«Colosseo, sponsor occasione unica». Andrea Carandini: c’è trasparenza e serietà, scopriremo cose nuove
di PAOLO CONTI
CORRIERE DELLA SERA 8 ago 2010 Roma
Andrea Carandini, grande archeologo e presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, vede con entusiasmo il bando internazionale che apre agli sponsor privati la possibilità di restaurare il Colosseo.
«È entusiasmante, un’occasione unica e irripetibile per un privato. E anche per il Colosseo, probabilmente il monumento più conosciuto e amato del mondo. Con questi lavori potremmo avere la possibilità di scoprire nuovi particolari sinora ignoti. Potremmo avere, alla fine dei lavori, un Colosseo "inedito".
Carandini sottolinea l’opera meritoria di Roberto Cecchi, commissario delegato per la realizzazione degli interventi nell’area archeologica di Roma e Ostia antica.
«È giusto tornare al recupero del principio della manutenzione costante dei monumenti, e non a intervenire solo in seguito a un’emergenza».
E il restauro «privato» del Colosseo è un’opera, spiega Carandini fatta con «massima trasparenza e assoluta serietà amministrativa».
E infine, è ottima «la realizzazione del centro servizi».
«La proposta, vista con gli occhi di un imprenditore privato, mi sembra semplicemente entusiasmante. Mi auguro che il mondo legato all’industria, sia italiano che internazionale, comprenda la straordinaria e irripetibile occasione che si presenta per legare il proprio marchio a un’idea contemporanea, vitale, consapevole di mecenatismo. Qui parliamo del Colosseo, forse il monumento più famoso dell’intero pianeta...»
Andrea Carandini, sommo archeologo e presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, condivide il testo e soprattutto lo spirito del bando internazionale lanciato dal Commissario delegato per la realizzazione degli interventi nell’area archeologica di Roma e Ostia antica, Roberto Cecchi (che è anche Segretario generale del ministero per i Beni culturali).
L’operazione chiamerà una cordata di sponsor a investire 25 milioni di euro per il restauro dei prospetti (cioè delle facciata), la revisione e il restauro degli ambulacri e degli ipogei, la realizzazione di un moderno centro servizi.
Dunque lei, professor Carandini, non appartiene alla categoria degli studiosi che vede nell’intervento privato un’intrusione indebita nell’universo del restauro...
«Bisogna essere realisti. I fondi pubblici scarseggiano. Nell’immediato futuro sarà impensabile tornare ai livelli di spesa a disposizione del ministero quali erano, per esempio, negli anni Ottanta. Mi auguro che presto tra le priorità del governo ci sia un aumento della quota. Ma per come sono messe le cose ora, il contributo del privato, quindi il concorso della società civile alla salvaguardia dei monumenti, rappresentano un confine molto netto per la tutela del nostro patrimonio culturale: o prendere (i soldi degli sponsor) o morire. Per di più, in questo caso, c’è massima trasparenza e assoluta serietà amministrativa».
Quali saranno le caratteristiche scientifiche dell’intervento?
«Per quanto clamorosa, l’operazione Colosseo - aggiungo per fortuna - è solo una delle tante previste dell’azione intrapresa meritoriamente dal commissario Roberto Cecchi. Per rispondere alla domanda, proprio Cecchi sta duramente e silenziosamente lavorando da tempo al recupero del principio enunciato da Giovanni Urbani, insuperato teorico del restauro e indimenticato direttore dell’Istituto centrale.
Imporre cioè la cultura della manutenzione costante e attenta dei monumenti preferendola nettamente a quel tipo di restauro deciso sull’onda dell’emergenza. Seguendo il metodo enunciato da Cecchi nel primo rapporto sugli interventi per la tutela e la fruizione del patrimonio archeologico, si può immaginare un passo diverso proprio a partire dalla questione del Colosseo. Un meccanismo che, se applicato, tutelerebbe con costanza il patrimonio archeologico evitando cedimenti e crolli (com’è recentemente avvenuto proprio al Colosseo) e quindi urgenze. In questo senso è molto positivo che Cecchi sia un architetto, con un occhio più allenato di quello di un archeologo rispetto alla problematica complessiva di un edificio».
Cos’è, a suo avviso, il Colosseo per l’immaginario del mondo?
«Appunto, è un simbolo universale. Subito dopo la civiltà dei faraoni e il più grande sfogo fantastico di massa rispetto alla noia della contemporaneità. Se vogliamo... (ride) Messalina è un personaggio indubbiamente ben più interessante della D’Addario! Tornando ad argomenti più seri. Il Colosseo è anche lo sfondo della Via Crucis. E recentemente anche un luogo legato alla lotta contro la pena di morte nel mondo. Una stratificazione continua di significati diversi tra loro».
Pensa che l’operazione di restauro svelerà qualcosa di nuovo?
«Certamente. Anzi, dirò di più. Per molti aspetti, il Colosseo si può definire persino inedito. Se guardiamo le pubblicazioni in circolazione, il Colosseo è conosciuto solo in parte e nemmeno troppo bene. I monumenti di Roma, proprio per la loro grandiosità e la loro notorietà, vengono spesso dati quasi per scontati. Al contrario è arrivato il tempo di studiare l’Anfiteatro Flavio come se ci trovassimo di fronte alla scoperta di un campo legionario romano in Germania...».
Verosimilmente cosa si potrà scoprire?
«Impossibile dirlo ora, ma sicuramente chissà quanti particolari. Penso solo agli ipogei, tutti da rivedere. Agli ambulacri. Alla fine dell’operazione restauro posso dire che il "nuovo" Colosseo non sarà più quello di prima».
Qualcuno trova discutibile che sia lo sponsor a scegliere il direttore dei lavori, anche se in una terna indicata dalla soprintendenza. E anche se la responsabilità scientifica resta saldamente nelle competenze della stessa soprintendenza
«Invece io mi fido ciecamente dello Stato, cioè la soprintendenza, che indica i tre nominativi. Se non crediamo nello Stato, verso chi possiamo nutrire ancora certezze?»
Un altro aspetto che trova positivo?
«La realizzazione del centro servizi. Il tempo dei musei polverosi e privi di strutture è tramontato per sempre. E, aggiungo io, per fortuna» .