domenica 22 aprile 2012

Il racconto segreto della Colonna Traiana




Una storia appassionante, che ha cambiato il destino di milioni di persone nel corso dei secoli.
Un viaggio fino ai confini dell'Impero Romano per narrare il momento in cui raggiunse il culmine della sua potenza: la conquista della Dacia, l'attuale Romania.

Come combattevano i soldati di Roma



PRIMA BATTAGLIA DELLA SERIE "ROME".
Il video mostra, in breve, le tecniche di combattimento di una centuria in Gallia. Il Centurione comanda i suoi soldati con ordini impartiti direttamente da egli stesso. Dopo alcuni minuti di combattimento, i legionari in prima linea cominciano ad essere stanchi e necessitano di un cambio, in questo caso, le prime file passano nella retroguardia passando in mezzo al gruppo di soldati. Se uno di questi viene tirato in mezzo alla mischia, si scioglie la formazione e si riprende il soldato, ricomponendo la formazione originaria.

venerdì 20 aprile 2012

Le grandi battaglie di Roma antica

Andrea Frediani
Le grandi battaglie di Roma antica
Newton Compton

sul libro:
Dalle guerre sannitiche alle invasioni barbariche l'antica Roma fu protagonista di molte battaglie decisive per la storia dell'umanità. In questo volume, trionfali vittorie si alternano a drammatiche disfatte, in una avvincente successione di brillanti condottieri e improvvisati strateghi, dì ciascuno dei quali apprendiamo caratteristiche e comportamenti peculiari: il carisma di Scipione l'Africano, la lucidità del console Nerone, il folle coraggio di Decio Mure, le frustrazioni di Grasso e il genio dì Cesare. Senza mai ignorare i più famosi tra Ì loro nemici: ecco dunque il genio tattico di Annibale, l'infantile irruenza di Pirro, la fierezza di Vercingetorige e la spietatezza di Attila. E molti altri. Ma ammiriamo, in queste pagine, anche la forza della legione e del soldato romano, vero strumento - per più di un millennio - di conquista e di dominio, di repressione, ma anche di pace.

E fonderai la più grande città del mondo. Miti, dei ed eroi dell'antica Roma

Giovanni Nucci, A. Agliardi
E fonderai la più grande città del mondo. Miti, dei ed eroi dell'antica Roma
Feltrinelli

sul libro:
La storia della fondazione di Roma attraverso i suoi miti più belli e affascinanti. Il libro si dispiega attraverso un unico filo narrativo, mischiando il racconto d'avventura: Enea nel suo viaggio verso una nuova città da fondare; il racconto di guerra: la conquista del Lazio e la guerra contro i Rutoli; il racconto del mito: le storie degli dèi da cui la città discende, Marte, Venere e Saturno; il racconto della leggenda: i gemelli, il pastore e la lupa; il racconto fiabesco: i miti agresti laziali di Fauno, Pomona, Vertumno, Ercole; il racconto storico: Remolo, il primo re e Numa, il re saggio. Un intreccio di storia, leggende, miti, fiabe e avventure in un lungo racconto,che porta dalla distruzione di Troia alla fondazione della più grande città del mondo, Roma. Età di lettura: da 8 anni


giovedì 19 aprile 2012

Roma antica

Roma antica
Laterza

sul libro:
Dalla fondazione all'età gotica, Andrea Giardina racconta, con l'aiuto di studiosi internazionali, oltre tredici secoli che hanno depositato in Roma un numero incalcolabile di edifici e di storie. Il volume, che ha avuto un'edizione precedente nella collana "Storia e società", contiene saggi di: Mary Beard, Guglielmo Cavallo, Tim J. Cornell, Jean-Michel David, Florence Dupont, Augusto Fraschetti, Andrea Giardina, Giusto Traina, Rita Volpe, Paul Zanker.


sabato 7 aprile 2012

Diana. Storia, mito e culto della grande dea di Aricia

Diana. Storia, mito e culto della grande dea di Aricia
M. Cristina Vincenti
Palombi Editori

Questa monografia, in cui Diana appare al centro dell'interesse scientifico, ha il compito di "richiamare l'attenzione del lettore su un'immagine non usuale della dea". Le pur http://www.blogger.com/post-create.g?blogID=324013221268447228numerose ricerche sulla complessa figura di Artemis-Diana, hanno frequentemente avuto, come punto di riferimento, l'area del tempio repubblicano in Valle Giardino a Nemi, restituendo, dietro le suggestioni della celeberrima opera di James Frazer (The Golden Bought), la rappresentazione di una generica "dea del bosco": Diana Nemorense. Si sentiva l'esigenza d uno studio mirato viceversa a definire lo stretto legame della Grande Dea di Aricia con la sua città e volto nel contempo a "riordinare tanti elementi sparsi", quella "sterminata mole di materiale, non facilmente schematizzabile". Il presente volume costituisce, sotto questo punto di vista un compendio... "una sintesi chiarissima ed efficace" che dà certamente impulso, come del resto simili iniziative nate all'interno dell'Archeclub d'Italia Aricino-Nemorense, ad un nuovo ambito di studi e ricerche che abbia il suo punto di riferimento nella storia, nei miti, nei culti e nelle istituzioni di una tra le più antiche città del Lazio.







Pedemontana, spuntano reperti archeologici

Pedemontana, spuntano reperti archeologici
29/02/2012

A Levà antichi cocci e un fossato che sembrerebbero risalire all'epoca romana
Sono venuti alla luce ieri e adesso c'è il rischio che il cantiere si blocchi. Per le verifiche giunti gli esperti per i primi esami

Gli antichi Romani sembrerebbero aver lasciato alcune tracce anche a Levà di Montecchio Precalcino. Tracce di cui nessuno sapeva l'esistenza, ma che adesso stanno tornando in superficie sotto i colpi dei mezzi di cantiere impegnati nella realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta. Fuori programma che rischia di creare qualche difficoltà nel proseguimento dei lavori, almeno finché non sarà chiaro cosa sta tornando alla luce e quanto importante sia dal punto di vista storico. Al momento sembra che si stia parlando di cocci e di un fossato, ma senza particolare rilevanza archeologia. Sulla vicenda però è necessario utilizzare il condizionale, perché di conferme ufficiali finora non ne sono arrivate. Di certo c'è che ieri pomeriggio, nell'area di cantiere aperta alla fine di via Contralonga, a Levà, si sono presentati degli archeologi, consulenti per il progetto di realizzazione della Pedemontana Veneta, impegnati a supervisionare l'area e a fare dei rilievi. Adesso l'area interessata dal ritrovamento dei reperti è delimitata da un nastro biancorosso e rimane esclusa dall'azione delle ruspe, che invece continuano ad operare negli altri tratti di tracciato. Anche ieri erano numerosi i mezzi all'opera. Una piccola porzione di terreno, inoltre, è coperta da un telo bianco. I dettagli su quello che è stato ritrovato rimangono avvolti nel mistero, anche se le voci in paese cominciano a circolare. Sembra dunque che i mezzi all'opera nel cantiere di Levà a circa un metro di profondità abbiano trovato dei cocci e dei sassi posizionati con logica, il che farebbe pensare ad un insediamento di epoca romana. A quanto pare sarebbe stata trovata anche una pietra con inciso un numero romano, dettaglio che andrebbe a confermare la tesi. Nella stessa area sarebbe emersa anche la delimitazione di un fossato, largo circa tre metri e profondo almeno uno, dove quasi sicuramente scorreva dell'acqua. Si attendono ora le valutazioni degli esperti.
Alessia Zorzan
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Provincia/338103_pedemontana_spuntano_reperti_archeologici/?refresh_ce

venerdì 6 aprile 2012

Navi romane, la priorità al museo

Navi romane, la priorità al museo
SABATO, 25 FEBBRAIO 2012 IL TIRRENO

Il sovrintendente: solo dopo potremo chiedere la tutela Unesco

PISA «Adesso la priorità è completare l’allestimento del museo, poi si potrà valutare l’opportunità di lavorare all’inserimento dell’area degli scavi archeologici tra i beni tutelati dall’Unesco».

Lo ha detto il sovrintendente ai Beni culturali di Pisa, Agostino Bureca, a margine del convegno promosso dalla Provincia per rilanciare la candidatura delle navi antiche pisane tra i beni materiali tutelati dall’Unesco.

«I 4 milioni recentemente assegnati dal ministero dei Beni culturali - ha spiegato - sono appena sufficienti per la ristrutturazione degli Arsenali, che partirà a primavera, dove saranno trasferiti i relitti e allestito il museo e riprendere la campagna di scavi. Solo successivamente si potrà affrontare in modo compiuto l’istruttoria per la candidatura Unesco». Secondo gli esperti, infatti, l’area di San Rossore dove riaffiorarono le navi nel 1998, tuttora di proprietà del demanio ferroviario, così com’è non presenta ancora i requisiti necessari per ottenere la tutela. «Solo dopo l’apertura del museo e la ripresa degli scavi - ha concluso Bureca - sarà possibile lavorare su un piano di gestione che individui anche le soluzioni necessarie non solo a ottenere il riconoscimento, ma anche a far vivere quel luogo sotto il profilo culturale e turistico».

mercoledì 4 aprile 2012

l’acquedotto andrà al museo

l’acquedotto andrà al museo.
Venerdì, 2 Marzo 2012

Sarà esposta negli spazi dei civici musei l'opera idraulica di età romana ritrovata durante gli scavi per la realizzazione del polo oncoematologico del Santa Maria Nuova. La soprintendenza: 'si tratta di un ritrovamento eccezionale'

‘Un ritrovamento eccezionale’. Così gli archeologi della soprintendenza dell’Emilia Romagna hanno definito l’acquedotto romano emerso durante gli scavi per la realizzazione del centro Oncoematologico, sul retro dell’ala sud dell’ospedale Santa Maria Nuova.

‘L’acquedotto e il pozzetto d’ispezione, risalenti alla prima età imperiale, – ha detto Filippo Maria Gambari soprintendente beni archeologici dell’Emilia Romagna – giungono a noi intatti, esempio perfetto dell’impressionante capacità costruttrice dei romani’.

Il pozzetto serviva per controllare manutenzione e pressione. La portata arrivava anche a 10 metri cubi d’acqua al secondo. Due metri più sotto c’è un secondo manufatto, più piccolo e più recente, del quale si conosceva già l’esistenza.

La scoperta è stata fatta in dicembre; due mesi di lavoro senza sosta hanno portato all’asportazione dell’acquedotto, che verrà esposto in autunno ai Chiostri di San Domenico, e successivamente in maniera permanente negli spazi dei Civici Musei di Reggio.

Ed entro fine marzo dovrebbero riprendere i lavori per la realizzazione del polo oncoematologico, interrotti per permettere il recupero dell’opera da parte degli archeologi.

http://www.viaemilianet.it/rssre.php?p=28447

martedì 3 aprile 2012

Un tesoro nascosto sotto il Quirinale: statua a 27 metri di profondità

Un tesoro nascosto sotto il Quirinale: statua a 27 metri di profondità
di Fabio Isman
Martedì 14 Febbraio 2012 - IL MESSAGGERO

ROMA - Un tesoro nascosto sotto il Quirinale: statua a 27 metri di profondità

«E’ bellissima, forse del II, o inizio del III secolo; probabilmente appartiene a un corteo dionisiaco: non pare una menade, sembra un fauno; bisognerà studiarla», dice l’archeologo Louis Godart. Al Quirinale, è consigliere del Presidente Giorgio Napolitano per la tutela del patrimonio artistico; ha ancora addosso una tuta da scavo; vicino alla Manica Lunga realizzata da Ferdinando Fuga nel Settecento, nei giardini, è appena risalito da un tombino: lì sotto è stata recuperata una statua acefala e senza gambe, alta quasi 60 centimetri. «Quando Gian Lorenzo Bernini amplia il palazzo nel 1659, la utilizza come trave per le fondazioni; l’hanno scoperta i corazzieri, perlustrando un cunicolo dismesso che passa nei giardini, con tubi in piombo ormai non più usati, posti forse nel 1892: su un mattone, lì sotto, è impressa questa data». La prova tangibile di una città che si autodivora e autocostruisce, che eternamente perpetua se stessa. E della remotissima sacralità di questo colle, dove erano i templi del dio Quirino e, ai piedi, il più grande di tutti, quello di Serapide, e non solo. «Certamente, la statua deriva da un’area sacra», continua Godart, ammirandola ancora sporca di terra.

Il cunicolo in cui era è bassissimo; si cammina carponi, e poi perfino si striscia. E’ longitudinale al Palazzo. Da un lato, va verso i giardini; dall’altro, giunge alla muratura perimetrale, su via del Quirinale. La statua era a 27 metri dal tombino: «Quasi al limite esterno dell’edificio», dice l’ingegner Giuseppe Carluccio, a capo di una ditta che lavora per la soprintendenza e che ha partecipato al recupero con due tecnici e due corazzieri, scelti dei meno alti perché il pertugio è proprio angusto. «Ora chiamerò la nuova soprintendente Mariarosaria Barbera; oltre a tutto si è laureata con me a Napoli: tesi sul geroglifico cretese», dice Godart. E comincia a studiare il corpo della statua, annerito al centro forse per un antico incendio. «Qui, a destra, sembra che ci siano i panneggi di un mantello, che forse proseguiva sulle spalle. Il corpo è nudo, piegato sulla sua destra, quasi stesse dimenandosi. Però, una gamba ha un polpaccio muscoloso, e sembra finire con l’attacco di uno zoccolo, e in questo caso sarebbe un fauno; il seno non sembra esserci. E chissà che cosa resta ancora lì sotto: ho visto altri blocchi di travertino, e un vasto locale che parte proprio dal cunicolo. Onore ai corazzieri, alla loro attenzione al palazzo, fin nei suoi recessi più remoti».
Dopo il primo Quirinale di Gregorio XIII Boncompagni, e la torretta di Ottaviano Nonni detto il Mascherino («palazzo vestito di pietra»), vengono Sisto V Peretti (e ci lavora Domenico Fontana), Clemente VIII Aldobrandini (e vi opera Giovanni Fontana), e Paolo V Borghese (con gli ampliamenti di Flaminio Ponzio e Cesare Maderno). Urbano VIII Barberini chiama Bernini: costruisce la Loggia delle benedizioni sul portale del Maderno, e il torrione difensivo semicircolare, sempre sulla facciata che dà sulla piazza. E Alessandro VII Chigi gli confida pure la ricostruzione della Manica Lunga, nel 1659, poi completata da Fuga. E qui, scatta il mistero. «Serviva travertino; nei giardini dell’antica Vigna d’Este c’era questo tronco senza testa, oppure bruciato; comunque inservibile: non si poteva esporlo. Ma di provenienza assai nobile: grandi la cura dei dettagli, la bellezza del corpo. Averlo ritrovato dopo tre secoli e mezzo, suscita non poca emozione», continua Godart.

In quegli anni, Bernini lavorava pure dall’altro lato della via: edifica la chiesa ovale di Sant’Andrea al Quirinale, noviziato dei Gesuiti che lo compensano fornendogli fino alla morte il pane quotidiano, come egli chiedeva. Via del Quirinale, in questo tratto, annoverava ben quattro edifici sacri. Anche San Carlino alle Quattro Fontane, costruita da Francesco Borromini dal 1634 al ’44, in competizione con il rivale: è grande quanto un pilastro della Confessione a San Pietro. E, negli attuali giardini, altre due: Santa Maria Maddalena del 1581, e Santa Chiara del 1574, affrescata da Pomarancio; vanno distrutte in una notte, perché il Kaiser Guglielmo II, in visita nel 1889, possa spaziare nel verde dalle sue finestre nel palazzo. Ma è un’altra storia.

«Il palazzo del Quirinale», racconta Godart, «è un immenso palinsesto in cui i tempi si sovrappongono. Proprio accanto al pertugio in cui ci siamo calati, sull’arco di una porta c’è ancora l’ape dei Barberini, di Urbano VIII. E a pochi metri di distanza, in quella parte dei giardini che viene chiamata Boschetto, si è trovato un soffitto a volta, che è affrescato: nasce prima che sorga il Quirinale; risale al tempo del cardinale Ippolito d’Este, che prende in affitto la Vigna del cardinal Pietro Carafa, come già prima Orazio Farnese». Ma questa statua, sul Colle abitato fin dall’VIII secolo avanti Cristo, ci riporta più indietro nel tempo: «Sembra di età imperiale; ora la studieremo in maniera più approfondita, ma credo che abbia forse 1800 anni d’età». Perché il «palazzo degli italiani» era prima il luogo dei papi; ma prima ancora, dei romani più antichi. Di cui Roma, da sempre, ha usato i marmi e i travertini per edificare qualcosa di nuovo. Proprio come in questo caso.

lunedì 2 aprile 2012

La fortuna del vetro nell´antichità dagli oggetti quotidiani all´Impero

La fortuna del vetro nell´antichità dagli oggetti quotidiani all´Impero
04 marzo 2012, LA REPUBBLICA

Un´interessante mostra – Vetri a Roma – è visitabile negli spazi della Curia Iulia, nel Foro Romano fino al 16 settembre. L´esposizione è incentrata sulla lavorazione e l´utilizzo del vetro nel mondo romano: 300 pezzi – ordinati cronologicamente – documentano bene una produzione di artigianato artistico di alto livello. Il percorso si apre con alcuni balsamari databili tra il V e il IV secolo a.C., prosegue poi con diversi esemplari di epoca ellenistica e quindi con una serie di vetri realizzati in epoca imperiale, veri beni di lusso riservati alle fasce più alte della società. Nella mostra, curata da Maddalena Cima e Maria Antonietta Tomei e promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, è prestata attenzione anche alla rivoluzionaria invenzione della soffiatura che portò allo sviluppo di una fiorente industria con la conseguente produzione su vasta scala di oggetti della vita quotidiana. Il vetro continuò comunque ad essere impiegato per opere di particolare impegno come, ad esempio, i globi dello scettro dell´imperatore Massenzio, scoperti negli ultimi anni ed esposti in chiusura dell´itinerario.