Spunta dalla cava una necropoli d'epoca romana
19/05/2011
Straordinaria scoperta archeologica a Castelnovo
Gli studiosi presenteranno oggi i notevoli reperti rinvenuti fra cui tombe semplici, attrezzi di lavoro, urne, lampade votive rimaste praticamente intatte
Sotto le fabbriche, le strade, le case di Isola Vicentina c'è la storia. Quella vera, quella che racconta com'è nata la civiltà veneta, nei primi secoli dopo cristo.
Non c'è stato scavo, fondamenta o aratura che non abbia visto venire alla luce interessanti reperti di età romana e paleo-veneta, tracce di una civiltà rurale lavoratrice, poco sfarzosa ma molto operosa. Dopo anni di ricerche e catalogazioni, sarà possibile assistere alla descrizione di quanto rinvenuto a Cava Silma, una vera e propria necropoli, ad oggi mai svelata.
«Non si tratta di tombe imponenti - spiega Paola Baccillero, una delle volontarie del gruppo archeologico "Communitas Insularum" - Ma sono le testimonianze delle genti che vivevano nei nostri territori 2000 anni fa. È emozionante rinvenire le loro tracce non appena si incide il terreno».
L'appuntamento è per oggi alle 20.30, nel centro sociale di Castelnovo, con Alberto Vigoni, uno degli archeologi che ha seguito lo studio dei reperti. «L'antico insediamento era ubicato nel settore dell'alta pianura, ai piedi del versante est dei Lessini orientali - si legge nell'articolo scientifico, scritto a quattro mani con Elena Pettenò - I frequenti scavi a scopo industriale o per le cave di argilla hanno consentito di rinvenire quattro insediamenti, a destinazione rustica, due a Castelnovo, in località Acqua e Fossanigo, uno in località Antoniazzi e uno in località Fosse».
Tombe semplici, qualche spillone, ciotole grigie paleovenete, accessori per il lavoro come macine e aghi da telaio: questa l'eredità degli antenati di Castelnovo. Ma c'è chi da 30 anni si batte affinchè il cemento non ricopra quanto resta delle loro case e la Sovraintendenza non accumuli i reperti in scatolini dimenticati in qualche magazzino a Venezia. Si tratta di Maria Cenere Dinarello, maestra in pensione con il pallino per l'archeologia, in grado di riconoscere a colpo d'occhio dove i romani avevano messo piede duemila anni fa.
«Il gruppo nasce nel 1981 - spiega con la sua voce flebile, ma animata da una dialettica decisa - In pieno boom economico. Qui si scavava dappertutto. Spesso qualcuno veniva a segnalare la presenza di reperti, sotterrati o all'aria aperta, come i coppi che ancora ricoprono rustici del circondario. Ci siamo decisi, ci voleva un presidio archeologico sul territorio». E le vengono ancora gli occhi lucidi quando racconta del momento che più le ha fatto battere il cuore: «Ci avevano segnalato dei reperti su un campo che sarebbe stato arato la mattina dopo. Siamo andati lì all'alba. Mi aggiravo tra le zolle quando un raggio rosso dell'aurora ha colpito un piccolo incavo nel terreno. Tra i cumuli c'era una piccola lampada votiva, intatta. È stato come se la Storia mi parlasse».
Giulia Guidi
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