mercoledì 15 ottobre 2008

Dove si scatenò la furia del Vesuvio

Dove si scatenò la furia del Vesuvio
GIUSEPPE M. DELLA FINA
LA REPUBBLICA, 15 OTTOBRE 2008 - NAPOLI

Dal 16 ottobre all´Archeologico di Napoli l´esposizione "Ercolano: tre secoli di scoperte"

L´eruzione del 79 d. C. distrusse una città di ville con un panorama mozzafiato

La vicende storiche di Ercolano - come di Pompei - vengono narrate in genere partendo dal momento drammatico della distruzione avvenuta a seguito della rovinosa eruzione del Vesuvio del 79 d. C.
Proveremo a fare diversamente e a raccontare le vicende della città partendo da quando era un centro ameno dove la vita scorreva con tranquillità e piacevolezza.
Aiutano in proposito le fonti letterarie: lo storico Sisenna dice che Ercolano era una città cinta da mura non imponenti, posta su un promontorio presso il mare e delimitata da due corsi d´acqua. Strabone ne lodava la salubrità dell´aria, mentre Dionigi di Alicarnasso ne vantava la sicurezza degli approdi in ogni stagione dell´anno. Sempre Strabone descrive un litorale popolato da ville, in una delle quali, bellissima, Seneca dice che venne relegata Agrippina. Sappiamo anche anche che le colture del pero e della vite erano ben sviluppate.
Per la città si erano immaginate origini mitiche: sarebbe stata fondata da Ercole nel luogo dove era approdato di ritorno da un viaggio in Spagna. Sempre dalle fonti letterarie conosciamo per sommi capi la sua prima storia: Ercolano sarebbe stata abitata in successione dagli Osci, i Tirreni, i Pelasgi e i Sanniti prima dell´ingresso nell´orbita di Roma e della sua rapida e riuscita romanizzazione. La documentazione archeologica indica un insediamento che occupava una ventina di ettari di terreno, dotato di edifici civili e religiosi di un certo impegno e abitato da circa quattromila persone. Le residenze private presentano una varietà tipologica notevole: abitazioni dall´impianto tradizionale, caseggiati plurifamiliari e ville costruite in posizioni privilegiate con terrazze, verande e belvederi dai quali si poteva osservare un panorama mozzafiato.
Il grande archeologo Amedeo Maiuri - tra i protagonisti principali della riscoperta di Ercolano - ha provato a immaginarsi ospite nella celeberrima Villa dei Papiri e a descrivere ciò che avrebbe potuto osservare: «L´occhio spaziava liberamente per tutta l´ampia distesa del golfo. Si poteva seguire tutto il movimento marittimo del golfo; navi da carico con le caratteristiche vele alessandrine che veleggiavano verso Puteoli, il primo porto mediterraneo di Roma, e navi greche, rodie e insulari, con il carico più raro e prezioso dei prodotti delle officine d´arte dell´oriente ellenistico, che approdavano al porto di Neapolis». Insieme fonti letterarie e archeologia restituiscono l´immagine di una città caratterizzata da un benessere all´apparenza solido, diverso da quello della vicina Pompei più grande e caotica; con una vita culturale vivace come sembra suggerire la biblioteca presente nella già ricordata villa dei Papiri, dove potrebbe avere soggiornato e forse insegnato il filosofo Filodemo di Gadara, un epigono della scuola epicurea.
Su questo mondo ordinato si scatenò la furia del vulcano: indagini recenti ne hanno restituito le fasi modificando sensibilmente il quadro delineato in precedenza. Ercolano non fu distrutta - come si è ritenuto a lungo - da una colata lenta e fangosa che avrebbe consentito la salvezza della maggioranza degli abitanti, ma in poche ore sommersa da nubi ardenti, ovvero una miscela di gas e frammenti di materiali lavico incandescente, alternate a colate piroclastiche.
Negli ultimi venti anni è stata scavata l´area dell´antica spiaggia e, in particolare, dodici ambienti situati di fronte al mare che fungevano da ricoveri per barche e da magazzini, i cosiddetti Fornici. Qui cercarono inutilmente scampo circa trecento fuggiaschi: gli archeologi li hanno rinvenuti insieme con gli oggetti più cari o preziosi che avevano cercato di portare in salvo.
Le esplorazioni archeologiche a Ercolano sono iniziate comunque molto tempo prima e hanno accompagnato la ripresa di attenzione per il mondo greco e romano: i risultati delle prime indagini impressionarono, ad esempio, già Johann Joachim Winckelmann. Nel 1711, il principe austriaco d´Elboeuf, calandosi attraverso un pozzo, ebbe la fortuna di raggiungere la scena del teatro romano della città e dette inizio alla stagione delle ricerche settecentesche. Un primo salto di qualità nelle indagini si ebbe con il re Carlo III di Borbone che, salito al trono, fece iniziare ricerche sistematiche nell´area. Le indagini erano portate avanti da ufficiali del Genio utilizzando soldati, contadini e persone condannate sull´esempio dello scavo in miniera.
Le strutture antiche non erano riportate alla luce, ma raggiunte attraverso pozzi verticali. Si procedeva alla flebile luce di una lanterna, senza un piano preciso, ma seguendo le caratteristiche strutturali degli ambienti rinvenuti. Attraverso i pozzi venivano portate in superficie le opere ritrovate che erano poi trasferite nell´Herculanense Museum, ospitato in un´ala del Palazzo Caramanico della Reggia di Portici, che il re faceva visitare a un pubblico selezionato composto da visitatori di rango ed eruditi.
Risalendo quei pozzi e quei cunicoli scavati con grande pericolo e fatica, l´arte greca e romana è entrata nella cultura europea.