pontefice (pontifex, colui che apre le vie verso gli dei ).
Il collegio dei pontefici, creato da Numa, composto in
origine di tre o cinque membri, e alla fine di sedici, occupò un posto di
eccezionale importanza, ai tempi di Cesare, nell’organizzazione religiosa di
Roma. Guardiano della tradizione, esso fu incaricato di sorvegliare il culto
privato e pubblico. Ma ebbe anche altri attributi precisi (ius pontificale):
consacrazione degli edifici, distinzione dei giorni fasti e
nefasti, regolamentazione dei giochi d’origine romana, tenuta dei libri
pontificali e, fino alla fine del IV sec. a.C., deposito e conoscenza delle
leggi e delle formule di procedura.
Il collegio venne aperto alla plebe a partire dal 300
a.C.; i suoi membri furono dapprima reclutati per cooptazione, poi eletti da
comizi ristretti.
Alla testa del collegio il pontefice massimo, nominato a
vita dai suoi colleghi, dotato delle prerogative religiose degli antichi re,
alloggiava nel loro antico palazzo, la Regia; gli altri pontefici erano semplici
suoi consiglieri; egli poteva essere magistrato e capo militare. Se,
teoricamente, era inferiore in dignità al Rex sacrorum, in pratica era lui a mantenere il primato:
nominava i quindici flamini, sceglieva le vestali, giocava un ruolo
preponderante nel culto di Giove Capitolino, assisteva ai matrimoni per
confarreatio e godeva dunque di grande
prestigio. Cesare ottenne la carica nel 63; in
epoca imperiale, poi, tutti gli imperatori porteranno il titolo di Pontifex
Maximus.