Il tempio ligneo del Frizzone rischia lo sfratto.
ARIANNA BOTTARI
DOMENICA, 12 SETTEMBRE 2010 IL TIRRENO - Lucca
Il tempio rischia lo sfratto
Da tre anni è conservato a Prato, ma nessuno paga il restauro
Le travi lignee di epoca romana rinvenute al Frizzone si trovano in tre enormi vasche piene di acqua depurata di continuo
LUCCA. Il tempio ligneo di epoca romana rinvenuto al Frizzone oltre tre anni fa rischia lo sfratto. Immerso in due vasche d’acqua depurata nei locali dello studio Piacenti di Prato, il reperto di inestimabile valore non ha ancora una casa né gli sono stati destinati fondi necessari per il restauro.
Il contratto con il laboratorio pratese (spese per tre anni pagate dalla Società Autostrade) è scaduto da alcuni mesi e, nonostante la buona volontà dei titolari, il tempio non potrà rimanere a Prato per sempre.
Per conservarlo hanno dovuto realizzare tre vasche lunghe circa sei metri e alte uno piene di acqua depurata in continuazione. Le vasche occupano la metà degli spazi del laboratorio Piacenti.
«Il legno deve rimanere immerso in acqua, solo così si mantiene intatto e continua ad espellere tutti gli inquinanti accumulati nei secoli. Fuori dall’acqua si deteriorerebbe in pochissimo tempo». Parla Marcello Piacenti, che ha seguito in prima persona le sorti della struttura lignea. I Piacenti sono tra i massimi esperti di recupero e restauro del legno. La famiglia tramanda il mestiere di generazione in generazione da fine Ottocento. Con grande soddisfazione il laboratorio, ormai più di tre anni fa, accettò l’incarico di recupero della struttura rinvenuta a Capannori dagli archeologi. «Il professor Michelangelo Zecchini ci disse subito che si trattava di un esempio unico. Quando ricevemmo l’incarico dalla Società Autostrade, partecipammo all’estrazione e poi trasportammo le travi nel nostro laboratorio, dove le tre vasche erano state appositamente costruite per alloggiarle e dare inizio al processo di depurazione - spiega il restauratore -. Mai ci saremmo aspettati che la vicenda sarebbe finita in questo modo. Alla depurazione sarebbe dovuto seguire il recupero e restauro, ma i fondi non sono mai stati trovati. Così il tempio è ancora qui da noi, sott’acqua, in attesa di sapere quale sarà il suo futuro. Il nostro contratto è scaduto, ma il professor Zecchini ci ha chiesto di “ospitarlo” ancora per un po’, nella speranza che qualcosa si muova. Devo ammettere che per noi i costi sono notevoli».
«Possiamo andare avanti così ancora per un po’, ma non per molto - dice Piacenti -. Ricordo che all’inizio gli enti erano entusiasti della scoperta e ci rassicurarono sul suo futuro e sui fondi che gli sarebbero stati destinati per il restauro. Poi, all’improvviso più nulla. Non abbiamo visto più nessuno. Per noi tenerlo qui è un sacrificio, che facciamo volentieri per il valore della scoperta - conclude l’esperto - ma saremmo ancora più felici se sapessimo che, finalmente, è possibile restaurarlo e, soprattutto, renderlo visibile a tutti».
ARIANNA BOTTARI
DOMENICA, 12 SETTEMBRE 2010 IL TIRRENO - Lucca
Il tempio rischia lo sfratto
Da tre anni è conservato a Prato, ma nessuno paga il restauro
Le travi lignee di epoca romana rinvenute al Frizzone si trovano in tre enormi vasche piene di acqua depurata di continuo
LUCCA. Il tempio ligneo di epoca romana rinvenuto al Frizzone oltre tre anni fa rischia lo sfratto. Immerso in due vasche d’acqua depurata nei locali dello studio Piacenti di Prato, il reperto di inestimabile valore non ha ancora una casa né gli sono stati destinati fondi necessari per il restauro.
Il contratto con il laboratorio pratese (spese per tre anni pagate dalla Società Autostrade) è scaduto da alcuni mesi e, nonostante la buona volontà dei titolari, il tempio non potrà rimanere a Prato per sempre.
Per conservarlo hanno dovuto realizzare tre vasche lunghe circa sei metri e alte uno piene di acqua depurata in continuazione. Le vasche occupano la metà degli spazi del laboratorio Piacenti.
«Il legno deve rimanere immerso in acqua, solo così si mantiene intatto e continua ad espellere tutti gli inquinanti accumulati nei secoli. Fuori dall’acqua si deteriorerebbe in pochissimo tempo». Parla Marcello Piacenti, che ha seguito in prima persona le sorti della struttura lignea. I Piacenti sono tra i massimi esperti di recupero e restauro del legno. La famiglia tramanda il mestiere di generazione in generazione da fine Ottocento. Con grande soddisfazione il laboratorio, ormai più di tre anni fa, accettò l’incarico di recupero della struttura rinvenuta a Capannori dagli archeologi. «Il professor Michelangelo Zecchini ci disse subito che si trattava di un esempio unico. Quando ricevemmo l’incarico dalla Società Autostrade, partecipammo all’estrazione e poi trasportammo le travi nel nostro laboratorio, dove le tre vasche erano state appositamente costruite per alloggiarle e dare inizio al processo di depurazione - spiega il restauratore -. Mai ci saremmo aspettati che la vicenda sarebbe finita in questo modo. Alla depurazione sarebbe dovuto seguire il recupero e restauro, ma i fondi non sono mai stati trovati. Così il tempio è ancora qui da noi, sott’acqua, in attesa di sapere quale sarà il suo futuro. Il nostro contratto è scaduto, ma il professor Zecchini ci ha chiesto di “ospitarlo” ancora per un po’, nella speranza che qualcosa si muova. Devo ammettere che per noi i costi sono notevoli».
«Possiamo andare avanti così ancora per un po’, ma non per molto - dice Piacenti -. Ricordo che all’inizio gli enti erano entusiasti della scoperta e ci rassicurarono sul suo futuro e sui fondi che gli sarebbero stati destinati per il restauro. Poi, all’improvviso più nulla. Non abbiamo visto più nessuno. Per noi tenerlo qui è un sacrificio, che facciamo volentieri per il valore della scoperta - conclude l’esperto - ma saremmo ancora più felici se sapessimo che, finalmente, è possibile restaurarlo e, soprattutto, renderlo visibile a tutti».