mercoledì 26 dicembre 2007

ROMA Splendore e decadenza dell' età cristiana

Corriere dellsa sera, venerdi , 22 dicembre 2000

ROMA Splendore e decadenza dell' età cristiana

E il Vaticano riapre al pubblico la tomba di Pietro
Carandini Andrea


ARCHEOLOGIA
Si apre oggi al Palazzo delle esposizioni la mostra sui secoli in cui entra in crisi il modello imperiale e torna in auge la vecchia aristocrazia repubblicana ROMA Splendore e decadenza dell' età cristiana di ANDREA CARANDINI Si è aperta a Roma nel Palazzo delle Esposizioni la mostra voluta dal Comune dal titolo Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana, che conclude con artistica magnificenza il discorso fra mito e storia affrontato con la mostra sulla Fondazione della cit tà aperta alle Terme di Diocleziano, concludendo nel modo migliore le manifestazioni culturali per il giubileo. E' la prima volta che il pubblico potrà avvicinarsi a quell' arte tardo-romana - III/IV e VI secolo d. C. - che gli austriaci Wic khoff e Riegl ci hanno da un secolo insegnato a valutare. Per capire cosa succede di Roma in questi secoli, quando il centro urbano diventa quel misto di rovine e abitato povero che vediamo nei presepi storici servirebbe un' estensione di questa che non si è potuta purtroppo realizzare (si veda sull' argomento il Museo della Crypta Balbi in via delle Botteghe Oscure). Basti qui ricordare che la Roma di oggi riflette la Roma tardo-antica più di quella del primo e medio Impero e che le cerimonie mediatich e della Chiesa cattolica riflettono ancora quelle imperiali romane e rappresentano la maggiore attrattiva estetico-mondana della bimillenaria istituzione. Già con la fondazione di Costantinopoli i palazzi e le ville imperiali di Roma vengono abbandon ati dai padroni del mondo, arroccati nelle nuove capitali, per cui l' urbe sembra tornare al tempo della Repubblica, quando si esibivano scatenati i grandi aristocratici. Tutto decade in questa tarda Roma, salvo la Chiesa che, tramite lo Stato, va ri plasmando epicentri e forma della città e poche grandi famiglie nobili che si contendono cariche nelle province e giochi nel Colosseo. E' la festa finale, prima che il fango penetri per strade, piazze e case, inghiottendole e ruralizzandole. Non rest eranno che basiliche, villaggetti e vie che attraversano sbieche le costruzioni dei giganti in rovina. Potremmo a questo punto domandarci del massimo centro urbano dell' antichità: ma è ancora una città? La vita di questi aristocratici, tratteggiata da Ammiano Marcellino, non è facilmente ricostruibile a Roma. Abbiamo singoli lacerti di domus o singoli capolavori sopravvissuti. Se volessimo farci un' idea generale dei modi in cui vivevano quei nobili bisogna scendere in Sicilia, a Piazza Armerin a, dove uno di quei signori, governatore dell' isola, si era costruito una residenza chiamando mosaicisti dalla Tunisia - i più capaci del mondo romano - a dipingere sui pavimenti le proprie manie cerimoniali, ludiche e intellettuali. Ottenere tale f asto figurativo a Roma era difficile. L' Italia versava da oltre un secolo in una grave crisi produttiva, dopo essere stata il centro economico dell' Impero, e il normale artigianato legato all' edilizia e alla sua decorazione era decaduto. Lo stesso arco di Costantino, commissionato dal Senato, è fatto di pietre e rilievi recuperati e in malo modo combinati. La capacità artistica di tradizione ellenistico-romana si era rifugiata nel lusso estremo, per cui le belle forme possono ritrovarsi solam ente in materiali costosissimi quali l' avorio, l' argento, il porfido o nelle pareti incrostate di marmi venuti da tutto il mondo. Bene hanno fatto Eugenio La Rocca e Serena Enzoli a esibire nel cuore dell' esposizione l' oggetto architettonico e fi gurato che, sebbene quasi del tutto ignoto, è l' opera che meglio ci fa sentire uomini di quel tempo. Si tratta del rivestimento marmoreo della sala di una villa suburbana di Ostia, finalmente rimontato e dispiegato nella sua interezza. Si resta a fi ato sospeso e nell' emozione si rischia di dimenticare le meraviglie profuse nelle altre sale. Ostia era attraversata, per lungo, dal decumano e nel punto in cui, poco dopo Porta Marina, esso raggiunge il mare, lì sulla banchina venne costruita alla fine del IV secolo d. C. una villa con vari saloni a pianterreno, aperti direttamente sulla spiaggia, e con altre stanze al primo piano. Una di queste sale conteneva migliaia di frammenti di marmi policromi crollati, che un solo uomo, Luigi Bracale, è riuscito miracolosamente a ricomporre tra il 1959 e il 1966 e una sola donna a disegnare: Maria Ricciardi. Un pannello ricomposto è stato esposto nel Museo di Ostia ma gli altri sono rimasti per una generazione nei "Grottoni" della Soprintendenza e sono ora per la prima volta esposti al pubblico, grazie al soprintendente Anna Gallina. Le parti basse della decorazione mancano, ma quelle alte e il pavimento fanno girare la testa per i motivi geometrici, le lesene, i capitelli, le volute popolate da chiocciole, farfalle e uccellini e le scene di caccia nell' anfiteatro, con leoni e tigri che atterrano gazzelle. Nell' esedra in fondo alla stanza la vile tecnica muraria in opera reticolata e laterizia viene replicata con marmi policromi, massi ma stravaganza di cui non si è trovata la ragione. Non si tratta di mosaici, ma di opus sectile. La figura abbozzata su di un cartone veniva divisa in tante parti - un occhio, un polpastrello, un' unghia di un leone - e per ciascuna di queste si rita gliava un corrispettivo in un marmo del colore più adatto, come in un puzzle. Nella parete di destra, sopra una porta, appare la testa nimbata di un uomo con capelli lunghi, barba e mano nel gesto di adlocutio. Più in basso figura il capo di un giova ne. Chiunque, a prima vista, riconoscerebbe nella figura adulta il Cristo, e così la interpretò Giovanni Becatti (Scavi di Ostia, 1969). Ma Paul Zanker (La maschera di Socrate, 1995) vi ravvisa un filosofo pagano e nel giovane un allievo. I filosofi erano allora aristocratici eleganti, sacerdoti sapienti con occhi volti al cielo, manifestazioni a tal punto del divino da «emanare luce»(come leggiamo nelle fonti d' epoca). La stessa difficoltà di interpretare queste immagini ci riporta alla tarda romanità, ambiguamente divisa e confusa fra valori pagani e cristiani, consentendoci quasi di toccarla. Si tratta di un allievo e di un filosofo pagano o di un giovane neo-converso e del Cristo sentito come un sapiente pagano? Il mistero non verrà ri solto, ma pagana o cristiana che sia, resta questa società di spettacoli anfiteatrali e circensi e di spiritualità filosofico-religiosa, di lusso e di elemosina, che rappresenta per noi la fine dell' antichità. La mostra «Aurea Roma» è aperta al pubb lico da oggi al Palazzo delle Esposizioni e chiude il 20 aprile. Per informazioni tel. 06/4745903 E il Vaticano riapre al pubblico la tomba di Pietro La mostra sulla Roma cristiana è stata preceduta dal restauro della necropoli vaticana, aperta ora a l pubblico, su prenotazione. Roma antica è stata fondata quattro volte: da Romolo (750 a.C. circa) sul Palatino; da Servio Tullio (550 a. C circa) probabilmente nel Foro; da Augusto, di nuovo sul Palatino; infine un secolo dopo dai cristiani di Roma che seppellirono Pietro in un luogo che coinciderà con i diversi altari delle basiliche di San Pietro, a partire da quella di Costantino. Sul lato sinistro di San Pietro era il Circo di Nerone. Qui dal 64 d. C. (data del grande incendio) i cristiani, accusati di superstizione illecita, vennero sbranati e crocifissi, e a questi «giochi» partecipò Nerone stesso (Tacito). Pietro sarebbe stato crocifisso nel 67 d. C.(Girolamo) e il suo corpo seppellito lungo la strada che fiancheggiava il circo, ora sotto l' asse della chiesa. Alla fine del II secolo d. C. i cristiani monumentalizzarono la povera fossa erigendo un muro con nicchia e colonnine: è il Trofeo di Pietro (Eusebio). Un frammento caduto dell' intonaco di questo muro reca un graffito in greco: «Petros eni» (Pietro è qui). Queste testimonianze non sono mai state sottoposte a verifica da parte di studiosi laici, ed i tempi sono maturi per farla. Chi visita la necropoli, inoltre, non raggiunge il luogo della tomba, perché l' intrico d ei muri è considerevole, per cui non può rendersi conto della scoperta principale. Sembrano dunque indispensabili, dopo una verifica, almeno quattro plastici - quello esposto è insufficiente - capaci di riprodurre le trasformazioni di questo luogo.