Lupa Capitolina, l’ultima verità sulle origini
ADRIANO LA REGINA
29 GIUGNO 2012, LA REPUBBLICA, Roma
È medievale, non etrusca: la certezza dalle analisi al carbonio. Ma c’è chi ancora dubita
ALLA Lupa, l’enigmatica statua bronzea del Campidoglio, viene alla fine riconosciuta dai Musei capitolini un’attribuzione cronologica fondata su dati scientifici e non più solamente su valutazioni di natura stilistica. Ne è stata occasione la presentazione dei risultati delle analisi svolte per cinque anni con meticolosa caparbietà da Lucio Calcagnile, professore di fisica nell’Università del Salento. L’esame con il radiocarbonio delle terre di fusione rimaste incluse all’interno della Lupa, ripetuto ben 28 volte, ha dato risultati incontrovertibili: l’oggetto è stato fuso tra gli anni 1021 e 1153, e non nel V secolo avanti Cristo come sempre sostenuto da archeologi e da studiosi d’arte antica. Il laboratorio in cui sono state effettuate le indagini, il “Centro di datazione e diagnostica” del Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione con sede a Brindisi, è la prima struttura italiana per la ricerca e il servizio di datazione con il radiocarbonio. Questo genere di analisi ha ormai raggiunto livelli di massima affidabilità, e l’équipe di ricercatori guidata da Calcagnile gode di altissimo credito negli ambienti scientifici internazionali.
Le indagini dell’Università del Salento concludono un processo di revisione della data del bronzo capitolino avviato quindici anni fa da Anna Maria Carruba, la quale respinse l’attribuzione della Lupa all’arte etrusca, o comunque all’epoca classica.
LE SUE erano considerazioni originali, riguardanti il riconoscimento della tecnica di fusione, non impiegata in antico, e di altri aspetti consueti in epoca medievale, quali la particolare rifinitura delle superfici. Pubblicate nel 2006 queste novità critiche furono insistentemente disattese e avversate dalla direzione dei Musei capitolini e, negli ambienti accademici italiani, da storici dell’arte del mondo antico e medievale. Una posizione di estrema resistenza sull’attri-buzione dei caratteri stilistici della Lupa ad epoca classica si manifesta ora con la proposta di considerarla il calco medievale di un originale etrusco.
Naturalmente la chiusura della controversia sulla datazione a favore delle ricerche svolte sulla struttura materiale, e non di quelle fondate sull’esame dei caratteri stilistici, non esaurisce il processo interpretativo; lo ripropone piuttosto su nuove basi riguardanti l’arte a Roma nei secoli XI e XII. Ma non è tutto.
Con la revisione della datazione di un’opera così significativa le indagini scientifiche si pongono a pieno titolo all’interno della storia dell’arte, non come «scienze sussidiarie» subalterne ed a servizio della ricerca storica, ma nella maniera più evidente come strumenti di pari rango nello svolgimento dell’attività critica.
Dal punto di vista teorico questo era stato riconosciuto da molto tempo. Appartengono alla seconda metà del Novecento fondamentali indagini strutturali, come quelle svolte sui bronzi antichi dall’archeologo Dieter Heilmeyer, già direttore dei Musei di Berlino.
Nel 1986 il nostro Cesare Brandi, fondatore del glorioso Istituto centrale per il restauro, affermava che l’impiego di nuove tecniche d’indagine avrebbe assunto importanza sempre maggiore anche nella storia dell’arte. La datazione con il radiocarbonio del Grifo e del Leone di Perugia tra il 1250 ed il 1270 aveva dato, infatti, definitiva sepoltura ad attribuzioni «bislacche», così le definì Brandi, dei due bronzi.
Illustri studiosi come Giacomo Caputo, soprintendente alle antichità di Firenze, e Filippo Magi, direttore dei Musei Vaticani e professore di archeologia nell’Università di Perugia, avevano sostenuto che il Grifo e il Leone erano di epoca etrusca o romana. Peccato però che, poco dopo, il ritrovamento di un documento d’archivio dimostrò che il Grifo era stato fuso nel 1274, dando così una puntuale conferma alla datazione ottenuta con il radiocarbonio. La storia degli studi relativi ai due bronzi perugini presenta impressionanti analogie con quella della Lupa, opera d’arte più celebre e per questo meno suscettibile di innovazioni interpretative.
L’ipotesi del bronzo capitolino ottenuto con il calco di un originale etrusco, dovuta ad Edilberto Formigli, non meriterebbe alcuna attenzione se non fosse stata formulata da un esperto conoscitore della metallurgia antica. Si basa su osservazioni di cui si possono dare tuttavia altre interpretazioni, come è stato già fatto in una discussione tra tecnici della materia. Per altro se fosse vero, come
egli sostiene, che la Lupa reca tracce dell’impiego di calchi negativi per plasmare i riccioli del vello, questo non dimostrerebbe in alcun modo che l’originale dal quale i calchi sono stati tratti fosse etrusco e non, ad esempio, uno dei tanti leoni stilofori del XII secolo.