lunedì 7 dicembre 2009

I misteri di Roma sotto la Fontana

I misteri di Roma sotto la Fontana
CLAUDIO MARINCOLA
Il Messaggero 06/02/2006

ROMA - È una porticina di legno tanto piccola che per entrare bisogna abbassarsi. È in via della Stamperia numero 1, sul lato destro della Fontana di Trevi, sormontata da un’architrave con una lapide celebrativa. Girata la chiave, il cigolìo della serratura e l’odore di umido comunicano un senso di ruggine. E insieme il sospetto che qualcosa di remoto e di antico stia per accadere. Che dalla vecchie condotte sospese sotto il soffitto qualcuno ci osservi. O che da un’intercapedine spunti un passaggio segreto.
È il dietro le quinte, l’altra faccia della Fontana. Banalmente si potrebbe anche dire che è soltanto l’ex sede della centralina idrica addossata a Palazzo Poli. Un luogo fino a ieri adibito ai flussi e oggi tutto da scoprire, con penombre e atmosfere alla Tolkien. Roba da fauni, satiri, elfi, dunque.
L’idea sarebbe farne una sala-museo dove ricostruire la storia della Fontana. Raccontare il maestoso capolavoro realizzato da Nicola Salvi e voluto da papa Clemente XII come apoteosi e mostra dell’antico acquedotto dell’Acqua Vergine. Ma questo è un altro discorso.
La piccola piazza e il grandioso contenuto che la sovrasta sono un simbolo della Città eterna. Da questo luogo misconosciuto il contrasto è ancora più evidente.Il panorama è inedito. La Fontana vista da dietro, dal punto di caduta delle monetine. È la prospettiva di Oceano, i suoi occhi, il dio che domina il gruppo scultoreo affollato di cavalli marini e tritoni. È la scenografia che avremmo visto se ci fossimo trovati in questo luogo il giorno in cui Fellini girò la arcicelebre scena della “Dolce vita”. Anita Ekberg di spalle mentre avanza dentro la grande vasca e dice:«Marcello come here».
L’aria e la luce entrano dalla grate, fessure che sbucano sulla parte bassa della facciata monumentale. Nel locale possono entrare solo agli addetti ai lavori, gli operai e tecnici che insieme all’impianto custodiscono i misteri di questo luogo.
Ci si muove come dietro un sipario. Col timore di essere scoperti, di finire all’improvviso al centro dei riflettori. sotto lo stillicidio turistico dei flash.
Sulla parete un pannello scalfito in più punti riporta i nomi di quelle che un tempo furono utenze eccellenti: Principe Aldobrandini; Conte Carpegna; Principe Altieri: monastero dei Salesiani; marchese Ricci; istituto della Santissima Annunziata; Corte d’Austria. Poggiati su un’intercapidine vecchi tappi che chiudevano i canali. Più in là le fistole che portavano l’acqua ai ricchi e ai potenti, gli imbuti utilizzati per alimentare le bocche di diramazione dei flussi, un idrometro e i vecchi manometri misuratori di livello.
In pochi se ne sono accorti ma da qualche tempo la Fontana non è più la stessa. Gli zampilli hanno un’altra gittata, l’acqua defluisce più forte e più limpida, senza calcaree. «Sei mesi fa abbiamo realizzato un nuovo impianto di trattamento e di riciclo delle acque - spiega l’ingegner Guglielmo Ranalletta, dirigente di Acea Ato 2 -: l’acqua, nella misura di 120 litri al secondo, viene sottoposta ad una osmosi inversa, quindi centrifugata, miscelata e spinta verso l’alto».
Stiamo parlando dell’“Acqua Virgo” . Il primo a farne ampiamente cenno fu Plinio. Illustrò il rapporto tra gli acquedotti e l’Impero, nonché il ruolo che ebbe sin dal 19 a.C Agrippa, colui che nell’età augustea volle riempire Roma di fontane. Estetica ostentazione del benessere, dell’arte e del genio idraulico.
I romani per portare l’acqua dalla sorgente alla città utilizzarono le classiche strutture ad arco ma anche e soprattutto gallerie sotterranee. L’Acquedotto Vergine è una di queste. Da Salone scorre sotto piazze e ville. Uno dei punti di maggiore fascino ma meno conosciuti è la Chiocciola, una discesa di 109 scalini alla quale si accede da una porticina posta all’altezza di Villa Medici, su viale Trinità dei Monti. La scala è ricavata nel banco di tufo del Pincio. L’ambiente è umido ma caldo . La scala è proprio in corrispondenza dell’Accademia di Francia. Il ché ha alimentato secoli di gossip. Che fosse la via di fuga di politici e amanti o anche il passaggio segreto delle spie. Il percorso del canale, via via segnalato da cippi e piramidi, termina dopo una corsa di 18, 550 km, in corrispondenza del serbatoio di San Sebastianello. In via del Nazareno, al numero 2 c’è un’altra porticina chiusa da anni. Un altro segreto?