«Tombe romane sotto alla Valdonega»
Sabato 14 Agosto 2010 CRONACA Pagina 11 L'ARENA
I MISTERI DELLO SCHELETRO. La testimonianza di un commercialista apre nuove ipotesi sulla provenienza delle ossa rinvenute alcune settimane fa in via Pescetti
Un residente: «Anni fa, giocando, finimmo in un pozzo che dava su una stanza dal soffitto a volta Dentro c’erano vasi e mosaici»
Altroché scheletro longobardo, la Valdonega potrebbe celare chissà quali tesori, e di epoca romana. È strabiliante quanto un articolo, come quelli usciti nei giorni scorsi possa portare alla memoria fatti lasciati nel dimenticatoio per anni. È accaduto con l’ingegner Fabio Arduini che ricordava ritrovamenti di scheletri in gioventù riconducibili alla necropoli longobarda. Come potrebbe essere per lo scheletro ritrovato in via Pescetti nella cantina del fruttivendolo.
Tutto nasce, lo ricordiamo, dal ritrovamento in una cantina della Valdonega dei resti di uno scheletro seppelliti da chissà quante centinaia di anni tra il sedime e il semento armato della costruzione. L’argomento tiene banco come giallo dell’estate qualche giorno, poi il fatto diventa molto culturale e poco di cronaca nera, ma fa nascere «confessioni» vecchie di mezzo secolo. E altroché scheletro longobardo qui c’è il rischio che salti fuori qualcosa di grosso.
C’è di più, in Valdonega. Molto di più, ad ascoltare i ricordi del professor Luigi Pace, oggi sessantottenne commercialista in pensione, che dopo aver letto gli articoli ha deciso di riportare alla luce, e non soltanto dei ricordi, un passato rimasto celato per anni e che adesso è deciso anche a denunciare alla Sovrintendenza.
«Nel 1952 avevo dieci anni. Mio padre era il proprietario di tutta l’area edificabile tra via Pescetti e via Monte Suello, venduta poi alla Cassa di Risparmio che lì realizzò le palazzine. Ricordo con certezza, ma le mie parole sono supportate dagli oggetti che ho deciso di far avere alla Sovrintendenza, che in quei terreni c’erano delle tombe romane. Anche le mie sorelle si ricordano fatti e ritrovamenti visti con gli occhi che all’epoca erano di bambini». Tombe romane? «Certo, non ho dubbi», ripete il professore. E spiega: «Giocavamo spesso in strada e a nascondino nei cantieri. La mia famiglia abitava in via Monte Suello. A cantieri aperti un giorno spuntò un pozzo. Ha presente i pozzi come sono? muretto alto e poi vuoto dentro. Eravamo bambini, ripeto, avevo dieci anni, e per noi calarsi là dentro fu il gioco più intrigante del mondo».
Novello Henry Walton, meglio noto come Indiana Jones il personaggio cinematografico ideato da George Lucas, che narra le avventure di un archeologo protagonista di una serie di film, il professore ricorda quegli anni: «Dopo esserci calati nel pozzo ci ritrovammo in una stanza con il tetto a volta. C’erano vasi, monete, mosaici. C’era chi quei vasi se li portava via, come un bambino che poi divenne un vigile del fuoco che credo essere ormai morto. E poi lui e la sorella li rivendevano a un altro signore che glieli pagava. Io purtroppo arrivai dopo di loro e mi rimasero soltanto dei cocci, ma li conservo ancora e a settembre, quando rientro in città, visto che ora sono in vacanza in montagna, porterò i miei cocci alla Sovrintendenza a testimonianza che quello che racconto è vero e per capire se è ancora possibile fare qualcosa per portare alla luce quei resti che credo siano importanti. Da ragazzino a queste cose non dai peso, ti senti importante per le tue «scoperte», ma non capisci il senso di quei ritrovamenti, anche se il fatto che ci fosse gente che pagava per avere quelle anfore mi aveva fatto intuire ha allora che qualcosa potessero valere. Adesso che ho una certa età ipotizzare che fu tutto ricoperto perchè non venissero stoppati i lavori mi infastidisce, così come mi addolora che una splendida villa Liberty venne abbattuta per farci sopra un’anonima palazzina».
Sabato 14 Agosto 2010 CRONACA Pagina 11 L'ARENA
I MISTERI DELLO SCHELETRO. La testimonianza di un commercialista apre nuove ipotesi sulla provenienza delle ossa rinvenute alcune settimane fa in via Pescetti
Un residente: «Anni fa, giocando, finimmo in un pozzo che dava su una stanza dal soffitto a volta Dentro c’erano vasi e mosaici»
Altroché scheletro longobardo, la Valdonega potrebbe celare chissà quali tesori, e di epoca romana. È strabiliante quanto un articolo, come quelli usciti nei giorni scorsi possa portare alla memoria fatti lasciati nel dimenticatoio per anni. È accaduto con l’ingegner Fabio Arduini che ricordava ritrovamenti di scheletri in gioventù riconducibili alla necropoli longobarda. Come potrebbe essere per lo scheletro ritrovato in via Pescetti nella cantina del fruttivendolo.
Tutto nasce, lo ricordiamo, dal ritrovamento in una cantina della Valdonega dei resti di uno scheletro seppelliti da chissà quante centinaia di anni tra il sedime e il semento armato della costruzione. L’argomento tiene banco come giallo dell’estate qualche giorno, poi il fatto diventa molto culturale e poco di cronaca nera, ma fa nascere «confessioni» vecchie di mezzo secolo. E altroché scheletro longobardo qui c’è il rischio che salti fuori qualcosa di grosso.
C’è di più, in Valdonega. Molto di più, ad ascoltare i ricordi del professor Luigi Pace, oggi sessantottenne commercialista in pensione, che dopo aver letto gli articoli ha deciso di riportare alla luce, e non soltanto dei ricordi, un passato rimasto celato per anni e che adesso è deciso anche a denunciare alla Sovrintendenza.
«Nel 1952 avevo dieci anni. Mio padre era il proprietario di tutta l’area edificabile tra via Pescetti e via Monte Suello, venduta poi alla Cassa di Risparmio che lì realizzò le palazzine. Ricordo con certezza, ma le mie parole sono supportate dagli oggetti che ho deciso di far avere alla Sovrintendenza, che in quei terreni c’erano delle tombe romane. Anche le mie sorelle si ricordano fatti e ritrovamenti visti con gli occhi che all’epoca erano di bambini». Tombe romane? «Certo, non ho dubbi», ripete il professore. E spiega: «Giocavamo spesso in strada e a nascondino nei cantieri. La mia famiglia abitava in via Monte Suello. A cantieri aperti un giorno spuntò un pozzo. Ha presente i pozzi come sono? muretto alto e poi vuoto dentro. Eravamo bambini, ripeto, avevo dieci anni, e per noi calarsi là dentro fu il gioco più intrigante del mondo».
Novello Henry Walton, meglio noto come Indiana Jones il personaggio cinematografico ideato da George Lucas, che narra le avventure di un archeologo protagonista di una serie di film, il professore ricorda quegli anni: «Dopo esserci calati nel pozzo ci ritrovammo in una stanza con il tetto a volta. C’erano vasi, monete, mosaici. C’era chi quei vasi se li portava via, come un bambino che poi divenne un vigile del fuoco che credo essere ormai morto. E poi lui e la sorella li rivendevano a un altro signore che glieli pagava. Io purtroppo arrivai dopo di loro e mi rimasero soltanto dei cocci, ma li conservo ancora e a settembre, quando rientro in città, visto che ora sono in vacanza in montagna, porterò i miei cocci alla Sovrintendenza a testimonianza che quello che racconto è vero e per capire se è ancora possibile fare qualcosa per portare alla luce quei resti che credo siano importanti. Da ragazzino a queste cose non dai peso, ti senti importante per le tue «scoperte», ma non capisci il senso di quei ritrovamenti, anche se il fatto che ci fosse gente che pagava per avere quelle anfore mi aveva fatto intuire ha allora che qualcosa potessero valere. Adesso che ho una certa età ipotizzare che fu tutto ricoperto perchè non venissero stoppati i lavori mi infastidisce, così come mi addolora che una splendida villa Liberty venne abbattuta per farci sopra un’anonima palazzina».