mercoledì 30 giugno 2010

Riaffiorano ad Aquileia i resti dell antica fornace segni della città emporio

Riaffiorano ad Aquileia i resti dell antica fornace segni della città emporio
Messaggero Veneto — 26 giugno 2010 pagina 08 sezione: CULTURA - SPETTACOLO


Una fornace in ottimo stato di conservazione, la cui ultima fase d’uso risale al V secolo dopo Cristo è stata scoperta all’interno del Fondo ex Sandrigo, in località Monastero, nell’inestimabile scrigno dell’antichità che si cela sotto Aquileia. A conferma che era questa l’area emporiale dell’antica metropoli, il centro dei commerci e delle attività. Una scoperta di grande rilievo che si accompagna, tra l’altro, alla promessa di allestire l’area per renderla visitabile già quest’estate. Il fondo, ora di proprietà demaniale, sporge sulla riva orientale del Natissa, di fronte al porto fluviale romano: una zona ancora vergine dal punto di vista della ricerca archeologica, anche se non mancano testimonianze che indicano la presenza dell’uomo in età romana. La misura dell’importanza del ritrovamento è stata resa, ieri mattina, al termine della prima campagna di scavi avviata, lo scorso 24 maggio, dalla Soprintendenza per i Beni archeologici del Friuli Venezia Giulia e dall’università Ca’ Foscari di Venezia, nell’ambito di un progetto di ricerca finalizzato a studiare proprio la parte orientale di Aquileia. Il progetto, denominato Porto di Aquileia , prevede, accanto al recupero di aree archeologiche già rinvenute, anche l’indagine stratigrafica dell’area di proprietà demaniale adiacente, appunto, la sponda orientale del fiume, in corrispondenza con l’asse costituito dal foro e dal porto fluviale. «Le indagini fino a ora effettuate in quest’area dagli archeologi dell’università Ca’ Foscari di Venezia hanno inteso restituire un esempio di sequenza stratigrafica completa per questo settore della città - ha sottolineato il soprintendente Fozzati - . L’area di scavo, che fronteggia il porto romano, doveva costituire la vasta zona perifluviale, a vocazione artigianale, direttamente collegata con la via d’acqua per il carico e scarico delle merci». Si tratta di un settore già oggetto di indagini che sono iniziate a partire dalla fine del 1800 e sono proseguite con gli scavi dell’archeologo Giovanni Brusin lungo la sponda orientale del fiume Natissa. Ulteriori interventi sono stati eseguiti successivamente nell’ambito di attività di scavo controllate dalla soprintendenza. «Durante la campagna appena conclusa - ha sottolineato Daniela Cottica, docente di Archeologia delle Province romane al Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente dell’università veneziana - abbiamo intercettato potenti e complessi lavori di imbonimento funzionali alla messa in opera di alcune strutture in corso di scavo, fra le quali la fornace-calcara collocata lungo la sponda dell’antico corso del fiume». Come ha spiegato l’archeologa, all’interno della calcara sono stati rinvenuti depositi di combustibile carbonizzato, strati di calce viva già pronta per l’uso e blocchi di calcare, molti dei quali recanti traccia della decorazione originaria, pronti per essere sottoposti al processo di calcinazione. «La struttura, verosimilmente non isolata - ha aggiunto Cottica - doveva essere funzionale al riciclaggio di materiale proveniente da edifici anche di pregio in corso di demolizione e ci offre una concreta e viva testimonianza delle fasi finali di Aquileia romana». Ha concluso Cottica: «Abbiam o anche trovato il muro di sponda che andava a delimitare la sponda orientale del Natissa in età romana. Vicino a questa sponda doveva esserci anche la banchina di approdo. Il nostro prossimo obiettivo sarà quello di approfondire ulteriormente questi scavi per capire come era sistemata la sponda e di conseguenza il quartiere a vocazione commerciale. Sappiamo che Aquileia era un importante emporio dell’Adriatico e quindi ci aspettiamo che quest’area fosse funzionale a questo ruolo». Soddisfazione per l’importante ritrovamento è stata espressa dal soprintendente Fozzati il quale ha anticipato che, a breve, l’area sarà inserita all’interno di un percorso turistico. «Naturalmente - ha precisato Fozzati - sarà necessario provvedere a una copertura idonea, capace di proteggere dal caldo e dal freddo lo scavo. È quanto mai importante investire su Aquileia e auspichiamo che la Fondazione, in futuro, abbia molti piú finanziamenti di quanti ne riceve oggi. Se avessimo a disposizione dai 30 ai 50 milioni di euro sicuramente potremmo fare un buon lavoro». Dello stesso avviso Anna Del Bianco, direttore della Fondazione Aquileia: «Certo per sviluppare un progetto di piú ampio respiro avremmo bisogno di risorse differenti - ha commentato -, ma sia ben chiaro che riusciamo comunque a lavorare con quanto ci viene dato dalla Regione che ci assicura due milioni di euro per dieci anni». Elisa Michellut

giovedì 24 giugno 2010

Una casa romana a Sant’Agostino

Una casa romana a Sant’Agostino.
giovedì 24 giugno 2010 CORRIERE DI AREZZO

Ogni giorno una scoperta: ma i lavori proseguono senza interruzione, ci sono anche i lampioni. Riportato alla luce il pavimento di una villa di duemila anni fa.

Piazza Sant’Agostino sta diventando un cantiere archeologico. C’è ormai un feeling stretto tra gli addetti della ditta Zambelli che stanno procedendo al restauro a ritmi da record e le giovani esperte della Soprintendenza archeologica di Firenze che li seguono passo passo nei loro scavi. E così anche i restauratori e soprattutto chi manovra le ruspe stanno facendo un corso accelerato di archeologia. Dopo aver riportato alla luce tanti reperti, a cominciare dalla cinta muraria del duecento, ieri è stata la volta di un tratto di pavimento di una villa romana. Che più di duemila anni fa sorgeva proprio nella parte alta della piazza, lungo l’attuale via Garibaldi. Il pavimento, scoperto durante lo scavo di una trincea per i sottoservizi, tenuto conto del fatto che è battuto di calce e scaglie di pietra, non doveva essere quello dei vani più eleganti della domus romana. “Una delle tante - spiega Silvia Vilucchi, la responsabile della Soprintendenza per Arezzo e provincia - che sorgevano in un terrazzamento che va da Colcitrone fino all’Anfiteatro romano. Un’area già allora fortemente urbanizzata come prova anche il ritrovamento dei resti di un grande edificio durante gli scavi per la ex Margaritone”. Tante ville e tante fabbriche, di vasi corallini.“La conferma della presenza di fornaci - aggiunge Silvia Vilucchi - viene proprio da un altro ritrovamento di questi giorni nel cantiere della piazza: uno strato di cocci triturati, scarti della lavorazione dei manufatti di una fornace romana”. Il pavimento della villa di duemila anni fa è stato catalogato dagli addetti della Soprintendenza e già ricoperto dopo i lavori per i sottoservizi. In superficie procede invece con rapidità la nuova pavimentazione della piazza, con la sapiente sagomatura della pietra da parte degli addetti della stessa impresa che ha restaurato Piazza Grande e Piazza Guido Monaco. In mezzo al primo tratto di piazza spiccano già i lampioni in ferro stilizzato. E su quella superiore le ruspe ieri stavano andando in profondità per lo scavo del vano che dovrà contenere gli impianti di alimentazione della fontana ripristinata a ridosso della terrazza che domina la piazza dalla chiesa da cui prende il nome. Il punto dei lavori, che, ritrovamenti permettendo, termineranno tra otto mesi, verrà fatto nella prossima settimana sotto la regìa dell’assessore ai lavori pubblici Dringoli. Che, insieme al sindaco Fanfani, è riuscito a convincere i proprietari dei palazzi con le facciate più degradate a restaurarle prima che finiscano i lavori in piazza. E insieme alle facciate, con il contributo del Comune, anche le gallerie che collegano la piazza con Via Mannini. Inutile spendere 2 milioni e 800mila euro sul restauro del quadro se non ci si mette anche una buona cornice

Romano Salvi

martedì 22 giugno 2010

Patti, riapre oggi al pubblico la Villa Romana

Patti, riapre oggi al pubblico la Villa Romana
Giovedì 17 Giugno 2010 IL FATTOONLINE

PATTI (ME) – Tornerà totalmente fruibile al pubblico da oggi la Villa Romana di Patti in Sicilia. Scoperta nel 1973 durante i lavori per la costruzione dell'autostrada Messina-Palermo e portata alla luce nel corso di successive campagne di scavo, la villa è stata, adesso, oggetto di lavori di messa in sicurezza e per la realizzazione della copertura dell'intero sito archeologico. Fu edificata nel IV sec. d.C. e venne distrutta nel corso della seconda metà del secolo a causa di un fortissimo terremoto. L'assessorato regionale dei Beni Culturali ha svolto, nel corso degli anni, numerose campagne di scavo grazie ai fondi del progetto Por Sicilia 2000-2006, campagne che si sono concluse nel 2001 con l'inaugurazione di un piccolo Antiquarium. Una passerella pedonale sospesa, ancorata su pilastri tubolari che reggono anche un'unica grande tettoia consente la visita senza calpestare l'area consentendo la massima visibilità del monumento, proteggendolo e garantendo, contemporaneamente, la prosecuzione dei lavori di scavo e di restauro.

http://www.ilfattoonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=27995:patti-riapre-oggi-al-pubblico-la-villa-romana&catid=39:messina&Itemid=69?tmpl=component&print=1&page=

lunedì 21 giugno 2010

Con l’arco di Traiano è il simbolo dell’età imperiale

Con l’arco di Traiano è il simbolo dell’età imperiale
19/06/2010 CORRIERE ADRIATICO

Ancona L'anfiteatro romano di Ancona, situato tra i colli Guasco e Cappuccini a circa 50 metri sul livello del mare, costituisce, unitamente all'arco di Traiano, l'opera architettonica di epoca romana più importante della città. Storici e archeologi avrebbero fissato la costruzione della struttura durante il periodo di Ottaviano Augusto verso la fine del I sec. a.C.; modificata poi durante il periodo di Traiano (I sec. d.C.). Sempre secondo la ricostruzione fatta, la sua parte più interna, a conci quadrati, poteva appartenere ad un teatro del periodo greco. La sua trasformazione più radicale, stando agli indizi architettonici, appartiene appunto all'epoca di Traiano o dei Flavi. In tempi recenti è diventato un luogo di incontro dove ascoltare poesie e lirica.

martedì 15 giugno 2010

Tiburtina, per i mosaici di Dioniso serve l´aiuto degli imprenditori"

Tiburtina, per i mosaici di Dioniso serve l´aiuto degli imprenditori"
CARLO ALBERTO BUCCI
DOMENICA, 13 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Il progetto dell´assessore Ghera per la zona archeologica

E a Pratolungo la Soprintendenza sta riportando alla luce un fabbricato di età repubblicana

Bassi muri in "opus incertum" di un fabbricato "industriale" d´età repubblicana sorto accanto al fosso di Pratolungo, poco più in là sette possenti blocchi di travertino seguiti, sul piano d´argilla inzuppato dall´acqua di falda, da trabeazioni architettoniche e da un frammento di sarcofago in marmo, buoni per essere squagliati in una calcara medievale il cui forno, forse, è ancora sommerso da secoli di terra. Questi i reperti che, cinque metri sotto il livello stradale al nono chilometro della Tiburtina, a dieci metri dall´antica consolare, gli archeologi della Soprintendenza statale stanno riportando alla luce. E che, molto probabilmente, ricopriranno una volta finite le ricerche, le schedature e le foto (al lavoro, diretti da Stefano Musco, ci sono Claudia Angelelli e Luca Porzi, con gli uomini della Land srl) perché le strutture romane, scoperte durante le indagini in vista del raddoppio della Tiburtina, non sono così clamorose da far ipotizzare la musealizzazione in situ. E poi, a che serve mettere in mostra testimonianze del passato se non si hanno i soldi per fare la manutenzione?
L´esempio si ha, neanche un chilometro più in là, grazie a un ritrovamento davvero importante. Quello della villa e delle terme di via Carciano, con l´aula dalle nicchie affrescate, la cisterna e la "piscina", riportate alla luce negli anni ‘90: un impianto a terrazze sfarzosamente abitato dal II secolo a.C. al V d.C., ma ora preda della forza dirompente delle piante che stanno mandando in frantumi il prezioso mosaico della "Menade danzante con il pastore e le quattro stagioni". «Attenti a dove mettete i piedi», avverte Stefano Musco facendo strada all´assessore Fabrizio Ghera, tra le tessere bianche e nere sparpagliate nel prato: «Guardate bene questa raffigurazione bacchica, perché la prossima volta potrebbe non esserci più», aggiunge l´archeologo.
Ecco Tiburtina Valley, tra passato e presente, tra il degrado dei capannoni industriali e le bellezze degradate di una villa affrescata. Ma l´assessore ai Lavori pubblici del Comune ha un´idea per salvare questo patrimonio. Per restaurare il mosaico della villa - e per liberare dalla protezione il pavimento in "opus sectile" delle piccole terme pubbliche - bastano 200-300mila euro: quei soldi che la Soprintendenza non destina al sito demaniale recintato in via Carciano il cui budget per la manutenzione, da dieci anni, «è pari a zero». «Vogliamo coinvolgere le aziende della zona - spiega Ghera - in questa missione di salvataggio. Gli industriali potrebbero adottare il monumento versando delle quote che permettano i restauri e la valorizzazione della zona». E Musco sottolinea: «Dobbiamo scegliere il punto di vista: via Carciano può essere quel "non luogo" che è oggi o la strada segnata dalla magnifica villa dei mosaici di Dioniso. Ora c´è bisogno immediato di un restauro. Ma in futuro i resti della villa potrebbero essere illuminati anche di notte e diventare così il luogo dell´orgoglio per gli abitanti di questa estrema periferia».

martedì 8 giugno 2010

Svelato il mistero delle ossa. Era il cimitero dei gladiatori

Svelato il mistero delle ossa. Era il cimitero dei gladiatori
Martedì 08 Giugno 2010 CULTURA Pagina 49 L'ARENA

In Inghilterra scheletri senza teste e azzannati da orsi

Un cimitero di gladiatori: gli archeologi britannici potrebbero avere risolto il mistero di una necropoli scoperta dieci anni fa nella città inglese di York e contenente un'ottantina di scheletri, molti privi della testa.
Gli esami compiuti dagli esperti attestano in molti casi un maggiore sviluppo muscolare del braccio destro, già descritto dagli scrittori di epoca romana in quei giovani addestrati per combattere nell'arena, e una provenienza geografica assai ampia, come per esempio dall'Africa settentrionale, considerata una delle principali zone di reclutamento per i gladiatori.
Inoltre, alcuni scheletri portano i segni dei morsi inflitti da leoni o altri carnivori, forse orsi, e fratture provocate da un corpo contundente: un martello o una mazza erano frequentemente utilizzati per il «colpo di grazia», e anche la decapitazione sembra essere stata una conclusione piuttosto frequente dei combattimenti. La teoria si basa anche sul fatto che York era una delle più importanti colonie romane in Inghilterra — fu capitale della provincia — e l'aristocrazia locale avrebbe senza dubbio goduto un alto livello di vita sociale, compresi dunque i giochi nel circo.
Finora gli esperti avevano pensato che la presenza di tanti resti umani con i segni di una morte violenta potesse essere fatta risalire alla soppressione di una rivolta, ravvnuta durante il regno di Caracalla: tuttavia la scoperta di una necropoli dalle caratteristiche simili a quella inglese, avvenuta tre anni fa a Efeso, nell'odierna Turchia, aveva spinto gli archeologi a compiere ulteriori accertamenti, fino all’attuale interpretazione.

sabato 5 giugno 2010

Affiora l’antica città romana

Affiora l’antica città romana
05 GIUGNO 2010, CORRIERE ADRIATICO

Ostra Vetere, proseguono gli scavi archeologici con molte novità

Ostra Vetere Continua la Campagna di scavo nel sito archeologico dell’antica città romana di Ostra Vetere promossa dal Comune, dal Dipartimento di Archeologia dell’Università degli Studi di Bologna e la Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche. Un rapporto di collaborazione, che va avanti ormai da sei anni sulla base di una convenzione sottoscritta dai tre soggetti istituzionali per promuovere, sostenere e valorizzare l’Area Archeologica “Le Muracce” situata a Pongelli di Ostra Vetere. Un progetto fortemente voluto dall’Amministrazione comunale sin dal suo insediamento che qualifica l’azione di governo in uno dei settori più importanti e significativi del suo programma: la cultura.

“Far conoscere – ha detto il sindaco di Ostra Vetere - e rendere fruibile un luogo, in cui c’è la storia di un territorio, la storia di un popolo, la storia di una civiltà, quella romana in particolare, e le connessioni di questa città romana con il tessuto economico-sociale e politico-istituzionale di questa parte del territorio. Il nostro obiettivo non è solo scavare e cercare reperti, ma anche continuare a rendere questo sito uno dei poli d’attrazione culturale e formativo.”

Il sindaco Bello ricorda, infatti, che proprio in virtù del progetto di valorizzazione del sito archeologico di Ostra Vetere, è nato anche un Corso di Alta Formazione Universitaria in Beni culturali, ambientali e gestione del paesaggio realizzato dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna, che ci ha dato la possibilità di essere un polo formativo d’eccellenza e di creare notevole interesse, nazionale ed internazionale, verso il nostro territorio. L’esempio giunge proprio dagli Stati Uniti, e in particolare dall’Università del Maryland, che nel 2011 concretizzerà ad Ostra Vetere un Master in Storia dell’Arte e lingua italiana. “Un’azione di governo di una Giunta, che ha investito ed investe risorse – ha ribadito Bello - in idee e progetti, che si traducono in risultati”. E in questo contesto, bene si inserisce la sesta Campagna di scavo, che si svolgerà alle Muracce dal 27 giugno al 17 luglio ad opera del Dipartimento di Archeologia dell’Università degli Studi di Bologna, a cui – per quest’anno – si aggiunge una squadra dell’Università francese di Clermont-Ferrand. Sotto la regia del professor Dall’Aglio, direttore dello scavo e della Scuola di Alta Formazione Universitaria di Ostra Vetere, gli scavi proseguiranno nell’esplorazione di un lato del Tempio al fine di arrivare a definire funzioni e fasi della struttura rinvenuta gli anni scorsi.

venerdì 4 giugno 2010

Il servo liberato che divenne tiranno

l’Unità 4.6.10
Il servo liberato che divenne tiranno
Andrea Carandini svela il mistero che circondava le origini di Servio Tullio re bastardo dopo Tarquinio Prisco
di Stefano Miliani

Manovre di potere, sangue, appelli al popolo. In una Roma aperta a genti latine, sabine, etrusche, con greci e orientali, tra il616a.C.eil534a.C.,unasequenza regale cambiò la cosa pubblica e gli ordinamenti: prima re Lucio Tarquinio Prisco, greco-etrusco, seguito da Servio Tullio, ex servo che sarebbe stato suo figlio e in quanto tale non poteva di salire al trono, perché la Roma di allora vietava la successione diretta e richiedeva l’interruzione almeno di un regno. Andrea Carandini, archeologo, il maggior studioso delle origini di Roma, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, ha scritto una saga avvincente di trame, tradimenti e manipolazione del «popolo»: Re Tarquinio e il divino bastardo (Rizzoli, 171 pagine, 18 euro). Fondata su documenti testuali e visivi (come le pitture della tomba etrusca a Vulci detta di François), la narrazione sbroglia, con incursioni nei pensieri e nei sentimenti dei protagonisti, intricate faccende che evocano temi dell’Italia di oggi: costituzioni violate, demagogia, privilegi di oligarchie in discussione. A chi legge, fa pensare anche a Berlusconi.
Professore, perché ha voluto raccontare questa storia con piglio narrativo? «È la prima metà di una grande saga che riguarda la seconda età regia di Roma. Racconterò la seconda parte in un prossimo libro Rizzoli. Ho fatto ricerche su quel tempo e dopo tanti lavori eruditi ho voluto rivolgermi, per una volta, al grande pubblico. In Italia gli studiosi non hanno un rapporto con il popolo, la divulgazione pertanto è generalmente cattiva (salvo Piero Angela in tv): altera date e inventa misteri. Invece il dotto ha il dovere di raccontare quello che sa in modo semplice. Questo ho tentato».
A pagina 100 e oltre lei descrive un tiranno capace di parlare alla «pancia e alla fantasia» del popolo, che lo plasma ambendo a poteri più personali rispetto ai sovrani antichi o alle magistrature repubblicane. Ci ricorda la nostra Italia odierna.
«Questo è un libro sul potere. Generalmente il re trova la sua forza nel rapporto con il popolo favorendolo e manipolandolo perché l’aristocrazia ha beni, una sua autonomia, una libertà privilegiata, e fa la Fronda. È una trama che può esistere anche in forme democratiche: possono esserci gruppi elitari che vogliono conservare il potere e un popolo che si fa trascinare da un leader carismatico». Come Servio Tullio, il figlio bastardo sostiene lei. Alla morte di Lucio Tarquinio, diventerà re reggente, grazie alle manovre della vedova del re Tanaquil, eliminerà il fratello legittimo Gneo facendolo uccidere e dal 578 sarà il primo tiranno di Roma. Il quale si rivolge direttamente ai romani scavalcando tutti.
«Sì, lui cerca un rapporto con il popolo non filtrato dai nobili. È stato un tiranno riformatore, modernizzatore, cui seguirà il superbissimo Tarquinio il Superbo: le tirannidi, anche quelle con le migliori intenzioni, finiscono per degenerare. Prima delle democrazie, solo una tirannide poteva mettere nell’angolo un’oligarchia. Ma anche nelle democrazie possono esserci tendenze più costituzionali e altre tendenti alla rottura delle regole».
Sembra di vedere un ritratto in nuce di Berlusconi, con tutte le differenze del caso. Il premier, almeno fino a poco fa, ha saputo comunicare direttamente ai cittadini, al «popolo» dice lui, e al «popolo» si appella quando travalica le regole.
«Rimango pur sempre uno storico e so bene come i paragoni possono indurre a interpretazioni partigiane. Servio Tullio poteva prendere il potere solo illegalmente, rompendo ogni regola, perché era figlio illegittimo e segreto di re: un servo liberato. Questo potentissimo liberto ha rifondato una Costituzione, superando quella di Romolo. Ha avuto aspetti liberatori, come la cittadinanza basata sulla residenza, e ha creato le basi della futura potenza di Roma. D’altronde ogni rottura delle regole può esser fatta a fin di bene (Servio) e a fin di male (Tarquinio il Superbo)». Ma qualcosa richiama l’attuale premier.
«Un aspetto tipico di tutte personalità carismatiche nella storia è la loro illimitatezza. Starei però molto attento a vedere una metafora dell’oggi nel mio racconto. Se devo fare un paragone con i nostri giorni, vedo l’emergere nuovi ceti, che incontro alle mostre, che popolano gli outlet. È facile dire: ecco i barbari! È come se ci fosse stata una lotta di classe... La vecchia borghesia è stata sconfitta e questo nuovo ceto medio diffuso è antropologicamente diverso. Tutte le vecchie classi hanno visto male l’emergere di nuovi ceti: nei balli parigini sotto Napoleone gli ufficiali avevano mani coperte di diamanti! Ai nuovi ceti bisogna offrire scelte diverse. Loro votano e la storia torna a macinare...».

mercoledì 2 giugno 2010

Il Ginnasio romano e le erbacce

Il Ginnasio romano e le erbacce
LA SICILIA, Lunedì 31 Maggio 2010 Prima Siracusa, pagina 49

Il Ginnasio romano è uno di quei siti archeologici che non rientrano nei grandi circuiti della città e forse per questo non viene adeguatamente curato. Una spiegazione che non è certo una giustificazione valida, ma non si trovano altre reali motivazioni. Il Ginnasio si trova lungo la via Elorina e la didascalia della soprintendenza indica con il nome di «piccolo teatro romano», ma che in realtà era un luogo dedicato ai culti misterici frequentato dai siracusani di età romana. I suoi resti sono nascosti oggi dalle erbacce incolte che crescono nel sito archeologico, nei pressi del Foro Siracusano e il cui ingresso si trova esattamente di fronte all'area dell'Aeronautica.

martedì 1 giugno 2010

Quel teatro romano in via Carbonesi "Un dovere civico restituirlo alla città"

Quel teatro romano in via Carbonesi "Un dovere civico restituirlo alla città"
PAOLA NALDI
MARTEDÌ, 01 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - Bologna

Il soprintendente Malnati "Può diventare un nuovo museo dedicato agli scavi degli ultimi dieci anni"


RIAPRIRE il teatro romano di via Carbonesi per farne il centro di un nuovo museo che mostri, per la prima volta in maniera organica, la Bologna romana. E´ questa la proposta lanciata dal Soprintendente ai beni archeologici, Luigi Malnati, e dalla direttrice del Museo civico archeologico, Paola Giovetti, oggi partner di un ampio progetto di collaborazione per la valorizzazione dei reperti recuperati negli scavi degli ultimi dieci anni in città e provincia, per il momento custoditi dentro a migliaia di casse in diversi depositi.
Primo passo per riportare Bologna al ruolo che le spetta a livello nazionale, anche in questo campo. «Riaprire il teatro è un dovere civico e un´occasione importante per ridare lustro alla tradizione archeologica che ha questa città - commenta Paola Giovetti - basta poco per accendere l´attenzione del pubblico e quindi delle istituzioni. Dell´epoca romana abbiamo reperti interessanti, come un bellissimo tavolino a otto gambe, capaci di poter raccontare molte cose della storia cittadina di quella epoca». Il teatro aveva avuto una grande notorietà quando l´edificio venne utilizzato come sede della Coin, ma dal momento della dismissione dell´esercizio commerciale, avvenuta nel 2000, non è mai stato riaperto al pubblico, se non in occasione di visite guidate.
«L´immobile è di proprietà privata ma il teatro è dello Stato - ricorda Luigi Malnati - nel momento in cui si deve trovare una collocazione per i nuovi reperti emersi dagli scavi recenti, si può ipotizzare una sezione romana da costruire ex novo, mettendo a confronto gli oggetti già presenti nel museo civico con i nuovi ritrovamenti». Già questa sarebbe una novità ma in più la sede, di per sé molto suggestiva, potrebbe rappresentare un nuovo modello di museo. «Noi italiani siamo molto diffidenti verso una presentazione dell´archeologia basata sulle ricostruzioni storiche ma se queste si basano su criteri scientifici rigorosi possono essere molto utili a capire la storia passata - aggiunge ancora Giovetti - e il museo da costruire attorno al teatro romano si presta ad avere una parte scenografica virtuale». Dell´antica costruzione nella tipica forma ad emiciclo, risalente al periodo tardo repubblicano, si leggono ancora bene i resti della facciata esterna, realizzata in una prima fase attorno all´80 a. C. e i muri radiali della cavea, databili invece tra il 53 e il 60 d. C.
Al momento della sua fondazione, con i suoi 75 metri di diametro, il teatro costituiva un´opera edilizia di grande portata, diventata obsoleta quando la città cambiò struttura in seguito ad una forte crescita democratica.
Se da una parte le due istituzioni, Museo civico e Soprintendenza, hanno trovato la capacità di dialogo per progetti comuni, dall´altra operazioni di questo tipo necessitano ovviamente di sostegni economici. «E´ vero siamo in un periodo di crisi ma per esperienza posso dire che per i progetti concreti, con una forte valenza culturale e scientifica, i finanziamenti si trovano - commenta Malnati - non posso pensare che la città non sia interessata a valorizzare un capitolo della sua storia così importante. Intanto credo si potrebbe avviare un dialogo che coinvolga la proprietà privata, la direttrice regionale Carla Di Francesco e il Comune, magari nella figura di Mauro Felicori».