Amm. Marc., XXIII, 6, 24
Qua per duces Veri Caesaris, ut ante rettulimus, expulsata, avulsum sedibus simulacrum Comei Apollinis perlatumque Romam in aede Apollinis Palatini deorum antistites collocarunt. fertur autem quod post direptum hoc idem figmentum incensa civitate milites fanum scrutantes invenere foramen angustum, quo reserato, ut pretiosum aliquid invenirent, ex adyto quodam concluso a Chaldaeorum arcanis labes primordialis exiluit, quae insanabilium vi concepta morborum eiusdem Veri Marcique Antonini temporibus ab ipsis Persarum finibus ad usque Rhenum et Gallias cuncta contagiis polluebat et mortibus.
Dopo che Seleucia fu espugnata dai generali di Vero Cesare, la statua di Apollo Comeo (altri fornti scrivono Cumeo) venne tolta dalla sua sede e portata a Roma e i sacerdoti la collocarono nel tempio di Apollo Palatino. Si narra che dopo il rapimento di questa statua, mentre la città era in fiamme, alcuni soldati, che rovistavano nel tempio trovarono un foro angusto e apertolo, sperando di trovare qualcosa di prezioso, da un recesso chiuso con formule magiche dei Caldei, balzò fuori una pestilenza primordiale che, prodotta dalla violenza di insanabili malattie, all’epoca dello stesso Vero e di Marco Antonino contaminò con contagi e morti tutto l’impero dagli stessi confini della Persia fino alla Gallia e al Reno.