Tracce di storia romana riemergono a Gangi
Valeria Ferrante
La Repubblica - Palermo 24/7/2012
Gli scavi nell’abbazia riportano alla luce reperti del I secolo avanti Cristo
«C’È PRESSO Engium (Gangi) un tempio dedicato alle dee Madri, il più ricco di Sicilia, ove anche Scipione l’Africano, reduce dalle sue vittorie, lasciò in voto tutto il suo bottino. Molte furono le statue e i tesori che Verre con mano sacrilega asportò. Ma non osò toccare la bronzea lastra su cui lasciò, a ricordo, inciso Scipione il suo nome... «. Così scriveva Cicerone nel 70 avanti Cristo “In Verrem”, per sostenere l’accusa contro il pretore delle Sicilia Gaio Licino Verre. Qui il celebre retore tracciava il profilo di Gangi come di una città municipale romana: un luogo vivo ove si innalzava il tempio della Magna Mater, da egli definito «augustissimum et religiosissimum fanum». Adesso all’Abbazia Gangivecchio le indicazioni date da Cicerone a proposito dell’antica Engium, vengono avvalorate dalla recente scoperta di una antico edificio romano databile presumibilmente I secolo avanti Cristo, che testimonierebbe, insieme al ritrovamento di altri reperti — mosaici, ceramiche e oggetti vitrei — l’esistenza in quest’area di un ricco insediamento romano.
«Si tratterebbe di scoperte che permetterebbero di ricostruire in maniera scientifica e “moderna” la storia di questa zona delle Madonie » sostiene la professoressa Fabiola Ardizzone, docente di Archeologia medievale all’Università di Palermo, che coadiuvata dal professor Glenn Storey dell’Università dello Iowa, ha curato gli scavi all’interno dell’antica Abbazia di Gangi. «Quest’area era considerata infatti strategica nella viabilità dell’epoca romana», prosegue la storica. Sarebbe ancora Cicerone a ricordare l’esistenza proprio di una strada molto importante che passava nei paraggi di Engium e che collegava Catania alla costa tirrenica attraversando l’entroterra, un tempo interamente coltivato a grano. In epoca successiva questa grande via divenne collegamento essenziale per il movimento delle truppe bizantine da un capo all’altro dell’isola.
Ma la storia di Gangi, non si conclude qui: è molto più antica secondo gli archeologi, che hanno intenzione di portare avanti le loro ricerche. Secondo lo storico greco Diodoro Siculo, infatti, a fondare Engium sarebbe stata una colonia di cretesi venuti con Minos, ai quali, dopo la guerra di Troia, si unirono i coloni guidati da Morione.
Un altro tassello interessante è quello rappresentato dai ritrovamenti di periodo altomedievale, VIII-IX secolo, testimonianza di una parte della storia che finora risulterebbe oscura e che poco a poco andrebbe riemergendo dalla viscere della terra.
«Dai materiali fin qui raccolti ciò che appare più evidente è una continuità di vita del sito dal I secolo avanti Cristo sino alla fine dell’età bizantina in Sicilia, ovvero la seconda metà del IX secolo dopo Cristo. Tutto ciò inoltre è avvalorato dal rinvenimento di tessere di mosaico, ceramica fine da mensa, oggetti di vetro e altri di età bizantina — afferma la professoressa Ardizzone — Inoltre sarebbe proprio questa continuità dell’iter storico a permetterci di seguire nel tempo, la vita e le trasformazioni che ha subito l’insediamento, prima durante l’epoca romana, poi durante quella alto medioevale, infine divenendo luogo di stanziamento dell’esercito bizantino impegnato nel tentativo di resistenza all’avanzata islamica nel territorio».
Quella in corso è solamente la prima parte della campagna di scavi avviata nell’area dell’Abbazia di Gangivecchio, che l’equipe dell’Università di Palermo e quella dell’Università dell’Iowa ha appena concluso. L’obiettivo però è portare avanti un progetto di ricerca sull’insediamento e sul territorio limitrofo tanto che per giugno — luglio dell’anno prossimo è stato fissato l’avvio per la seconda campagna di scavi.
Negli anni Settanta l’Ecole Française de Rome e l’Università di Palermo avevano intrapreso alcune ricerche archeologiche proprio in quest’area, sottolineando l’importanza di questo sito pluristratificato in cui la storia della Sicilia romana si collegava a quella medievale. Nel 2000 invece l’Università dell’Iowa aveva effettuato a Gangi una serie di indagini geognostiche e di prospezioni che hanno permesso di aggiungere informazioni e dare consistenza archeologica a questo importante insediamento.
Oggi a distanza di 40 anni il sogno sembrerebbe realizzarsi anche grazie all’iniziativa di alcuni mecenati che acquistando l’Abbazia di Gangivecchio hanno deciso di finanziare gli scavi, creare un dialogo tra gli enti pubblici, Comune di Gangi, Soprintendenza, Università e naturalmente i privati. Sull’intero complesso monasteriale Tenuta di Gangivecchio, vi è infatti in atto un progetto non solo culturale ma anche imprenditoriale.
A parlarne è Marco Giammona, amministratore delegato della tenuta Gancivecchio: «Investire oggi in cultura è l’unico antidoto contro la crisi. Non possiamo starcene con le mani in mano a guardare gli alti e bassi dello spread, perché non risolveremmo alcun problema. Abbiamo quindi deciso di fare un’operazione diversa, forse controcorrente, e cioè puntare sui beni artistico culturali, presenti sul nostro territorio. Prima di tutto recuperando un luogo di eccezionale bellezza che è l’Abbazia di Gangivecchio, ed avviando lì un prestigioso progetto residenziale, nel rispetto dell’architettura preesistente — un convento benedettino del Quattrocento — infine sovvenzionando interamente la campagna di scavi archeologici che abbiamo voluto fosse composta da due referenti scientifici d’eccezione».