lunedì 29 dicembre 2008

Un quartiere che cerca il suo futuro nell`antichità

Un quartiere che cerca il suo futuro nell`antichità
Sergio Silva
Il Tempo 29/12/2008

Massimina: un recentissimo quartiere oltre il Raccordo lungo la via Aurelia, esattamente dal 10,500 al 15,000 chilometro, nato a partire dagli anni `70 ai margini della città, e che cerca di rinforzare la propria identità partendo dalla valorizzazione delle testimonianze antiche emerse sul suo territorio. E lo fa attraverso un libro intitolato «Archeologi a Massimina» dove sono raccolti tutti i ritrovamenti avvenuti casualmente nel corso degli scavi delle fondamenta di gran parte degli edifici in costruzione.
Il libro, presentato nei giorni scorsi nell`aula magna dell`istituto comprensivo «Mando Martellini» di via Idelbrando della Giovanna, la scuola del quartiere, è stato fortemente voluto dal presidente del XVI Municipio Fabio Bellini e dai suoi collaboratori Francesco Geraci e Cristina Maltese. Lo scopo principale del Municipio - oltre alla conoscenza delle origini del territorio su cui oggi risiedono i cittadini - è di rinforzare l`azione in atto e di promuovere la cultura della tutela del paesaggio attraverso un`opera di sensibilizzazione partendo soprattutto dall`educazione delle giovani generazioni.
«La possibilità di tutelare un territorio - spiega l`archeologa.
Daniela Rossi, funzionaria della Soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Roma che da ben quindici anni guida l`attività di ricerca e di controllo dell`area rispondente al XVI, in particolare per quanto concerne il suo aspetto storico-archeologico - è strettamente collegata al suo livello di conoscenza. Una, buona conoscenza può limitare, nella maggioranza dei casi, un intervento di urgenza tardivo, cioè quando, in fase attuativa, si possono mettere in atto solo misure tese a limitare un inevitabile danno con conseguente perdita di dati». D`altronde, continua la Rossi, «lo stesso abitato di Massimina, nato con modalità totalmente abusive, ha creato negli anni passati serie difficoltà nella gestione della tutela ambientale e archeologica; oggi, al contrario, un regime di sviluppo urbano sia pur ampio e rapido ma regolamentato, consente un maggior controllo e di conseguenza interessanti scoperte».
I resti, documentati nel libro in schede, comprendono un periodo lungo oltre mille anni, dall`età del Bronzo medio (come attestato dalle testimonianze dell`abitato di Monte Roncione) alla tarda età imperiale come nel complesso residenziale, villa, cisterna e riecropoli, di via del Pascaccio o la Villa di via Tomasino d`Amico. La tipologia dei resti varia, dalla villa residenziale suburbio alla villa rustica, dall`azienda agricola alla necropoli, da Reperti Molte le testimonianze nel sottosuolo di Massimina tombe isolate a cappuccina lungo la consolare a quelle a camera di Pantano di Grano, all`acquedotto di via Cigliutti. E poi tanti oggetti: arredi funerari, vasi di ceramica a vernice nera, lucerne, balsamari in vetro, olle, perfino una statua di un giovane con clamide, il caratteristico mantello corto portato dai giovanissimi di età traianea trovata nel complesso idraulico dei Muracci di Malagrotta.
Gran parte dei materiali recuperati e restaurati, a volte grazie a finanziamenti privati, sono in deposito nei magazzini della Soprintendenza annessi al Museo delle Terne di Diocleziano in attesa che venga allestito, come più volte ha ribadito il soprintendente Angelo Bottini, uno spazio, un museo specifico per «le vicende del territorio esterno alle mura aureliane» che raccolga i reperti archeologici trovati in area extraurbana.
A tale proposito basti ricordare che a oggi sono una trentina le ville imperiali romane fuori le mura e che solo negli ultimi anni, lungo la via Aurelia sono emerse in prossimità, di Castel di Guido ben due ville del secondo impero: la Villa delle Colonnacce e la villa dell`Olivella, entrambe ricche di dipinti, colonne e mosaici.

lunedì 22 dicembre 2008

Una firma per la rinascita della «Brixia» romana

Una firma per la rinascita della «Brixia» romana
Silvia Gilardi
Sabato 20 Dicembre 2008 BRESCIA OGGI

Siglato il protocollo d’intesa fra il Comune di Brescia e la Sovrintendenza ai Beni archeologici della Lombardia. Un anno e mezzo di lavori

La Loggia impegna 250mila euro, lo Stato un milione Ma il progetto complessivo «vale» in totale 11 milioni
L’assessore Andrea Arcai: «Ho un sogno, una commedia messa in scena nel teatro romano»


VERRANNO restaurati i pavimenti presenti nelle tre aule del santuario flavio - che risale al I secolo dc. - composti da lastre policrome di marmi vari. «Una vera rarità, esistono pochissimi esempi in Italia di sectilia originali» precisa Filli Rossi, responsabile del Nucleo Operativo di Brescia.
Per quanto riguarda gli scavi sono stati individuati quattro settori di intervento in aree finora mai indagate del Capitolium. Un’attenzione speciale verrà poi riservata alle testimonianze altomedievali e protostoriche sopra i livelli romani. «Sulla base dei dati che riusciremo a raccogliere in questa prima fase di lavori potremmo stendere il progetto di musealizzazione del sito» spiega Francesca Morandini, conservatore archeologo dei Musei d’Arte e Storia. Un lavoro che terrà impegnati studiosi, tecnici, archeologi per 12-18 mesi, «intendiamo terminare entro la metà del 2010», conclude Morandini.
A fine recupero lo sguardo del visitatore potrà passare dalle aule affrescate del santuario tardo repubblicano, al pronao e alle celle del tempio capitolino di età flavia, alla gradinata e alla scena del teatro di età imperiale, sino a Casa Pallaveri e Palazzo Maggi Gambara. «Da tempo ho un grande sogno: vedere una commedia rappresentata nel teatro di età romana - confessa l’assessore comunale alla Cultura Andrea Arcai -. Vedo che ora questo desiderio si sta avvicinando sempre più alla realtà».



In età romana «Brixia» era uno dei centri più importanti dell’Italia settentrionale. Ancora oggi è possibile ammirarne gli edifici più antici e significativi: il santuario di età repubblicana, il Capitolium, il teatro e il tratto del lastricato del decumano massimo, l’attuale via Musei. In questa direzione si concentra il progetto di recupero e rilancio dell’area capitolina nel cuore di Brescia che ieri mattina ha visto la firma del protocollo d’intesa tra il Comune di Brescia e la Sovrintendenza ai Beni Archeologici della Lombardia. Una prima pietra è stata posata sul cammino che intende riportare l’area archeologica romana ai suoi antichi splendori per permetterne la pubblica fruizione.
La Loggia si è impegnata a stanziare 250 mila euro per il 2008 e la Sovrintendenza ha messo sul tavolo un milione di euro per un progetto che secondo le previsioni potrebbe costare sugli 11 milioni di euro.
«Un’area romana che è la più importante dell’Italia settentrionale e che non può continuare a non essere fruibile – spiega Mario Turetta, direttore regionale del Ministero per i Beni e le attività Culturali -. Questo progetto da un lato ci permette di scoprire e conoscere cose nuove e dall’altro di ammirare sempre di più quello che gli antichi romani ci hanno lasciato».
Con la firma del protocollo di intesa tra il Comune di Brescia e la Sovrintendenza ora il progetto entra nella sua prima tranche di lavori che comprende gli scavi e il restauro dell’area del Capitolium.

Il Ministero interviene per salvare la Villa di Nerone

Il Ministero interviene per salvare la Villa di Nerone
Cosimo Bove
Il Tempo 22/12/2008

ANZIO Poco più di un milione di euro per la riduzione del rischio idrogeologico alla Villa Imperiale di Anzio. La buona notizia è arrivata al sindaco Bruschini dal ministero dell'Ambiente, che su interessamento del senatore Candido De Angelis, elargirà alla città neroniana i fondi necessari al consolidamento della parete rocciosa antistante la villa di Nerone. Due i lotti d'intervento: nella prima fase si interverrà sulle pareti rocciose, dove un tempo esisteva l'Arco Muto, consolidando la struttura muraria danneggiata dall'erosione e dai marosi. Nella seconda fase, prevista per il 2010, gli interventi si concentreranno sul tratto di costa che va dal Faro alla zona di Anzio colonia, profondamente colpita dalle mareggiate. Anzio avrà la possibilità di rivalutare il suo patrimonio storico, sotto lo stretto controllo del Ministero che ha richiesto che gli interventi rispettino i caratteri di «efficacia, economicità e rispetto dell'ambiente». Oltre alla massima urgenza.

La Roma Imperiale rivive a Palazzo Valentini

La Roma Imperiale rivive a Palazzo Valentini
Il Tempo 22/12/2008

Dalle domus romane alle sale delle Piccole Terme, dai mosaici alle statue togate. La Roma Imperiale ritorna a vivere nei sotterranei di Palazzo Valentini e svela tutti i suoi segreti ai romani durante le feste natalizie. Il sito archeologico infatti è aperto gratuitamente fino al 18 gennaio e i visitatori potranno ammirare edifici residenziali di lusso e sculture di marmo. Il II secolo dopo Cristo torna così agli antichi splendori. I ritrovamenti sotto la sede della Provincia di Roma testimoniano l'esistenza di una vera e propria «City» del Senato romano, un quartiere esclusivo immediatamente dietro il Foro di Traiano, e al centro degli edifici pubblici dell'antica Roma. Le scoperte dovute all'indagine archeologica condotta nei sotterranei di Palazzo Valentini - e avviata nell'estate del 2005 da un team di archeologi e architetti della Provincia in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Roma - possono finalmente essere mostrate al pubblico gratuitamente.

Il lavoro si inserisce in un più ampio progetto di recupero del cinquecentesco Palazzo che ha ridato nuova luce ad ambienti abbandonati da decenni, utilizzati come vere «discariche amministrative»: nei soli sotterranei sono stati rimossi 250 camion di materiali vari. Sotto Palazzo Valentini hanno aperto interessanti capitoli della storiografia tradizionale. Sostenere e recuperare il patrimonio artistico e archeologico del territorio è una delle priorità dell'Amministrazione provinciale, che ha proseguito il lavoro iniziato dal presidente Gasbarra per valorizzare alcuni gioielli culturali e architettonici di Roma e della provincia, abbandonati da anni e in assoluta decadenza. L'indagine archeologica è stata eseguita con metodo stratigrafico sotto la direzione scientifica del professor Eugenio La Rocca. Primo fra tutti c'è stato il ritrovamento di due sculture di grandi dimensioni e di elevata qualità artistica, che fa ipotizzare la presenza di edifici e strutture che erano utilizzati per eventi pubblici.

Gli scavi, inoltre, hanno portato alla luce l'esistenza di edifici a carattere residenziale di lusso, a più piani, con pavimenti rivestiti da mosaici di complessa tessitura e pareti - conservate per circa due metri di altezza - decorate prima da affreschi e in seguito da opus sectile, che con ogni probabilità appartenevano alle abitazioni di magistrati di rango senatorio. Questi rinvenimenti, così come molti elementi di arredo interno, tra cui alcune piccole sculture di marmo, risalgono al periodo compreso tra il II ed il IV secolo d.C.

Per dare il via ai lavori e per proseguire il grande cantiere archeologico è stato necessario rimuovere circa 1.500 quintali di materiale, con 140 camion, tra vecchie pratiche e documenti di vario tipo, e 110 camion di materiali destinati invece direttamente alla discarica. Nel corso degli scavi è stata scoperta una vasta area di stanze, cunicoli, porte blindate e antiaeree realizzate alla fine del 1939. In particolare, un lungo corridoio centrale da utilizzare come via di fuga, che conduce direttamente alla Colonna Traiana.

mercoledì 17 dicembre 2008

"Nel Colosseo torni il circo" in scena i giochi del V secolo dC.

"Nel Colosseo torni il circo" in scena i giochi del V secolo dC.
CARLO ALBERTO BUCCI
LA REPUBBLICA EDIZ. ROMA, 17 dicembre 2008

È assediato dai legionari con l'orologio al polso che posano per le foto dei turisti, dalle spettacolo in 3d allestito da novembre nell'ex teatro di via Capo d'Africa costruito dove c'era la caserma dei gladiatori, dalla minaccia di "parchi a tema" che viene dal Campidoglio. Ma il Colosseo mantiene la sua vocazione di museo di sé stesso. Anche quando sogna di giocare con la sua storia. La soprintendenza statale ha infatti pronto un progetto per far vedere ai 5 milioni di visitatori che ogni hanno si mettono in fila nell'anfiteatro Flavio, l'altra faccia dei giochi gladiatori, la versione filologica della macchina del tempo: quando non c'erano più le fiere e i gladiatori, ma acrobati e “cacciaotri” a lottare con l'orso, il re delle foreste nostrane.
Spiega l'archeologa Rossella Rea, direttrice del Colosseo: «Nella Roma raccontata da Teodorico tra fine V e inizi del VI secolo, non arrivavano più le belve dall'Africa e i sotterranei dell'anfiteatro erano stati interrati. È nostra intenzione ricreare le macchine degli spettacoli di quel tempo e di esporle sul piano ricostruito dell'arena, affiancandole con manichini che diano l'idea dei protagonisti di quello spettacolo che, nella Roma ormai lontana dai fasti imperiali, nell'Urbe disastrata dal sacco di Alarico del 410 e dal terremoto del 443, fu l'antesignano del circo moderno».
Una lettera di Teodorico, e alcuni dittici di Costantinopoli, permetteranno agli artigiani del legno di ricostruire fedelmente il riccio: ossia la macchina con aculei, contenente una o più persone, messa a rotolare contro l'orso. Marsicano o d'altre regioni, era lui il re dell'arena. «Rifaremo anche il contobolon, una macchina costituita da un'asta con ceste, all'interno delle quali entravamo gli avversari della fiera», aggiunge la Rea. Che descrive la terza struttura cui si vuole dare vita: «Era formata da due o più paraventi, dietro i quali si nascondeva l'orso».
Sul modello della ricostruzione storica dei ludi gladiatori fatta a Santa Maria Capua a Vetere («macchine fedeli all'originale e manichini, niente spettacoli: sarà un circo, non una farsa» sottolinea l'archeologa) il "circo" del Colosseo potrebbe vedere la luce nel corso delle celebrazioni per il bimillenario diVespasiano («me lo auguro proprio, sarebbe bello»). Per il 2009 la Soprintendenza statale sta mettendo a punto un programma di mostre, restauri, nuovi pannelli e precisi percorsi didattici: sulle tracce dei Flavi e alla larga da Hollywood.

lunedì 15 dicembre 2008

Domus Romane, domani si riapre

Domus Romane, domani si riapre
Il Tempo 15/12/2008

Oggi alle 11 il presidente della Provincia Nicola Zingaretti visiterà e inaugurerà le Domus Romane scoperte sotto la sede dell`Amministrazione provinciale e riaperte al pubblico da domani.
Partecipano alla cerimonia il sindaco Gianni Alemanno, l`assessore provinciale alla Cultura Cecilia D`Elia e i responsabili del progetto multimediale del sito archeologico, Piero Angela e Paco Lanciano. Per visitare le Domus romane di Palazzo Valentini è obbligatoria la prenotazione, si legge in una nota della Provincia, e si può telefonare allo 06 32810 attivo da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18; il sabato, il 24 e 31 dicembre 2008 dalle 9 alle 13. L`ingresso è gratuito; il sito resterà chiuso a Natale, Santo Stefano e il primo gennaio.
Gli scavi hanno dato finora risultati di eccezionale rilevanza storico-artistica, soprattutto per l`importanza rivestita in età romana da quest`area e per la sua vicinanza al Foro Traiano, in particolare al porticato della Colonna e alle Biblioteche. L`indagine archeologica è stata eseguita sotto la direzione scientifica del professor Eugenio La Rocca. Di assoluto rilievo gli esiti finora ottenuti, che potrebbero consentire di ricostruire un tassello di enorme importanza della topografia antica e medioevale della città di Roma e persino di ridisegnare con precisione scientifica il quadro dello stesso Foro.

Villa romana, al lavoro 2 scuole. Progetto didattico.

Villa romana, al lavoro 2 scuole. Progetto didattico.
LA SICILIA - 15 DIC. 2008

Siglata convenzione tra i presidi del Carnilivari e dell'Itas con la Soprintendenza

Gli studenti elaboreranno un progetto di valorizzazione della villa romana del Tellaro. A darne notizia Francesco Saetta e Simonetta Arnone, dirigenti scolastici dell'Istituto Matteo Carnilivari e dell'Itas Principessa Giovanna. La proposta, nuova nel suo genere, che vedrà impegnati studenti e docenti dei due istituti superiori in un ambito di grande valenza culturale, artistica e sociale, è stata subito accolta dalla soprintendente ai Beni culturali e ambientali Mariella Muti che ha firmato la proposta di convenzione.
L'intesa prevede l'elaborazione di un progetto di utilizzazione della villa, sede dei preziosi mosaici, e costituisce un'altra tappa del dialogo intrapreso tra Scuola e Soprintendenza lo scorso maggio quando il progetto fu presentato ufficialmente. Il piano di lavoro che vedrà impegnati i docenti e gli studenti dei due istituti, prevede una serie d'incontri di formazione dei docenti, tenuti dai funzionari della Soprintendenza, e proseguirà con l'allestimento di una sezione didattica nella villa del Tellaro, una sorta di laboratorio dove saranno esposti i materiali prodotti dalle scuole: il plastico tridimensionale della villa, la riproduzione dei mosaici, di monete, monili, stoffe, abbigliamento. Si potrà inoltre usufruire dell'apporto di «piccoli ciceroni» che guideranno i turisti nel percorso di visita.
Il primo incontro di formazione degli insegnanti dei due istituti, coordinati dai docenti De Grandi, Volpe e Toro, svoltosi nella villa romana, è stato tenuto dall'archeologo Lorenzo Guzzardi, responsabile del Servizio beni archeologici, e dalla dottoressa Maria Teresa Di Blasi, coordinatrice del progetto. Il dottor Guzzardi ha tracciato la storia della villa, soffermandosi sui mosaici. Durante la sua dissertazione è stato affrontato il tema della manutenzione e uso del sito archeologico, con riferimento anche al percorso museografico che s'intende realizzare all'interno della villa e dello spazio da riservare alle scuole.
La dottoressa Di Blasi, dopo avere ragguagliato i docenti sulle successive fasi organizzative, a conclusione dell'incontro, non ha risparmiato parole di ringraziamento ai due dirigenti scolastici Francesco Saetta e Simonetta Arnone per la sensibilità dimostrata riguardo le problematiche legate alla conoscenza e alla valorizzazione dei Beni culturali presenti nel vasto territorio di Noto, augurando che l'iniziativa riesca a coinvolgere appieno gli studenti e che il progetto abbia ricadute positive sulla conoscenza del nostro passato.
Cetty Amenta

sabato 13 dicembre 2008

Resca: “State tranquilli il Colosseo non sarà venduto»

Resca: “State tranquilli il Colosseo non sarà venduto»
Rinaldo Gianola
L’Unità 13/12/2008

Dottor Resca, facciamo subito una prova: venderà il Colosseo? «No, non lo venderò. Non scherziamo. Voglio fare un buon lavoro ai Beni culturali, questo è il mio obiettivo e su questo vorrei essere giudicato». Eccolo qui il nuovo manager-imprenditore-consulente, in effetti non si sa come chiamarlo, del governo Berlusconi, l’uomo scelto dal ministro Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico. Mario Resca, ferrarese di 62 anni, non ha ancora iniziato a lavorare, ma ha già conquistato un primato mica male: non si è mai vista una levata di scudi così estesa e convinta contro una nomina ministeriale, oltre 7000 firme di protesta, contestazioni politiche e accademiche, appelli pubblici contro «il bocconiano nei musei». E in certi salotti milanesi, possiamo garantirlo, le sciure della cultura con il Canaletto appeso nel tinello hanno avuto quasi un mancamento quando hanno appreso la notizia che l’ex capo di McDonald’s si sarebbe occupato di mostre. Insomma, è in atto una specie di rivolta contro il manager che nella sua lunga carriera ne ha combinate di tutti i colori: salvatore di aziende, cacciatore di teste, finanziere, imprenditore che ha insegnato agli americani a vendere hamburger e patatine fritte in Italia, uomo di potere vicino a Berlusconi ma che va in bicicletta con Prodi, da anni consigliere di amministrazione della Mondadori e dell’Eni. E il suo curriculum è molto più lungo. Aggiungiamo solo un altro dato assai significativo: Resca rappresenta in Italia "The Oaktree Fund" (il fondo della quercia, ma nonostante il nome, lo precisiamo per alcuni giornalisti investigativi sempre sospettosi, non ha alcun legame con gli ex Ds) gestore di qualche miliardo di dollari di investimenti nel mondo. In particolare Resca porta con sè l’esperienza di uno che si è fatto largo nella vita con lo studio, il lavoro e anche con le spallate. «In casa mia valeva questa regola: chi è promosso va avanti a studiare, chi va male subito al lavoro». Quando negli anni Sessanta lasciò Ferrara con una borsa di studio per andare all’Università Bocconi si comprò all’Upim una valigia di cartone. Qualche anno dopo tornò a casa e acquistò l’intero edificio che ospitava il grande magazzino. Un tipo così non poteva non piacere a Berlusconi che, negli ultimi anni, lo ha proposto in successione come ministro degli Esteri, presidente della Rai, salvatore di Alitalia. E chissà cos’altro. Ora questo berlusconiano di ferro mette le mani sui nostri musei. Con quali idee per la testa? Vediamo. Resca, non è spaventato da questa valanga di critiche e proteste? «No, affatto» risponde, «penso che siano il segno di una grande vivacità intellettuale e di un forte interesse verso la cultura italiana. Io non mi sento offeso, non sono demotivato, nè preoccupato. Anzi, casomai sono ancora più stimolato a far bene. Cercherò di convincere i contestatori, che non mi conoscono, con la mia professionalità e il mio impegno. Spero di riuscirci e di poter collaborare con tutti». Il suo ruolo ufficiale è: Direttore generale dei musei, dei siti archeologici e degliarchivi storici dello Stato. Ma il vero problema nasce da una parolina - «valorizzazione» - che definisce il compito del nuovo arrivato. In molti hanno visto in questa funzione la possibilità che i nostri musei si trasformino in mercati solo per far soldi e profitti, sminuendo il valore, quello vero, della storia, della cultura, dell’arte. Un sospetto che può nascere dalla incompetenza di Resca. Scusi, lei non distingue un Piero della Francesca da un palo della luce e vuole gestire e rilanciare i musei, come fa? «Calma. Non tolgo il lavoro agli esperti, alle persone di valore che operano nel ministero e di cui ho il massimo rispetto. Non faccio lo storico dell’arte nè l’archeologo. Ma vorrei invitare i miei contestatori, che forse sono un po’ troppo autoreferenziali e qualcuno teme di perdere privilegi e rendite di posizione, a ragionare insieme su alcuni fatti incontestabili che riguardano il nostro sistema culturale». Quali? «Se l’Italia possiede la maggior parte, ben oltre il 50%, del patrimonio artistico del mondo mi volete spiegare come mai nella classifica dei primi venti musei al mondo non ce n’è uno italiano? Il primo è la Galleria degli Uffizi, al ventunesimo posto. Perché il Louvre ha otto milioni di visitatori all’anno e i nostri migliori faticano a superare il milione? Perché la Francia o gli Stati Uniti hanno un sistema di musei che funziona, con risorse, competenze e milioni di visitatori e noi invece arranchiamo?». Lei si è dato una risposta? «Non ancora. Ma qualche idea ce l’ho. Ritengo che, alla luce di esperienze internazionali di grande successo, non sia offensivo avvicinare la cultura d’impresa e manageriale alla gestione del patrimonio artistico: penso che l’arte e la cultura siano la vera risorsa del nostro Paese, ben più importante, anche a livello economico, della Fiat e di qualunque altro gruppo industriale». In questi giorni Resca sta visitando, in incognito come Sherlock Holmes, alcuni musei in giro per l’Italia. Ecco il suo primo resoconto. «Sono stato in un grande museo di Roma: lo standard di pulizia è insufficiente, l’ascensore non funziona, le indicazioni sono poche, il personale triste e demotivato, spesso accasciato sulle sedie. A Milano hanno pensato bene di chiudere il Cenacolo il giorno della festa dell’Immacolata, proprio nel week end della "prima" della Scala che porta in città molti stranieri e attira l’interesse di tutto il mondo: evidentemente il personale doveva fare il "ponte". Mentre all’estero si allungano gli orari per consentire ai visitatori di accedere ai musei quando desiderano, noi invece chiudiamo nei giorni di festa. Così non andiamo da nessuna parte. Possiamo fare meglio, molto meglio». Cosa intende quando parla di "valore"? «Il mio obiettivo è valorizzare il nostro patrimonio aumentando il numero di persone da portare in Italia a fruire dei musei, mettendo in campo competenze, reti, comunicazione, marketing, con una squadra di professionisti di oualità, motivata e pienamente coinvolta nel progetto. E voglio avvicinare il privato al pubblico, come avviene in altri paesi, mobilitando risorse che oggi sono molto scarse per la crisi». Ecco dove casca l’asino, lei vuole dare i musei alle aziende che così faranno la sfilata delle Veline attorniate da capolavori dell’arte per vendere qualche prodotto. «No, affatto. Faccio un esempio. In questi giorni a Milano è esposto un dipinto, uno solo, del Caravaggio recuperato anche con la partecipazione dell’Eni: ci sono fino a settemila visitatori al giorno, c’è la fila». E allora, che cosa vuol fare? «Ecco, ritengo che esistano molte imprese pronte a collaborare con contributi e sponsorizzazioni e si può fare di più, molto di più, di quanto sia stato finora sperimentato. Dobbiamo pensare al nostro patrimonio come a una grande opportunità: voglio coinvolgere le Ferrovie, l’Alitalia, le strutture alberghiere perché è chiaro che l’ospitalità deve migliorare, la nostra industria del turismo ha perso competitività». Questa novità del manager del fast food che si occupa di cultura non è stata presa bene nemmeno all’estero, il New York Times ha criticato la scelta del governo. «No, non è vero» rettifica, Al New York Times ha fatto un articolo di cronaca raccontando la notizia e le reazioni. L’Economist, un settimanale che piace così tanto alla sinistra italiana. ha dato una valutazione positiva. The Independent, Daily Telegraph anche Der Spiegel hanno espresso interesse per questo progetto manageriale per i Beni culturali». Ma, alla fine, in attesa di vedere all’opera il potente manager dei musei italiani, rimane inevasa ancora una domanda, forse la principale. Resca, perché ha accettato questo incarico: per i soldi, per l’ambizione, per la gloria? «Io non sono disoccupato, non cerco lavoro, anzi in questo periodo di crisi ho rinunciato a molti incarichi ben retribuiti che mi sono stati proposti per seguire ristrutturazioni aziendali. Non lo faccio per i soldi, perchè il compenso è ridicolo. Lo faccio perché mi piace, sono convinto di poter far un buon lavoro, di dare un contributo al Paese. Io non mi arrendo facilmente. Presenterò presto al ministro Bondi un primo piano di azione. Ne parleremo più avanti». Questa è la promessa. Non ci resta che aspettare.

Il ruolo
Il manager ferrarese è stato scelto da Bondi per «valorizzare» il nostro patrimonio artistico

La mobilitazione
La nomina ha scatenato una dura protesta: 7000 firme contro il «manager dei Mc Donald’s»

Classifica Vincono Parigi e Londra
Al Louvre 8,3 milioni di visitatori Vince la Francia, non ci sono dubbi. Poi viene la Gran Bretagna. E noi italiani arranchiamo faticosamente nelle posizioni di coda anche se ci vantiamo di aver il più ricco patrimonio artistico dei mondo. La classifica dei musei più visitati lascia pochi dubbi, Si trovano, infatti, a Parigi i due musei più visitati del mondo nel 2007:8,3 milioni di persone hanno comprato il biglietto per entrare a I Louvre, 5.509.000 sono stati i visitatori per il Centre Pompidou. Al terzo e quarto posto nella classifica preparata da The Art Newspaper si trova Londra con il Britush Museum (5.400.000 visitatori) e la Tate Modern (5.191.000 visitatori) che precede il Metropolitan Museum of Art di New York (Stati Uniti) con 4.547.000 visitatori e il National Gallery of Art di Washington (Stati Uniti) con 4.158.000 visitatori. I numeri evidenziano però la distanza tra i musei top dei mondo e quelli italiani. La Galleria degli Uffizi di Firenze, il migliore tra i musei italiani, è solo al 21 posto al mondo e ha staccato 1.615.939 biglietti nel 2007, appena un quinto di quanti ne ha emessi il Louvre di Parigi. Palazzo Ducale di Venezia è al 26 posto con 1.446.898 visitatori; la Galleria dell’ Accademia a Firenze è al 31 posto con 1.286.798 ingressi nel 2007. Molto deludente la prestazione di Milano, In attesa dell’Expo 2015, il capoluogo lombardo deve accontentarsi della performance dei Museo della Scienza e della Tecnologia con 340.000 biglietti, lontanissimo dai musei top mondiali. Non ci sono notizie dei Cenacolo o dell’Accademia di Brera. Nel bel mezzo tra i musei top d’ Italia e il resto dei mondo, si trovano i Musei Vaticani di Roma con 4.310.000 ingressi nel 2007. I numeri sono chiarissimi: i musei italiani soffrono in fondo alla classifica.

Identikit
Carriera tra industria e finanza Da McDonald’s alla Cirio Mario Resca, neo direttore dei musei italiani, è nato a Ferrara, laureato alla Bocconi, ha svolto molti lavori. Ha fatto il banchiere alla Chase Manhattan Bank, è passato nel gruppo Fiat, per quindici anni è stato partner della Egon Zehnder, leader dei "cacciatori di teste". È stato consigliere di amministrazione del gruppo Lancome, Rcs Corriere della Sera, gruppo Versace, Sambonet, Kenwood. Alla metà degli anni novanta ha guidato McDonald’s in Italia, Negli ultimi anni è stato commissario straordinario della Cirio e del Casino di Campione. È stato presidente della Camera di commercio italo-americana. È consigliere di amministrazione di Eni e Mondadori.

giovedì 11 dicembre 2008

I Goti e una villa dai mosaici d´oro. Scavi nel Parco degli Acquedotti, tra alto Medioevo ed età imperiale

I Goti e una villa dai mosaici d´oro. Scavi nel Parco degli Acquedotti, tra alto Medioevo ed età imperiale
RENATA MAMBELLI
MERCOLEDÌ, 10 DICEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma


Una splendida villa del II secolo d.C dalle volte decorate di mosaici d´oro, un´altra villa ancora da riportare alla luce e, a poche centinaia di metri, i resti dell´accampamento dei Goti che nel VI secolo assediarono Roma. È questo che sta affiorando nella zona del Parco degli Acquedotti, grazie agli scavi della soprintendenza comunale, diretti dall´archeologa Paola Virgili, in collaborazione con l´American Institut for Roman Culture, che li ha finanziati. I risultati degli scavi saranno presentati oggi dal soprintendente Umberto Broccoli: «Si tratta di elementi che aiutano a fare chiarezza su quella fase cruciale in cui i Goti occuparono Roma», ha detto nell´annunciare la scoperta, «e sancirono la fine del vecchio impero. Basti pensare che prima dell´arrivo dei barbari Roma contava un milione di abitanti. Dopo, appena novantamila. Una scoperta, dunque, che aiuta a leggere la Roma medievale».
L´accampamento, o meglio il fortilizio, le cui mura sono riemerse dalla terra, era stato costruito con fango e pietre all´incrocio tra due acquedotti, quello Claudio e quello Marcio. Come racconta lo storico bizantino Procopio di Cesarea, che scriveva due secoli dopo questi avvenimenti, in quell´accampamento erano stanziati 7 mila uomini. I Goti tentarono di prendere per sete i romani bloccando appunto gli acquedotti, oltre ai due al cui incrocio avevano posto il campo anche l´acquedotto dell´Acqua Vergine, sotto il Pincio, accanto a un altro loro forte, quello dove ora c´è l´attuale Villa Medici. Non riuscirono però nel loro intento anche perché la città poteva comunque rifornirsi d´acqua grazie al fiume. Il luogo dove sorgeva l´accampamento dei Goti si chiama, tuttora, Campo Barbarico, a ricordo di quegli avvenimenti remoti.
Ma questi scavi stanno portando alla luce non solo i resti dell´accampamento gotico, ma anche la Villa delle Vignacce e un´altra villa, anch´essa del II secolo, disposte una a ridosso del campo, l´altra a 500 metri da esso. Le due costruzioni erano state occupate e riusate dai Goti, che ne rispettarono però la bellezza, adibendole, probabilmente, ad abitazione di qualche generale. La Villa delle Vignacce era stata, prima dell´arrivo dei barbari, la sontuosa dimora di Servilo Pudente, una grande costruzione adorna di mosaici e ricca di opere d´arte, tra cui spicca una Testa di Esculapio, un marmo greco del II secolo. «Si tratta della Villa più ricca che sia mai stata scoperta», spiega l´archeologa Paola Virgili, «Ci sono delle stanze magnifiche, delle volte ricoperte di tessere di mosaico d´oro e in pasta di vetro di eccezionale bellezza». Gli scavi, iniziati nel 2006, continueranno nel 2009 e si allargheranno anche alla seconda villa.

Epigrafi romane: a San Giorgio c’è un vero tesoro

Epigrafi romane: a San Giorgio c’è un vero tesoro
Mercoledì 10 Dicembre 2008 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA

Il premio «Policante» - Le iscrizioni sono nella tesi di Riccardo Bertolazzi

Il Centro di documentazione per la storia della Valpolicella ha premiato, alla Società Letteraria di Verona, il giovane ambrosiano Riccardo Bertolazzi. Il riconoscimento, intitolato allo scomparso giornalista de «L’Arena», nonché segretario del Centro, Gianfranco Policante, consiste in una borsa di studio sponsorizzata dalla Banca Valpolicella Credito di Marano. Ogni anno viene premiata una tesi di laurea dedicata ad aspetti storici ed economici della Valpolicella.
Riccardo Bertolazzi si è laureato alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Verona con un lavoro di epigrafia romana dal titolo «San Giorgio di Valpolicella: le iscrizioni romane», relatore il professor Alfredo Buonopane. «San Giorgio è senza dubbio il luogo più ricco di epigrafi romane non solo della Valpolicella, ma forse dell’intera provincia», spiega Bertolazzi. «Ne sono infatti attestate finora ben cinquantuno. Nonostante in anni recenti non siano mancati studi specifici sull’argomento, molti dei quali pubblicati peraltro nell’Annuario storico della Valpolicella, l’ultima raccolta complessiva delle iscrizioni di San Giorgio risale alla seconda metà dell’800. Fu Theodor Mommsen, il noto studioso tedesco premio Nobel nel 1902, a schedarle e pubblicarle».
Negli ultimi 130 anni il numero delle epigrafi di epoca romana ritrovate è aumentato considerevolmente. «La mia tesi riporta la raccolta completa», spiega Bertolazzi. «Molte iscrizioni hanno nel frattempo cambiato sede e sono confluite nelle collezioni del Museo archeologico e del Giardino Giusti di Verona e parecchie sono andate disperse o lette in maniera errata. Ho ritenuto opportuno corredare ciascuna scheda di una fotografia dell’originale, dove invece l’epigrafe risultava irreperibile sono ricorso ai disegni di Giuseppe Razzetti, pittore mantovano che, su incarico di un erudito veronese della prima metà dell’800, Girolamo Orti Manara, riprodusse in un album numerose iscrizioni che all’epoca poté vedere di persona».
Molte epigrafi sono però ancora presenti in loco, murate all’interno della chiesa, del chiostro o conservate nel piccolo museo della pieve. «Per questo», aggiunge, «nella prima parte della tesi ho inserito un capitolo dedicato alla storia del chiostro e del tempio. Le iscrizioni testimoniano l’importanza che San Giorgio ebbe come centro di culto già in epoca preromana».
Un capitolo della tesi analizza «il monumento romano più caratteristico di San Giorgio, ovvero un particolare tipo di ara quadrangolare che, con ogni probabilità, veniva prodotta in serie da una bottega di lapicidi per poi essere venduto alla clientela, la quale a sua volta commissionava il testo da incidere e gli eventuali rilievi ornamentali da aggiungere al manufatto grezzo. A San Giorgio questa produzione è proseguita per secoli, visto che è iniziata nel I secolo a.C.».
M.F.

La testa di Esculapio risorge dal fango

La testa di Esculapio risorge dal fango
GIOVEDÌ, 11 DICEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Scoperta negli scavi della Villa delle Vignacce, abitata dall´età imperiale fino al tempo dei Goti

È una testa di statua greca del II secolo d.C. in marmo pario il pezzo di maggior pregio emerso dallo scavo della Villa delle Vignacce, vicino a Tor Fiscale, presentato ieri dal soprintendente capitolino Umberto Broccoli e dall´archeologa Dora Cirone. La testa apparteneva a una statua di Eusculapio o forse di Zeus Serapide che adornava la villa nel II secolo, quando era la dimora di un costruttore, Servilio Pudente. Due secoli dopo la statua fu fatta a pezzi e usata per alzare il pavimento delle Terme insieme ad altri pezzi di valore, come un bellissimo capitello corinzio, quando la villa divenne probabilmente parte di una reggia diffusa, tra le antiche ville del suburbio, ai tempi di Massenzio. Poi furono i barbari, durante le guerre gotiche, ad usare a loto volta la villa, come si vede da muri costruiti in fango e pietre, una tecnica del VI secolo d.C. Divenne, forse, dimora di qualche generale barbaro. La Villa è stata scavata grazie alla collaborazione dell´American Institute for Roman Culture. Ora è stata ricoperta per proteggerla ma una nuova campagna di scavi partirà in primavera.
(renata mambelli)

martedì 2 dicembre 2008

VERONA - Dagli scavi emergono maschere romane

VERONA - Dagli scavi emergono maschere romane
L'ARENA Martedì 02 Dicembre 2008 CULTURA Pagina 57

Da Via Roma al chiostro di San Silvestro fino a nord di Via Marconi: in epoca romana questa zona doveva essere particolarmente attiva nella produzione di ceramiche. Si sapeva dell’esistenza di una fornace in via Roma, venuta alla luce nel 1960, ma si era ben lontani dall’immaginare che ci fosse un vero e proprio quartiere con impianti artigianali per tali produzioni. Questa la recente scoperta, fatta nel cantiere in Piazza Arditi, di cui parla l’assessore Perbellini e che ci viene illustrata dalla soprintendente ai Beni archeologici di Verona, Giuliana Cavalieri Manasse: «Oltre a vasi, pignatte, salvadanai, sono state ritrovate delle maschere di diversi tipi. Sono più piccole del viso, forse le tenevano in mano. Ma saranno gli studi futuri a rispondere a tante nostre domande e curiosità».
I ritrovamenti, oltre ad essere in buono stato, ci mostrano tecniche differenti di lavorazione: «Sembra che quest’area sia stata abbandonata verso la seconda metà del Trecento quando Gallieno rafforzò le mura municipali e la città si racchiude all’interno di esse».
Si tratta di una zona pluristratificata. Al di sopra, infatti, vi è un’importante necropoli post medioevale di cui si hanno notizie documentate, un cimitero connesso alla Chiesa di San Silvestro, con oltre 750 tombe di gente comune.
«Negli ultimi cantieri sta venendo sempre più alla luce la Verona produttiva nell’antichità», precisa la Soprintendente. «Questa scoperta si lega a quella fatta recentemente nella zona del Seminario, un’area dedita alla lavorazione dei metalli. Sicuramente gli studi futuri ci permetteranno di saperne di più su queste pagine importanti di storia della nostra città».
M.T.F.