sabato 20 giugno 2020

Tiberio e Gaio Gracco


Tiberio e Gaio Gracco

Tiberio, nato nel 162 a.C., e Gaio Gracco, nato nel 154, imparentati con il grande Scipione Africano, furono i protagonisti politici di un difficile periodo della storia romana. Tiberio divenne tribuno della plebe nel 133 a.C. e si assunse il compito, d'accordo con importanti senatori (tra cui suo suocero Appio Claudio) di presentare una legge agraria che regolasse l'uso della terra pubblica. La sua proposta indicava in 125 ettari il massimo di terra pubblica che un privato potesse occupare, con la possibilità di arrivare fino 250 in base al numero dei figli per famiglia. Il terreno eccedente doveva venire diviso in lotti inalienabili di 7,5 ettari, da distribuire ai cittadini proletari. Chi subiva un'espropriazione di terra pubblica, veniva compensato con la proprietà su quella che gli rimaneva. Si stabiliva inoltre la costituzione di una commissione agraria che giudicasse sui casi controversi. Lo scopo di questa legge era di arrestare l'avanzata del latifondo e di ricostituire quella classe di piccoli e medi proprietari terrieri, che era alla base del reclutamento dell'esercito. Quando l'opposizione oligarchica tentò di fermare Tiberio, egli rispose con azioni dal carattere eversivo, che gli avrebbero fatto perdere l'appoggio di quei senatori che all'inizio erano con lui. Contro il veto posto dal suo collega tribuno, oppose una tesi politica estranea al pensiero politico romano, assimilabile piuttosto al pensiero greco, il principio della sovranità popolare, facendo così destituire il collega. Sostenne, di fronte ai comizi tributi, che questi dovevano decidere dell'organizzazione del regno di Pergamo, lasciato in eredità ai Romani e non, come era consuetudine per le faccende di politica estera, il senato. La reazione degli oppositori fu estrema: un gruppo di senatori, guidati dal cugino di Tiberio, Scipione Nasica, lo aggredì sul Campidoglio e l'uccise. Gaio fu eletto tribuno nel 123 a.C., deciso a continuare i programmi politici di Tiberio. Il suo programma era più organico, cercando l'appoggio di quelle forze potenzialmente ostili all'oligarchia, come Italici, plebei, cavalieri. Con una legge frumentaria propose la distribuzione di grano a prezzo ridotto per la plebe; con altre leggi assegnò il tribunale che giudicava il peculato nelle province a giudici dell'ordine equestre (lo stesso ordine cui appartenevano i publicani, coloro che avevano dallo stato gli appalti per la riscossione delle tasse nelle province) e concesse a buone condizioni l'appalto per la riscossione delle tasse nella provincia d'Asia ai publicani. Gaio stabilì che l'equipaggiamento dei soldati fosse a carico dello stato e lanciò una campagna di deduzione di colonie, non solo in Italia. Rieletto tribuno per il 122, propose di dare la cittadinanza romana a quanti avevano il diritto latino, e il diritto latino agli italici; di sorteggiare l'ordine di votazione delle centurie dei comizi centuriati, così che non fosse subito palese l'orientamento delle prime centurie e si vanificasse la votazione delle ultime. Il senato, nel 121, lo nominò nemico pubblico: assediato sull'Aventino, Gaio si fece uccidere da uno schiavo.