giovedì 27 dicembre 2007

A Roma le sorprese non finiscono mai

A Roma le sorprese non finiscono mai
Giulio Scarrone
Avanti 23/11/2007

Molti già la definiscono la scoperta del secolo: Roma nacque lì, o almeno così racconta la leggenda. Amulio, fratello di Ascanio, il fondatore della città di Alba Longa, costrinse la figlia Rea Silvia a diventare vestale e a fare voto di castità. Ma il dio Marte, invaghito della fanciulla, la rese madre di due gemelli, Romolo e Remo. Amulio a quel punto ordinò che venissero uccisi, ma il servo incaricato di eseguire l'assassinio, non trovando il coraggio per obbedire, li abbandonò alla corrente del nume Tevere. La cesta nella quale i gemelli vennero adagiati si arenò sulla riva del fiume, presso la palude del Velabro, più o meno tra i colli Palatino e Campidoglio, vicina al Circo Massimo, dove Romolo e Remo verranno trovati, salvati e allevati dalla famosa lupa. È qui, nella grotta poi chiamata Lupercale, che la lupa sfamò i neonati donando loro le sue mammelle. È l'antro che nei giorni scorsi il ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli ha annunciato essere stato ritrovato: "Ci sono ragionevoli ipotesi che sia il Lupercale, gli archeologi dovranno studiarla, ma è una scoperta mirabolante", ha detto Rutelli. Il mito del Lupercale si perde in secoli antichi e pone le sue radici non solo nella fondazione di Roma, ma in credenze ancestrali che risalgono all'Età del bronzo, legate a divinità pastorali invocate a protezione della fertilità: dalla fondazione di Roma, comunque, il Luperco, antenato di Fauno, mezzo lupo e mezzo capro, fu celebrato dai Romani per diversi secoli con le feste dette Lupercalia. Solo papa Gelasio I riuscì ad abolirlo: era il 496 dopo Cristo, ben dodici secoli dopo la nascita leggendaria della città.
Sulla base di fonti cinquecentesche e degli studi successivi di noti archeologi (uno su tutti Rodolfo Lanciani), due anni fa la soprintendenza per i Beni archeologici di Roma iniziò a monitorare l'area tra il Circo Massimo e la Casa di Augusto, sul Colle Palatino, trivellando
uno spazio mai così attentamente esplorato negli ultimi secoli: lo scorso luglio una sonda calala nella pancia del colle individuò a 16 metri di profondità alcuni locali sconosciuti dei quali un laser scanner mostrò in breve tempo le prime straordinarie immagini, diffuse qualche giorno fa dal ministero. Si nota una volta finemente decorata, con tipi di marmi diversi, anche colorati, mosaici, forse stucchi e conchiglie: gran parte delle pareti e quasi la totalità del locale sono interrate, nascoste dai detriti caduti nel tempo, ma è stata l'aquila bianca al centro della volta, corrispondente con le descrizioni tramandate nei secoli, ad identificare la scoperta con la mitica grotta del Lupercale, certo adattata e abbellita nei secoli dai Romani. "Alla notizia ebbi una reazione di meraviglia - ha raccontato Irene Iacopi, l'archeologa che sta seguendo i lavori -. Già dal Cinquecento abbiamo notizie della presenza di grotte decorate alle pendici del Palatino, che all'epoca erano identificate con il tempio di Nettuno, e che ora le nostre indagini hanno localizzato. Non siamo ancora in grado di conoscere la natura, le caratteristiche e la destinazione del locale, è un'area mai indagata, ma ci sono vari elementi che possono suffragare l'ipotesi di Lanciani che porta al Lupercale. Tra l'altro - ha concluso Iacopi - secondo le più antiche memorie di Roma si trovano tra il Circo Massimo e il Palatino e la scoperta è in stretta vicinanza con la casa di Augusto che sappiamo fosse ricino alla leggendaria casa di Romolo".
Sull'autenticità della scoperta, che gli archeologi dovranno definitivamente attestare studiando negli anni j ritrovamenti, il soprintendente per i Beni archeologici di Roma Angelo Bottini ha però pochi dubbi: "Tutto concorre a pensare che sia il Lupercale, non abbiamo nessun dato contro questa ipotesi". "Sono strabiliato, è una delle più grandi scoperte mai fatte, è stato raggiunto un obiettivo clamoroso", ha commentato invece Andrea Carandini, uno dei maggiori studiosi al mondo di Roma antica: "II fatto che locali al di sotto della Casa di Augusto vengano decorati con un tale lusso - ha aggiunto lo studioso -, ad una profondità così ampia e proprio nel punto che ci indicano le fonti fa proprio ritenere che sia il Lupercale". "Sono secoli - ha detto ancora il ministro - che si cerca il luogo dove la lupa allattò Romolo e Remo: è evidente che la scoperta esige uno scavo complesso di tutta l'area, anche perché sotto le mura della Casa di Augusto c'è una parte scoscesa mai esplorata". Lo scavo, inaugurato a breve, sarà ampio circa 700 mq: i lavori cercheranno innanzitutto di localizzare un possibile ingresso ai locali che, secondo i primi rilievi, sarebbero alti circa 7 metri e mezzo e ampi 6. Gli archeologi non escludono però che le pendici del Colle Palatino e della Casa di Augusto possano regalare altre incredibili scoperte, anche perché, come ha ricordato Rutelli, "le sorprese di Roma non sono finite".


Luci e ombre su una scoperta
È di questi giorni la notizia del ritrovamento, alle falde del Palatino, sotto la Domus di Augusto, del Lupercale, una sorta di grotta nella quale, secondo la leggenda, Romolo e Remo sarebbero stati allattati da una lupa, assurta poi a simbolo della stessa città di Roma. Secondo la leggenda, Romolo e Remo erano figli, di Marte e di Rea Silvia, discendenti di Enea, Dopo la nascita, un servo li sottrasse alla morte (Rea Silvia, in quanto sacerdotessa della Dea Vesta, aveva trasgredito al voto di castità) mettendoli in una cesta che poi abbandonò sulle acque del Tevere. La cesta si arenò in una grotta alla base del Palatino, detta Lupercale perché sacra a Marte e a Fauno Luperco. Qui, secondo appunto la leggenda, una lupa trovò i gemelli e li allattò e qui li trovò il pastore Faustolo che li allevò. Poi, come si sa, fu Romolo, il 21 Aprile 753 a.C, a fondare Roma.
Fin qui, la leggenda. Ma secondo gli studi più moderni sull'argomento, a rinvenire la cesta con Romolo e Remo sulle rive del Tevere, non sarebbe stata la femmina di un lupo, bensì una donna che esercitava la più antica professione del mondo in un vicino "lupanare", cioè in una "casa chiusa" ante litteram dell'antica Roma. E le donne che "esercitavano" in questi luoghi venivano appunto chiamate "lupe". Poi la leggenda, si è impossessata dell'argomento ed è nata così la storia che abbiamo imparato a scuola della lupa capitolina che, in realtà, non sarebbe mai esistita. Naturalmente, lutto ciò nulla toglie al valore archeologico della scoperta fatta in questi giorni sotto la Domus di Augusto, al Palatino,