Pompei. Piovono avvisi di garanzia ma la Domus risorge in 3D
Arianna Di Genova
Il Manifesto 18/12/2010
Il sito sotto inchiesta e la Schola Armaturarum diventa virtuale
Per chi non avesse fatto in tempo a vedere la Casa dei Gladiatori lungo la via dell'Abbondanza nella città antica di Pompei, prima che crollasse rovinosamente il 6 novembre scorso, la tecnologia virtuale può essere d'aiuto. E sostituire l'originale con un doppione immateriale. È così che gli orfani del prezioso bene culturale, travolto da incuria e meteo inclemente, verranno risarciti: con tre installazioni in 3D della Schola Armaturarum, ad opera del museo archeologico virtuale di Ercolano. La prima propone una macchina del tempo, con la marcia ingranata all'indietro e offre una ricostruzione del luogo come doveva apparire nel 79 d.C.; la seconda, più didattica, racconta attraverso un filmato la storia della Schola, dagli interventi di protezione di Vittorio Spinazzola nel 1915 con l'apposizione di una tettoia metallica dotata di una copertura in eternit, fino al bombardamento alleato del 19 settembre 1943 che la squarciò, provocando un crollo parziale del muro ovest e danni alle pitture. A questa «narrazione» drammatica, segue la ricostruzione dell'ambiente nel 1946 dell'archeologo Amedeo Maiuri. In occasione dei lavori di restauro fu realizzata la struttura in cemento armato che per sessanta anni ha protetto l'edificio gravando però le strutture antiche con un peso eccessivo fino al recente collasso. Nella grande aula a forma quadrata - con un'ampia apertura verso la strada - figurano anche le pitture del IV stile pompeiano a fondo rosso. La terza installazione propone invece gli oggetti ritrovati al suo interno, al momento degli scavi: scudi, spade ed elmi utilizzati dai romani nelle parate militari. Se quindi Pompei degradata, minacciata da crolli quotidiani e sotto indagine (la magistratura ha già inviato nove avvisi di garanzia), rischia di perdere il suo appeal che ne ha fatto uno dei siti archeologici più visitati al mondo, la terza dimensione su schermo e parete tenta l'impossibile: far rivivere il fascino di quella città antica in un pullulare di pixel, un'operazione di marketing natalizio, dal sapore spregiudicato, per valorizzare un bene che, in realtà, vanterebbe un primato anche dal «vero». Una Domus ghost al posto di una costruita in mattoni più di duemila anni fa. Anche quella del Moralista attende una sua «copia» e l'elenco potrebbe continuare all'infinito perché, con i tagli operati al ministero e alla cultura, il patrimonio archeologico del Belpaese più che mantenuto in vita può risorgere soltanto con fantasiosi parchi a tema che lo reinventano. La novità è che, in fondo, anche le macerie attirano curiosi e un pellegrinaggio completo finisce per comprendere anche quelle, così da non provare la sensazione sgradita di aver sprecato il biglietto d'ingresso e perso un'occasione ghiotta: fotografare il disastro. Intanto, Pompei è diventato l'oggetto scottante di un'inchiesta giudiziaria. Lunedì prossimo, il 20 dicembre, la procura di Torre Annunziata affiderà a un esperto, l'ingegnere Nicola Augenti nominato come Ctu (consulente tecnico d'ufficio), l'incarico di accertare le cause che determinarono il cedimento delle strutture. Per i magistrati che hanno inviato gli avvisi di garanzia (fra cui all'ex soprintendente Pietro Giovanni Guzzo e l'attuale direttore degli scavi Antonio Varone, nonché l'architetto della soprintendenza Paola Rispoli e Anna Maria Laccavo, rappresentante della ditta che fece i lavori sul tetto della Schola del 2009). L'ipotesi di reato formulata è quella di crollo colposo. Nessuna calamità naturale. Nell'avviso, il pm informa della convocazione per «accertamenti tecnici non ripetibili» ricordando che le persone sottoposte a indagine possono, a loro volta, indicare dei loro consulenti. E mentre Guzzo e Varone non commentano e si dichiarano tranquilli, il ministro Bondi sembra invece scalpitare, tanto da «piegarsi» a inviare quella lettera post-comunista e piena di acredine al Pd, per scongiurare l'ipotesi della sfiducia sul suo operato. Un voto che si abbatterà sudi lui al ritorno dalle festività natalizie. E se un suo commissario (dell'area archeologica centrale romana e di Ostia antica) come Roberto Cecchi, nonché segretario generale del ministero, lancia appelli disperati che si trasformano in accuse sulla gestione noncurante del patrimonio tipo «abbiamo un solo archeologo per 1500 edifici, guadagna 1500 euro al mese e lavora anche 12 ore al giorno», per Sandro Bondi non si mette proprio benissimo.