dal Colosseo al Palatino tutti i tesori da proteggere
Raffaella Troili
Messaggero 8/11/2010
Dal Colosseo al Palatino, il monte dei "cocci"
L'emergenza Roma: «investire di più nella prevenzione », dicono i responsabili
«L'area centrale di Roma è stata trattata solo con la grande attenzione dei funzionari. Ci vuole qualcosa di più». Il riconoscimento è del commissario straordinario Roberto Cecchi, che da un anno e mezzo si occupa dell'area archeologica romana, ha avviato 70 verifiche su emergenze segnalate dagli uomini che ha trovato, promosso un'ispezione più generale perché i crolli già avvenuti possono ripetersi». I fondi per la manutenzione ordinaria scarseggiano e Cecchi cita Kofi Annan. Era il '95 quando l'allora segretario generale delle Nazioni Unite disse: «Mentre i costi della prevenzione debbono essere pagati nel presente, i suoi benefici non sono visibili ma sono i disastri che non sono avvenuti. Ecco, questo vale per tutto». Invece guarda al Paese che ha il 60 per cento del patrimonio storico-artistico mondiale e vede che «solo lo 0,19 del bilancio dello Stato è destinato alla cultura. E' da sempre così. Ed è molto poco». In questo momento l'attenzione della Soprintendenza speciale si concentra sugli Acquedotti. «In alcuni punti va fatta molta attenzione, le condizioni di conservazione pongono riflessioni. Abbiamo appena appaltato un milione e mezzo di euro per una piccola parte dell'Acquedotto Claudio ma il problema resta aperto. Anche sulle Mura Aureliane è necessaria una costante verifica dello stato di conservazione». Rossella Rea è la direttrice del Colosseo e di solito sa mischiar bene diplomazia e spontaneità quando parla di emergenze archeologiche. Di solito, appunto. «Oggi mi associo alla rabbia del presidente della Repubblica. Vedere la Casa dei Gladiatori crollare è una vergogna, un delitto. Pompei, Domus Aurea, Mura Aureliane... la mancanza di fondi è generalizzata. Così è impossibile mantenere un patrimonio di tale portata». Una sfida, di questi tempi, raddoppiare l'offerta. Aprendo altri anelli al pubblico come ha fatto il Colosseo, dove solo nel maggio scorso è crollato un pezzo di intonaco. Due mesi prima, avevano ceduto le gallerie traianee, alla Domus Aurea, mentre al Palatino, negli Orti Farnesiani ogni tanto si apre una voragine. «L'impresa è titanica, la crisi sta fortemente compromettendo un settore trainante, servono soldi da parte dello Stato». Non c'è scelta. «Il Colosseo è un simbolo e va curato - continua l'archeologa della Soprintendenza speciale di Roma - Ora apriamo altri tre cantieri. Ma la capitale è piena di parchi archeologici, penso a Veio, alle tombe latine. Il grosso dei finanziamenti viene dai proventi del Colosseo, ci autofinanziamo, viviamo dei nostri introiti». E se l'Anfiteatro Flavio sarà oggetto di un progetto complessivo di restauro finanziato da sponsor privati, anche il soprintendente ai Beni culturali del Comune Umberto Broccoli pensa di continuare nella politica della pubblicità. «Il dirigente, il manager, se ha problemi con i finanziamenti non può limitarsi a piangere, ma deve trovare le risorse. Se la situazione è critica per tutti, deve provare ogni soluzione, non può declinare le responsabilità, altrimenti se ne va a casa. Detesto il dirigente prefica. Noi ci siamo inventati la pubblicità per mantenere le Mura Aureliane. Abbiamo restaurato Porta Pia a costo zero. Come? Con sette mesi di pubblicità sul cantiere. E' necessario si lavori a un piano organico di manutenzione, ma i rischi sono il nostro mestiere». Broccoli non fa sconti a nessuno, non c'è spazio per le velleità da studioso. Le sue parole suonano amare: «Chiaro: non aprirò mai uno scavo in più, cercherò di lavorare su quello che c'è. Gli scavi sono come dei bambini: qualunque cosa tiri fuori, la devi restaurare, se degna di nota mantenere e musealizzare. Non ce lo possiamo permettere. I magazzini traboccano di pezzi da analizzare. Gli archeologi se hanno velleità, vadano a frugare nei magazzini». Invita a vigilare sul Palatino, l'ex soprintendente ai Beni archeologici, Angelo Bottini. «E' l'area sulla quale bisogna continuare stare attenti. Insieme agli Acquedotti e al sistema delle Mura. Quei luoghi dove prevalgono manutenzione e gestione ordinaria, che sono poi i punti deboli del sistema, perché si sono indebolite le risorse umane ed economiche». Quei luoghi dove un'altra Pompei non è così inimmaginabile. «E' stata una perdita del patrimonio e della faccia davanti al mondo... Come facciamo a dire ai turisti che non siamo in grado di tenere su Pompei?».