la collocazione delle strutture per gli spettacoli che i servizi per gli spettatori. Noi siamo soddisfatti sia per la qualità del festival che per l’af­flusso di pubblico». In quanto al futuro, cioè alle campagne di scavi per l’ulterio­re conoscenza della villa? «Ab­biamo in programma di conti­nuare e ampliare gli scavi e quindi il recupero nella zona della cosiddetta Palestra, dove si è intervenuti grazie ai fondi Arcus. Se si arrivasse alla con­clusione, la zona potrebbe esse­re collegata al Teatro greco e of­frire un percorso ben più am­pio alla visita. Ora abbiamo avanzato la richiesta per altri fondi Arcus, circa due milioni di euro. Ci auguriamo di otte­nerli ».

Perché il problema è sempre quello, ovvero economico, e il nodo dei tagli decisi dalla legge finanziaria per le spese correnti dei ministeri incide fortemente sulla tutela quotidiana persino di un bene straordinario come villa Adriana, Patrimonio Une­sco dell’Umanità dal 1999: «Per ora siamo veramente al limite, basterebbero pochi euro di me­no per rendere impossibile l’uso della villa».

Un esempio? «Il più ovvio e banale. Se non potessimo più garantire il taglio ordinario del­l’erba con la semplice manuten­zione ordinaria del verde, do­vremmo ridimensionare ampia­mente le aree aperte al pubbli­co. E sarebbe un vero peccato». Anzi, a dirla tutta, sarebbe un autentico delitto culturale.

lunedì 15 giugno 2009

Nell’anima etrusca

La Repubblica 15.6.09
Una rassegna al museo di Grosseto
Nell’anima etrusca
di Giuseppe M. Della Fina

GROSSETO. «La lotta fra Romani ed Etruschi fu più che una guerra di religione: fu una guerra di anime. Roma prevalse, ma qualcosa della romantica anima etrusca è rimasto, come una nube leggera». Così scriveva Alberto Savinio, e proprio agli Etruschi, anzi al loro periodo di maggiore splendore, è dedicata la mostra «Signori di Maremma. Elites etrusche fra Populonia e Vulci» allestita all´interno del Museo Archeologico e d´Arte della Maremma (sino al 31 ottobre). L´esposizione, curata dalle archeologhe Carlotta Cianferoni, Maria Grazia Celuzza e Simona Rafanelli, è incentrata sulla fase orientalizzante dell´Etruria tra gli ultimi decenni dell´VIII e primi del VI secolo a. C. e caratterizzata dalla piena affermazione di una ristretta aristocrazia.
L´attenzione è sulle aristocrazie di Populonia e Vetulonia, di una città-stato di cerniera come Roselle e d´importanti centri dell´interno quali Marsiliana d´Albegna, Poggio Buco e Pitigliano. Oltre duecento reperti provenienti per lo più da corredi funerari ricuperati nelle monumentali tombe gentilizie offrono l´immagine di aristocratici pienamente consapevoli, anzi orgogliosi del proprio ruolo di primissimo piano nella società del tempo con un´apertura rivolta verso il mondo greco e fenicio-punico. Da quest´ultimo venivano oggetti preziosi che risentivano l´influenza di soluzioni tecniche e stilistiche elaborate nel Vicino Oriente e veicolate dalle navi fenicie e cartaginesi; dal mondo greco provenivano sempre oggetti di lusso, ma soprattutto valori alla base di un´ideologia che continuò ad essere vitale in Etruria anche quando era già tramontata in Grecia e nelle aree ellenizzate del Mediterraneo.
Populonia è rappresentata soprattutto dal corredo funerario, esposto pressoché nella sua interezza, della tomba dei Flabelli. Si possono osservare, per la prima volta insieme, i due utensili che danno il nome al monumento: sono in bronzo e presentano una decorazione ottenuta a sbalzo; notevoli sono anche due armature complete con elmi e schinieri e un servizio di vasi bronzei per il banchetto e il simposio. La documentazione di Vetulonia è affidata al corredo della tomba del Duce che comprendeva, fra l´altro, un´urna cineraria in argento decorata a sbalzo e vasellame in bucchero di alta qualità ad esaltazione della perizia dei ceramisti etruschi.
Una preziosa statuetta d´avorio ricoperta da foglie d´oro e raffigurante una divinità femminile è in grado da sola di suggerire la raffinatezza e l´apertura mediterranea dei principi di Marsiliana d´Albegna: l´opera, realizzata forse localmente, venne scolpita da un artigiano originario del bacino orientale del Mediterraneo e immigrato in Etruria. Da Roselle provengono reperti ricuperati in un ambito diverso da quello funerario: dall´area della cosiddetta «casa con recinto», in cui è stato riconosciuto uno dei più antichi edifici pubblici dell´Etruria con valenza sia civile che religiosa. I centri di Poggio Buco e Pitigliano sono documentati prevalentemente da ceramiche come grandi crateri in bucchero e singolari vasi d´impasto ornati da figurine plastiche.

giovedì 4 giugno 2009

Domus Aurea, due anni per salvare la reggia

Domus Aurea, due anni per salvare la reggia
CARLO ALBERTO BUCCI
La Repubblica (Roma) 04/06/2009

Il verde di Colle Oppio sarà sollevato come uno scalpo. Per permettere agli operai di salvare le volte della Domus Aurea, innanzitutto la magnifica Sala Ottagona, dalle infiltrazioni d´acqua attraverso la realizzazione di una nuova, più efficace impermeabilizzazione. Ma subito dopo - ossia tra almeno due anni - il prato e le piante torneranno a coprire e a proteggere le vestigia ipogee della principesca dimora di Nerone. Riprendendo però, nella disposizione dei giardini, la pianta delle terme traianee costruite sopra - come damnatio memoriae - la reggia dell´imperatore incendiario. Un piano, quello messo a punto dallo Stato, che prevede di liberare il parco di Traiano a Colle Oppio dall´assedio dei bus turistici. Ma anche dal passaggio del traffico cittadino.
«La pedonalizzazione di Colle Oppio è contemplata nel progetto che è stato presentato al Comune ed è un´operazione più facile della pedonalizzazione di via dei Fori imperiali», ha spiegato fiducioso il direttore regionale dei Beni culturali del Lazio, Luciano Marchetti, che, in qualità di commissario delegato per la messa in sicurezza della Domus aurea, ieri ha consegnato le chiavi del cantiere all´associazione temporanea di imprese vincitrice del concorso.
Con al fianco il sottosegretario Francesco Giro e il soprintendente archeologo Angelo Bottini, Marchetti ha dettato i tempi e le misure dell´intervento: lavori al via entro 20-30 giorni; completamento entro due anni al massimo; interventi su 2.600 metri quadri di edificio, rispetto ai 16mila dell´intero complesso; spesa di 3.300.000 euro, un quinto del budget complessivo (15 milioni) previsto per restituire ai visitatori le architetture, gli affreschi e gli stucchi scoperti come "grottesche" da Raffaello nel Cinquecento e da tre anni chiusi al pubblico per pericolo cadute di intonaco.
«Era il 2006 e non c´era il pericolo "crolli", ma sì la necessità di mettere in sicurezza le volte minacciate dalle infiltrazioni d´acqua e, naturalmente, proteggere il pubblico in visita: per questo chiudemmo» ha raccontao Bottini. In vista del traguardo di una «"Roma città aperta"», annunciata da Giro restituendo al pubblico «l´archeologia off limits: dal Palatino al Mausoleo di Romolo sull´Appia antica», per la Domus aurea si sta pensando anche a un´uscita diversa da aggiungere all´ingresso attuale: «Sì, sfrutteremmo un´altra delle gallerie romane realizzate come sostruzioni per gli edifici sovrastanti» ha annunciato Marchetti.
I resti delle terme di Traiano sono in parte oggetto di restauri. E i giardini di Colle Oppio verranno rimodulati, rispetto al disegno del Ventennio di Antonio Muñoz, facendo in modo che aiuole e stradine restituiscano il tracciato di ciò che è andato perduto degli antichi "bagni" costruiti per i romani interrando il primo piano della reggia di Nerone. «Il verde di Colle Oppio sarà una nuova ricchezza per la città» sostiene Bottini. «E permetterà anche ai resti della Domus Aurea di rimanere sotto terra, sfruttando quel microclima che ha consentito alle pitture di arrivare fino a noi e che non va assolutamente alterato».

martedì 2 giugno 2009

Rivive in un museo la «Cremona romana»

Rivive in un museo la «Cremona romana»
Silvia Galli
Corriere della Sera – Milano 1/6/2009

Aperto il museo archeologico con i reperti trovati in città
Mosaici, statue e fontane Rivive la «Cremona romana»

Anche Cremona ha il suo museo archeologico. Con l'inaugurazione di ieri, si conclude un iter lunghissimo, durato una ventina d'anni. Un «museo nel museo», perché la nuova e ampia sede è stata allestita negli spazi della basilica sconsacrata di San Lorenzo, complesso di valore storico, costruito nella seconda metà del dodicesimo secolo sui resti di un'altra chiesa del 986. L'esposizione, su una superficie di circa 6oo metri quadrati, ricostruisce scientificamente e rigorosamente la «Cremona romana» attraverso i materiali di vecchi e nuovi scavi. E stata Marina Volontà, conservatore del nuovo museo, a spiegare che il percorso «si divide sostanzialmente in due parti: una dedicata agli edifici pubblici, nella quale ritroviamo decorazioni architettoniche in marmo e terracotta, o i capitelli e le architravi del teatro che sorgeva in via Cesare Battisti. L'altra sezione invece è sulle domus, le case private con parte del materiale ritrovato durante gli scavi di piazza Marconi. Qui vengono mostrati gli oggetti d'uso quotidiano, gli affreschi e le decorazioni da giardino. Qualche esempio? La monumentale fontana o i pavimenti a mosaico a forma di labirinto, che occupano tutta la parte centrale della basilica. Sono datati tra la fine del primo secolo a.c. e l'inizio del primo d.c ». Tra i reperti anche la statua del Ninfeo e di Diana Cacciatrice, due vere rarità archeologiche. «L'ultimo scavo di Piaz za Marconi ha fatto riemergere reperti che sono serviti a dare una lettura più approfondita della storia della città», ha proseguito la conservatrice. Infine c'è la Cappella Meli, sempre all'interno della basilica, dove è ospitata una sezione riguardante la necropoli con corredi, letti funerari in osso trovati dietro le absidi della basilica stessa. L'allestimento? «Volutamente moderno ha aggiunto Marina Volontè . E stato affidato allo studio Tortelli e Frassoni di Brescia. Abbiamo scelto elementi contemporanei come il ferro, per rendere bene evidente quello che è il museo con i suoi reperti, da quello che è l'edifico storico». La conservatrice per tutto il me se di giugno ha deciso di aprire il museo gratuitamente dal martedì alla domenica dalle 9 alle 13, in particolare, i reperti recuperati dagli scavi di piazza Marconi