giovedì 7 febbraio 2008

MACCHE' NERONE: FURONO I CRISTIANI A BRUCIARE ROMA

La Stampa, inserto TuttoLibri, 09-07-1998, pag.6
VERRECCHIA ANACLETO
MACCHE' NERONE: FURONO I CRISTIANI A BRUCIARE ROMA
NERONE e' passato alla storia come un mostro sanguinario, anzi come il mostro per eccellenza. Ma era davvero cosi'? Molti ne dubitano e storcono il naso dinanzi alla fosca descrizione che ne fa Tacito, grandissimo come scrittore, non sempre attendibile come storico. La sua preconcetta e implacabile avversione verso tutti gli imperatori, in modo particolare quelli della Casa Giulia, lo induce a formulare giudizi atroci anche su Tiberio e Claudio, che erano invece sovrani probi e scrupolosi. Quanto a Svetonio, l'altro accusatore di Nerone, sappiamo tutti che si dilettava nel raccogliere pettegolezzi. Ma a creare la leggenda nera di Nerone furono soprattutto i cristiani. Cardano invece, in questo libro, attua un capovolgimento totale e l'imperatore romano appare quasi con l'aureola della bonta'. Senza giungere a tanto, si puo' dire questo: e' molto probabile che Nerone non fosse un angelo, ma e' altrettanto probabile che non fosse neppure quel mostro che Tacito da un lato e i cristiani dall'altro vorrebbero farci credere. E lasciamo stare i romanzi alla Quo vadis e i film che ne sono stati ricavati; paccottiglia] Siamo davvero cosi' ingenui da credere che sia stato Nerone a incendiare Roma? I cristiani e i loro simili, insomma quelli che Nietzsche chiama ciandala, erano molto piu' adatti per un tale compito. Bruciarono anche Cirene, come ricorda una lapide latina che si vede tra le rovine di quella citta'. Da vero uomo del Rinascimento, Cardano aveva una cultura enciclopedica, sia in campo scientifico che letterario. Lo si vede anche da questo libro, che trabocca di erudizione e di riferimenti storici. Il guaio e' che egli, per mettere in bella luce Nerone, dipinge in nero gli altri. A me piacciono i passionali, e Cardano lo e' in sommo grado; ma come si fa a definire Seneca "il piu' disonesto degli uomini"? Qui cadiamo nell'assurdo o nella bestemmia. Chi legge le opere di Seneca riceve un'impressione affatto diversa; e non si dimentichi che il carattere di un uomo si riflette immediatamente nei suoi scritti. Ve lo immaginate un disonesto che scriva le Lettere a Lucilio o i Dialoghi morali? Io no. Il grande GIORDANO BRUNO diceva che si conosce solo cio' che si e'. Ebbene Seneca, come ci dimostra gia' la sua morte stoica, visse cio' che pensava: la sua filosofia si rispecchia nella sua vita e viceversa. Cardano strapazza anche Tacito e Svetonio. Del primo dice che era un "individuo spinto da sfrenata ambizione e disonesta'"; del secondo, che arrivo' "a corrompere la moglie dell'imperatore di cui era segretario, cioe' Antonino: valuta il resto da questo fatto soltanto]". Ma se dovessimo condannare tutti quelli che corrompono o cercano di corrompere le mogli degli altri, chi si salverebbe? A contenerli non basterebbe neppure il deserto del Sahara. Resta l'apologia di Nerone, che non manca certo di fondamento, anche se puo' apparire eccessiva. E' un fatto che Nerone assegno' alla cultura un posto di primo piano nella vita dell'impero e che lui stesso aveva spiccate inclinazioni artistiche. E' anche un fatto che almeno nei primi anni del suo principato egli, sia pure sotto la guida di Seneca, cerco' di dare un'impronta liberale e illuminata alla monarchia imperiale. Ne' va dimenticato che durante il suo regno, come scrive Cardano, "nel pur cosi' ampio territorio dell'impero romano non si combatte' alcuna guerra, se non quella contro i Parti per l'Armenia". E i delitti, veri o presunti che fossero? Cardano risponde che se Nerone agi' duramente contro i colpevoli, "non c'e' alcun dubbio che fu mite con tutti gli innocenti e gli infelici, che fu generoso e pronto ad aiutare". Quanto poi all'accusa di aver gareggiato come auriga e di essersi esibito come citaredo, l'autore non ci vede niente di male. Semmai si tratta di comportamenti che denotano "un carattere particolarmente umano", non segni "di delinquenza o di violenza". Ha ragione: un imperatore che scriva poesie e suoni la cetra e' certo piu' intelligente e simpatico di quei capi di Stato che, affetti forse da infantilismo progressivo, corrono in capo al mondo per vedere, pensate un po', una partita di calcio. Con i cristiani Cardano e' piu' guardingo, probabilmente perche' a Bologna gli avevano fatto assaggiare il carcere dell'Inquisizione. Tuttavia scrive che "Nerone non con un editto condanno' i cristiani, ma in conseguenza dell'incendio". Poi aggiunge: "D'altra parte non ci si meravigli che i cristiani siano stati condannati come incendiari; infatti molti di loro (come riferisce Eusebio nella Storia ecclesiastica) si fecero cristiani al chiaro scopo di abbandonarsi ai peggiori delitti". E qui egli, senza volerlo, va d'accordo con Tacito, che parla dei primi cristiani come di un'accozzaglia di " scellerati". Da allora sono trascorsi duemila anni e nel frattempo i cristiani hanno smesso la loro gentile attivita' di fuochisti. E oggi hanno anche un grande merito, che va riconosciuto onestamente: sanno incassare le critiche, alle quali non sono cosi' allergici come gli altri monoteisti. In breve, sono meno fanatici. Andate per esempio a discutere con uno sciita iraniano, come ho fatto recentemente io nella bella Isfahan, e noterete la differenza. Non so se il Dio cristiano si sia addolcito o se i suoi figli siano stati rischiarati dai lumi della Grazia. Resta comunque il fatto che oggi non siamo piu' oppressi dalle brume del fanatismo religioso. Ringraziamo dunque il destino di averci fatto nascere in un'epoca in cui e' possibile dire quello che si pensa, senza correre il rischio di essere abbrustoliti su un rogo. Ancora una cosa. Anche se in certi punti puo' sembrare paradossale, il testo di Cardano e' altamente istruttivo e piacevole a leggersi. Precede una succinta e succosa introduzione di Marcello Dell'Utri, che con un occhio guarda al passato e con l'altro al presente. La traduzione dal latino, molto buona, e' di Piero Cigada.