Corriere della Sera 22.2.11
I soldati invincibili svaniti nel nulla Roma e il mistero della IX legione
La tomba di un centurione riapre il caso. L’ultima battaglia in Oriente
di Dino Messina
MILANO— I guerriglieri ebraici, irriducibili nemici di Roma, avevano avuto ordine di non misurarsi mai con una legione di veterani. Nessuno, dice Giovanni Brizzi, il maggiore storico militare italiano dell’antichità, era in grado di resistere a questi gruppi armati di cinquemila uomini (più altri cinquemila ausiliari) che, grazie a una disciplina formidabile, erano in grado di controllare un’intera regione. Singolarmente addestrati alla scherma, al lancio del giavellotto, alla corsa, alla marcia con i pesi, armati con quanto di meglio offriva la tecnologia dell’epoca imperiale, erano imbattibili. Così si spiega perché dopo Cesare, racconta Brizzi, autore tra l’altro dei fondamentali saggi Il guerriero, l’oplita, il legionario (il Mulino) e Scipione Annibale. La guerra per salvare Roma (Laterza), per un lungo periodo ci furono pochissime battaglie campali. Tra gli storici, ma anche nella letteratura, hanno fatto più notizia le sconfitte delle vittorie. Specialmente se la sconfitta significava l’annientamento di un’intera legione. Per esempio la scomparsa della IX Hispana, di cui narra tra mito e realtà il film di Kevin Macdonald con Channing Tatum e Jamie Bell tratto da L’Aquila della IX legione (editrice Janus) di Rosemary Sutcliff. Inviata dall’imperatore Claudio nel 43 dopo Cristo assieme ad altre legioni per piegare la resistenza delle popolazioni britanniche, la IX Hispana supportò nell’ 83 lo sforzo della XIV Martia Victrix e della XX Valeria Victrix per soffocare la ribellione della regina Boadicea. Fu quella, si credeva, l’ultima gloriosa battaglia della IX, finché è stata scoperta la tomba di un centurione che dimostra come la IX fosse sotto attacco ancora vent’anni dopo. Il britannico Neil Faulkner sostiene che l’agguato teso da una confederazione di tribù potrebbe aver portato alla fine della IX Legio. E lo storico Phil Hirst ipotizza che da questa sconfitta nacque in Adriano la determinazione a costruire il Vallo nel nord d’Inghilterra per difendere l’impero. Ipotesi suggestive che non convincono Brizzi, ordinario di storia romana all’università di Bologna. «È vero — dice Brizzi— che una legione romana poteva cadere soltanto in un agguato. Nessuno, nemmeno i temibili Picti e Caledoni poteva misurarsi in campo aperto con i legionari romani. Fu soltanto grazie a un agguato a opera dei Sarmati che la XXI Rapax cadde nelle pianure magiare in epoca domiziana e che nel 9 dopo Cristo, regnante ancora il settantaduenne Augusto, erano state piegate a Teutoburgo ben tre legioni, la XVII, la XVIII e la XIX. Ma secondo gli studi più recenti i legionari della IX non finirono la loro avventura in Britannia. Con molta probabilità la IX Hispana venne trasferita in Cappadocia per fronteggiare i Parti e annientata a Elegeia, in Armenia, nel 161 dopo Cristo, durante un’imboscata in cui era caduto l’indeciso governatore Sedazio Severiano» . L’ipotesi su cui si basa il film The Eagle sarebbe dunque contraddetta dalle nuove ricerche e dai ritrovamenti archeologici, come un’iscrizione scoperta a Petra. Il mito può essere più forte della realtà. E un alone di mistero circonderà sempre la IX Hispana così come quel gruppo di soldati che sembra tra gli anni Sessanta e Settanta dopo Cristo combatté con i cinesi. A sostenere la tesi di un corpo di legionari romani sconfitti e inviati dai Parti agli estremi lembi orientali del loro regno è stato lo storico tedesco Manfred Raschke, contraddetto dal nostro Maurizio Bettini. Secondo Brizzi, non esiste altra prova se non una testimonianza custodita negli archivi Han secondo cui erano stati visti combattere prima contro e poi a fianco dei cinesi dei soldati che si disponevano a spina di pesce. Proprio come le legioni romane. Tanto basta per creare un mito.