Giulio Cesare Ottaviano
Augusto
Ottaviano, nato nel 63 a.C.,
era nipote di Cesare. Questi lo adottò, facendone il suo erede. Quando Cesare
fu ucciso nel 44, il giovane Ottaviano seppe inserirsi molto abilmente nella
lotta per il potere. Dopo avere eliminato Antonio, egli rimase il padrone
indiscusso di Roma. Al suo genio politico si devono quelle riforme che gli
permisero di governare Roma fino alla morte e che segnarono la nascita del
principato. Due sono i momenti in cui Ottaviano mise a punto il nuovo assetto
istituzionale: nel 27, dopo avere rinunciato ai poteri straordinari detenuti
fino ad allora, ebbe il comando sulle province non pacificate (dove erano
stanziati gli eserciti), mentre le altre province, secondo la consuetudine
repubblicana, furono riservate al senato, e il titolo onorifico di Augusto; nel
23 ebbe il comando proconsolare su tutte le province (cioè il controllo sulle
province e sugli eserciti), anche su quelle riservate al senato, i pieni poteri
dei tribuni della plebe, che gli permettevano di controllare la vita politica
(convocare le assemblee, proporre leggi, esercitare il diritto di veto).
Augusto governò Roma fino al 14 d.C., un lungo periodo di tempo in cui tentò
una restaurazione della religione e dei costumi tradizionali e realizzò grandi
opere pubbliche. Secondo Svetonio Augusto soleva dire di avere trovato Roma di
mattoni e di averla lasciata di marmo. Egli, inoltre, legò al suo programma
politico molti letterati e poeti, promuovendone l'attività, tra cui, per citare
solo i più noti, Virgilio e Orazio.