martedì 16 marzo 2021

Palmira - intorno al 385 d. C

 

Prologo

Palmira, intorno al 385 d. C.

 

«Non esiste crimine per chi ha Cristo».

 

Scenute d’Atripe, santo

 

I distruttori venivano dal deserto, e Palmira era la loro meta. Da anni bande di fanatici barbuti vestiti di nero e dediti al saccheggio, armati con poco più che pietre, sbarre di ferro e un inflessibile senso di rettitudine morale, stavano terrorizzando i territori orientali dell’Impero romano.

I loro attacchi erano primitivi, teppistici e molto efficaci. Questi uomini si muovevano in branchi che di lì a poco sarebbero diventati sciami composti da cinquecento individui e dove arrivavano portavano devastazione. I loro obiettivi erano i templi e i loro attacchi potevano essere straordinariamente rapidi. Grandi colonne di pietra che avevano resistito per secoli crollavano in un pomeriggio; volti di statue vecchie di mezzo millennio venivano mutilati in un battito di ciglia; templi che avevano visto nascere l’impero cadevano in un solo giorno.

Si trattava di un’operazione brutale, priva di qualunque rispetto. I fanatici scoppiavano a ridere mentre spaccavano quelle statue “idolatre” e “malvagie”; i fedeli si prendevano gioco di quei resti mentre demolivano i templi, sfasciavano i tetti, deturpavano le statue e intonavano canti che avrebbero immortalato quei momenti gloriosi. «Quegli oggetti sacrileghi», cantavano i pellegrini orgogliosi, «quei demoni e idoli.., il nostro buon Salvatore li ha calpestati». Raramente il fanatismo produce buona poesia.

 

 

Catherine Nixey

Nel nome della Croce

La distruzione cristiana del mondo classico

Bollati Boringhieri, Torino, 2018