sabato 24 aprile 2010

C'era una volta la città eterna. Ora Roma crolla a pezzi

C'era una volta la città eterna. Ora Roma crolla a pezzi
di Stefano Ciavatta
mercoledì, 31 marzo 2010 IL RIFORMISTA

Archeologia. In un giorno solo viene giù il soffitto di una delle gallerie nella zona della Domus Aurea e si stacca un pezzo delle Mura Aureliane. Un «rischio fisiologico» per Broccoli che cita Flaiano: «Meno inaugurazioni, più manutenzione». Per Coarelli mancano i fondi ordinari ma «attenti ai privati: investiranno solo sul Colosseo». Per Carandini l'emergenza «è un incubo».
Una voragine nei giardini di Colle Oppio, di fronte al Colosseo e all’interno del complesso della Domus Aurea. Un crollo che ha allarmato molti, sia per la vistosità delle dimensioni, con i 60 mq delle volte di una delle gallerie traianee e lo smottamento del terreno che ha coinvolto 130 metri quadri dell'intera area. Ma anche per l’imprecisione della notizia data in mattinata: «Il crollo non ha riguardato un ambiente della Domus Aurea - ha spiegato Giuseppe Proietti, sovrintendente archeologico di Roma - ma una delle gallerie delle terme di Traiano, un ambiente chiuso, assegnato dagli anni venti del Novecento al comune di Roma e adibito a deposito di materiali archeologici». Un ridimensionamento della preoccupazione che conferma anche il sovrintendente ai Beni culturali del Comune di Roma, Umberto Broccoli: «Sotto quelle volte c'era un magazzino di secondo scarto, un punto mai stato aperto ai turisti». Ma evidentemente era giornata, perché una porzione delle Mura Aureliane ieri si è staccata all'altezza dell'Arco di via Nola e i frammenti hanno colpito una macchina di passaggio senza provocare feriti. Particolarmente delicata è anche la situazione degli acquedotti, nella zona a sud di Roma, alle Capannelle. Sorvegliati speciali sono gli acquedotti Claudio, Felice e la Villa dei Sette Bassi.

Roma vacilla? «A Roma la situazione è complessa - spiega al Riformista Broccoli - quel muro aveva soltanto millenovecento anni... Siamo a contatto ogni giorno con il patrimonio più antico del mondo. Il rischio è fisiologico. Piuttosto dobbiamo creare la consapevolezza che bisogna vivere con l'idea di una manutenzione ordinaria, non affidata a interventi straordinari. Ennio Flaiano diceva “Non fondiamo l’Italia solo sulle inaugurazioni”, quindi lavoriamo su quello che c’è».

Per l'autore della più celebre guida archeologica della capitale, Filippo Coarelli, archeologo e professore di antichità greche e romane all'Università di Perugia, i problemi sono due: «È molto chiaro che c'è chi grida al lupo per altri fini. Sono secoli che crolla il Palatino ma in realtà è stato anche ben restaurato. Così come il Colosseo a cui manca solo la manutenzione ordinaria. Si fanno solo grandi appalti che producono enormi e costosissimi restauri, mentre sarebbe meglio dare i fondi per l'ordinaria amministrazione. Insomma, dovrebbe funzionare come se dentro ai monumenti ci abitassimo e potessimo accorgerci anche della minima crepa o perdita».

Alla lunga questa assenza di ordinarietà cosa può comportare? «La mia impressione quando si vuole gridare al lupo è che si voglia premere sull'amministrativo. La tendenza per la privatizzazione c'è. Non si danno i fondi alla sovrintendenza. L'Istituto del restauro, il più importante del mondo, un modello che ha fatto scuola, non ha da pagare l'affitto della propria sede, e infatti lo sbattono fuori. Se questi luoghi diventano fondazioni, i privati saranno interessati a mantenere le cose redditizie, dal Colosseo a Pompei ma non le altre che spesso però sono le più importanti. Ogni anno i fondi si dimezzano, la Scuola italiana di Atene, la nostra facciata più prestigiosa all'estero, non ha i soldi per pagare le bollette». Ci sono altre zone della capitale in pericolo? «Per forza ci sono, la stessa zona della Domus Aurea è soggetta a infiltrazioni per via dei giardini. Ma un restauro vero costa, e dopo alcuni anni viene giù tutto. Poi c'è sempre meno personale ed è sempre meno motivato, la situazione è drammatica».

Tanto drammatica che per l'archeologo Andrea Carandini, presidente del consiglio superiore dei Beni Culturali, i crolli «sono un autentico incubo: possono avvenire qui alla Domus Aurea, alle Mura Aureliane, al Palatino. La situazione è precaria, lo vado dicendo da tempo e il ministero lo sa. È una corsa contro il tempo. La cosa importante è che comincino subito il lavoro di scoperchiatura della Domus Aurea, per garantirne l'impermeabilità. Si tratterà di un intervento delicato e importante. Per il primo lotto ci vorrà un anno e mezzo». Quindi l'allarme è giustificato? «É giusto che ci sia l'allarme. Anche se non amo le soluzioni eccezionali, la situazione è veramente d'emergenza e non sarà cosa da poco questo intervento alla Domus Aurea. Per fortuna esistono dei commissari come Cecchi e Marchetti che stanno affrontando bene la situazione ma si comincia soltanto ora, ovvio che si sconti tutto il regresso. Ho fiducia nel ministero, se gli si da il tempo per intervenire i problemi si risolvono».

Che tempistiche ci sono? «Aspettiamo l'inizio dei lavori da due anni e mezzo, purtroppo ci sono delle lunghezze burocratiche insite nel lavoro delle soprintendenze che sono fatali. Il commissario Marchetti ha dovuto aspettare un anno solo per l'approvazione del progetto. Sarebbe già tanto se entro quattro anni al massimo si riuscisse a concludere tutto». Errori precedenti? «Nel passato si è partiti dal basso senza pensare alle volte e soprattutto al fatto che sopra a quelle volte c'è un giardino, con acqua che scende. L'importante ora è che si cominci. Anche se le volte crollate oggi, per esempio, saranno ricostruite ma da Marchetti che è un ingegnere, non da Traiano».

Intanto ieri sopralluogo immediato di Sandro Bondi: «Sono preoccupato, abbiamo fondi ragguardevoli e questo episodio può indicare al governo che ci vorrebbe un piano straordinario per salvaguardare il patrimonio storico del Paese soprattutto quello di Roma».