Scoperto l'Arsenale di Traiano
Fabio Isman
Il Messaggero 20/9/2011
ROMA — L'Arsenale dell'urbe di Traiano, un vastissimo edificio di oltre 145 metri risalente al secondo secolo dopo Cristo, è stato scoperto tra Ostia e Fiumicino. Si presume che nell'Arsenale si costruissero le navi della flotta imperiale, che venivano poi riparate nello stesso edificio durante l'inverno.
ROMA - Eccezionale scoperta tra Ostia e Fiumicino: un vastissimo edificio, lungo almeno 145 metri; probabilmente si tratta dell'Arsenale dell'Urbe di Traiano. Doveva possedere volte alte 12 metri, ed è tra l'antico Porto di Claudio, inaugurato da Nerone e dismesso perché spesso si insabbiava, e il bacino esagonale di quello di Traiano, edificato tra l'anno 110 e il 117. E' stato individuato dagli archeologi dell'Università di Southampton e della British School di Roma, che scavano con l'ausilio di una cooperativa, e in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Roma: stanno per iniziare la loro quinta campagna. Finora, dell'edificio sono riemersi una prima navata (pare che fossero otto, parallele), larga 12 metri e lunga 58; e alcuni pilastri in opera laterizia, rettangolari, di due metri per uno e mezzo. Le navate erano aperte sia sul bacino di Claudio, iniziato nell'anno 42 e completato nel 64, sia su quello di Traiano. Si presume che nell'edificio si costruissero le navi, e si riparassero durante l'inverno. La scoperta sarà presentata domani, a Porto; ma è stata già annunciata ieri, con molti dettagli. Nei pressi, sorge il palazzo imperiale: recenti scavi del professor Simon Keay, che nell'area ha individuato pure un anfiteatro lungo 42 metri e largo 38, fanno ritenere che costituisse la residenza di un funzionario, incaricato di coordinare il movimento delle navi e dei carichi nel porto. Che questo appena scoperto fosse una sorta di arsenale, lo lasciano intendere alcune iscrizioni su pietra, trovate in zona: citano un «collegium» dei «fabri navales portuensis», e un altro dei «fabri navales ostensium ; una corporazione, forse, di schiavi liberati. Ma non soltanto lo spettacolare immobile rende probabile che Porto, città sorta presso il bacino, fosse il cantiere navale imperiale per buona parte del II secolo d.C., e non soltanto un luogo di magazzini, come finora si riteneva; forse, era anche in relazione con la celebre flotta di Miseno, nel golfo di Napoli, le cui navi potrebbero essere state ricoverate o riparate proprio qui: anche in questo caso, lo fanno supporre iscrizioni che menzionano proprio quei marinai, trovate sia in città, sia sul sito stesso degli scavi.
Il colpo d'occhio dell'edificio era certamente del tutto impressionante: simile a quello delle analoghe navate dei Mercati Traianei a Roma, che sono assolutamente coevi. Per trovare qualcosa di analogo, occorre recarsi sulle rive del Tevere, dove, da 300 anni prima, c'era il Porticus Aemilia, le cui rovine sono ancora visibili a Testaccio: lungo 487 metri, 50 navate di 60 metri, alte quasi otto e mezzo. I piloni ritrovati indicano che, alle estremità, le navate aperte sui due bacini terminassero con altrettanti archi di sicura imponenza: i piloni estremi sono infatti maggiori, fino a tre metri di lato. Ma adesso, sarà la nuova campagna di scavi, che si svolgerà ad ottobre, a fornire maggiori chiarimenti. Perché la navata riscoperta muta aspetto e funzioni nell'uso successivo: prima, si edificano una serie di stanze contigue, tra la fine del II e l'inizio del III secolo; nel V, diventano granai; e nella prima metà del VI, durante le guerre tra i Bizantini e gli Ostrogoti, vengono demolite. Oltre che dagli archeologi inglesi, che le hanno compiute, tutte queste importanti scoperte sono studiate dai colleghi italiani della soprintendenza di Roma, diretta da Annamaria Moretti, e da Angelo Pellegrino, il suo fiduciario in loco: ricostruire le vicende del «porto a mare» dell'Urbe (quello fluviale era sul Tevere, a Testaccio), è fondamentale e non semplice. Dapprima, c'era uno scalo a Ostia; poi, il bacino di Claudio, terminato sotto Nerone; infine quello esagonale di Traiano, che, nonostante gli sforzi, lo Stato non riesce a possedere: è tuttora privato, degli Sforza Cesarini, che sono imparentati con i Torlonia. Il bacino misura 358 metri per ogni lato, ha una diagonale di 716; era profondo alme-no cinque metri, e poteva ospitare 200 e forse più navi; forse è opera di Apollodoro di Damasco. Tutto attorno, sono stati riportati alla luce numerosi immobili; questo Arsenale (non lontano dall'aeroporto, e ciò ne rende possibile una visita anche a chi vi transita) è solo il più recente tra loro; ma certamente, uno dei più importanti. Le sculture rinvenute sul posto nell'Ottocento sono nella collezione Torlonia: era un museo a Porta Settimiana chiuso negli Anni '50, per ricavarne appartamenti; quindi, ora sono invisibili: anche uno splendido rilievo che narrava la vita dello scalo. Sia il Porto di Claudio, sia quello di Traiano possedevano un faro, probabilmente quadrangolare, composto di tre blocchi sovrapposti, su cui veniva acceso un fuoco, visibile, dice qualcuno, da una distanza di 45 chilometri: però, nessuno dei due, purtroppo, esiste più. Per Svetonio, uno poggiava su una nave affondata. Adesso, questa scoperta potrà gettare luce maggiore sulla struttura, e sul suo uso; sapremo qualcosa d'altro su uno snodo da cui è sicuramente derivata la potenza dell'Urbe sul mare e, quindi, sul mondo allora conosciuto. Merci e usi militari: forse, l'arsenale delle loro navi era proprio qui.