Il teatro romano di Teramo tra Alto e Basso Impero
Il manifesto del 19 marzo 2010
Elisabetta Zamparutti
A Teramo esiste uno dei pochi esempi di coesistenza tra anfiteatro e teatro romano, peraltro uno dei primi in pietra edificato in età Augustea. Questo imponente parco archeologico è al centro della città, a pochi metri da uno splendido Duomo d'epoca successiva. Già negli anni trenta, il ministro della Cultura Bottai ne comprese il valore e decise di finanziare l'opera di recupero dell'area archeologica. Perché sulla cavea romana del teatro insistono due edifici di scarso valore, il caseggiato Adamoli e il palazzo Salvoni, che vanno demoliti per poter procedere nello scavo. Il progetto del 1938 venne recuperato nel 1998 quando l'allora il Ministero dei beni culturali prima dispose lo smantellamento di casa Adamoli e poi stanziò la somma relativa ai lavori: 910 milioni di lire.
Ma né la Sovrintendenza né il comune usarono quel denaro per esercitare il diritto di prelazione lasciando che la casa fosse acquistata da un'immobiliare che la cedette poi alla Regione. Nel 2006, il Comune di Teramo e la Regione Abruzzo ribadirono la volontà di procedere al recupero della cavea romana attraverso l'abbattimento di casa Adamoli e la regione stanziò 800.000 euro. Ma i lavori, avviati nel 2007, si arrestarono e, in un susseguirsi di dichiarazioni sulla volontà o meno di proseguire nell'abbattimento dell`edificio, ad oggi, per chi come me ha l'occasione di recarsi a Teramo, casa Adamoli risulta in via di consolidamento e restauro. È un colpo allo stomaco.
Ed altrettanto avvilente è sapere che vi sono 1.600.000 euro dei fondi Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) già disponibili per il recupero dell'area di cui però, a questo punto, non si comprende più la destinazione.
Ho chiesto più di un mese fa al Ministro dei Beni culturali con un'interrogazione parlamentare quali provvedimenti intenda adottare affinché sia ripreso e portato a compimento il progetto originario già in parte abbondantemente finanziato e che si basa su tre fasi: abbattimento del "caseggiato Adamoli", acquisto o esproprio di "casa Salvoni" e recupero integrale delle cave". L'ho fatto anche perché voglio che l'importante somma dei fondi Cipe venga utilizzata «giustamente» per i punti sopraelencati e non, come annunciato dalla Regione Abruzzo, per altre operazioni.
Non ho ancora avuto risposta e continuo a pensare che questa vicneda del recupero del teatro romano di Teramo testimoni come preziose opere dell'Alto Impero rischiano, a distanza di millenni, di essere travolte non tanto e non solo dal tempo quanto piuttosto dal Basso Impero in cui è immerso ormai il nostro Paese.
Il manifesto del 19 marzo 2010
Elisabetta Zamparutti
A Teramo esiste uno dei pochi esempi di coesistenza tra anfiteatro e teatro romano, peraltro uno dei primi in pietra edificato in età Augustea. Questo imponente parco archeologico è al centro della città, a pochi metri da uno splendido Duomo d'epoca successiva. Già negli anni trenta, il ministro della Cultura Bottai ne comprese il valore e decise di finanziare l'opera di recupero dell'area archeologica. Perché sulla cavea romana del teatro insistono due edifici di scarso valore, il caseggiato Adamoli e il palazzo Salvoni, che vanno demoliti per poter procedere nello scavo. Il progetto del 1938 venne recuperato nel 1998 quando l'allora il Ministero dei beni culturali prima dispose lo smantellamento di casa Adamoli e poi stanziò la somma relativa ai lavori: 910 milioni di lire.
Ma né la Sovrintendenza né il comune usarono quel denaro per esercitare il diritto di prelazione lasciando che la casa fosse acquistata da un'immobiliare che la cedette poi alla Regione. Nel 2006, il Comune di Teramo e la Regione Abruzzo ribadirono la volontà di procedere al recupero della cavea romana attraverso l'abbattimento di casa Adamoli e la regione stanziò 800.000 euro. Ma i lavori, avviati nel 2007, si arrestarono e, in un susseguirsi di dichiarazioni sulla volontà o meno di proseguire nell'abbattimento dell`edificio, ad oggi, per chi come me ha l'occasione di recarsi a Teramo, casa Adamoli risulta in via di consolidamento e restauro. È un colpo allo stomaco.
Ed altrettanto avvilente è sapere che vi sono 1.600.000 euro dei fondi Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) già disponibili per il recupero dell'area di cui però, a questo punto, non si comprende più la destinazione.
Ho chiesto più di un mese fa al Ministro dei Beni culturali con un'interrogazione parlamentare quali provvedimenti intenda adottare affinché sia ripreso e portato a compimento il progetto originario già in parte abbondantemente finanziato e che si basa su tre fasi: abbattimento del "caseggiato Adamoli", acquisto o esproprio di "casa Salvoni" e recupero integrale delle cave". L'ho fatto anche perché voglio che l'importante somma dei fondi Cipe venga utilizzata «giustamente» per i punti sopraelencati e non, come annunciato dalla Regione Abruzzo, per altre operazioni.
Non ho ancora avuto risposta e continuo a pensare che questa vicneda del recupero del teatro romano di Teramo testimoni come preziose opere dell'Alto Impero rischiano, a distanza di millenni, di essere travolte non tanto e non solo dal tempo quanto piuttosto dal Basso Impero in cui è immerso ormai il nostro Paese.