martedì 28 aprile 2020

ROMA URBS - L’ IMPERO SOTTO DIOCLEZIANO


ROMA URBS - L’ IMPERO SOTTO DIOCLEZIANO

La Roma antichissima, la Roma Quadrata della tradizione, fu fondata sul monte Palatino. La palude del Velabrum a N, la vallis Murcia a S accrescevano la forza difensiva degli scoscesi fianchi del monte, che dominava il passaggio del Tevere. La necropoli (cimitero) di questa città, scoperta nel Foro Romano noi primi anni di questo secolo, si stendeva ai piedi del Velia e del Fagutal. Tracce di abitati si trovarono anche sui colli a N e ad E del Palatino e può darsi che sul suolo di Roma siano sorti dapprima dei piccoli villaggi sparsi; ma la tradizione antica parla solo di un’unica città, della città di Roma, fondata sul monte Palatino.
La città si venne col tempo estendendo, dapprima sul colle Velila e poi su altri monti più ad oriente. Secondo alcuni studiosi, la città che occupava le due cime del Palatino (Germalus e Polatium), la Velia, il Caelius,
il Fagutal, l’Oppius o il Cispius, alle quali alture si aggiungeva la Subura nella bassura a NO del Fagutal, sarebbe stata la città del Septimontium. della quale avrebbe serbato ricordo la festa del Septimontium, che si celebrava l’11 dicembre, con sacrifici sui colli suddetti. Ma altri negano l’esistenza di una città del Septimontium.
Un passo molto importante per lo sviluppo della città è rappresentato dal prosciugamento della bassura del Velabro o dell’Argiletum mediante la Clocca massima, che la tradizione attribuisce, a ragione, ai Tarquini, i quali certo compirono i primi grandi lavori di prosciugamento dell’area urbana, ampliati poi e perfezionati in vari periodi dell’età repubblicana. Allora parte della bassura potè essere trasformata nella piazza più importante della città (Forum Romanum con l’attiguo Comitium) e il forte colle Capitolium, dai fianchi dirupati, potè divenire l’arx, la rocca, della città stessa. E nello stesso tempo furono racchiusi nella città anche il collis Quirinalis e il collis Viminalis, che formarono un nuovo e importante quartiere della città.
La città ci appare ora divisa in quattro re­gioni che si chiamavano: I Suburana, II Esquilina, III Collina, IV Palatina. Il Campidoglio non era compreso in una delle quattro regioni, forse perchè esso ora l’ars della città intera e vi dimorava il re. Questa città viene perciò detta dai moderni la città delle quattro regioni ed è la città dell’epoca regia, la quale aveva il suo limite sacro (Pomerium), cho si conservò fino ad epoca tarda. L’Aventino rimase escluso dal Pomerium fino all’epoca dell’imperatore Claudio. Questa città aveva un’estensione di circa 280 ettari, e una cinta di mura, della quale si conservano avanzi sul Palatino, sul Campidoglio e sul Quirinale; secondo la tradizione la cinta di mura fu costruita dal re Servio Tullio. Anzi il nome del re Servio rimase cosi legato alla grande cinta dell’età regia, che anche quando, dopo le vicende dei primi anni della repubblica e dell’incendio gallico, la cinta fu ricostruita con materiale diverso e allargata a comprendere l’Aventino e il terreno a N sino alla porta Collina, si disse sempre di Servio e quindi la comune denominazione di Città Serviana per designare la città dell’epoca repubblicana. A NE, dove, fra la porta Collina e l’Esquilina, il terreno non offriva protezione alcuna, la cinta, per circa 1350 m., risultava di fossa, muro e potente argine, donde il nome di agger. Dell’agger e delle mura dell’età repubblicana rimangono avanzi cospicui e il loro percorso è in genere ben noto.
Il centro della città era costituito dal Capitolium, sul quale sorgeva il grande tempio di Giovo Capitolino, costruito dai re Tarqunii e dedicato nel primo anno della repubblica, e dal Forum, con il Comitium, il più antico luogo di riunione delle assemblee popolari. Il Comitium e il Forum erano circondati da edifici d’ogni genere, alcuni dei quali erano fra i più antichi e venerandi di Roma, e molti monumenti sorgevano anche nel mezzo dell’area. Ricordiamo la Curia Hostilia per il Senato, sostituita poi dalla Curia Iulia di Cesare, restaurata e affidata nel 1871 al Senato dell’allora costituito Regno d’Italia, e le due più antiche basiliche sul Comizio; nel Foro la Regia, il tempio di Vesta e la casa delle Vestali, i Rostra, le basiliche Aemilia e Iulia e parecchi templi, fra i quali quelli dei Castori, di Saturno e del Divo Giulio (Cesare).
Divenuto perciò troppo angusto il Foro Romano, Cesare costruì nel 54 a. C., ad oriente del Campidoglio, un nuovo foro che prese il suo nome, Forum Iulium, con il tempio di Venere Genitrice protettrice dei Giulii. Accanto al Foro Giulio, Augusto fece erigere il Forum Augusti, con il magnifico tempio di Marte Ultore da lui votato durante la battaglia di Filippi. In apposite nicchie del muro di cinta furono collocato lo statue dei grandi Romani, da Enea a Cesare. NeI 75 d. C., Vespasiano, a ricordo della guerra giudaica, eresse il Forum Pacis intorno al tempio della Pace. Tra questo Foro e i due Fori Giulio e Augusto rimaneva una striscia di terreno percorsa da una strada, che metteva dalla Suburra al Foro Romano. Su questo terreno Domiziano iniziò, e Nerva completò nel 97, il Foro che fu detto Transitorium, appunto perchè rappresentava un passaggio tra i quartieri del Viminale e il Foro Romano. Tutti questi fori furono però superati per ampiezza e magnificenza dal foro, che l’architetto Apollodoro di Damasco costruì per l’imperatore Traiano (Forum Traiani o Ulpium). La vasta piazza era dominata dalla statua equestre dell’imperatore e sul lato prospiciente al monumentale arco d’ingresso si ergeva la grandiosa Basilica Ulpia, e, oltre la basilica, le due biblioteche, greca o latina, e, infine, il tempio di Traiano. Biblioteche, basilica e tempio limitavano uno spazio, una specie di cortile, in cui si elevava la famosa colonna coclide marmorea, intorno alla quale si svolgeva, come su un nastro, la rappresentazione delle guerre daciche di Traiano. Un alto muro separava il Foro Traiano dai cosiddetti Mercati Traianei, un vasto complesso di botteghe e magazzini costituenti, a quanto pare, un grande mercato. Attraverso le imponenti rovine dei Fori opportunamente messe in luce e magnificamente sistemate, corre oggi la grande arteria detta Via dei Fori Imperiali.
La cinta repubblicana divenne però presto insufficiente a contenere la crescente città, che si sviluppò specialmente nel Campo Marzio, ad ovest del Campidoglio e del Quirinale, ove ora stato costruito, già nel 221 a. C., il Circus Flaminius. Pompeo vi costruì un grande teatro (52 a. C.) e un vasto portico; Cesare l’altro teatro, clic Augusto dedicò poi a Marcello, o il grande edificio, che doveva servire per le votazioni dei comizi. Augusto restaurò molti templi pericolanti, edificò il tempio di Apollo presso la sua dimora sul Palatino e dette alla città un aspetto nuovo. Ma egli rivolse la sua attività edilizia specialmente al Campo Marzio, che divenne il centro della vita urbana. Ricordiamo la meravigliosa Ara Pacis Augustae, da poco ricomposta presso gli avanzi del mausoleo eretto da Augusto per la famiglia imperiale. Il ministro di Augusto M. Vipsanio Agrippa edificò nel Campo il Pantheon con le attigue vaste terme e l’annesso parco e lago artificiale (Stagnum Agrippae), il Porticus Argo­nautarum (così detto dalle pitture che lo decoravano) e il Porticus Vipsania. I successivi imperatori continuarono in questa opera di abbellimento del Campo Marzio.
Erano intanto venute di moda le grandi ville suburbane. Lucullo e Sallustio fecero sorgere gli Horti Luculliani e Sallustiani sul Pincio, che fu poi chiamato il Collis Hortorum; Cesare aveva creato gli Horti Caesaris nel Trastevere; Mecenate abbellì con giardini magnifici (Horti Maecenatis) una vasta zona dell’Esquilino).
Ad Augusto spetta la divisione della città in 14 regioni; 7 erano dentro le mura serviane, 6 fuori e I nel Trastevere. Alla sicurezza e alla lotta contro gli incendi provvedevano sette cohortes vigilum, una ogni due regioni.
Tiberio restaurò templi, edificò il grande palazzo imperiale sul Palatino (Domus Tiberiana) e costruì per le coorti pretorie, fuori delle mura,i Castra Praetoria, un campo permanente di metri 430 x 371, ricinto di mura e di torri.
Venne poi l’incendio falsamente definito neroniano (luglio 64 d. C.), dopo il quale la città fu in gran parte rinnovata. Nerone costruì l’immensa Domus Aurea, che occupava il Palatino e parte del Celio, dell’Oppio e delle Carine. Fra il Palatino e il Celio, i Flavi eressero il Colosseo; sulle Carine Tito costruì le sue terme. Domiziano restaurò molti edifici, eresse il nuovo palazzo imperiale sul Palatino (Domus Augustana) con l’Hippodromus, il grande Stadium nel Campo Marzio, del quale serba la pianta la Piazza Navona, il tempio di Iside (Iseum) e quello di Minerva. Traiano edificò le Thermae Traianae sull’Esquilino. Adriano legò il suo nome specialmente al grande Mausoleo oltre il Tevere, congiunto alla città dal Pons Aelius; sulla Velia, egli innalzò il grandioso doppio Templum Veneris ct Romae. Sotto i Severi si costruirono le immense Thermae Anioninianae, le Terme di Caracalla.
La minaccia delle invasioni barbariche indusse Aureliano a iniziare nel 272 una nuova cinta di mura, che ebbe uno sviluppo di quasi 19 chilometri con 16 porte; le torri erano quasi 400. Gli imperatori illirici lasciarono le imponenti Thermae Diocletianae, la colossale Basilica Constantini (di Massenzio), le Thermae Constantinianae sul Quirinale, le Thermae Helenae presso la Porta Prenestina e il palazzo del Sessorium. Il sacco di Roma per opera del re goto Alarico (410) segna l’inizio tragico della decadenza e della rovina di Roma antica.


L’IMPERO ROMANO RIORDINATO DA DIOCLEZIANO.
Dopo la grande crisi del III sec. d. C., l’impero fu riordinato su nuove basi da Diocleziano. Per assicurarsi contro tentativi di usurpazione, Diocleziano nel 286 d. C. associò all’impero il suo prode amico Massimiano, col titolo prima di Cesare, poi di Augusto. Diocleziano si procurava così un collaboratore nel governo dell’impero, troppo vasto e minacciato da troppi nemici sull’immensa frontiera, per poter essere vigilato e difeso da un solo imperatore. Diocleziano affidò a Massimiano le provincie occidentali, con residenza a Milano o ad Aquileia; Roma, col suo senato, non sembrava più un ambiente adatto al nuovi imperatori militari, ed era, inoltre, troppo lontana dalle frontiere settentrionali. Diocleziano risiedeva di solito a Nicomedia.
Qualche anno dopo, Diocleziano pensò di allargare il collegio imperiale da due a quattro membri e nel 293 Galerio e Costanzo furono da lui elevati alla dignità di Cesari e adottati l’uno da Diocleziano, l’altro da Massimiano. In tal modo Diocleziano pensò di assicurare una regolare successione agli Augusti, eliminando le lotte per la successione fatali all’impero, e accrebbe nello stesso tempo il numero dei suoi collaboratori al governo dell’impero. Diocleziano rimaneva però di fatto, e anche di diritto, il supremo reggitore dell’impero. A Galerio, che pose la sua residenza a Sirmium (nella Pannonia) furono affidate, come suo particolare governo, le provincie illiriche, dall’Inn e dal Danubio sino all’Adriatico e a Creta; Costanzo ebbe invece le Gallie e poi la Britannia (e secondo alcuni anche la Spagna, che altri attribuiscono invece a Massimiano), con residenza ad Augusta Treverorum (detta poi senz’altro Treveri) nella Gallia.
Inoltre Diocleziano si accinse a riformare l’organizzazione e l’amministrazione provinciale, e le sue riforme in questo campo furono continuate e compiute da Costantino.
Le antiche vaste provincie vennero gradatamente suddivise in provincie di minore estensione, che potevano essere governate meglio e non offrivano troppe forze ad eventuali gover­natori ribelli. Per esempio, nella Spagna la vastissima provincia Tarraconensis fu divisa in tre provincie: Carthaginiensis, Gallaecia e Tarraconensis, e più tardi anche le isole Baleari costituirono una provincia a sè. La Gallia fu divisa in quindici provincie (Viennensis, Narbonensis I e Narbonensis II, Alpes Maritimae, Aquitania I e Aquitania II, Novempopuli, Lugudunensis I e Lugudunensis II, Sequania, Alpes Graiae et Poeninae, Belgica I e Belgica II, Germania I e Germania II), che divennero poi diciassette in seguito a nuove suddivisioni.
L’Italia perdette la sua posizione privilegiata nell’impero e fu ad essa esteso il regime provinciale.
Agli inconvenienti di questo spezzettamento delle provincie si cercò di ovviare raggruppandole in complessi più vasti, le prefetture e le diocesi.
L’impero risultò così diviso in quattro prefetture (Italia, Gallie, Illirio, Oriente), a ciascuna delle quali sovrastava uno dei quattro prefetti del pretorio, che da comandanti della guardia imperiale erano divenuti i più alti funzionari civili dello stato dopo l’imperatore. Inoltre ai vicari dei prefetti venne affidata la sovrintendenza su gruppi di provincie, che furono detti diocesi, le quali risultarono in numero di dodici. Per esempio, le provincie galliche erano raggruppate in due diocesi, dette l’una Viennensis, con capitale Vienna e che comprendeva le prime sette delle provincie sopra elencate, e l’altra dioecesis Galliarum, con capitale Treveri, la quale comprendeva lo rimanenti otto provincie dell’elenco. Le provincie erano rette da presidi.