venerdì 22 febbraio 2008

A TARGHE ALTERNE NELLA ROMA DEI CESARI

La stampa, tuttolibri, 01-02-1992, pag.5
Sabatino MOSCATI
A TARGHE ALTERNE NELLA ROMA DEI CESARI
Uno studio sull' inquinamento del mondo antico
SI dice che l' inquinamento sia una conseguenza della "civilta'" contemporanea. Lo si attribuisce (giustamente) ai gas di scarico delle automobili, alle ciminiere degl' impianti industriali, insomma ai fenomeni propri del nostro tempo. Si rimpiange, di conseguenza, il buon tempo antico, quando tutte queste diavolerie non esistevano e l' uomo godeva serenamente il benessere di una natura incontaminata. Ma tutto questo e' vero? Seneca contro i miasmi Consideriamo il caso di una citta' ANTICA, anzi della citta' per eccellenza: ROMA di duemila anni fa. Non v' erano certo automobili, ne' industrie; ma che l' aria fosse migliore, e l' igiene piu' curata, non diremmo davvero. Seneca, ad esempio, descrive l' aria pesante che gravava sulla citta', per una mistura degli odori che uscivano dalle cucine fumose e delle nuvole di polvere che si levavano dalle strade. Se il vento soffiava in una certa direzione, giungevano anche i fumi delle pire in cui, alle porte dell' abitato, si bruciavano i cadaveri. E i germi piu' vari, a partire da quelli della malaria, la facevano da padroni. Faccia pallida e colore spento: cosi' ci vengono descritti i cittadini ROMAni di allora. Qualcuno, e' vero, aveva i mezzi economici per recarsi di tanto in tanto in campagna, dove era grande il ristoro. Ma l' effetto durava poco, come osserva Marziale: . Ne' giovavano certo, contro una situazione stressante, i rumori che si levavano d ' ogni parte: il fracasso dei cantieri edili, lo scarico dei carri, gli schianti e i cigolii dei veicoli che sobbalzavano sul selciato, le urla della gente che si raccoglieva intorno ai saltimbanchi, le voci dei venditori che offrivano le loro merci. Di notte, poi, era peggio ancora: perche' si rischiava di prendersi sul capo le immondizie gettate dalle finestre, mentre bande di malfattori infestavano le strade senza illuminazione. Non era una bella esistenza, insomma. Ed era un' esistenza ben piu' corta della nostra, perche' in citta' si viveva in media dai venti ai trent' anni, se sono vere certe statistiche recenti a cui si riferisce Karl Wilhelm Weeber nel suo affascinante libro Smog sull' Attica. I problemi ecologici nell' antichita' (Garzanti, pp. 176, L. 18. 000) Secondo le stesse statistiche, invece, la media della vita saliva nelle province a trentacinque anni: un po' meglio, dunque, anche se sul fortissimo dislivello rispetto a noi pesa la ben diversa situazione sanitaria. A proposito di quest' ultima, una fonte di inquinamento diretto, che agiva attraverso l' alimentazione, era il piombo: se anche e' esagerato attribuire ad esso la decadenza dell' impero ROMAno, come hanno fatto alcuni autori, certo e' che la sua influenza fu nefasta. Anzitutto nel vino: i dolcificanti che si aggiungevano nel prepararlo erano cotti in recipienti di piombo, e questo si scioglieva in parte nella mistura. Un grande medico, Dioscoride, osservo' che la dolcificazione del vino poteva produrre mal di testa, nausea e dolore di stomaco; ma non collego' quei sintomi all' avvelenamento da piombo. Un' altra fonte dello stesso inquinamento erano le tubature di piombo attraverso cui scorreva l' acqua potabile. Bisogna attendere Vitruvio, al tempo di Augusto, perche' il pericolo sia percepito: "L' acqua che passa per tubazioni di argilla e' piu' sana di quella immersa in tubature di piombo.. Se vogliamo avere dell' acqua che sia benefica alla salute, appare del tutto inopportuno incanalarla in tubature di piombo". Avvelenati dal piombo Ma altro era sospettare, altro dimostrare. E cosi' si continuo' a far uso del pericoloso metallo con tutta tranquillita'. Anzi, se ne estese l' impiego alla medicina, fondendolo come astringente e cicatrizzante; e la biacca da esso derivata fu largamente in uso per il trucco femminile, con quale danno della pelle e' facile immaginare. Si osservi che il vino, i cosmetici e simili ingredienti della vita quotidiana erano piu' disponibili per i ricchi che per i poveri. Donde una conseguenza significativa: secondo studi recenti, la quantita' di piombo che i ROMAni assumevano quotidianamente era in media di 250 microgrammi per gli aristocratici, 35 per i plebei, 15 per gli schiavi. Una differenza davvero illuminante] Altri aspetti della vita ANTICA contrastano non meno con le norme oggi abituali dell' ecologia. Il disboscamento era sfrenato, anzi lo si considerava un' opera meritoria per rendere piu' fertile la terra: nel suo trattato sull' agricoltura, Columella scrive che "i terreni vergini delle selve, dopo il disboscamento e la prima lavorazione, garantiscono una grande produzione di frutti". E Tertulliano, con compiacimento: "I boschi hanno ceduto ai campi, gli animali selvatici sono stati scacciati da quelli ammansiti". Un' altra fonte di degrado era l' incontrollata attivita' estrattiva. Si possono vedere ancor oggi i fianchi delle montagne scavati e rimasti aperti, i cumuli di detriti abbandonati, i letti di fiumi deviati. La deturpazione era tale che qualche antico scrittore se ne rendeva conto, come Plinio: "Tentiamo di raggiungere le fibre intime della terra e viviamo sopra le cavita' che vi abbiamo prodotto, meravigliandoci che talvolta essa si spalanchi o si metta a tremare, come se cosi' non si esprimesse l' indignazione della nostra sacra genitrice". Ma sono voci rare e isolate, di fronte a una cultura ambientale inesistente. Non solo le citta', dunque, erano afflitte dalla deturpazione della natura e dall' alterazione delle sue risorse, ma anche le campagne. E percio' , in conclusione, la causa del degrado ambientale non e' tanto il progresso tecnologico, come abitualmente si sostiene, quanto la mancanza di una coscienza ecologica, anzi della nozione stessa del problema. Tutto sommato, noi stiamo meglio: abbiamo l' inquinamento ma abbiamo anche le centraline che lo rilevano e la possibilita' di combatterlo. Senza voler fare l' elogio delle targhe alterne, s' intende. Sabatino Moscati