Cales, la Pompei casertana scoperta e dimenticata
Nadia Verdile
Il Mattino, Caserta, 06/01/2013
Nadia Verdile
Il Mattino, Caserta, 06/01/2013
Nell'antica Calvi Risorta straordinariamente buono lo stato di conservazione dei resti
Non ci sono fondi per acquisire il tesoro di archeologia che abbraccia la zona dell'anfiteatro e lo scenario naturalistico
Cales, la Pompei del Casertano, aspetta di essere conosciuta. Nell'anfiteatro più antico del Colosseo crescono gli ortaggi messi a dimora dai contadini, padroni di casa. Accade a Calvi Risorta, l'antica e potente Cales, dove perla bellezza e l'integrità dei luoghi potrebbe esserci il primo percorso archeologico di Terra di Lavoro e invece si attende che la crisi passi e lo Stato compri. «Lo stato di conservazione dell'antico sito caleno - dice Antonio Salerno, responsabile dell'ufficio beni archeologici di Cales - è straordinariamente buono. Sono integre le strade romane, le tabernae, le case. Il tutto inserito in un contesto naturalistico che lascia perfettamente leggere, nonostante la ferita prodotta dall'autostrada, quello che era il tracciato della città. L'acquisizione al patrimonio pubblico di aree importanti come quelle dell'anfiteatro e delle terme centrali darebbe anche al Casertano la possibilità di avere un sito archeologico di straordinaria bellezza, al pari di quelli più famosi che insistono nella nostra regione». Tant'è, le ricchezze abbondano ma vengono dal passato e le povertà del presente impediscono di riscattarle per renderle pubbliche. Cales, era una signora città, lo storico Strabone la definì «urbs egregia», Cicerone la chiamò «civitas magna». Ventimila famiglie e sessantacinquemila abitanti, batteva moneta ed esportava ceramiche nere nei Paesi del Mediterraneo. Acque e vini furono esaltati da Orazio, Strabone, Plinio, Giovenale e Frontino. «La sua storia - continua Salerno - ha radici più antiche. Fondata dagli Ausoni su un lungo pianoro circondato dai torrenti Rio de' Lanzi e Rio Pezzasecca, nei pressi dell'attuale Calvi Risorta, fu dal 334 a.C. colonia romana, preposta a funzione di controllo della zona delle vie di accesso al Lazio e al Sannio. Occupò un pianoro tufaceo di circa 64 ettari». Secondo una leggenda sarebbe stata fondata da Calai, figlio della ninfa Orizia e di Borea, uno dei mitici eroi della spedizione degli Argonauti; nella narrazione di Virgilio, invece, Cales affiancò Turno nella battaglia contro Enea. Quello che sappiamo è che era una delle principali città degli Ausoni, fu occupata dagli Etruschi e dai Sanniti. Le notizie sull'età preromana sono state ricavate soprattutto dalle necropoli e dai luoghi di culto. Come un libro aperto sul passato, i contesti tombali hanno svelato l'esistenza di legami tra il mondo ausone e l'area medio adriatica e le genti di stirpe sannitica. All'interno del perimetro della primitiva Cales ci sono testimonianze di importanti luoghi di culto, che furono non solo punto di riferimento religioso, ma anche politico ed amministrativo. «Su quelle strutture - racconta Salerno - si dispose la città romana. Allo stato attuale non è possibile definire l'organizzazione dell'abitato preromano, sebbene siano state messe in luce alcune capanne di forma circolare, realizzate in materiali deperibili. Certo, l'impianto della colonia romana è ben definito dalla presenza di un circuito murario in opera quadrata, entro cui si aprivano sei porte. Al suo interno si conservano monumenti pubblici di rilevante interesse di età tardo repubblicana ed imperiale, come il teatro, l'anfiteatro, due complessi termali e un tempio. La principale arteria di collegamento della città con il territorio era la via Latina che si dirigeva verso Teanum da un lato e verso Casilinum e Capua dall'altro». Il sito archeologico, negli ultimi anni, è stato oggetto di interventi di scavo sia nell'area del teatro sia sull'arca della città, dove insistono la Cattedrale romanica e il Castello aragonese, importanti testimonianze di età medioevale e rinascimentale. «Il pianoro su cui insiste la città antica - invita Salerno - è oggi percorribile in tutta la sua estensione attraverso strade vicinali che consentono di apprezzare, oltre alle evidenze archeologiche, anche gli aspetti naturalistici e ambientali del sito. Il restauro del castello, una volta ultimato, consentirà di offrire più occasioni di conoscenza per chi volesse venire a visitare il sito e migliori condizioni di lavoro a noi chi vi trasferiremo il punto informativo». Vittima per secoli dell'azione devastante dei tombaroli, oggi l'antica Cales è più protetta e cerca la via per il futuro. «Bisognerebbe intervenire - questo l'appello del responsabile - anche sul processo naturale di disfacimento del tufo su cui è costruita tutta la città. Il tempo sfalda, mettendo a rischio la stabilità delle strutture antiche esistenti. Bisognerebbe realizzare la messa in sicurezza del sito archeologico». In attesa che avvenga il nuovo miracolo economico che dia all'Italia la possibilità di guardare al futuro senza il fardello del default, Cales è in stand by, sogna l'arrivo dei flussi turistici e si candida a risollevare le sorti e le ambizioni turistiche di Terra di Lavoro.