giovedì 6 marzo 2008

Torna l'Antiquarium, il museo scomparso

Torna l'Antiquarium, il museo scomparso
Paolo Brogi
Corriere della Sera - cronaca Roma 25/2/2005

Era diventato un museo fantasma. E nei magazzini così come dentro il chiostro di Santa Maria Nova si erano man mano accumulati i tesori archeologici, frutto degli scavi ai Fori. Torna ora l'Antiquarium sulla sommità della collina Velia, tra Colosseo e Palatino. Gli uffici della Soprintendenza saranno trasferiti in via in Miranda. Nel museo statue, fregi, sepolcri, reperti domestici. E un grande tempio...

Un nuovo museo per la città. Torna l'«Antiquarium», la struttura museale dei Fori e del Palatino, in uno dei luoghi più suggestivi di Roma Antica, la Velia. Da Santa Maria Nova, l'ex monastero che ospita ciò che resta dell'antico Antiquarium ideato all'inizio del secolo e poi via via ridotto di dimensioni a favore degli uffici, i funzionari della Soprintendenza Archeologica faranno fagotto andandosene via e tornerà a fiorire un gioiello già dotato di pezzi e spazi pregevolissimi, un gioiello finito nel dimenticatoio.
Tornano così alla luce preziose ante-fisse fittili del VI secolo a.C, grandi «barbari» imperiali in pregiato marmo pavo-nazzetto come quelli delle collezioni Farnese, tre grandi «vestali», il lunghissimo fregio della Basilica Aemilia, le sculture della Fonte di Giuturna, la «Medusa» del Tempio di Venere e Roma, la «stipe votiva» del Tempio della Concordia. Insomma una festa di resti legati ai Fori e al Palatino, frutto degli scavi di varie generazioni di archeologi, che tra due anni verrà messa a disposizione del grande pubblico recuperando anche uno spazio di rara e nascosta bellezza come il Tempio di Venere e Roma, una specie di seconda Basilica di Massenzio finora inutilizzata.
Febbraio 2005: i visitatori entrano a migliaia, come ogni giorno, dentro il Colosseo, principale attrazione per chiunque visiti Roma. Poi molti di loro affrontano la salita in basolato verso il Palatino, la Via Sacra, che porta al bianco Arco di Tito che sorge sulla sommità della Velia. Una foto ricordo, dopodiché scendono a gruppi verso i Fori, oppure salgono sulla sinistra per il Clivo Palatino a dare un'occhiata alla nostra acropoli. Nessuno va verso l'edificio di destra, quello incapsulato tra la chiesa di Santa Francesca Romana e la piattaforma del Tempio di Venere e Roma, piazzata in faccia all'Anfiteatro Flavio. Eppure lì dentro è pieno di tesori.
Fuori della palazzina a due piani c'è scritto Soprintendenza archeologica di Roma, giusto il più coraggioso dei turisti può dare un'occhiata dentro il vestibolo e individuare alla base della duplice scalinata settecentesca un cartello con su scritto «museo». Ma ieri, per esempio, il cartello era addirittura messo alla rovescia diventando illeggibile dall'ingresso. Quel cartello indica ciò che resta dell'«Antiquarium», un museo fantasma, ridotto a poche stanze del pianterreno, accanto a un chiostro fantastico pieno di reperti e a.uno spazio di rara bellezza, una delle due navate di ciò che resta del Tempio di Venere e Roma, una struttura che ricorda l'architettura della vicina Basilica di Mas-senzio e che è chiusa al pubblico da sempre. Quanto all'Antiquarium attuale, consta di quattro stanzette (la quinta è in uso al personale) nelle quali l'ideatore del museo, il soprintendente dei primi del '900 Giacomo Boni aveva riunito i resti dei propri scavi e soprattutto i sepolcreti riportati alla luce.
Per il resto il palazzo è attualmente tutto un susseguirsi di strani uffici che occupano primo e secondo piano con funzionari della soprintendenza (35, più la direttrice degli scavi dei Fori, Irene Iacopi) in mezzo a computer, scartoffie e pregevoli antichità romane. Ma nei giorni scorsi è maturata la svolta. È stato infatti il nuovo soprintendente Angelo Bottini, dando seguito a un annoso progetto fatto elaborare fin dal 1986 dal suo predecessore Adriano La Regina, a decidere la riapertura e l'allargamento dell'Antiquarium per farne un'attrazione rivolta alla massa dei turisti in visita. Per Bottini questa è una delle prime decisioni prese da quando ha assunto l'incarico. All'architetto Giuseppe Morganti della Soprintendenza l'onere di dar corso al progetto. Da subito.
«Nel bilancio è stato stanziato già un milione e mezzo di euro per il trasloco degli uffici nei vicini locali di via in Miranda, sempre qui in zona - spiega Morganti -. Inizieremo quanto prima i lavori di adeguamento e contiamo di trasferire i primi uffici entro un anno. Entro due anni l'operazione sarà completata e allora, grazie a un nuovo stanziamento ancora da inserire in un prossimo bilancio, avvieremo i lavori qui a Santa Maria Nova». A conclusione nascerà quello a cui Irene Iacopi ha già dato un nuovo nome: Museo Forense.
«Vi risistemeremo le tombe del sepolcreto arcaico di Boni, valorizzandone meglio i ritrovamenti - aggiunge Iacopi -. E poi tireremo fuori dai magazzini e dal nostro "lapidarium" una grande quantità dui reperti, frutto degli scavi che si sono avvicendati ai Fori dove hanno operato colleghi americani, finlandesi, francesi e archeologi italiani come Carandini, Pensabene, Panella. Esporremo così pezzi minuti e grande statuaria, resti pertinenti alle aree templari e materiali di uso domestico».
Senza scomodare i magazzini, basta dare un'occhiata in giro, nelle bacheche di Boni o dentro il chiostro dugentesco. Dadi da gioco, lucerne, ampolle di vetro, pettini, oliere, accanto a capitelli, statue acefale, grandi barbari, capienti bacili, fregi, tombe e sepolcri ricostruiti con gli arredi originali. C'è perfino il calco originario della «Lapis niger». In più c'è il chiostro con le sue colonne ottagonali, ma a lasciare senza fiato è ciò che resta del tempio di Venere e Roma affiancato al chiostro: su un pavimento ricostruito in marmo, sotto il cielo, ecco una decina di grandi colonne di porfido rosso che affiancano la doppia cella dell'abside contrapposta (ce n'è anche una seconda dall'altra parte nella navata che guarda verso il Colosseo). Chiuso da sempre, si erge maestoso e invitante sotto il cielo di Roma. Diventerà un'attrazione.



Il monastero in cui soggiornò Liszt

Santa Maria Nova. Tutto il complesso, compresa la chiesa adiacente che dal '400 ha preso il nome di Santa Francesca Romana, sorge sulla Velia, l'altura che collega il Palatino con l'Esquilino chiudendo la valle del Colosseo. In origine Santa Maria Nova è un monastero costruito nel '200, con al suo intemo un chiostro a un piano racchiuso da belle colonne ottagonali in laterizio. La struttura di Santa Maria Nova è a due piani e confina, sul lato est, con una delle due navate ad abside contrapposta che costruiscono il Tempio di Venere e Roma, una grande costruzione avviata dall'imperatore Adriano nel 121 d.C, proseguita da Antonino Pio e conclusa infine da Massenzio. La navata rivolta verso ovest di fatto fa parte della struttura di Santa Maria
Nova. E richiama, soprattutto con l'abside, i motivi architettonici della vicina Basilica L'accesso è dagli. ambienti del chiostro di Santa Maria Nova, intorno al quale si aprono le stanze in cui sono attualmente raccolti a pianterreno i manufatti relativi agli scavi novecenteschi:
di Boni e al primo piano il fregio della Basilica Aemilia con le danzatrici e col mito di Enea. Il chiostro è stato riscoperto nel '900 abbattendo i muraglioni che lo avevano chiuso. Un intervento di sistemazione è stato effettuato nel 700 con l'introduzione di una bella scala doppia all'ingresso, opera di Alessandro Specchi. La sistemazione neoclassica è di Giuseppe Valadier (1816). Nel monastero ha soggiornato a lungo nell'800 anche il musicista ungherese Franz Liszt.